Dolce tormento – Monteverdi Festival 2025, Cremona
Il primo week end della quarantaduesima edizione del Monteverdi Festival si conclude con una serata evento dal titolo “Dolce tormento”. Un programma che, attraverso cantate e sonate tra Seicento e prima metà del Settecento, offre una accurata analisi introspettiva sul sentimento amoroso in tutte le sue declinazioni. Ad interpretare queste meravigliose melodie che ci parlano di estasi e gelosie, due grandi interpreti dell’attuale scena lirica: il controtenore Maayan Licht e il direttore Ottavio Dantone, a capo della “sua” Accademia Bizantina. Ma prima di addentrarsi nell’analisi della riuscitissima serata vogliamo spendere qualche parola sul luogo incredibile in cui si è svolta: il Museo del violino di Cremona. Un luogo imperdibile per ogni amante della musica, ospitato, dal 2013, in quello che fu il Palazzo dell’Arte, progettato negli anni trenta del Novecento dall’architetto razionalista Carlo Cocchia. La superba raccolta di violini, fra cui “Il Cremonese” del 1715 di Antonio Stradivari, e pezzi della famiglia Amati e Guarneri databili dal 1556 al 1734 è arricchita in questi giorni da un quadro molto interessante. Fino alla fine del Monteverdi Festival, ossia fino al 29 giugno è possibile ammirare un prestito proveniente dal Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck: il Ritratto di Claudio Monteverdi, del 1630 circa, eseguito dal pittore genovese Bernardo Strozzi. L’intenso ritratto, che esiste anche in altre due copie conservate a Vienna e Parigi, è stato fortemente voluto a Cremona quasi come un nume tutelare del Festival 2025, una splendida iniziativa che fa comunicare nel migliore dei modi arte e musica.
Il concerto si apre con la Sonata Decima quinta à 4 di Dario Castello dal Secondo libro delle Sonate concertate in stil moderno. Un brano che, nella sua struttura caratteristica, consente di ammirare tutta la bravura dell’ensemble nell’alternare, con eguale incisività, momenti più virtuosistici ad altri più lirici.
Segue una pagina monteverdiana, il madrigale Ohimè ch’io cado, viva testimonianza di quel recitar cantando che porta alla fusione tra musica e parola per dare massimo rilievo all’emozione. Con questo brano fa il suo ingresso in scena Maayan Licht che percorre, nella sua performance, gli spazi dell’auditorium sino ad arrivare al pubblico delle tribune. Oltre all’entrata d’effetto, ciò che colpisce nella vocalità del controtenore è la purezza dell’emissione e la sensibilità verso un fraseggio moderno ed immediato.

Le tre Gagliarde del compositore napoletano Giovanni Maria Trabaci, ci conducono attraverso interessanti, quanto variopinte, soluzioni dinamiche.
E, subito dopo, il ritorno sul palco di Licht è per un’altra pagina del Divin Claudio, Sì dolce è il tormento, sbalzata con una linea di canto morbida e vellutata, sviluppata attraverso un fraseggio musicale essenziale ma profondamente espressivo.
Nel programma del concerto si inserisce, poi, un doveroso omaggio ad Alessandro Scarlatti, del quale ricorrono quest’anno i duecento anni dalla morte.
Il concerto grosso n.5, con la sua costruzione articolata ed eterogenea per soluzioni stilistiche, agogiche e cromatismi ivi contenuti, trova nell’esecuzione dell’ensemble strumentale una prova eccellente, costruita sul perfetto connubio tra rigore espositivo e densità emotiva del suono.
Anche Licht rende omaggio a Scarlatti, con l’aria Caldo sangue dall’oratorio Il Sedecia. Ritroviamo, anche in questo brano, un esecutore che, grazie all’ottimo presidio tecnico, garantisce il rigoroso rispetto del dettato autoriale, ma anche un interprete che sa appassionare e coinvolgere.
E, subito dopo, arriviamo ad Antonio Vivaldi. Nella Sinfonia detta Il Coro delle Muse, dedicata a Federico Cristiano di Sassonia, l’ensemble, straordinariamente coordinato dal gesto misurato e sicurissimo di Ottavio Dantone, esalta lo spartito con estro brillante, in un amalgama raffinato tra sonorità rotonde e dinamiche luminose.
Maayan Licht si prodiga, quindi, nell’aria Gelosia, tu già rendi l’alma mia dall’opera del “prete rosso” Ottone in villa. Un pagina dallo sfrenato virtuosismo, vero banco di prova per ogni interprete, dominata dall’artista con sicurezza invidiabile in una atmosfera tormentata e divisa tra dramma e disperazione.
Il brano successivo, Sposa non mi conosci di Geminiano Giacomelli, costituisce un esempio raffinato di canto patetico. Licht riesce, in questo caso, a far vibrare la corda della più intima emotività, raccogliendo il canto in una atmosfera di dolente malinconia.
L’ultimo brano strumentale della serata, il Concerto per violino in Mi minore RV 273, esalta nuovamente le qualità dell’Accademia Bizantina e consente, in particolare al concert master Alessandro Tampieri di rivelare l’eccezionalità di una perizia esecutiva che trasforma la perfezione virtuosistica in emozione e rigore allo stesso tempo.
La conclusione del concerto è dedicata alla produzione di Georg Friedrich Händel. Dapprima viene eseguita la celeberrima Lascia ch’io pianga dall’opera Rinaldo e, qui, il canto di Licht si colora di intimo dolore e profonda commozione.
Segue, Un pensiero nemico di pace, dall’oratorio Il trionfo del Tempo e del Disinganno, un’aria pirotecnica dove all’estro, di magnifica precisione, dell’esecutore si fonde una disarmante forza espressiva.
Al termine della serata le continue acclamazioni e gli applausi ritmati del pubblico non lasciano altra scelta agli artisti se non quella di concedere dei bis, ben tre, nell’ordine Rejoice greatly dal Messiah di Händel, Vedrò con mio diletto dal Giustino di Vivaldi e la riproposizione dell’esecuzione del montevediano Sì dolce è il tormento.
DOLCE TORMENTO
Musiche di C. Monteverdi, D. Castello, G. M. Trabaci, A. Scarlatti, A. Vivaldi, G. Giacomelli, G. F. Händel
Maayan Licht – controtenore
Ottavio Dantone – direttore al cembalo
ACCADEMIA BIZANTINA
Alessandro Tampieri – concertmaster
Lavinia Soncini, Paolo Zinzani – violini I
Maria Grokhotova, Mauro Massa – violini II
Alice Bisanti – viola
Giulio Padoin – violoncello
Giovanni Valgimigli – violone
Tiziano Bagnati – liuto
Ottavio Dantone – clavicembalo
Foto: Salvo Liuzzi