Rigoletto – Teatro alla Scala, Milano
Rigoletto alla Scala di Milano.
Era il giugno 2022 quando una nuova produzione firmata da Mario Martone arrivava per la prima volta sul palco del Teatro alla Scala: un allestimento di Rigoletto che a tre anni di distanza si conferma riuscito ed efficace. Per una descrizione completa della parte visiva vi rimandiamo a quanto scritto nella nostra precedente recensione (qui il link). Vogliamo solo aggiungere qualche riflessione a quanto scritto: ad esempio, il fatto che lo spettacolo rivisto, sveli una serie di dettagli e micro storie che letteralmente accadono dietro ai protagonisti. Un mondo vivo e ricco che si fa fatica a seguire in ogni particolare ma che dimostra la grande capacità registica di Martone (regia qui ripresa da Marco Monzini). Più complesso risulta avere un parere sul controverso finale in cui si decide di far sterminare letteralmente a colpi di fucile Duca e cortigiani. Da una parte vedere sovvertire il finale di una storia che “si capisce, è tutta un’oscenità fino dal principio” per usare le parole di Elsa Morante, dà un senso di intima soddisfazione per un “villain” finalmente punito. Al tempo stesso, però, questa scelta sconvolge il senso originale dell’opera; per rispetto filologico avremmo preferito forse restare al finale tradizionale e togliere l’ultima scena che intacca una regia altrimenti riuscitissima.
Per quanto riguarda invece il versante musicale numerose sono le novità rispetto al 2022.

Nel ruolo del titolo ritroviamo, a tre anni di distanza dal debutto di questa produzione, Amartuvshin Enkbath, tra i massimi interpreti attuali del personaggio. Il legato da manuale, la perfetta proiezione del suono e l’ampiezza dell’emissione si innestano in una vocalità tra le più privilegiate per duttilità e bellezza del timbro. L’artista può contare, inoltre, su di un magistrale controllo tecnico che gli consente di superare tutte le insidie della partitura in assenza di sbavature. Nel tempo, la frequentazione del ruolo, ha portato il baritono mongolo ad una caratterizzazione del personaggio sempre più credibile e sfaccettata in virtù, tra l’altro, di una invidiabile chiarezza e pulizia nella dizione. A titolo esemplificativo possiamo citare il duetto con Sparafucile in primo atto, quello con Gilda in secondo o il “Pari siamo”, tutti momenti dove Enkbath riesce a trovare accenti di grande efficacia teatrale.
Al suo fianco, Francesca Pia Vitale è una Gilda tenera e delicata, ma per nulla ingenua. La freschezza dell’emissione e la musicalità di una linea tecnicamente ben salda, assicurano la perfetta rappresentazione dell’estasi amorosa del personaggio, specie in primo atto. Segnaliamo, a tal proposito, l’uso di piani e di filati, piacevolmente timbrati, e la luminosità del registro superiore. A partire dal secondo, poi, l’artista riesce a trovare accenti dolenti e malinconici segnando, con pregevole realismo espressivo, il drammatico percorso emotivo della giovane. La compostezza della presenza scenica e la pertinenza dell’accento concorrono, inoltre, alla completa definizione di un personaggio emotivamente coinvolgente.
In luogo dell’annunciato Dmitry Korchak, era previsto Piero Pretti che, a causa di una improvvisa indisposizione, viene sostituito dal tenore Davide Giusti, “Duca” per una notte.

I “cattivi” della situazione (ma forse in quest’opera, ad eccezione di Gilda, tutti i personaggi si ammantano di un’aura di negatività) sono Gianluca Buratto e Martina Belli, rispettivamente Sparafucile e Maddalena. Entrambi gli artisti, divenuti oramai specialisti di questi due ruoli, vivono il proprio personaggio con totale consapevolezza, ne conoscono e scandagliano ogni singolo accento, e lo caratterizzano con assoluto realismo.
Buratto, in particolare, si fa apprezzare per la sonorità e la morbidezza di una vocalità dal caratteristico timbro serotino. Una prova che sa trovare, tra l’altro, accenti arguti e di ficcante drammaticità.
Martina Belli possiede un mezzo vellutato, dai centri corposi e vibranti. Inappuntabile il fraseggio che, veicolato attraverso una espressività moderna ed ammiccante, fornisce una rappresentazione completa di questo personaggio che, in pochi istanti, si trasforma da seduttrice a vittima della seduzione del Duca. L’indiscutibile fascino della presenza scenica accresce, senza ombra di dubbio, il carisma della sua interpretazione.
Capita davvero di rado di assistere ad una rappresentazione del Conte di Monterone più spettrale e minacciosa di quella offerta da Fabrizio Beggi. La notevole incisività con cui l’artista pronuncia “la maledizione” in primo atto gli vale il meritatissimo applauso del pubblico durante la ribalta finale.
Perfettamente in parte, nel canto come sulla scena, Carlotta Vichi che, in linea con il progetto di Martone, sottolinea al meglio l’animo opportunista e doppiogiochista del personaggio di Giovanna.
Affiatato e ben equilibrato il terzetto dei cortigiani, dal Marullo dall’emissione setosa di Wonjun Jo, allo squillante Matteo Borsa di Pierluigi D’Aloia e, ancora, al mercuriale Conte di Ceprano di Xhieldo Hyseni. Completano il cast, nei panni di un Usciere di corte e del Paggio della Duchessa, Corrado Cappitta e María Martín Campos, questa ultima allieva della Scuola di perfezionamento per cantanti lirici del Teatro alla Scala.
Sul podio dei complessi scaligeri, in buona evidenza per equilibrio dinamico e sonoro, troviamo Marco Armiliato, solido conoscitore del grande repertorio operistico italiano. Una prova, la sua, che si muove nel solco della sostanziale correttezza di fondo e il cui fine primario sembra essere quello di assicurare un buon accompagnamento al palco, più che ricercare finezze o particolari guizzi interpretativi. Una scelta dovuta, forse, anche agli improvvisi cambi di cast (soprattutto per quanto concerne il ruolo del Duca) e che, a conti fatti, assicura una adeguata rappresentazione della partitura verdiana (al netto di qualche eccesso di volume).
Un lusso, come sempre, il coro scaligero sotto la guida ineffabile di Alberto Malazzi.
Sala gremitissima e larga partecipazione di un pubblico straniero, particolarmente indisciplinato, che, al termine, dispensa calorosi applausi a tutti gli artisti con maggiori apprezzamenti all’indirizzo di Beggi, Vitale ed Enkhbat.
RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova Davide Giusti
Rigoletto Amartuvshin Enkhbat
Gilda Francesca Pia Vitale
Sparafucile Gianluca Buratto
Maddalena Martina Belli
Giovanna Carlotta Vichi
Il Conte di Monterone Fabrizio Beggi
Marullo Wonjun Jo*
Matteo Borsa Pierluigi D’Aloia
Il Conte di Ceprano Xhieldo Hyseni*
La Contessa Désirée Giove
Usciere di corte Corrado Cappitta
Paggio della Duchessa María Martín Campos*
*Allieve e allievi della Scuola di perfezionamento
per cantanti lirici del Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Marco Armiliato
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Mario Martone
Ripresa da Marco Monzini
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografia Daniela Schiavone
Foto: Brescia Amisano Teatro alla Scala
