Macbeth (1865) – Festival Verdi 2024, Parma
Il Festival Verdi 2024 si apre nel segno di Macbeth.
Se già Sofocle nel V secolo avanti Cristo scrive: “Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede amministrare il potere”, a distanza di quasi 2000 anni, gli fa eco William Shakespeare. Il Bardo disegna con Macbeth una grande parabola su quel potere nefasto che corrompe l’uomo, tanto da far dire al suo protagonista: “Oh, moglie mia cara, piena di scorpioni è l’anima mia (atto terzo, scena seconda).
Una storia oscura, universale e senza tempo, quella del nobile scozzese, che ha ispirato anche tanti pittori, ci basti ricordare qui Johann Caspar Füssli, Théodore Chassériau e John Singer Sargent e che ha avuto la sua perfetta trasposizione in musica grazie a Giuseppe Verdi. Il ventiquattresimo Festival Verdi, quest’anno incentrato sul tema “potere e politica”, decide quindi, inevitabilmente, di aprire proprio con Macbeth ma nella sua versione francese, quella parigina, riveduta e corretta dal maestro nel 1865. Una revisione di rara esecuzione, vista a Parma nel 2020, ma in un contesto ancora post pandemico: all’aperto ed in sola forma di concerto. Per questo nuovo allestimento, il progetto registico è affidato a Pierre Audi, che crea sul palco, grazie a pannelli fotografici, una copia stilizzata del Teatro Regio per i primi due atti (scene di Michele Taborelli). Ci è piaciuto come Audi riesca a fare muovere in scena i suoi protagonisti con ampi gesti stilizzati e simbolici, in un contesto sempre elegante e curatissimo. Ci ha convinto meno, invece, l’ambientazione metateatrale soprattutto perché ricorda troppo da vicino precedenti illustri, uno su tutti il famoso Don Giovanni scaligero di Robert Carsen. Lo spazio del palco è stato inoltre appositamente modificato per aggiungere una pedana mobile sfruttata per alcune entrate ed uscite dei personaggi. Anche questa idea risulta, tuttavia, un po’ fine a se stessa. Forse non abbiamo colto fino in fondo l’idea del regista che, oltretutto, in terzo e quarto atto abbandona la linea metateatrale e propone grandi grate minimaliste: il dietro le quinte o un carcere? Abbiamo parallelamente apprezzato molto i costumi ottocenteschi di Robby Duiveman, eleganti, rifiniti e diversificati ma perlopiù dai toni cupi. Così come il comparto luci di Jean Kalman e Marco Filibeck che evoca un mondo notturno e arcano: un lavoro ben fatto. Originali e piacevoli le coreografie di Pim Veulings, soprattutto quelle pensate per un nutrito gruppo di piccoli danzatori.
A guidare l’esecuzione musicale è Roberto Abbado, presente sul podio parmigiano anche nel 2020, in occasione della già citata edizione al Parco Ducale. Con gesto sicuro e deciso, il maestro milanese riesce a dare vita ad un racconto musicale drammatico ed avvolgente, scandito da tempi rapidi e ritmi incalzanti. Una lettura che non lascia nulla al caso ma che, anzi, valorizza, con la giusta carica espressiva, la varietà di accenti e sfumature di cui abbonda questa meravigliosa partitura. Merito, anche, della pregevole prova della Orchestra Filarmonica Toscanini che, in ottima simbiosi con la bacchetta, sviluppa dinamiche ricche di contrasti cromatici. Un magma sonoro impetuoso che si leva dalla buca per poi diffondersi sul palcoscenico con indubbia forza teatrale.
Nella compagnia di canto si impone la Lady di Lidia Fridman che, forte di una figura diafana e slanciata, si aggira sulla scena come una presenza inquietante e sinistra. La naturalezza delle movenze, l’eleganza del portamento, la peculiarità dei lineamenti dell’artista, sono tutti fattori che concorrono a disegnare un personaggio perfettamente immedesimato nella sua lucida e ferina follia. Vocalmente si segnala una linea dal caratteristico colore scuro e dall’emissione rigogliosa, che si staglia con facilità verso un registro acuto sicuro e ben proiettato.
Al suo fianco Ernesto Petti, al suo primo incontro con il personaggio di Macbeth. Il baritono affronta il cimento con grande entusiasmo e, grazie ad una vocalità dal colore caldo e brunito, supera la prova senza riserve. La linea di canto si espande facile e vigorosa a tutte le altezze e si articola in un accento declamato con espressività teatrale. Il personaggio viene costruito, in perfetta antitesi con quello della Lady, sulla debolezza ed instabilità psicologica del re scozzese: ecco, allora, che nelle movenze, come nel fraseggio, si coglie il ritratto di un uomo impotente fatto succube dalla irrefrenabile sete di potere della moglie.
Di gran lusso il Banquo di Michele Pertusi che, ancora una volta, fornisce una autentica lezione di interpretazione verdiana. Il velluto di un timbro dal suggestivo colore notturno si unisce alla ampiezza di una emissione granitica, ma non esiste nota che il basso parmigiano non colori con la giusta intenzione e non sottolinei con la raffinatezza di un interprete di statura superiore.
Luciano Ganci, con il suo mezzo ampio e sonoro, tratteggia un Macduff appassionato. L’aria di quarto atto viene eseguita con un canto sul fiato ottimamente impostato e con un trasporto ben sottolineato dallo squillo e dalla luminosità del registro superiore. La cura del fraseggio e del gesto scenico, poi, sono votati ad esaltare l’umanità e la fierezza del personaggio.
Note positive anche per il Malcom di David Astorga, dalla vocalità incisiva e rifinita.
Squillante ed ottimamente impostata Natalia Gavrilan, la Comtesse, come solenne ed elegante è Rocco Cavalluzzi, un Médecin.
Ad Eugenio Maria Degiacomi, dalla linea vocale efficace e ben tornita, spetta il compito di affrontare il triplice ruolo di un serviteur, un sicaire e Premiere fantôme.
Completano il cast, con solida professionalità, Agata Pelosi e Alice Pellegrini, rispettivamente Deuxième e Troisième fantome.
Da ultimo, ma non sicuramente per importanza, resta da riferire della splendida prova del Coro del Teatro Regio di Parma che, sotto la guida di un eccezionale Martino Faggiani, si rende protagonista di una esecuzione che brilla per compattezza, pertinenza di accento e di colore.
La serata si conclude tra unanimi consensi che segnano punte di maggiore entusiasmo all’indirizzo dei protagonisti principali e del direttore. Una buona produzione in replica fino al 17 di ottobre.
MACBETH
Versione in francese, Parigi 1865
Melodramma in quattro parti
libretto di Francesco Maria Piave, da Shakespeare.
Traduzione in francese di
Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont
Musica di Giuseppe Verdi
Revisione a cura di Candida Mantica
sull’edizione critica a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Macbeth Ernesto Petti
Lady Macbeth Lidia Fridman
Banquo Michele Pertusi
Macduff Luciano Ganci
Malcolm David Astorga
La Comtesse Natalia Gavrilan
Un Médecin Rocco Cavalluzzi
Un serviteur/Un sicaire/Premiere fantôme Eugenio Maria Degiacomi
Deuxième fantome Agata Pelosi
Troisième fantome Alice Pellegrini
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Roberto Abbado
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Pierre Audi
Scene Michele Taborelli
Costumi Robby Duiveman
Luci Jean Kalman, Marco Filibeck
Coreografie Pim Veulings
Foto: Roberto Ricci