Rubriche 2021

La carriera breve e intensa di Giuseppe Cremonini

Quanti rimpianti ci sono quando si deve parlare di Giuseppe Cremonini: una vita troppo breve (morì improvvisamente a trentasei anni) che non ha fatto trionfare appieno il tenore lombardo, ma soprattutto l’impossibilità di poter ascoltare la sua voce, visto che non era solito effettuare registrazioni sul grammofono. Tanti rimpianti, ma anche una biografia interessante da raccontare che troppo spesso è stata messa in secondo piano. Ma chi era Giuseppe Cremonini e cosa ha lasciato al mondo dell’opera lirica? La sua eredità musicale è senza dubbio meritevole di un approfondimento.

Giuseppe Bianchi nacque a Cremona il 25 novembre del 1866 da una famiglia piuttosto povera. Il padre Giovanni era infatti un cappellaio e fino a diciotto anni il futuro tenore esercitò questa stessa arte. A diciannove anni, poi, si sposò con Rosa Davidica, la quale gli diede tre figli. Tutti questi avvenimenti, comunque, non lo avevano distratto da una passione che era cresciuta progressivamente, quella per il canto. I primi studi cominciarono nel 1886, all’età di vent’anni, grazie a un maestro di Cremona, Guindoni, ma poi furono completati e perfezionati a Milano presso la scuola del maestro Cima, di cui divenne ben presto uno degli allievi prediletti. Il trampolino di lancio era pronto, tanto è vero che riuscì a debuttare al Teatro Comunale di Piacenza nel 1889 con La favorita di Donizetti, un successo davvero ragguardevole.

Il repertorio donizettiano lo fece conoscere a un pubblico sempre più vasto, come ad esempio con la Linda di Chamounix, sempre nel 1889, al Politeama di Genova. Ed è a questo punto che per la sua carriera adottò un altro cognome. In effetti, Giuseppe Bianchi è divenuto famosissimo come Giuseppe Cremonini, una modifica anagrafica che è presto detta. Re Umberto I lo aveva invitato a tenere un concerto: il sovrano, inoltre, gli chiese cosa volesse in cambio e il tenore espresse il desiderio di portare un cognome che rendesse omaggio alla sua città natale. Da quel momento, i cartelloni lo fecero conoscere come Giuseppe Cremonini. Due importanti attestati di stima gli vennero grazie alle opere di Pietro Mascagni.

In effetti, nel 1891 arrivò la scrittura per il ruolo di Turiddu nella Cavalleria Rusticana messa in scena presso il Teatro Nazionale di Bucarest, insieme a un soprano di grande fame come Hariclea Darclée. Quel 1891, poi, fu foriero di un altro successo, vale a dire quello ottenuto nell’Amico Fritz alle prime di Mantova, Faenza e Palermo. L’anno successivo, inoltre, l’esordio londinese ampliò ulteriormente i suoi orizzonti, grazie ai Pescatori di Perle di Georges Bizet. Ma gli appassionati di opera lirica lo ricordano soprattutto per il 1893 e per una prèmiere davvero importante.

È il 1° febbraio di quell’anno, infatti, e al Teatro Regio di Torino va in scena la prima mondiale della Manon Lescaut di Giacomo Puccini. È il primo grandissimo successo per il compositore toscano, un trionfo a cui contribuì proprio Cremonini, il primo Des Grieux della storia. Il resto del cast non era composto magari da grandi divi, ma era molto buona: Cesira Ferrani aveva il talento e la voce giusti per il ruolo di Manon, così anche come Achille Moro (Lescaut) e Alessandro Polonini (Geronte). Un’altra prima mondiale che vide come protagonista il tenore cremonese fu quella per Il voto di Pietro Vallini, al Teatro Costanzi di Roma nel 1894. La fama divenne internazionale grazie all’esordio americano nel 1900, grazie alla Tosca di Puccini a New York. L’ultima esibizione, proprio nelle vesti di Des Grieux, si ebbe nella Manon di Massenet, un anno prima di morire, quando già i segni della malattia stavano inesorabilmente avanzando.

La scomparsa in età così giovane ha privato la lirica di una voce importante e prodigiosa: i principali apprezzamenti andavano soprattutto alla sua potenza e all’intonazione, due elementi fondamentali per ampliare in modo progressivo il repertorio e spaziare su più fronti, spaziando da Verdi fino al Verismo e anche molto altro. Si trattava di un tenore completo e dominatore della scena e del pubblico, in grado di muoversi con una figura molto elegante. L’affermazione dell’opera verista contribuì a trasformare, proprio grazie a Cremonini, il vecchio tenore di grazia in quello lirico e in quello lirico spinto, con una fedeltà mai infranta per quel che riguarda il metodo di canto.