Rubriche 2021

Verdi e l’Aida rimborsata allo spettatore deluso

È così bella cosa il ridere: questa frase estrapolata da una delle innumerevoli lettere scritte da Giuseppe Verdi in vita sfata il mito di un compositore burbero e arcigno, enfatizzata dai ritratti e dalle fotografie seriose che siamo abituati a vedere. Il senso dell’umorismo del Cigno di Busseto era in realtà ben sviluppato, come testimoniato da un episodio quasi dimenticato e che racconta di un Verdi alle prese con un personaggio a dir poco singolare. La Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia ha avuto il merito di conservare il raro volantino, dunque la storia può essere raccontata in ogni dettaglio. È il maggio del 1872 e la Gazzetta Musicale decide di pubblicare quella che viene definita una “storiella graziosissima”.

Si tratta di una lettera scritta dal reggiano Prospero Bertani, un giovane che il 2 maggio di quell’anno si era recato a Parma per assistere a una recita dell'”Aida”. La terz’ultima opera del compositore emiliano era stata rappresentata per la prima volta qualche mese prima al Cairo e stava già facendo faville. Per Bertani, dunque, il richiamo era irresistibile. Il testo della lettera è minuzioso oltre ogni immaginazione e descrive l’inizio dello spettacolo:

Ammirai la messa in scena, sentii con piacere quei grandi artisti e cercai di non perdere nulla. In fine dell’opera domandai a me stesso se mi trovavo contento e ne ebbi un responso negativo.

Insomma, si intuisce la grande delusione di Bertani: possibile che uno dei capolavori dell’opera di tutti i tempi non gli sia piaciuto neanche un po’? La lettera fu indirizzata proprio a Verdi per fargli conoscere il suo giudizio e pretendere addirittura un risarcimento. Il giovane reggiano ascoltò i commenti entusiastici degli altri spettatori mentre tornava a casa in treno, dunque decise di andare nuovamente a teatro due giorni dopo, un ritorno che confermò nella sua mente il parere negativo. A suo dire, “Aida” non aveva alcun pezzo in grado di generare entusiasmo, non era elettrizzante e dopo qualche passaggio in teatro sarebbe finita in un polveroso archivio, dimenticata da tutti.

Le ultime “parole famose” di Bertani saranno smentite dalla storia. Nella sua lettera elencò tutte le spese sostenute per le due serate, 32 lire, una cifra non indifferente per lui che viveva nella casa dei genitori (“figlio di famiglia”). Pretese un rimborso per i viaggi in treno, i biglietti in teatro e quella che lui definì una “cena scellerata alla stazione”. Verdi poteva tranquillamente ignorare un personaggio tanto strano, ma decise di rispondergli. L’umorismo del compositore fu chiaro: si disse disposto a rimborsare la somma, ma soltanto 27,80 lire, in quanto la cena poteva essere consumata benissimo a casa e non in stazione.

Inoltre, obbligò Bertani a una promessa, cioè di non recarsi mai più a vedere le sue nuove opere, così da evitare altri giudizi negativi e altre spese da sostenere. L’accordo fu accettato, anche se la storia non finì con questi due rapidi scambi epistolari. La pubblicazione delle lettere sulla Gazzetta Musicale fece conoscere Bertani in tutta Italia, divertita da un giovane che aveva avuto il coraggio di rivolgersi con quelle parole a un musicista affermato.

Ovviamente la voce si sparse velocemente anche a Reggio Emilia, dove Bertani era conosciuto e riconoscibile.

In quel periodo, infatti, le notizie che potevano incuriosire la gente venivano diffuse tramite volantino e il clamore fu grande. Bertani scrisse una nuova lettera a Verdi per lamentare i problemi causati da quella semplice richiesta di rimborso. I suoi concittadini lo obbligarono a lasciare la città dopo una serie di minacce anonime anche piuttosto serie. Alcuni malintenzionati di Parma si dissero pronti a prenderlo a bastonate, dunque una dichiarazione pubblica del compositore avrebbe potuto frenare quella confusione e quella violenza di intenti.

Che cosa fece Verdi in quel caso? Non sono mai state trovate lettere o altri documenti che possano testimoniare una sua risposta: per lui la storia si era conclusa con il divertente accordo iniziale e i soldi fatti recapitare a Bertani, non c’era più bisogno di intervenire e soprattutto di alimentare altri veleni. La delusione del giovane reggiano non spiazzò il musicista bussetano, tanto è vero che queste furono le sue parole dopo l’accoglienza trionfale della prèmiere italiana di “Aida” (Milano 1872):

Il pubblico le ha fatto buon viso. Non voglio affettare modestia e certamente questa è fra le mie meno cattive. Il tempo poi le darà il posto che le conviene.