Spettacoli

I due Foscari – Teatro Municipale, Piacenza

Al Teatro Municipale di Piacenza, prima della pausa estiva, vanno in scena I due Foscari di Giuseppe Verdi

La complessa e tribolata vicenda di Francesco Foscari e di suo figlio Jacopo, ha colpito, nei secoli, molti artisti. Se il pittore Lazzaro Bastiani ci ha lasciato un vivido e dolente ritratto del’anziano doge, è Francesco Hayez, nell’Ottocento, ad avere immortalato il dramma nel modo più iconico. Esistono due versioni della tela del pittore veneziano: una prima, dipinta tra il 1838 ed 1840 su commissione dell’imperatore Ferdinando I d’Austria, oggi conservata a Milano e una seconda, realizzata tra il 1852 e 1854 per il poeta Andrea Maffei, oggi a Firenze. La critica ha ipotizzato che la seconda e più tarda versione dell’opera, dai toni più teatrali, potrebbe essere stata influenzata proprio dalla visione dell’opera di Giuseppe Verdi, andata in scena per la prima volta al Teatro Argentina di Roma nel 1844. 

Nella produzione piacentina, firmate dal regista Joseph Franconi Lee, sono stati proprio i costumi a ricordarci, quasi come una citazione, quelli visti nei quadri di Hayez: grandi e vaporosi abiti giocati sulle tinte del rosso, nero e azzurro, nati dalla fantasia dello scenografo e costumista William Orlandi. Uno spettacolo nato nel 2008 a Bilbao per una una collaborazione tra la Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste e l’Associacion Bilbaina de Amigos de la Opera di Bilbao, e passato anche al Festival verdiano di Parma nell’ottobre 2009 e a Modena. Una produzione ancora oggi piacevole e capace di emozionare, dominata da una grande parete curva e rotante al centro del palco che disegna gli spazi. In questa sorta di fantasia senza epoca risulta quindi accettabile che si apra una grande veduta, dipinta, della palladiana basilica di San Giorgio Maggiore, completata solo nel primo Seicento. Un allestimento che si completa con le riuscite luci di Valerio Alfieri e le coreografie dal sapore antico di Raffaella Renzi

i_due_Foscari_Piacenza_2024_1
Luca Salsi, Luciano Ganci e Marigona Qerkezi

Il versante musicale dello spettacolo è, forse, tra i migliori oggi possibili. 

A tredici anni di distanza dal suo debutto nel ruolo, avvenuto a Trieste proprio in questo stesso allestimento, Luca Salsi torna a vestire i panni del doge Francesco Foscari. Il baritono parmigiano conferma, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la sua vocalità, duttile e pastosa, trovi il proprio terreno d’elezione nella scrittura verdiana. La morbidezza di una linea uniforme e ben proiettata consente di affrontare con disinvoltura tutte le richieste della partitura. L’indiscutibile valore aggiunto della prova di Salsi è, tuttavia, rappresentato dalla totale ed indissolubile simbiosi tra canto e fraseggio musicale. La parola scenica viene cesellata con cura meticolosa e la frase musicale dispiegata con una tavolozza di colori dalle molteplici sfumature. Ne sortisce un personaggio carismatico e moderno, costantemente diviso tra i tormenti dell’uomo di potere e l’infelicità del padre. Apice di questa prova maiuscola è la grande scena di terzo atto, dapprima con la travolgente esecuzione dell’aria “Questa dunque è l’iniqua mercede”, bissata a furor di popolo, e, quindi, con il trascinante finale “D’un odio infernale”, pennellato con accenti di straziante dolore. 

Al suo fianco l’ottimo Jacopo Foscari di Luciano Ganci. Il tenore sfoggia una vocalità preziosa per la purezza e la schiettezza di un timbro solare. La linea di canto viene esibita con sicurezza facendo leva sulla ampiezza dei centri e lo squillo del registro superiore. Pregevole anche lo scavo nel fraseggio musicale, costruito attraverso un riuscito equilibrio tra delicate mezzevoci ed esuberanti impennate verso la regione più acuta. 

Di livello la Lucrezia Contarini di Marigona Qerkezi, protagonista di una prova di grande caratura sotto tutti i punti di vista. Vocalmente, infatti, il soprano affronta una parte dalla micidiale scrittura ed esce vittoriosa dal cimento, in virtù di una buona capacità di controllo di un mezzo ampio e voluminoso. Se trilli, volatine, agilità sono eseguiti con precisione, le puntature vengono esibite con la giusta sfrontatezza, mentre filati di adamantina purezza riescono a sottolineare al meglio il carattere angelicato del personaggio. La morbidezza e la pulizia dell’emissione, scevra da forzature anche quando la scrittura gravita nella regione più bassa dello spartito, si uniscono alla capacità di porgere la frase con pertinenza di accento ed intenzione e di tratteggiare, così, un carattere appassionato e sempre credibile. Brava!

La torrenziale vocalità di Antonio Di Matteo restituisce appieno la sinistra malvagità del personaggio di Jacopo Loredano. Di rilievo anche la statuaria presenza scenica dell’artista, che si staglia inquieta e febbrile all’ombra del trono dogale.

Un plauso particolare va rivolto, poi, alla Pisana di Ilaria Alida Quilico che, con una linea timbrata e dalla perfetta intonazione, riesce a ricamare a puntino i pur brevi interventi a lei riservati. 

Tra i comprimari ricordiamo, inoltre, lo squillante Fante di Manuel Pierattelli, il puntuale Barbarigo di Marcello Nardis e l’efficace Servo del Doge di Eugenio Maria Degiacomi.

i_due_Foscari_Piacenza_2024_3
Luca Salsi

A tessere le fila del racconto musicale troviamo Matteo Beltrami che torna ora nel teatro piacentino dopo avervi di recente diretto (correva il mese di marzo 2023) Il trovatore, altro caposaldo della produzione del Cigno di Busseto. Attraverso la scelta di tempi piuttosto rapidi e spediti, Beltrami imprime alla partitura un taglio narrativo teso e conciso, quasi a voler discoprire il cuore dell’essenza drammaturgica della vicenda. Le trame politiche e le cospirazioni dei Dieci all’ombra del soglio dogale  vengono raccontate attraverso colori orchestrali cupi e grevi, mentre la disperazione dei singoli che lottano, invano, per l’unità degli affetti familiari ci viene rappresentata per mezzo di dinamiche pervase di struggente lirismo. Una prova direttoriale che coglie nel segno e a cui va il merito, grazie anche alla bravura della compagine orchestrale Dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini, di supportare adeguatamente tutte le voci in palcoscenico.

Piuttosto buona, infine,  la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto egregiamente da Corrado Casati. Di particolare suggestione risulta, per morbidezza e sfumatura del fraseggio, l’esecuzione della celeberrima “barcarola” di terzo atto.

Il numerosissimo pubblico presente dimostra ampio gradimento nei confronti degli interpreti già nel corso dell’esecuzione, riservando agli stessi e al direttore una vera e propria apoteosi di acclamazioni al termine. Arrivederci Piacenza, dopo l’estate, il 25 ed il 27 ottobre arriverà il rossiniano Mosè in Egitto.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

i_due_Foscari_Piacenza_2024_4
Luciano Ganci

“Ricevo in questo istante I due Foscari. Bel dramma, bellissimo, arcibellissimo!” Con queste parole Giuseppe Verdi iniziava la sua lettera a Francesco Maria Piave in risposta alla prima lettura del libretto; parole lodevoli che indoravano la pillola e anticipavano il resto: “ti dirò apertamente la mia opinione”. La storia non ha mai considerato Piave un poeta eccelso, ma indubbiamente è stato il librettista perfetto per Verdi, poiché l’empatia che si era creata tra loro, fu in grado di produrre “l’effetto” tanto ricercato dal Cigno di Busseto.

Lo spettacolo di Joseph Franconi Lee supera i tre lustri ed è ancora decisamente efficacie e funzionale, abbastanza semplice, dotato di una scenografia piuttosto imponente firmata da William Orlandi che disegna anche i costumi, con buone luci di Valerio Alfieri. Nel tempo purtroppo si perdono le coreografie originali – qui mediocri – e gli abiti di Jacopo – questi decisamente imbarazzanti.

Matteo Beltrami guida con vigore la brava Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, conducendo una lettura uniforme che sa accentare, enfatizzare e imporsi; forse i momenti patetici sono quelli che risultano meno a fuoco.

Luca Salsi si riconferma interprete verdiano per eccellenza, sapendo cogliere dallo spartito le indicazioni del Maestro, ma al tempo stesso esibendosi in una resa di Francesco Foscari del tutto personale; lunghi applausi a scena aperta lo obbligano a concedere il bis “Questa dunque è l’iniqua mercede” che risulta ancora più eloquente della prima esecuzione. Lo affianca un altro verdiano comprovato nel ruolo di Jacopo: Luciano Ganci riesce a cogliere con estrema facilità – e con buona libertà di piccole variazioni – le pagine di un personaggio decisamente impegnativo per il rendimento vocale del carattere. “Nella cavatina del tenore vi son due cose che non van bene” scriveva Verdi a Piave; “la prima è che finita la cavatina Jacopo resta ancora in scena e questo va sempre male per l’effetto; secondo è, che non c’è distacco di pensiero dall’adagio a quello della cabaletta: queste son cose che andran bene in poesia ma in musica malissimo. Fa fare dopo l’adagio un piccolissimo dialogo fra il fante e Jacopo, poi un ufficiale che dica «Guidate il prigioniero» poscia una cabaletta, ma che sia di forza perché scriviamo per Roppa, d’altronde quel carattere di Foscari ti ripeto, bisogna renderlo più energico”.

Marigona Qerkezi è Lucrezia Contarini. Bella voce e buona intonazione; portamento e colori da rifinire, fraseggio e accento da ingentilire, acuti da ammorbidire. Bene anche per il Loredano di Antonio Di Matteo e la Pisana di Ilaria Alida Quilico.

i_due_Foscari_Piacenza_2024_5
Luciano Ganci, Marigona Qerkezi, Antonio Di Matteo, Marcello Nardis e Ilaria Alida Quilico

I DUE FOSCARI
Tragedia lirica in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave, da Byron
Musica di Giuseppe Verdi

Francesco Foscari Luca Salsi
Jacopo Foscari Luciano Ganci
Lucrezia Contarini Marigona Qerkezi
Jacopo Loredano Antonio Di Matteo
Barbarigo Marcello Nardis
Pisana Ilaria Alida Quilico
Fante Manuel Pierattelli
Servo del Doge Eugenio Maria Degiacomi

Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Matteo Beltrami
Maestro del coro Corrado Casati

Regia Joseph Franconi Lee
Scene e costumi William Orlandi
Luci Valerio Alfieri
Coreografie Raffaella Renzi
Regista collaboratore Daniela Zedda

Foto: Gianni Cravedi