Rubriche 2021

Il debutto di “Andrea Chénier” e il tenore scoperto per caso in teatro

Se, come affermò il famoso chimico Louis Pasteur, il caso aiuta solo le menti già pronte, quella del tenore Giuseppe Borgatti lo fu all’ennesima potenza. Questo nome viene indicato solitamente come uno dei numerosi cantanti lirici dimenticati, ma in realtà la biografia non può essere “liquidata” così facilmente. Borgatti è indissolubilmente legato alla storia dell’opera, un legame iniziato casualmente, ma pur sempre molto forte. L’inizio della vera carriera di Borgatti coincide con la prima rappresentazione assoluta di una delle opere più famose al mondo, “Andrea Chénier” di Umberto Giordano. Eppure il suo nome non era nemmeno stato preso in considerazione per quel debutto, allora come si spiega la sua presenza?

Si tratta senza dubbio di uno degli episodi lirici più curiosi in assoluto: l’esordio del tenore centese avvenne nel 1892, più precisamente in occasione del “Faust” di Gounod messo in scena a Castelfranco Veneto. Nel 1896, l’anno dello Chénier, la sua carriera canora non era ancora decollata, anzi si può dire l’esatto contrario. Dopo aver preso parte a “Manon Lescaut” a Venezia e al “Lohengrin” al Dal Verme di Milano nel 1894 (oltre a “I dispetti amorosi” di Luporini), non erano ancora arrivate grandi soddisfazioni professionali. Niente lasciava presagire quella che sarebbe stata la prèmiere di “Andrea Chénier”. Umberto Giordano era caduto in disgrazia per colpa di “Regina Diaz”, tanto che l’editore Sonzogno lo aveva licenziato.

Il compositore foggiano riuscì però a ottenere una prova di appello grazie all’interesse dell’amico Alberto Franchetti, intervenuto presso lo stesso Sonzogno e capace di ricomporre i “pezzi” del contratto da 300 lire al mese. L’opzione sul libretto del poeta rivoluzionario convinse l’editore, anche perchè si stava parlando di un testo curato da Luigi Illica. I racconti possono essere spesso romanzati, ma in questo caso era realmente l’ultima prova d’appello per il musicista pugliese. Il tempo era molto serrato e il secondo tenore designato si era ammalato. Giovanni Battista De Negri, fresco protagonista del “Guglielmo Ratcliff” di Pietro Mascagni e di “Sansone e Dalila” di Saint-Saëns, non poteva più salire sul palco, dunque era necessario scovare in fretta e furia un sostituto.

Dopo la defezione del tenore principale, Alfonso Garulli, l’intuizione venne allo stesso Illica, il quale incontrò Borgatti girando per la galleria del Teatro alla Scala. Il tenore emiliano era appena rientrato a Milano dalla Russia e aveva trovato posto nel cosiddetto “ottagono”, il luogo del teatro in cui tanti cantanti stazionavano in attesa di una scrittura dell’ultimo minuto. Andò proprio così. Come raccontato da Borgatti nelle sue memorie, Illica lo colpì con una mano sulla spalla e gli disse chiaramente che sarebbe stato il nuovo Andrea Chénier. Poteva essere una follia a ridosso della prima rappresentazione: il tenore non riuscì a parlare e lasciò sfogare il librettista che sembrava convinto del fatto suo.

Da quanto è poi trapelato, sembra che i precedenti insuccessi di Borgatti abbiano avuto un ruolo essenziale nella scelta del nuovo tenore. Quest’ultimo, infatti, era “abituato” ai fischi dei teatri e quindi non avrebbe avuto problemi ad affrontarne altri in una prima rappresentazione così rischiosa. Borgatti strappò il libretto dalle mani di Illica e corse a studiare la parte senza indugiare oltre. In base a quanto è stato ricostruito, gli furono necessarie sei ore per imparare tutto quello che serviva, la sua dedizione e l’impegno furono premiati la sera del 28 marzo 1896.

Il successo dell’opera fu indiscusso. Oltre a Borgatti, chiamato a bissare l'”Improvviso” del primo atto, il trionfo venne garantito dalla direzione d’orchestra di Rodolfo Ferrari, dal soprano Evelina Carrera nel ruolo di Maddalena, e dal baritono Mario Sammarco, il primo Gérard della storia. Per Giordano le chiamate alla ribalta furono una ventina, mentre Illica aveva preferito non partecipare alla prima rappresentazione, visto che alcuni tagli al libretto lo avevano indispettito. “Andrea Chénier” è rimasto da allora uno dei titoli immancabili e stabili dei teatri di tutto il mondo e la sua fortuna è cominciata con una scelta casuale e di ripiego.

Il caso, però, ha permesso a quest’opera di essere replicata ovunque e di far tornare in auge il nome di Borgatti. Il tenore riuscì a completare una carriera di tutto rispetto, impreziosita da importanti partecipazioni alle prime esecuzioni italiane delle opere di Richard Wagner. Nel 1904, poi, venne addirittura invitato al Festival di Bayreuth, diventando il primo cantante di origini latine a ricevere questo onore. Il ritiro dalle scene avvenne nel 1915, a 44 anni, dato che la cecità non gli dava più scampo. Dopo aver dedicato tanti anni all’insegnamento con una sua scuola a Bologna, morì nel 1950 a Reno di Leggiuno, sul Lago Maggiore.