Spettacoli

Il barbiere di Siviglia – Teatro Petruzzelli, Bari

Il Barbiere di Siviglia, dramma buffo per antonomasia di Gioacchino Rossini su libretto di Cesare Sterbini, è l’opera inaugurale della stagione della Fondazione Petruzzelli. L’opera rossiniana, andata in scena il 20 febbraio del 1816 al teatro Argentina di Roma è tratto dall’omonima commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais. Nel caso dell’opera inaugurale del Massimo barese tuttavia, forse sarebbe opportuno parlare di un Barbiere di Siviglia, modificato in parte finanche nel libretto e nella sua stessa musica, oltre che dalla regia di cui ci occuperemo a breve. Scelte registiche di Davide Livermore e del direttore Stefano Montanari vogliono che dopo la cavatina del conte d’Almaviva, Ecco ridente in cielo, si oda un “bravo”, mentre subito prima della canzone Se il mio nome saper voi bramate, si simula la suoneria di un cellulare Nokia con un conseguente: “Sì” da parte di Rosina in risposta. Nella ripresa della canzone, a parte l’accompagnamento simil spagnolo, ormai di prassi, si ode un “Olé” pronunciato da Figaro. Non passano sotto silenzio arbitrari e successivi elementi di novità nel tessuto orchestrale, un’evidente variazione è l’accompagnamento sincopato al fortepiano nel duetto Dunque io son, l’inizio della sinfonia da Cenerentola, accennato come introduzione all’atto secondo, la nota sulla parola “ardore”, volutamente fatta stonare a Rosina nel suo rondò Contro un cor, trovata che ha fatto pensare piuttosto a La Fille du regiment Donizettiana. Si registra inoltre l’aggiunta di brevi parlati nell’arietta di Don Bartolo, Quando mi sei vicina. Innovazioni musicali a parte, dettaglio ormai oggi quasi inquietantemente insignificante dopo la recente Tosca di Barcellona o una meno recente Aida dove, nell’atto quarto, venne apportata una modifica al tessuto musicale, la direzione del maestro Stefano Montanari è risultata corretta nel rispetto dell’intesa con i cantanti o nel delineare crescendi e accenti, ma stilisticamente non risulta coinvolgente e trascinante, come la scrittura rossiniana richiederebbe.

Ad apportare una visione strettamente personale al capolavoro del compositore pesarese non potevano mancare le idee registiche di Davide Livermore, il quale firma anche le scene. Egli ambienta l’opera nella rivoluzione francese, il Conte d’Almaviva viene ghigliottinato nelle scene iniziali, scelta inspiegabile drammaturgicamente, poiché il personaggio continua naturalmente a cantare, in scena si scorge un orso che danza, una macchina elettrica che attraversa il palcoscenico con sopra un topo, la quale, tra l’altro, arreca disturbo, insieme ad altri rumori di natura metallica, come quello che accompagna la presenza in scena di Don Basilio, con un arto non funzionante. Nella visione registica, se la sera della sfortunata prima del Barbiere un gatto attraversò il palcoscenico, in questa produzione a farlo è un topo, elemento scomodo, sgradevole, esattamente come può esserlo il Comico stesso, descritto nel libretto. I costumi portano la firma di Gianluca Falaschi e le luci quella di Vincenzo Raponi. Note generalmente positive per il cast vocale. Markus Werba è un Figaro dal luminoso timbro, dalla nitida dizione e dal vivace e giocoso temperamento. Il suono ben si proietta in sala e il cantante mostra grande destrezza nel controllo del fiato. L’artista è fine fraseggiatore, le agilità sempre ben sgranate e scandite. Il mezzosoprano Laura Verrechia dà vita ad una Rosina interpretativamente scaltra, sempre pronta a far giocare mille trappole a chiunque voglia tenerla prigioniera, come lei stessa canta. Il timbro è caldo e seducente, la vocalità di caratteristico mezzosoprano rossiniano è ben sviluppata e omogenea, anche nel registro grave. La Verrecchia sfoggia un buon fraseggio, sorretto da un’ottima dizione, senza tralasciare la disinvoltura dimostrata dall’artista nel dominare la difficile scrittura rossiniana con agilità scandite e finemente ricamate. Di buon gusto sono le variazioni nelle arie, come nei duetti. Ad un attento ascolto dal vivo si evince che la cantante ha già una considerevole esperienza nell’affrontare questo ruolo, già debuttato nel lontano 2015.

Non convince pienamente il tenore Levy Sekgapane, già ascoltato a Bari di recente. Ne si apprezza la musicalità e la chiarezza della dizione e nelle sempre più che corrette agilità, l’interprete è il più possibile partecipe, specialmente nel finale dell’atto primo e nel duetto del secondo atto con Don Bartolo, ma non si può non far caso a che la sua voce non corra in sala, gli acuti, poco proiettati, mancano dello squillo e della luminosità propri della vocalità rossiniana, il timbro è nasale. Il cantante svolge una prova non più che corretta. Don Basilio è Adolfo Corrado, dal bel timbro vellutato e scuro, la cui prova è punteggiata da un sapiente fraseggio, pulito e preciso negli attacchi, la sua voce, di considerevole volume, ben si espande in teatro. Marco Filippo Romano interpreta Don Bartolo con eccellente maestria. Avido, bramoso e sadico tutore, come richiesto dal suo personaggio, trascinante nel duetto “A un dottor della mia sorte”, nel duetto “Pace e gioia” e nel prosieguo dell’atto secondo. Il suo fraseggio è da manuale, la dizione perfettamente impeccabile anche nei sillabati più insidiosi. L’interprete è in possesso di una pregevole vocalità da basso buffo, dal timbro chiaro e con un notevole volume. Molto bene anche Janusz Nosek come Fiorello, come pure una piacevole sorpresa si è rivelata Ani Yorentz come Berta. Completano il cast Gianfranco Cappelluti, Un ufficiale e Nicola Valensano, Ambrogio. Sempre all’altezza il coro del teatro Petruzzelli guidato dal maestro Fabrizio Cassi, questa sera doppiamente impegnato per via della regia. Teatro esaurito, molti gli applausi e decise, anche se non unanimi, le contestazioni per Davide Livermore, di cui pure in passato si ricordano regie pienamente funzionali ed efficaci.

IL BARBIERE DI SIVIGLIA
di Gioachino Rossini

Dramma comico in due atti su libretto di Cesare Sterbini,
tratto dall’omonima commedia francese di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais del 1775.

INTERPRETATO DA
Rosina
Laura Verrecchia

Il Conte d’Almaviva
Levy Sekgapane

Figaro
Marcus Werba

Don Basilio
Adolfo Corrado

Don Bartolo
Marco Filippo Romano

Fiorello
Janusz Nosek

Berta
Ani Yorentz

Un ufficiale
Gianfranco Cappelluti

Ambrogio
Nicola Valenzano



direttore Stefano Montanari
regia e scene Davide Livermore
regia ripresa da Alessandra Premoli
scene riprese da Anna Varaldo
costumi Gianluca Falaschi
costumi ripresi da Gian Maria Sposito
disegno luci Vincenzo Raponi
illustrazioni Francesco Calcagnini
video D-Wok
effetti magici Alexander
maestro del coro Fabrizio Cassi

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO PETRUZZELLI

Produzione e allestimento scenico | Fondazione Teatro dell’Opera di Roma

Foto di Clarissa Lapolla, cortesia della Fondazione Teatro Petruzzelli