Rubriche 2021

“Il Marchese del Grillo” e l’opera lirica mai esistita

Una delle scene più gustose de “Il marchese del Grillo”, film del 1981 diretto da Mario Monicelli e con un Alberto Sordi in grande spolvero, è ambientata a teatro. Una locandina affissa al muro ci fa capire che è il mese di novembre del 1810 e al Teatro D’Alibert di Via Margutta 28 a Roma viene rappresentata “La cintura di Venere”. Il fotogramma è molto dettagliato e si possono leggere il nome dell’autore di questa opera lirica, tale Jacques Berain, e i nomi dei cantanti, tra cui spicca il soprano Olimpia Martin. Questa rappresentazione musicale continua a incuriosire a distanza di 35 anni e non sono pochi gli studiosi che hanno cercato notizie su Berain e i tre brani che si possono ascoltare durante il film.

In realtà si tratta di un falso d’autore, una “crosta” come l’ha definita l’autore delle musiche di cui si sta parlando, il compositore e pianista Nicola Piovani. L’errore di considerare autentico questo melodramma può esserci, Piovani è stato molto abile a creare uno stile che fosse capace di rievocare l’opera di inizio ‘800, senza dimenticare che si tratta di un lavoro in grado di far rivivere l’atmosfera della Roma di quel periodo. La scena del teatro ne “Il marchese del Grillo” mette in mostra, tra le altre cose, la repulsione e il timore per una donna in scena, una novità introdotta dai francesi che avevano appena conquistato la Capitale.

In particolare, i castrati che assistono allo spettacolo appaiono gelosi e divertiti, al punto che uno di loro sale sul palco per competere con gli acuti del soprano. L’opèra-comique di Berain è stata inventata come una storia ambientata nella Grecia mitologica, tanto che in scena sono presenti Apollo (tenore), Bacco (basso) e Venere (il soprano per l’appunto). La prima aria che si ascolta è tipica di un basso buffo e mescola abilmente gli stili di Rossini, Donizetti e Bellini. Si prosegue poi con l’aria del tenore, una melodia dolce e quasi angelica accompagnata dal clavicembalo. Il frammento in cui è protagonista il soprano, invece, non è altro che un tema della colonna sonora che torna più volte nel film e dedicato sempre alla figura di Olimpia.

“La cintura di Venere” è un perfetto mix di malinconia e di ironia che ha contribuito non poco al successo de “Il marchese del Grillo”, insieme a tutto il resto della colonna sonora, in cui si fa leva soprattutto sull’estrazione popolare. Piovani è stato capace di “ingannare” anche i più esperti con un’opera lirica che non è mai esistita, mentre un discorso a parte lo merita l’ambientazione. Come già accennato, la locandina fa riferimento al Teatro d’Alibert. È questo il nome originario del “Teatro delle Dame”, costruito a Roma nel 1718 tra l’attuale Via Margutta e quella che un tempo si chiamava Via D’Alibert.

Questo teatro venne distrutto definitivamente nel 1863, ma all’inizio del XIX secolo fu in “competizione” con il rivale Teatro Capranica come principale sede operistica della città. Tra le prèmiere più importanti che ospitò si possono citare “Artaserse” di Leonardo Vinci, su libretto di Pietro Metastasio (4 febbraio 1730) e “La buona figliola” di Niccolò Piccinni, su libretto di Carlo Goldoni (6 febbraio 1760). L’indirizzo scelto dal regista Monicelli è quindi esatto, mentre per riprodurlo dal punto di vista visivo si è pensato di spostarsi di pochi chilometri da Roma.

Il teatro che si ammira nel film è infatti il Teatro Sociale di Amelia, in provincia di Terni, costruito alla fine del ‘700 e dalla conformazione giusta per l’ambientazione storica. Nel corso degli anni e dei secoli è stato più volte restaurato e abbellito e attualmente appare come una splendida struttura in legno, con meccanismi di scena perfettamente funzionanti. Oltre al film di Monicelli è stato scelto come location anche per lo splendido sceneggiato del 1972 “Le avventure di Pinocchio”, diretto da Luigi Comencini.

Sono bastate poche note per approfondire diversi aspetti, culturali, cinematografici, storici e musicali. Chissà quanti altri studiosi o semplici appassionati continueranno a confondersi con questa “Cintura di Venere”. Sul web si possono trovare le ricostruzioni più fantasiose: c’è persino chi ha riconosciuto nelle musiche appena descritte alcuni passi della celebre “Sempre libera” della Traviata di Giuseppe Verdi per contestare un anacronismo storico. Il capolavoro del compositore bussetano non era ancora stato rappresentato all’epoca dei fatti narrati del film, peccato che di Violetta e Alfredo non ci sia alcuna traccia.