Spettacoli

Così fan tutte – Comunale Nouveau, Bologna

“Soave sia il vento, tranquilla sia l’onda” e in effetti, nel Così fan tutte andato in scena a Bologna, la brezza spira davvero leggera nelle proiezioni di una marina tremolante e pervasiva che pare talora imitare la musica di Mozart. Ma il flutto nei cuori è tutt’altro che tranquillo in una scuola degli amanti attraversata dalle inquietudini della rivoluzione sessuale, con un mondo borghese ed elegante che si scopre diverso da quello che pensava di essere e che, per gioco e quasi inavvertitamente, viene sedotto dalla libertà del mondo hippie e dalle atmosfere dell’Oriente. L’eterno dilemma della fedeltà coniugale e della nostra natura poliamorosa viene dispiegato dalla regia di Alessandro Talevi in una cornice mediterranea di grande nitore, con echi partenopei nei video di Marco Grassivaro e i continui riferimenti all’archeologia greco-romana negli arredi. Le numerose citazioni mitologiche del libretto trovano il loro corrispettivo visivo negli oggetti sui piedistalli, in un ambiente modulare con sei porte, stesso numero dei personaggi, che si combinano tra loro dando forma alla bottega del caffè come alla casa e al giardino delle due sorelle ferraresi. Anche le luci di Teresa Nagel, tra distacco e solarità, fanno risaltare questi spazi di classico rigore, realizzati con un abile impiego del palco stretto e lungo e dove i movimenti seguono le geometrie della musica, rendendo però espliciti la sensualità e l’erotismo.
In un’opera dei travestimenti, sono i costumi di Stefania Scaraggi a raccontarci l’evoluzione dei personaggi, con Ferrando e Guglielmo che si ripresentano come figli dei fiori e inducono per osmosi le loro belle ad imitarli, con la sostituzione dei tubini e delle messe in piega con nastri nei capelli e abiti svolazzanti. Del resto Don Alfonso è in vestaglia orientaleggiante fin dall’inizio, presentandosi così come una sorta di guru artefice della trasformazione.

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Mariangela Sicilia, Francesca Di Sauro, Giulia Mazzola


Il discorso di Talevi è dunque di grande coerenza e straordinariamente in sintonia con l’opera, dove la frantumazione degli affetti e l’esuberanza delle passioni vengono incorniciate da strutture perfette e talora distaccate. La consonanza con lo spirito mozartiano viene purtroppo meno nel finale, dove, proprio negli ultimi istanti, i due uomini non riescono a superare la delusione e abbandonano le fidanzate, che da parte loro non se ne danno gran pena. Non vi è quindi perdono e vera riconciliazione, e la possibile felicità delle coppie non rimane malinconicamente sospesa. Nessuna accettazione della fragilità, nessuna amorevole benedizione dell’umana imperfezione. Si continua ad amare l’altro per quello che si vorrebbe che fosse e non per quello che è. In questo forse un riferimento alla nostra attualità, ma viene comunque a mancarci qualcosa del supremo incanto mozartiano.

La direzione di Martijn Dendievel dimostra da parte sua una felice concordanza con lo spirito dell’opera, realizzando una narrazione articolata ma di naturale compattezza e nel saldo equilibrio tra vivacità e dolcezza malinconica. L’overture sbalza i temi con matematica precisione ma con piglio brillante, mentre la vitalità, espressa e allo stesso tempo contenuta dalla forma, ci si presenta fin dal duetto iniziale. Il ritmo del racconto è costante, le parti liriche si espandono con ampiezza e i recitativi sono ben integrati con il flusso musicale. Consistente e accurato è il suono dell’Orchestra, con qualche imprecisione nei corni e grande morbidezza negli archi. L’attenzione alla dinamica cesella talora momenti di squisita delicatezza, mentre il rapporto con il palco si mantiene puntale e sorvegliato; suggestivi dunque i pezzi concertati e ben amalgamati gli interventi del Coro, il quale, diretto da Gea Garatti Ansini colpisce particolarmente per la trasparenza di “Secondate, aurette amiche”.

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La storia prende vita nei suoi dissidi e nella sua brillantezza grazie ad un sestetto di interpreti di notevole bravura e affiatamento.
Mariangela Sicilia è una Fiordiligi inquieta ed elegante, con una vocalità estesa e voluminosa, declinata in un canto di grande legatura, pur con qualche sporadica diminuzione di consistenza. “Come scoglio immoto resta” viene scolpita con un una spiccata intenzione drammatica, unita ad un’ironica punta di enfasi retorica, grazie ad un fraseggio vario e strutturato e ad acuti potenti e limpidamente proiettati. I vocalizzi sono sempre ben definiti e le agilità di grande naturalezza, come nel duetto con la sorella e in quello con Ferrando. In “Per pietà, ben mio, perdona” il tormento e la passionalità del personaggio vengono poi delineate con forza e precisione.
Voce di grande omogeneità e morbidezza, Francesca Di Sauro plasma una Dorabella brillante e sensuale. Molto energica e venata di drammaticità la sua “Smanie implacabili”, mentre “E’ amore un ladroncello” viene resa con nitore e solarità, anche se con poco accento e modulazione. Molto aggraziato il duetto con Guglielmo e sempre dolce e definita nelle parti d’insieme.
Vito Priante è un Guglielmo dalla ricca espressività, prima borghese signorile e mediterraneo e poi hippie disinvolto ed ironico. La voce è salda e compatta e la dizione è limpida e scandita, così come in “Non siate ritrosi” sbalzata con energia e rotondità. Delinea assai efficacemente il furore della gelosia, increspando di rabbia e drammaticità “Donne mie, la fate a tanti”.
Ferrando è Marco Ciaponi, luminoso e di ampiezza melodica fin dal duetto d’apertura. Appassionato e con tratti d’ingenuità, permaloso e facile ad infiammarsi, traccia la sua aria “Un’aura amorosa” in una forma sognante, con nitidi acuti e una linea elegante. Struggente ed intessuta di penetrante vigore “Tradito, schernito”.
Ha una comicità intensa e garbata la Despina di Giulia Mazzola, che esibisce con sicurezza un canto omogeneo e naturale, punteggiato da accenti nonché da efficaci camuffamenti. Vivacissima e coinvolgente in ogni scambio, rende con malizia e simpatia “In uomini! In soldati” ed è tornita e smagliante in “Una donna a quindici anni”.
Nahuel Di Pierro descrive con originalità la figura di Don Alfonso, che riesce comunque autorevole e misurato benché connotato anche da aspetti caricaturali da santone radical chic. Il fraseggio è puntuale, con una linea modulata e gravi consistenti, e l’aria “Vorrei dir, e cor non ho” è resa con incisività ed ironia, così come i duetti e gli altri pezzi d’insieme.

Uno spettacolo quindi raffinato e divertente che non ha mancato di suscitare ilarità ed entusiasmo; molto applaudito a scena aperta, ha infine riscosso fragorosi consensi in ogni sua parte, tanto per gli interpreti e il direttore quanto per il team creativo.

COSÌ FAN TUTTE
ossia La scuola degli amanti

Wolfgang Amadeus Mozart
Dramma giocoso in due atti di Lorenzo da Ponte, K 588

Direttore Martijn Dendievel

Regia e scene Alessandro Talevi
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Teresa Nagel
Video Marco Grassivaro

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del Coro
Gea Garatti Ansini

Personaggi e Interpreti
FIORDILIGI Mariangela Sicilia
DORABELLA Francesca Di Sauro
GUGLIELMO Vito Priante
FERRANDO Marco Ciaponi
DON ALFONSO Nahuel Di Pierro
DESPINA Giulia Mazzola

Foto: Andrea Ranzi