Spettacoli

Lucrezia Borgia – Roma, Teatro dell’Opera

Ma la maschera nasconde il volto o lo rivela? La domanda rimane sospesa, proprio come la grande maschera che sovrasta la scena nell’allestimento di Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti, andato in scena al Teatro dell’Opera di Roma e firmato da Valentina Carrasco. E viene da chiedersi se sia l’emblema dell’apparenza e del pregiudizio o piuttosto l’elemento che identifica l’ambiguità costitutiva della protagonista, di cui partecipano del resto anche gli altri personaggi. Lucrezia infatti nella versione di Romani-Donizetti viene sì riabilitata come madre ferita dalla perdita del figlio, ma rimane egualmente una donna vendicativa e spietata. Volto ambiguo del potere quindi, anche se qui l’oscura volontà di potenza pare incarnata soprattutto dal Duca Alfonso.
La Carrasco crea una regia di notevole complessità e suggestione, con le scenografie di Carles Berga in cui a dominare è di volta in volta il contrasto, del bianco e del rosso, della tenebra e dell’oro, dell’arte rinascimentale e dell’essenzialità contemporanea. Un aspetto in linea tra l’altro con la poetica di Donizetti, con la sua predilezione romantica per le emozioni forti e le passioni violente. L’intero discorso registico si snoda d’altra parte in una chiave onirica e surreale, scelta che risulta alquanto azzeccata per una vicenda così notturna e che conferisce maggiore consistenza alla debole drammaturgia dell’opera. Ogni quadro, con le luci di Marco Filibeck e i costumi di Silvia Aymonino, viene caratterizzato con originalità, dall’evanescente carnevale veneziano, all’inquietante palazzo con la scritta Borgia, fino al festino dorato che poi si scarnifica in una radiografia. Pur con qualche appesantimento, la rappresentazione scorre magnetica e coinvolgente, con effetti di sorpresa e movimenti accuratamente coordinati.

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Lidia Fridman

Il racconto musicale è tracciato da Roberto Abbado con grande compattezza, con tempi talora serrati, momenti distesi ed efficaci sospensioni drammatiche. Le puntuali variazioni dinamiche creano un flusso duttile e articolato, punteggiato da accenti marcati e da passaggi di sfogata cantabilità. Saldo il collegamento con gli interpreti e con il Coro, il quale, con la direzione di Ciro Visco, si staglia come un vero e proprio personaggio dell’opera, preciso e ben amalgamato. Assai sostenuti e trascinanti gli interventi nel finale del Prologo e al primo atto, mentre quello all’inizio del secondo spicca per la sorvegliata modulazione del forte e del piano.

Lidia Fridman è una Lucrezia tormentata, figura femminile di arcana ambiguità, ferita ma crudele, aggressiva eppure delicata. Il canto ha una linea continua e modulata, con una sicura tenuta delle note e disinvolti passaggi di agilità. Se il timbro conferisce al personaggio un carattere particolarmente umbratile e dolente, l’estensione risulta talora contenuta, con acuti non sempre sufficientemente sfogati. E’ dolce e struggente nella romanza del Prologo e assai energica e grintosa nel duetto con Alfonso, vertice drammatico della rappresentazione. Di grande morbidezza e intensità nel tragico finale, con una presenza che si mantiene costantemente magnetica ed uno stile languido e appassionato.

Enea Scala è Gennaro, il figlio perduto di Lucrezia, delineato nella sua eroica nobiltà da un’emissione potente e rigogliosa, anche se non sempre proiettata con nitidezza. Molto drammatico nell’intenzione espressiva, rende l’intera sequenza che apre il secondo atto in una forma assai varia e levigata.

L’Alfonso di Alex Esposito esordisce forgiando la cavatina in una modalità energica e maestosa. Un fraseggio articolato e incisivo plasma un personaggio oscuro e passionale, capace di recitativi marcati e autorevoli e di un travolgente duetto con Lucrezia.

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Alex Esposito

Ha uno stile vario e brillante Daniela Mack nel ruolo di Maffio Orsini e, pur con qualche diseguaglianza, è alquanto melodica nel duetto con Gennaro e di grande vivacità nel pezzo concertato del secondo atto.

Il quartetto degli amici intesse la narrazione di momenti ora leggeri ora inquietanti, realizzando un insieme intenso e variegato, tanto nel canto quanto nella recitazione, con il Liverotto di Raffaele Feo dalla proiezione limpida e diretta, il Gazzella di Arturo Espinosa dall’emissione scura e rotonda, il luminoso Vitellozzo di Eduardo Niave e il modulato Petrucci di Alessio Verna.
Una linea varia e sinuosa caratterizza il Rustighello di Enrico Casari ed ha un’articolata espressività il Gubetta di Roberto Accurso. Ben definiti anche l’Astolfo di Rocco Cavalluzzi e l’Usciere di Giuseppe Ruggiero.

Uno spettacolo affascinante che in diversi momenti, a scena aperta, ha suscitato l’entusiasmo del pubblico. Molto applauditi Scala ed Esposito, un vero tripudio per la Fridman e assai apprezzata la direzione di Abbado.

LUCREZIA BORGIA

Musica Gaetano Donizetti

Opera seria in un prologo e due atti
Libretto di Felice Romani da Victor Hugo

Direttore
Roberto Abbado

Regia Valentina Carrasco

Maestro del Coro Ciro Visco
Scene Carles Berga
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck

PERSONAGGI INTERPRETI
Alfonso I D’Este Alex Esposito
Lucrezia Borgia Lidia Fridman
Gennaro Enea Scala
Maffio Orsini Daniela Mack
Jeppo Liverotto Raffaele Feo
Don Apostolo Gazella Arturo Espinosa
Ascanio Petrucci Alessio Verna
Oloferno Vitellozzo Eduardo Niave
Gubetta Roberto Accurso
Rustighello Enrico Casari
Astolfo Rocco Cavalluzzi
Usciere Giuseppe Ruggiero

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Foto: Fabrizio Sansoni-Teatro dell’Opera di Roma