Danza

L’histoire de Manon – Teatro alla Scala, Milano

L’ultimo balletto in cartellone alla Scala prima della pausa estiva è L’histoire de Manon, un vero classico della modernità, opera del coreografo inglese Kenneth MacMillan

MacMillan creò il balletto nel 1974, guardando al passato, ispirandosi al racconto Histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut di Antoine François Prévost (1731); la musica è di Jules Émile Frédéric Massenet, un florilegio di brani del compositore, tanti, diversi, ma nessuno tratto dall’opera lirica Manon dello stesso Massenet o dalla Manon Lescaut di PucciniMacMillan, attingendo a creazioni artistiche del passato, realizza un’opera di grande avanguardia coreografica, carica di tematiche attuali pur nel solco del genere del balletto classico narrativo, lui e lei che si amano fino al dramma finale. Dramma che è ancora più tragico perché puramente umano, ambientato nello spazio e nel tempo della storia, senza magie, esotismi o fantasie e dovuto solo alle azioni e alle scelte dei protagonisti. Manon è una giovane in crescita, travolta dall’amore, ma sedotta dai beni terreni, o da un comprensibile desiderio di benessere, e per questo trascinerà Des Grieux in un susseguirsi di eventi che porteranno Manon alla morte e Des Grieux al delitto. 

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L’histoire de Manon, Teatro alla Scala, 2024

Il 10 luglio OperaLibera ha assistito alla seconda replica con Nicoletta Manni nel ruolo di Manon, mentre il ballerino Reece Clarke, principal dancer del Royal Ballet, alla sua prima presenza scaligera, interpreta Des Grieux. Accanto a loro i primi ballerini Nicola Del Freo nei panni di Lescaut e Martina Arduino, l’amante di Lescaut. Superba l’interpretazione della Manni, che conferisce a Manon tutte le sfumature dei sentimenti che attraversano la vicenda, talmente brava da lasciare forse appena in ombra il partner pur tecnicamente ineccepibile. Memorabile il passo a tre di Manon, Lescaut e Monsieur G. M. (Gabriele Corrado) che è forse la vera chiave interpretativa di questo balletto. Manon è un oggetto nelle mani degli uomini che dovrebbero l’uno proteggerla, il fratello Lescaut e l’altro garantirle un futuro, Monsieur Guillot de Morfontaine. Il pas de trois è un susseguirsi di prese e passaggi, di pesi e contrappesi, che annullano Manon e alludono, con quel linguaggio tipico della danza che dice tutto senza mostrare nulla, allo sfruttamento subito dalla donna. Qui MacMillan inventa davvero un lessico nuovo sostenuto da uno dei brani musicali più belli del balletto che esaltano l’ambiguità del momento. Al contrario nei passi a due con Des Grieux Manon balla libera, esprime i suoi sentimenti, padrona di sé stessa, per quanto fragile e volubile. È proprio nei passi a due di Manon e De Grieux che MacMillian indaga la psicologica dei suoi personaggi, in continua tensione tra sentimento e scontro con la realtà e ne fa maturare il rapporto.

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L’histoire de Manon, Teatro alla Scala, 2024

Benché l’Histoire de Manon non sia un balletto che lasci troppo spazio a grandi movimenti coreografici, è però particolarmente felice la danza dei mendicanti in apertura dove MacMillan reinterpreta molti dei salti tipicamente maschili conferendogli accenti popolari. Potente, per la sua forza evocativa, che riporta alla mente tragedie del secolo scorso, lo sbarco delle detenute a New Orleans, omologate da vesti povere e teste rasate. MacMillan le fa muovere come fossero un corpo unico, in balia di una sorta di onda ipnotica che ne annulla le individualità femminili. Dopo la terribile violenza subita da Manon in carcere (Gioacchino Starace interpreta il carceriere), nella quale Mac Millan dimostra tutte le sue capacità registiche, la vicenda si conclude drammaticamente nelle paludi della Luisiana dove Manon muore. I bellissimi costumi e le scene ancora attuali di Nicholas Georgiadis rievocano convincentemente un Settecento dove dietro trine e parrucche si nascondeva tanta miseria. Ma non può che rimanere impressa l’ultima cupa scena dove sudice lenzuola annodate simboleggiano le paludi di mangrovie nelle quali Manon muore. Sul podio Paul Connely che con grande duttilità guida l’orchestra su una partitura assai varia per temi e sonorità.  Con grande partecipazione il pubblico applaude a uno dei balletti più belli di questa prima parte di stagione.