Danza

La bayadère – Teatro alla Scala, Milano

Dopo alcune date dedicate alla danza contemporanea e ad appuntamenti istituzionali, torna in scena alla Scala un balletto classico di repertorio, tra i più avvincenti e sontuosi: La bayadère, su musiche di Ludwig Minkus e coreografia originale di Marius Petipa e Sergej Kudekov (1877). La versione in questi giorni in cartellone a Milano è però quella reinterpretata da Rudolf Nureyev (1992) che il pubblico meneghino ha visto una sola volta nel 2021-2022. Manuel Legris, tra gli eredi spirituali del grande ballerino russo, nel 2021 ha voluto portare questo balletto, allora esclusiva dell’Opéra di Parigi, a Milano; si era allora in piena pandemia, tra aperture e rinvii, mentre oggi il pubblico può godersi il balletto con maggior serenità. Come sempre Legris sceglie diversi cast che si alternano nelle varie serate, adeguando alcune scelte coreografiche alle caratteristiche degli interpreti. Il 6 giugno abbiamo visto in scena, solo per citare i ruoli principali, Vittoria Valerio (Nikiya), Marco Agostino (Solor), Alice Mariani (Gamzatti), mentre tra i ruoli secondari merita particolare menzione Rinaldo Venuti nelle vesti del Fachiro.

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La bayadère, Teatro alla Scala, 2024

La Bayadère è un intreccio di gustose danze di carattere che evocano un’India fantastica, colorata e sontuosa, a cui si intreccia il dramma della Bayadère, una delle danzatrici del tempio, innamorata del guerriero Solor, che pur ricambiandola finirà per respingerla per poi rimpiangerla. 

Come in tutte le coreografie rivisitate da Nureyev aumenta il tecnicismo dei passi ed è dato maggior spazio agli interpreti maschili che Petipa lasciava in secondo piano. Memorabili sono proprio gli ensembles maschili, a cominciare dagli schiavi nel tempio dell’Alto Bramino, agli indigeni con i tamburi nel secondo atto, perfette declinazioni in versione classica di danze dall’accento tribale. Di altissimo livello coreografico sono anche le parti femminili, in particolare la danza delle bayadére nel primo atto, la danza d’Jampe, con Camilla Cerulli e Denise Gazzo ottime soliste e il pas d’action nel palazzo del Rajah.

La musica di Minkus, da alcuni ritenuta quasi mediocre, è invece travolgente e risuona nelle orecchie dello spettatore come la voce di un caro amico, anche grazie alla riuscita direzione di Kevin Rhodes. Se per gli ensembles e le varie danze di carattere il ritmo e il timbro sono sempre sostenuti e allegri, consoni al clima esotico e speziato di un India immaginifica, la musica che scandisce la vicenda di Nikiya e Solor è invece sempre drammatica, preannunciando sin dall’inizio l’esito funesto della storia. Solor per opportunismo preferirà sposare Gamzatti, la figlia del Rajah, abbandonando Nikiya, che morirà uccisa dal morso di un serpente procurato da Gamzatti: tra gli assoli della Bayadère la danza della morte di Nikiya è indubbiamente un capolavoro tecnico e interpretativo. 

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La bayadère, Teatro alla Scala, 2024

Nelle sue riletture Nureyev indagava sempre i risvolti psicologici della vicenda narrata; nella Bayadère questo approfondimento si coglie meno, ma non mancano alcuni momenti drammatici dalla forte carica emotiva. Nel secondo atto il confronto tra l’altera Gamzatti e la fragile Nikiya trova in Alice Mariani e Vittoria Valerio due ballerine che per doti fisiche e recitative interpretano felicemente questo scontro.

Altrettanto carica di pathos è la visione di Solor che drogato dall’oppio e dilaniato dal rimorso sogna la perduta Nikya, un passaggio che doveva essere molto nelle corde di Nureyev che ha sempre mostrato grande interesse per l’inconscio e il sogno. A questa dimensione onirica appartiene anche uno dei vertici della storia del balletto occidentale, il cosiddetto Atto Bianco del Regno delle Ombre con cui si chiude lo spettacolo. L’incedere delle Ombre, nella ripetizione identica degli arabesques, sembra incarnare le visioni causate dall’oppio e la musica comunica un senso di pace eterna nella quale Nikiya e Solor possono finalmente ritrovarsi. Il corpo di ballo spicca in quello che è considerato il castone prezioso della Bayadère dove la precisione e la coralità delle Ombre confermano l’altissima qualità della danza scaligera. Unico neo in questo quadro magico la scenografia, che se sicuramente non è invasiva, resta però piuttosto deludente, almeno nell’ultimo atto.

A Luisa Spinatelli va invece riconosciuta una grande fantasia e sensibilità cromatica nel disegno dei costumi, tra i quali ricordiamo in particolare quelli della danza dei tamburi e quelli della danza dei pappagalli. 

Nel complesso un ottimo spettacolo, equilibrato in tutte le sue parti: sala piena e pubblico che con lunghi applausi apprezza e ringrazia.