Spettacoli

Turandot – Firenze, Teatro del Maggio

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini e in un periodo pesantemente condizionato dalle difficoltà finanziarie, il Maggio Musicale Fiorentino inaugura la sezione operistica con Turandot, affidando la direzione a Zubin Metha, colonna ed icona del teatro fiorentino, e riproponendo lo storico allestimento di Zang Ymou, realizzato in occasione del 60° Festival, portato in tourneé in Cina e Giappone e riproposto nel corso di un paio di stagioni. Rammento con estrema vividezza lo stupore e la fascinazione provata durante la serata del 1997 dinanzi ad uno spettacolo tanto maestoso quanto raffinato, che fu diretto da Metha con travolgente intensità e che costituisce per me una delle più affascinanti rappresentazioni a cui abbia mai assistito. Puntare su un cavallo vincente non è tuttavia garanzia di successo e la ripresa di Stefania Grazioli di una produzione tanto complessa non è affatto un’operazione scontata, potendo incappare nella tentazione di replicare pedissequamente oppure di semplificare ed esponendosi inoltre al rischio di mortificanti confronti. Dobbiamo poi rilevare che il nuovo palcoscenico rispetto a quello del vecchio Comunale ha una maggiore profondità, che obbliga pertanto ad una riorganizzazione delle numerose strutture e soprattutto dei movimenti. In effetti, questa rappresentazione ci appare maggiormente prospettica se paragonata all’iconica frontalità, quasi tendente al bidimensionale, di quella originale. Ciò detto, l’anima dello spettacolo è salva ed anzi assai vitale, presentandosi in una forma splendida e palpitante. Vero è che ci troviamo davanti ad un diverso modo di fare teatro, con un linguaggio visivo molto diverso da quello delle regie degli ultimi anni e realizzato con un lavoro che potremmo definire di artigianato meccanico in era digitale. E questo non soltanto perché la produzione ha comunque quasi trent’anni, ma anche e forse soprattutto perché Zhang Ymou si avvalse di collaboratori cinesi per le scene, i costumi e perfino per le coreografie, con riferimenti filologicamente rigorosi all’arte e alla cultura del suo paese, creando atmosfere similari a quelle che pochi anni dopo avremmo ritrovato nel suo film “La città proibita”.

Turandot_Firenze_2024_2
SeokJong Baek , Valeria Sepe, Olga Maslova

La Turandot fiorentina condivide appunto con quella pellicola lo stile alto da sublime tragedia e nella sua sacrale solennità si profila come un dramma cosmico, con lo scontro e l’armonizzarsi del Sole e della Luna, del Giorno e della Notte, del Maschile e del Femminile, mettendo in campo un universo di immagini e simboli che rimanda fedelmente alla tradizione cinese ed in senso più ampio all’Oriente, ma che allo stesso tempo proietta l’intera vicenda in una dimensione fiabesca e metastorica. Di notevole fascino il notturno iniziale e l’apparizione della principessa di gelo in forma della dea Kalì e di abbagliante splendore le scene nel palazzo imperiale, mentre il primo quadro del terzo atto colpisce per un ritorno ad una figurazione da miniatura, ancora preziosa ma più astratta ed essenziale. La ricchezza degli elementi, che potrebbe venir percepita come eccessiva, viene composta con rigore alla stregua di un mandala ed in ogni quadro a prevalere è l’armonia dei movimenti e dei colori, adeguatamente valorizzati dalle luci di Valerio Tiberi. Le scene più sfarzose sono alleggerite dalle incantevoli coreografie di Chen Weiya, riprese da Damiana Pizzutti e interpretate dal Nuovo BallettO di ToscanA, ed in generale tutta la gestualità sul palco viene ritmata sulla musica.

Quest’ultima dal canto sua spicca per la varietà della dinamica e per la ricchezza dei cromatismi, particolarmente evidente negli effetti delle percussioni. La lettura di Metha, pur con qualche scoordinamento con la scena, mantiene un flusso continuo con tempi distesi e costanti, conferendo un carattere solenne a tanti passaggi con volumi imponenti e impreziosendo di sfumature sequenze come quella degli enigmi o la morte di Liù.
L’Orchestra del Maggio si distingue inoltre per la precisione degli accordi e per la stretta, simbiotica connessione con il Coro, che con la guida di Lorenzo Fratini realizza interventi di estrema compattezza e dalle minuziose variazioni d’intensità, con un’invocazione alla luna di straordinaria suggestione e un addio a Liù di struggente raffinatezza.
Tutto il racconto è poi punteggiato dalla soave delicatezza del Coro di voci bianche, ben amalgamato e diretto da Sara Matteucci.

Turandot_Firenze_2024_3
Olga Maslova e SeokJong Baek

L’impegantivo ruolo di Turandot è affidato a Olga Maslova, che delinea una principessa risoluta ma non spietata, orgogliosa ma non possente. Una donna che fin dal suo apparire ci sembra turbata, inquieta nella sua chiusura ed incrinata nel suo ideale di purezza, come se il suo disgelo cominciasse da subito, con lentezza e progressione. Il corpo vocale è di moderata consistenza e di ottima estensione, con un ‘emissione costante e accuratamente controllata. Gestisce con disinvoltura il passaggio dalle regioni gravi a quelle più alte, dando forma ad un canto morbido e modulato, con acuti vigorosi ma mai gridati o taglienti, e che comunque mantiene una qualche dolcezza anche nei passaggi severi.

Il Calaf di SeokJong Baek esibisce una vocalità potente ed estesa declinata in un canto luminoso e rotondo, con qualche minimo slittamento d’intonazione ma con ampi fiati ed una tenuta eccezionale delle note. Il suo è un Principe Ignoto eroico e solare, che dà spessore drammatico a “Non piangere, Liù!” e che rende il “Nessun dorma” in una veste smaltata e vigorosa, per essere infine assai energico ed appassionato nel duetto al terzo atto.

Valeria Sepe interpreta Liù con un ottimo volume ed un’attenta modulazione. In “Signore, ascolta!” è di grande correttezza ma manca di poesia, mentre esprime maggiore dolcezza a partire da “Tanto amore segreto, inconfessato”, per poi trovare una cifra più spiccatamente lirica nell’aria conclusiva.

Di grande vivacità e affiatamento il trio delle maschere interpretate da cantanti formatisi all’Accademia del Maggio, con il Ping di Lodovico Filippo Ravizza dalla voce omogenea e dal fraseggio articolato, affiancato dallo squillante Pang di Lorenzo Martelli e dal melodico Pong di Oronzo D’Urso. Particolarmente riuscita la parentesi idilliaca del loro terzetto, dove i tre danno vita ad un momento sognante e sospeso.

Sbalzata con rilievo la figura di Timur da Simon Lim, con una proiezione consistente e definita a cui coniuga efficacemente uno stile incisivo e commovente.

Carlo Bosi, con voce rigogliosa e una dizione chiara e scandita, interpreta un Altun nobile e preoccupato. Da notare, a suo merito, che ha cantato da una posizione alquanto arretrata e che era nel cast del 1997.

Eleganti e ben imostate le Ancelle di Thalida Marina Fogarasi e Anastassiya Kozhukharova, entrambe artiste del Coro come anche Davide Ciarrocchi, che proietta con fermezza il grido estremo del Principe di Persia.

Una sala gremita ha a lungo applaudito tutti quanti gli interpreti, particolarmente Baek, la Sepe e la Maslova. Ovazioni per Coro ed Orchestra e un vero trionfo per Metha.

TURANDOT
Dramma lirico in tre atti e cinque quadri
Libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni da Carlo Gozzi
(Il finale dell’opera è stato completato da Franco Alfano)

La principessa Turandot Olga Maslova
L’Imperatore Altoum Carlo Bosi
Timur Simon Lim
Calaf (Principe ignoto) SeokJong Baek
Liù Valeria Sepe
Ping Lodovico Filippo Ravizza
Pang Lorenzo Martelli
Pong Oronzo D’Urso
Un mandarino Qianming Dou
Il Principe di Persia Davide Ciarrocchi
Prima ancella Thalida Marina Fogarasi
Seconda ancella Anastassiya Kozhukharova

Maestro concertatore e direttore ZUBIN MEHTA

Regia ZHANG YIMOU
Regia ripresa da Stefania Grazioli
Scene e costumi Gao Guangjian, Zeng Li, Huang Haiwei, Wang Yin
Coreografia Chen Weiya
ripresa da Damiana Pizzuti – Nuovo BallettO di ToscanA
Luci Valerio Tiberi

ORCHESTRA E CORO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

CORO DI VOCI BIANCHE DELL’ACCADEMIA DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
Maestra del Coro di voci bianche Sara Matteucci

Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino