Concerti

Rubini Festival, VII edizione – Romano di Lombardia

Nel variegato panorama musicale del nostro paese, quella dei festival è una forma di promozione culturale particolarmente efficace per tenere viva la memoria di figure che hanno fatto la storia del melodramma. Basti pensare al Festival Rossini o al Festival Verdi: due eventi ancora oggi capaci di attirare folle di melomani da tutta Italia (se non addirittura da tutto il mondo) grazie ad iniziative sempre diverse e allestimenti spettacolari di prim’ordine. Come questi illustri esempi dimostrano, però, sono solitamente i grandi compositori ad essere al centro di queste manifestazioni, mentre raramente compaiono eventi dedicati a personalità collaterali che hanno contribuito in maniera altrettanto decisiva a plasmare gli orizzonti e l’estetica dell’opera italiana. Fra queste ci sono naturalmente i cantanti, artisti senza i quali alcuni personaggi immortali del repertorio operistico non avrebbero probabilmente nemmeno visto la luce.

Proprio alla figura di un cantante emblematico per la storia del melodramma, Giovanni Battista Rubini, è dedicato il Rubini Festival, manifestazione che si tiene annualmente nella città natale del tenore, Romano di Lombardia (BG). L’evento, promosso dalla Fondazione Opere Pie Giovanni Battista Rubini con il sostegno dell’amministrazione comunale, rappresenta un’occasione importante per valorizzare e riflettere sull’eredità storica e culturale di questo personaggio, nonché per apprezzarne i lasciti visibili tutt’oggi nella sua città. Ciò è vero soprattutto per l’edizione di quest’anno, che si è svolta nel segno di due anniversari decisivi: il 170° anno dalla morte di Rubini, avvenuta il 3 marzo 1854, e il 150° da quella della consorte scomparsa nel 1874, il soprano Amélie Adèle Chaumel (più nota con il nome italiano di Adelaide Comelli).

Tante le novità rispetto alle edizioni precedenti, a cominciare da una nuova direzione artistica affidata all’associazione di promozione culturale Cieli Vibranti. «Garantire eventi culturali di qualità e fruibilità allargata è da sempre la nostra vocazione», ha dichiarato nella conferenza stampa d’apertura il critico musicale Fabio Larovere, per l’appunto direttore artistico della settima edizione del festival romanese. Vocazione che si è concretizzata in un calendario ricco di eventi originali ed eterogenei accomunati da un unico obiettivo: avvicinare la musica di Rubini e il mondo dell’opera ad un pubblico sempre più ampio e diversificato.

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Rubini Festival: Jazz on Rubini

Forti di queste premesse, le tre brevi – ma intense – giornate di festival hanno preso il via venerdì 4 aprile con il concerto intitolato Jazz on Rubini, un vero e proprio esperimento musicale che ha voluto riproporre in chiave contemporanea alcune delle pagine più belle del repertorio belcantistico. Nel corso della serata, il quintetto capitanato dal pianista Giovanni Colombo ha offerto al pubblico l’opportunità di apprezzare i brani che hanno reso immortale la figura del tenore bergamasco in una veste assolutamente inedita. Tra incalzanti ritmi swing e malinconiche romanze blues, gli arrangiamenti realizzati dallo stesso Colombo hanno illuminato i gioielli del melodramma ottocentesco di una luce nuova, dando così forma ad un “viaggio nel tempo” che ha proiettato Rossini, Donizetti e Bellini in atmosfere musicali nelle quali mai si sarebbe pensato di immaginarli. Insomma, un coinvolgente evento «cross-over» (per usare le parole dei promotori) che ha reso l’opera facilmente accessibile ad un pubblico di non esperti, pur senza deludere le aspettative dei melomani più puntigliosi.

Nella giornata di sabato 6 il festival è proseguito espandendosi nella città di Romano con una serie di appuntamenti presso i luoghi simbolo dell’eredità rubiniana. Tra questi il progetto Suonami!, che ha contribuito a catapultare l’atmosfera cittadina nel clima del festival mettendo a disposizione del pubblico una serie di pianoforti sparsi per i vicoli e le piazze del centro storico. Oltre a garantire un coinvolgimento attivo della cittadinanza, questa scelta è stata anche da impulso per l’organizzazione di suggestivi flash-mob che hanno animato la giornata con le talentuose voci di giovani cantanti lirici. L’opportunità di visitare in prima persona i luoghi connessi alla figura di Rubini, è stata invece offerta da una passeggiata letteraria lungo i punti della città che tutt’oggi consentono di coltivare la memoria del grande tenore. Nello specifico, si tratta del cosiddetto Cimitero della Gamba, vero e proprio gioiello di architettura sacra edificato nel 1715 dove Rubini ha riposato per circa un secolo dopo la sua scomparsa; e del solenne mausoleo funebre, eretto nel1954 per traslare la salma del tenore all’interno del nuovo cimitero della città.

Ma il luogo in cui oggi si può godere maggiormente dell’eredità artistica lasciata dal «Cigno di Romano» (così definito dalle cronache) è Palazzo Rubini. L’edificio fu costruito nel 1845 dall’architetto Pietro Antonio Pagnoncelli come dimora dei coniugi Rubini dopo il ritiro ufficiale dalle scene e ospita oggi un ricco museo dedicato al cantante. Qui si è conclusa la seconda giornata del festival con la presentazione del libro L’altra metà del cielo. Amélie Adèle Chaumel di Achille Piacentini, membro storico della Fondazione Rubini. Nella splendida cornice della Sala del Pirata, l’autore ha voluto rendere omaggio alla figura di Adelaide Comelli, spesso rimasta in secondo piano rispetto al marito nonostante l’importante ruolo svolto nella gestione dell’eredità economica e culturale di quest’ultimo. Nata in una famiglia facoltosa della Francia napoleonica e forte di un’educazione musicale di alto livello (fu ammessa a soli tredici anni al Conservatoire Imperial de Musique di Parigi), Amélie Adèle poté contare su una carriera teatrale di tutto rispetto, sebbene per nulla paragonabile a quella stellare di Giovanni Battista. Conosciuto il futuro marito, ella contribuì in maniera decisiva allo sviluppo del suo percorso professionale esercitando quasi certamente un ruolo preponderante nei rapporti con alcuni compositori (primo fra tutti, Gioacchino Rossini), nelle trattative con gli impresari e nella gestione del patrimonio accumulato. In aggiunta, dopo essere rimasta erede universale di tutti i beni del tenore la Comelli si dedicò ad una lungimirante attività filantropica facendo edificare a Romano un ginnasio (tutt’ora attivo come scuola superiore di secondo grado), un orfanotrofio maschile e persino una casa di riposo per musicisti. Nel complesso, una donna capace e poliedrica alla quale il contributo di Piacentini riconosce per primo una serie di meriti finora ingiustamente trascurati.

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Rubini Festival: La rivoluzione romantica

Hanno infine concluso la manifestazione di quest’anno due eventi incentrati sul mito dell’eroe romantico, figura che Rubini incarnò per primo nel mondo del melodramma vestendo i panni di Gualtiero, il pirata protagonista dell’omonima opera di Vincenzo Bellini. La giornata di domenica 7 aprile si è suggestivamente aperta alle prime luci dell’alba con l’evento La rivoluzione romantica: viaggio poetico letterario per raccontare un’epoca, un reading per salutare il sorgere del sole circondati dagli affreschi settecenteschi che decorano il chiostro del Cimitero della Gamba. Nell’ambito di questa cornice così singolare, il suono del violoncello di Daniela Savoldi ha accompagnato la voce dell’attrice Laura Mantovi nella lettura di opere tratte dalla produzione di famosi poeti della generazione romantica, come George Byron, John Keats e Ugo Foscolo.

Dopo aver assaporato l’elaborazione letteraria di temi e personaggi che tanto ispirarono i primi sviluppi del melodramma romantico, l’opportunità di ascoltare gli esiti musicali di questo processo è stata offerta dalla voce del tenore Vincenzo Costanzo, protagonista del concerto di chiusura del festival. Quest’ultimo si è articolato sotto forma di un recital eterogeneo nel quale, accompagnato dal pianista Otello Visconti, il giovane cantante ha dato prova di grande potenza sonora, qualità di timbro ed efficacia interpretativa. Assolutamente notevole anche la flessibilità esecutiva con la quale egli ha saputo affrontare in maniera ugualmente convincente l’intensità dello stile pucciniano e l’agilità richiesta dai brani che Rubini prediligeva; come la celebre Cavatina di Gualtiero «Nel furor delle tempeste». Nel corso della serata, non sono inoltre mancate escursioni al di fuori del repertorio rubiniano che, tuttavia, hanno trovato una giustificazione coerente con il filo conduttore del festival. È il caso di «Ah! Si ben dite…» dal Corsaro di Giuseppe Verdi, opera che Rubini non interpretò ma che condivide con il Pirata il carattere passionale e tormentoso del primo romanticismo; o della Mazurka Op. 17 n. 4 di Fryderyk Chopin, autore noto per la sua ammirazione verso il carattere etereo di alcune fra le melodie che Vincenzo Bellini compose appositamente per la voce del tenore bergamasco. Il denso calendario di eventi che hanno occupato le giornate di festival non poteva dunque terminare in modo migliore, con un ospite di caratura internazionale capace di rendere il giusto omaggio all’arte canora di Rubini.

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Vincenzo Costanzo e Otello Visconti

A proposito di arte canora, c’è invece grande attesa per scoprire chi sarà il vincitore del Concorso Internazionale di Canto Lirico, evento che da sempre accompagna l’organizzazione del Rubini Festival con l’obiettivo di valorizzare il talento di giovani cantanti lirici. Anche quest’anno la competizione ha registrato un alto numero di adesioni, e non resta che attendere il 18 maggio, data in cui si terrà la finale in forma pubblica nel teatro della Fondazione Rubini (sempre a Romano di Lombardia).

Il merito più evidente di questa VII edizione del Rubini Festival, per concludere, è stato quello di aver saputo valorizzare la figura di un assoluto protagonista della storia del melodramma sfruttando diverse strategie di promozione culturale. Ciò ha permesso di intercettare le esigenze di un pubblico diversificato mantenendo viva la memoria di Rubini presso un numero di persone sempre più ampio. Allo stesso tempo, tale indirizzo ha contribuito a far emergere aspetti originali e meno noti del mondo gravitante attorno al «Re dei Tenori», aprendo così la strada ad ulteriori ricerche, sperimentazioni e approfondimenti che hanno ancora molto da dirci su un personaggio decisivo per la storia dell’opera italiana.

Alessio Maneli