Spettacoli

Tosca – Arena, Verona

Torna in Arena Tosca di Giacomo Puccini, nell’allestimento kolossal firmato da Hugo De Ana.

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Vittorio Grigolo e Sonya Yoncheva

Il Festival 2023 dell’Arena di Verona prosegue con Tosca, uno dei titoli più amati di Giacomo Puccini, nella ripresa dell’allestimento ideato nel 2006 da Hugo De Ana. Nonostante il passare degli anni, questa produzione resta una delle più affascinanti e riuscite tra quelle che hanno visto la luce nell’anfiteatro veronese. La scena, a firma dello stesso regista argentino, è dominata, al centro, da una riproduzione gigantesca della testa e, alle estremità laterali, dalle braccia dell’angelo posto sulla sommità di Castel Sant’Angelo a Roma, opera dello scultore Pieter Antoon Verschaffelt. Allo spettatore non sfugge di certo la presenza, nella mano dell’angelo, di una enorme spada, quasi a significare l’incombere su tutti i protagonisti di un tragico destino. I giganteschi elementi scultorei sul palco fanno così da cornice al racconto che si dipana, atto per atto, presentando chiari riferimenti alla ambientazione prevista dal libretto (Sant’Andrea della Valle, Palazzo Farnese e Castel Sant’Angelo). Il disegno registico funziona ancora perfettamente e rende lo spettacolo godibile e coinvolgente. Sempre degno di nota, inoltre, il grandioso coup de théâtre realizzato da De Ana per il Te Deum di finale primo atto: una processione cardinalizia imponente ed allo stesso tempo inquietante che sembra sbalzare dal livello superiore del pannello posto sullo sfondo della scena.

Una menzione d’onore, poi, è tutta per i costumi, a cura dello stesso regista, di foggia ottocentesca, con un plauso particolare a quelli della protagonista, elaborati ed eleganti al tempo stesso. Le suggestive luci ideate, come di prassi sempre da De Ana, completano l’eccellente disegno registico.

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Nel ruolo di Tosca troviamo Sonya Yoncheva che torna in Arena dopo aver vestito i panni di Violetta Valery nel 2021. Il soprano esibisce una vocalità sontuosa per volume e per il suggestivo impasto timbrico, ammantato di preziose screziature. Si ammirano i centri, rigogliosi e vibranti, come il registro acuto, luminoso e ben proiettato. La discesa verso i gravi, quantunque non sempre impeccabile, viene risolta con grande intelligenza. La scrittura è affrontata con la giusta sicurezza e consapevolezza stilistica. Yoncheva presenta, inoltre, una innegabile proprietà di fraseggio riuscendo a sbalzare i diversi aspetti del personaggio con la giusta credibilità. Qua e là il declamato tende a sconfinare nel parlato, ma in questo repertorio sembra peccato veniale se frutto della concitazione scenica. Ed è proprio la presenza statuaria del soprano bulgaro ad essere uno dei suoi punti di forza sul palco: avvolta dagli splendidi costumi incede con allure da vera diva, ammiccante in primo atto, straziata nel secondo, speranzosa ed inconsapevole nel finale. Una prova di livello, quindi, che conquista pienamente il pubblico che le riserva, tra l’altro, una grande ovazione al termine della celebre aria “Vissi d’arte”, eseguita con il giusto trasporto.

Accanto a lei il Mario Cavaradossi di Vittorio Grigolo. Il tenore sfoggia una vocalità che, in virtù del suo colore mediterraneo e della facilità di proiezione, potrebbe essere ideale per il ruolo. Oltre alla bellezza della linea, che non difetta certo per omogeneità e squillo, va rilevata, tuttavia, una certa tendenza a spingersi, sovente, oltre quanto richiesto dall’autore. Si prenda, ad esempio, la celeberrima “E lucevan le stelle”: in questo brano Grigolo mostra una eccellente intelligenza esecutiva che si traduce nello sfoggio di accorate mezzevoci e di suggestivo chiaroscuri. Ma, oltre al fraseggio cesellato in ogni singola parola, rileva la propensione a dilatare oltremodo le frasi musicali, con inevitabile effetto sulla resa orchestrale. E se l’accento è sempre appropriato al momento drammaturgico, la recitazione è, come spesso accade durante le sue esibizioni, tanto coinvolta da risultare al limite del “troppo caricato”. E questo, a volte, è un vero peccato in quanto il tenore possiede un mezzo tra i più preziosi nell’attuale panorama canoro.

Il terzetto dei protagonisti si completa con il barone Scarpia di Roman Burdenko. Vocalmente esegue tutto quanto richiesto dalla partitura in ragione di una vocalità apprezzabile per colore ed ampiezza. Ma rispetto alla coppia Tosca-Mario, qui vanno rilevate una certa genericità espressiva e la mancanza di quella sottile perversione che è propria del personaggio. Nè si riscontrano la nobiltà del fraseggio (Scarpia è pur sempre un barone) o la solennità della presenza scenica che, anzi, risulta piuttosto statica e poco graffiante.

Note positive per Giorgi Manoshvili, che interpreta Cesare Angelotti con la giusta incisività vocale e scenica.

Un plauso a Giulio Mastrototaro che affronta il ruolo del Sagrestano con freschezza e precisione vocale. Oltre ad un eccellente coinvolgimento scenico, va sottolineata l’eleganza nel fraseggio che non cede mai il passo a certe inflessioni caricaturali della tradizione. Bravo!

Carlo Bosi, Spoletta, è magistrale nel trasformare un personaggio di contorno, come questo appunto, in un autentico cammeo di raffinatezza vocale e di pregnanza scenica.

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Vittorio Grigolo e Giulio Mastrototaro

Completano la locandina, i puntuali Nicolò Ceriani e Dario Giorgelè nei ruoli, rispettivamente, di Sciarrone e un carceriere. Un plauso speciale alla piccola Erika Zaha nei panni del pastorello.

La direzione del Maestro Francesco Ivan Ciampa ha il merito, in primis, di mantenere l’organicità e l’unitarietà del racconto musicale. Rispetto ad altre prove, tuttavia, Ciampa sembra prediligere un approccio meno vibrante e passionale, ma questo potrebbe essere dettato anche dalla necessità di supportare le voci sul palcoscenico, in particolare quella di Grigolo. Significativa, ad ogni buon conto, è la resa del finale primo, così come la splendida alba romana che apre il terzo, dipinta con tonalità evanescenti e vaporose.

Di buon livello la prova dell’Orchestra dell’Arena di Verona, tra i cui meriti, si ascrive la capacità di assicurare il giusto equilibrio sonoro e timbrico tra buca e palcoscenico. Pregevole la prova del Coro dell’Arena di Verona, diretto con grande professionalità dal Maestro Roberto Gabbiani. Particolarmente significativo è, in tal senso, lo splendido Te Deum del già citato finale primo atto, maestoso e solenne. Apprezzabile l’intervento del Coro di voci bianche A.d’A.Mus, ben preparato dal Maestro Elisabetta Zucca. Il numeroso pubblico presente saluta le arie dei protagonisti con ovazioni e riserva calorosi festeggiamenti a tutti gli interpreti e al direttore al termine.

TOSCA
Opera in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini

Tosca Sonya Yoncheva
Cavaradossi Vittorio Grigolo
Scarpia Roman Burdenko
Angelotti Giorgi Manoshvili
Il Sagrestano Giulio Mastrototaro
Spoletta Carlo Bosi
Sciarrone Nicolò Ceriani
Un carceriere Dario Giorgelè
Un pastore Erika Zaha

Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Coro delle voci bianche A.d’A.M
Maestri del coro delle voci bianche Elisabetta Zucca
Regia, scene, costumi, luci Hugo De Ana

Foto: ENNEVI