Spettacoli

Tosca – Teatro Carlo Felice, Genova

Al Carlo Felice di Genova va in scena una strepitosa Tosca di Giacomo Puccini

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Maria José Siri e Riccardo Massi

“Perché lui era stato come una pietra legata a una corda e fatta girare più svelto sempre più svelto e a farla girare era il vento era la bufera d’autunno era la disperazione, l’amore. E così follemente girando non si distingueva più che forma aveva, era diventato una specie di anello fluido e palpitante. Lui era un cavallo di giostra e a un tratto la giostra si era messa a girare in modo pazzo più svelta sempre più svelta e a farla girare così era lei, era Laide, era autunno, era la disperazione, l’amore.” Una storia di passione complessa, sfaccettata e a tratti scandalosa è quella che racconta Dino Buzzati nel suo libro “Un amore” edito nel 1963. Ed è proprio a questa visione letteraria che abbiamo pensato rivedendo il riuscitissimo allestimento di Tosca curato nella regia, scene e luci,
da Davide Livermore e qui ripreso da Alessandra Premoli. Una messa in scena del capolavoro di Puccini già vista nel 2014 e che conta ormai qualche anno ma riesce ancora a stupire positivamente. Il palco è quasi interamente occupato da una grande struttura roteante, triangolare, una chiesa decomposta in senso cubo-futurista, quasi una giostra nel suo continuo roteare, dove ben evidenziati sono i tre angoli, così come tre sono i protagonisti che vivono una storia di amore e di passionale bramosia. Un allestimento intelligente, una sorta di omaggio a Luca Ronconi ,come leggiamo nel libretto di sala, impreziosito da belle proiezioni che inizialmente ci innalzano fino agli splendidi affreschi della cupola di Sant’Andrea della Valle a firma di Giovanni Lanfranco, poi nel cielo blu, e infine diventano una enorme e muta luna. Un allestimento che precede quello della Tosca scaligera del 2019 di cui è quasi ossatura, risultando più snello, essenziale e funzionale. Particolarmente efficaci i costumi di Gianluca Falaschi: ben rifiniti, ricchi e aderenti alla ambientazione storica prevista dal libretto. 

Convince anche il versante musicale, ottimo in tutte le sue componenti che guida la recita al successo.

Maria Josè Siri torna al ruolo di Tosca, da lei già interpretato in diverse occasioni, con grande consapevolezza e, soprattutto, totale aderenza vocale ed interpretativa.
Al suo ingresso in scena in primo atto, questa “donna gelosa” viene presentata con dolcezza quasi fanciullesca. Con vocalità rigogliosa, il soprano accarezza il duetto d’amore con Mario infondendovi il calore di un sentimento profondo e sincero, condito da un pizzico di malizia. Alla fine dell’atto, tuttavia, il sospetto del tradimento del proprio innamorato prende il sopravvento e produce in Tosca quella disperazione, sintetizzata ottimamente dalla frase “egli vede ch’io piango”, che la Siri realizza con trasporto ed incisività. Nel secondo atto, poi, il soprano uruguayano affronta il lungo e complesso scontro psicologico con Scarpia sfoderando sicurezza e compattezza vocali invero notevoli. Sotto il profilo interpretativo viene sottolineata in più punti la fragilità di una donna che, al culmine della esasperazione, riesce a raccogliere in sé una indicibile forza che la porta a compiere l’assassinio del temuto capo della polizia. In questo vortice emotivo si colloca la celeberrima “Vissi d’arte”, eseguita con morbidezza e raffinatezza e accolta dal pubblico con un fragoroso applauso a scena aperta. Toccante, infine, la dolcezza esibita nel duetto di terzo atto, preceduto dal concitato racconto del delitto di Scarpia che culmina con il famigerato do acutissimo della lama esibito con sfrontata facilità. Una prova maiuscola quindi, quella della Siri, particolarmente curata sotto il profilo espressivo e del fraseggio, quanto mai sfumato e teatrale.

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Maria José Siri e Amartuvshin Enkhbat

Al suo fianco, Riccardo Massi è un buon Mario Cavaradossi. Qualche cautela nell’aria di ingresso (siamo pur sempre ad una prima) lascia presto il posto ad una maggiore sicurezza esecutiva, sin da quel “la vita mi costasse”, sbalzato con una salita al registro superiore al fulmicotone per ampiezza e tenuta. Particolarmente apprezzabile è, poi, l’esecuzione della celebre “E lucean le stelle”, affrontata con morbidezza e varietà di colori. La vocalità di Massi si distingue, in generale, per il colore tipicamente mediterraneo e il timbro brunito, ma anche per la naturale passionalità nel porgere le frasi e l’accento. E’ proprio nel fraseggio, vibrante e partecipato, che si nota un certo approfondimento del personaggio, un uomo che si batte per i propri ideali di libertà, ma anche un amante tenero ed appassionato. Di rilievo, tra l’altro, l’aitante presenza scenica.

Giganteggia Amartuvshin Enkhbat, uno Scarpia semplicemente perfetto. Al vigore di una vocalità ampia e sonora, si unisce una interpretazione raffinata e cinica allo stesso tempo. La linea, dal colore bronzeo, è di grana preziosa e incanta con la esibita ricchezza di armonici. Rilevante, inoltre, la compattezza tra i registri, dai centri, pieni e torniti, agli acuti penetranti e di impressionante ampiezza. E poi c’è l’eleganza esecutiva che riesce a ripulire il personaggio da ogni stratificazione verista dovuta a certa tradizione. In questa occasione, inoltre, il baritono sembra maggiormente coinvolto anche sotto l’aspetto interpretativo, tanta è la cura nell’accento e nel porgere le frasi. In tal senso il finale primo, con gli incisi di Scarpia che si stagliano sul tappetto sonoro del Te Deum, rimane uno dei momenti più coinvolgenti della serata. 

Matteo Peirone regala, anche in questa occasione, un autentico cammeo di presenza ed immedesimazione scenica. Di rilievo assoluto, infatti, il cesello di ogni singola parola, accentata a regola d’arte.

Ottima impressione desta l’Angelotti, dalla vocalità limpida e ben impostata, di Dongho Kim.

Vocalmente ben a fuoco e scenicamente insinuante lo Spoletta di Manuel Pierattelli.

Puntuali ed efficaci sono, poi, Claudio Ottino e Franco Rios Castro, rispettivamente Sciarrone e Un carceriere.

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Riccardo Massi

Una menzione d’onore per la brava Maria Guano, notevolissima nella sua interpretazione di Un pastorello.

Sul podio, il Maestro Pier Giorgio Morandi ha il merito di tenere le redini del discorso musicale con sicurezza e solidità. La grandiosità di questa splendida partitura viene dipinta con cura nel rispetto del giusto equilibrio tra i grandi squarci corali (in particolare il finale primo) e i momenti più intimi (il delicatissimo accompagnamento dell’aria di Tosca, ad esempio). Apprezzabile la scelta dei tempi, funzionale alla costruzione della tensione narrativa, sempre crescente ed incalzante, specie nel secondo atto, senza incappare in momenti di stasi. Ben riusciti anche i momenti più descrittivi dell’opera, su tutti “l’alba romana” di terzo atto, con i suoi echi di stampo impressionista.

Pregevole la prova della compagine orchestrale del Carlo Felice, adeguatamente compatta, pur al netto di qualche occasionale eccesso di sonorità.
In ottima forma il Coro del Teatro Carlo Felice di Genova, guidato magistralmente da Claudio Marino Moretti, che riesce ad emozionare nella esecuzione solenne e travolgente del Te Deum di finale primo.

Un plauso particolare anche ai cantori delle Voci Bianche del Teatro Carlo Felice di Genova, diretti da Gino Tanasini.
Grandioso successo al termine per tutto il cast, direttore e team creativo; ovazioni all’apparire in scena di Enkhbat e della Siri.

Lo spettacolo è in scena sino al 5 marzo. Consigliatissimo!

TOSCA
Melodramma in tre atti
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini

Floria Tosca Maria José Siri
Mario Cavaradossi Riccardo Massi
Il barone Scarpia Amartuvshin Enkhbat
Cesare Angelotti Dongho Kim
Il Sagrestano Matteo Peirone
Spoletta Manuel Pierattelli
Sciarrone Claudio Ottino
Un carceriere Franco Rios Castro
Un pastore Maria Guano

Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Pier Giorgio Morandi
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini
Regia, scene e luci Davide Livermore
Regia ripresa da Alessandra Premoli
Costumi Gianluca Falaschi

FOTO: Teatro Carlo Felice, Genova