Spettacoli 2022

Norma

Brescia, 02/10/2022

Al Teatro Grande di Brescia si inaugura la stagione con Norma di Vincenzo Bellini. 

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Renata Campanella

Norma, nella visione della regista Elena Barbalich, non è semplicemente una sacerdotessa druidica ma quasi una divinità che assume gli attributi della Dea Ceridwen, lo si legge nelle note di regia. In questo riuscito sincretismo mitologico, ampio rilievo nella scena assume il calderone, simbolo del grembo materno, dove i figli di Norma trovano riparo. Una regia che nasce da una idea affascinante, una trasposizione simbolica che vive in uno spazio astratto ed evocativo. Le scene (a cura di Tommaso Lagattolla) sono per lo più costruite con spazi traslucidi, fatti di specchi e superfici riflettenti, e creano un “luogo” privo di una connotazione temporale. Immancabile poi, ovviamente, la luna, la casta diva, che diventa qui un grande cerchio luminoso, capace di circondare letteralmente i protagonisti, scendendo spesso fino ai loro piedi. Ispirati anche gli appariscenti costumi, (sempre di Lagattolla) neri con elementi latex per i romani, bianchi e blu per le sacerdotesse e bianchi per i Druidi. Uno spettacolo che si lascia ammirare soprattutto nel primo atto, più vario e dinamico e riesce a stupire anche grazie alle luci, praticamente perfette, di Marco Giusti.

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Antonio Corianò

Norma è uno di quei titoli (anzi titoloni) che si reggono in larga parte sulle spalle della protagonista, tanta è la complessità vocale ed interpretativa di questo ruolo. Onore al merito, dunque, al soprano Renata Campanella, giunta a poche ore della recita per sostituire la collega inizialmente prevista in cartellone (e che ora ha cancellato l’intera produzione). Il soprano è dotato di un mezzo del quale si apprezzano la limpidezza e la musicalità, specialmente nel primo settore acuto. Il ruolo è impervio, per non dire impossibile, richiede un ferreo dominio della linea a tutte le altezze, la purezza di un legato madreperlaceo, chiama in causa il canto di grazia ma anche le agilità di forza. Sotto il profilo interpretativo, poi, è necessario un fraseggio quanto mai sfumato, un attento e meticoloso scavo nella parola e nell’accento per poter creare un personaggio credibile e coinvolgente in tutte le sue molteplici sfaccettature. Campanella si è misurata con la partitura come meglio ha potuto e, dato il breve, anzi brevissimo, tempo a sua disposizione prima di salire sul palcoscenico, il fatto di avere portato a termine la recita è già, di per sé, un ottimo risultato, premiato, per altro, da un travolgente successo al suo apparire in proscenio nella ribalta finale.

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Renata Campanella

Al suo fianco, il mezzosoprano Asude Karayavuz, offre un ritratto efficace di Adalgisa. Vocalmente sfoggia un mezzo dal bel colore brunito, dotato di buon volume e rigoglioso soprattutto nei centri. Il fraseggio ben rifinito e sempre composto, in uno con una presenza scenica aggraziata ed elegante, rendono il personaggio emotivamente partecipato e toccante.

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Alessandro Spina

Antonio Corianò affronta il ruolo di Pollione con una vocalità dal suadente colore chiaroscurato. I centri risultano particolarmente suggestivi mentre il registro superiore perde di squillo nelle regioni più acute (come ad esempio nella ripresa della cabaletta). Il tenore possiede inoltre una presenza scenica di indubbio fascino che gli consente, tra l’altro, di disegnare un personaggio giocato più sull’aspetto seduttivo che su quello eroico e volitivo del proconsole romano.

Alessandro Spina, dotato di un mezzo omogeneo dal bel colore chiaro, affronta il ruolo di Oroveso. La scrittura belliniana viene espugnata con facilità e adeguata duttilità. Una buona padronanza del fraseggio, combinata ad una certa disinvoltura sulla scena, concorrono a creare un capo dei drudi credibile ed efficace.

Squillante e sonoro il Flavio di Raffaele Feo, del quale si apprezzano anche l’eleganza e la disinvoltura delle movenze sulla scena.

Puntuale e musicale la Clotilde di Benedetta Mazzetto.

Sul podio, il Maestro Alessandro Bonato offre una lettura intensa del grande capolavoro belliniano. L’opera, qui eseguita nella sua integralità (scelta quanto mai perigliosa se, come in questo caso, si verificano sostituzioni last minute), viene sbalzata nella sua aulica drammaticità, in un costante equilibrio tra sublimi melodie estatiche e arroventate esplosioni di bellico furore. Interessanti appaiono certe scelte esecutive, per altro assecondate con grande politezza sonora dai complessi dell’Orchestra I pomeriggi musicali di Milano. Va evidenziato, tuttavia, come in quest’opera il compositore abbia volutamente ricercato una tinta orchestrale omogenea affinché la melodia diventasse accompagnamento perfetto per le voci. Nella lettura di Bonato, al contrario, si coglie quà e là la predilezione per uno stile di matrice sinfonica che, nella sua aulicità, tende talvolta a coprire le voci piuttosto che creare con le stesse un perfetto equilibrio di volumi. Una scelta condizionata, con molta probabilità anche dalla giovane età del direttore e che trova numerosi consensi da parte del pubblico che lo accoglie con manifeste acclamazioni al suo apparire in scena prima dell’inizio del secondo atto.

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Renata Campanella e Asude Karayavuz

Corretta la prova del Coro OperaLombardia diretto con efficacia dal Maestro Massimo Fiocchi Malaspina. Da notare, in particolare, la chiusa di “Casta diva” qui affidata ad un pianissimo del coro (scelta suggestiva pur non filologica) che poco a poco si fa sempre più flebile sino a dissolversi sugli accordi conclusivi del brano. E ancora, la bellicosa intensità con cui viene affrontato il “Guerra! guerra!” in secondo atto.

L’inaugurazione della stagione d’opera del Teatro Grande è avvenuta con un cimento particolarmente arduo: l’entusiasmo del pubblico che esauriva la sala è la fervida testimonianza che la sfida è stata vinta con ottimi risultati.

Dopo il debutto bresciano, la produzione farà tappa al Teatro Ponchielli di Cremona (7 e 9 ottobre), Teatro Sociale di Como (14 e 16 ottobre) e Teatro Fraschini di Pavia (21 e 23 ottobre).

Marco Faverzani|Giorgio Panigati

Pisa, 29/10/2022

La stagione operistica del Teatro Verdi di Pisa si è inaugurata con Norma di Vincenzo Bellini con la direzione di Alessandro Bonato e la regia di Elena Barbalich. L’allestimento, coprodotto con OperaLombardia, si caratterizza per un impianto fondamentalmente ispirato alla classicità, ma realizzato in una cornice astratta di proiezioni ed elementi essenziali, dovuti alla scenografia di Tommaso Lagattolla, autore anche dei costumi aventi le medesime caratteristiche. L’idea del sacro è centrale in questa rappresentazione, soprattutto con l’immagine del cerchio, simbolo della luna e della volta del cielo e quindi del divino. In accordo allo spirito della drammaturgia musicale, la regia sottolinea costantemente questa dimensione mitico-religiosa, dalla scena iniziale del sacrificio dell’uomo-cervo, forse divinità celtica, alla mietitura del vischio fino al rogo finale. Ma il cerchio è anche linea che va a delimitare lo spazio chiuso dell’amore come della gelosia ed è inoltre lo specchio in cui sono presenti i figli di Norma, realtà che il turbinio delle passioni ci porterebbe a dimenticare. Altro aspetto significativo è l’utilizzo di un telone nero che cala tra un quadro e l’altro, ad isolare talora un personaggio sulla ribalta, ma soprattutto a marcare la separazione tra la comunità celtica e la legione romana, il luogo del tempio e l’intimità della casa, enfatizzando così il conflitto dei mondi e degli affetti dei protagonisti. I movimenti sono lenti e ieratici e le luci di Marco Giusti sono determinanti nel definire la scena, dal candore notturno del rito al rosso vermiglio della tragedia finale.

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Martina Gresia

Alessandro Bonato ci propone una lettura dell’opera accurata ed elegante, in uno stile che intende costantemente armonizzare strumentazione e vocalità, pur con qualche eccesso di intensità orchestrale. Alterna dinamiche concitate, quasi nervose, con incisi ribattuti dei violini, ad espansioni liriche affidate al flauto o al violoncello, e delinea con ampiezza le melodie, realizzando un’equilibrata tensione tra forma classica e pathos romantico.

Compatta e precisa negli accordi l’Orchestra “I Pomeriggi Musicali” di Milano, con una linea nitida ed una timbrica brillante. Suono morbido e variegato quello del Coro OperaLombardia, diretto da Massimo Fiocchi Malaspina. Di incantata contemplazione gli interventi al primo atto, scuri e vorticosi quelli delle scene conclusive.

Martina Gresia esprime l’aura sacrale di Norma in una forma semplice e pura e sa coniugarla con il tormento della madre e dell’amante, con quei tratti foschi e appassionati che rimandano a Medea e a Didone. E’ fluida e naturale in “Casta Diva”, in un colore brunito e con vocalizzi aggraziati, ed esegue con agilità la cabaletta con fioriture insolite ed originali. Nel cupo monologo che apre il secondo atto, traccia un declamato di vibrante intensità, ricca di sfumature, ed ha accenti di rabbia e di malinconia nelle scene che seguono, fino all’arioso struggente di “Deh! Non volerli vittime”.

Pollione è Antonio Corianò. La voce è potente ed estesa in un fraseggio duttile e scandito. Nella prima parte l’impostazione pare un poco arretrata; non così però nel secondo atto, dove l’emissione risulta levigata e trasparente. Interpreta con ardore “Meco all’altar di Venere” ed è vigoroso nella cabaletta, con acuti ben proiettati. Nei duetti coniuga la correttezza formale ad una intensa espressività, evidenziando la fierezza del romano e i lati oscuri del seduttore spergiuro; rende poi con lirica dolcezza il mutamento psicologico del finale.

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Antonio Corianò e Veta Pilipenko

Veta Pilipenko dà forma ad un Adalgisa composta e delicata, con uno strumento omogeneo di notevole estensione e volume. Il fraseggio è puntuale e rotondo, ma piuttosto uniforme. Figura sognante ma interiormente dibattuta nel duetto con Pollione, è più drammatica nei dialoghi successivi, realizzando con Norma un contrasto vocale di poetica inquietudine.

Solenne l’Oroveso di Alessandro Spina, con un canto grave e maestoso, anche se non troppo consistente. Il padre inflessibile e custode della tradizione si scioglie infine in un ampio declamato patetico e toccante.

Melodica e dolcemente accorata la Clotilde di Benedetta Mazzetto; incisivo sulla scena il Flavio di Raffaele Feo, con un suono chiaro e voluminoso.

Grande apprezzamento da parte del pubblico in sala, in particolare per Gresia, Corianò e il direttore Bonato.

Andrea Poli

 

Norma

Opera in due atti. Musica di Vincenzo Bellini. Libretto di Felice Romani.

Norma Renata Campanella /Martina Gresia 29/10
Adalgisa Asude Karayavuz / Veta Pilipenko 29/10
Pollione Antonio Corianò
Oroveso Alessandro Spina
Flavio Raffaele Feo
Clotilde Benedetta Mazzetto

Direttore Alessandro Bonato
Regia Elena Barbalich
Scene e costumi Tommaso Lagattolla
Luci Marco Giusti

Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina

CORO OPERALOMBARDIA
ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI DI MILANO

Foto: Umberto Favretto eTeatro di Pisa