Spettacoli

La Fille du régiment

In questo periodo mi ritengo fortunata. Ogni opera a cui ho assistito finora è risultata molto bella e direi memorabile. Ed è cosi anche per questa edizione de “La fille du regiment” data a Venezia al Gran Teatro La Fenice, che dopo due eleganti ed imperdibili produzioni di Butterfly e Trovatore, propone al pubblico questa spumeggiante e tenera opera del grande compositore bergamasco Gaetano Donizetti, che su committenza del direttore dell’Opéra Comique, teatro considerato da alcuni il più profondamente francese, compose in pochissimi giorni questo delizioso capolavoro. Per l’occasione sulle pagine de “Le Journal des débats” un livido Hector Berlioz scrisse “E’ una vera e propria guerra di invasione. Non potremo più parlare dei teatri lirici di Parigi, ma dei teatri di Donizetti”. Questa frase rende l’idea del successo e della mole di opere raggiunti dal genio italiano in Francia.


L’edizione veneziana, in lingua originale francese, risulta inebriante come una coppa di champagne , con una regia dinamica e fresca, che porta la firma di Barbe & Doucet sodalizio artistico di due registi che ha portato all’allestimento di più di quaranta spettacoli nel mondo, anche se a volte sembra essere sopra le righe ( non molto gradevole la caricatura dei militari sempre ubriachi o comunque imbranati o il far interpretare da vecchietti sull’orlo della tomba assistiti da infermieri per personificare i nobili e la loro decadenza nel secondo atto).Il duo registico firma anche le scene , quasi da cartone animato e pervase da simbolismo profondo e non immediato ed i costumi incantevoli, trasportati agli anni ‘30/40. Splendide le luci curate da Guy Simard.


Ma sono gli artisti in palcoscenico ed in buca che infiammano il pubblico numeroso presente in sala. Il calor bianco viene raggiunto da un John Osborn in stato di grazia, che nella parte di Tonio, l’innamorato della protagonista, muove ad entusiasmo gli ascoltatori per la sua voce di splendida grana, per gli acuti funambolici elargiti a piene mani, arrivando persino a bissare la famosa ed ardua Aria dei 9 Do (qualcuno addirittura lo aggiunge!), ma anche fraseggiando con squisita eleganza ed elargendo momenti di purissimo lirismo nelle parti larmoyantes dell’opera. Il suo “Pour me rapprocher a Marie” è un incanto di squisita bellezza.
Come lo è anche “Il faut partir “ della splendida protagonista dell’opera, Maria Grazia Schiavo, un soprano dalla luminosa emissione, dagli acuti e sovracuti lucenti e sicuri, in possesso al pari del tenore di una solida tecnica che le permette di pennellare con tutti i colori della tavolozza vocale ogni accento e frase musicale. Dolce la sua figura e tenera, ma assieme incisiva l’interpretazione della trovatella dal cuore sincero e schivo.


Elegante, simpatico dalla bruna voce e musicalissimo il Sulpice di Armando Noguera, che ben domina la scena ed ha una bella caratterizzazione comica al pari della fascinosa Maquise de Berkenfield, interpretata dal mezzzosoprano Natasha Petrinsky, fasciata in sontuosi abiti verdi, dalla lussureggiante vocalità brunita con zona grave di tutto rispetto. Molto gustosa e di impatto la sua presenza scenica.


La nota e brillante attrice Marisa Laurito regala una fantastica Duchesse du Crakentorp, dominando da par suo la scena del ricevimento del secondo atto eseguendo con grande presenza scenica e presa sul pubblico una canzone degli anni ’50 “Arrivano i nostri” musica di Antonio Fragna. Va rimarcato che lo spartito originale è stato generosamente donato dal collezionista privato Massimo Frioni alla Fondazione Teatro La Fenice.
E’ godibilissimo e permeato di esilerante comicità tutta francais, Guillame Andrieux che veste i panni di Hortensius, come davvero ragguardevoli ed incisivi gli interventi di Mathia Neglia (Un paysan), Matteo Ferrara ( un caporal) e Federico Vazzola (un notaire).


IL direttore d’orchestra Stefano Ranzani sembra danzare con maestria nel suo gesto sicuro ed avvolgente, tra le funamboliche e vivaci note della partitura donizettiana, imprimendo un ritmo travolgente e rapinoso nelle parti deputate o diversamente colorando di delicati pianissimi e suggestive atmosfere le parti più intime dell’azione, ben seguito dall’Orchestra del Teatro La Fenice che regala il suo suono unico, personale e mai banale. Di rilievo gli interventi del primo oboe nell’aria “Il faut partir “ e del primo violoncello da brivido nell’introduzione di “Por me rapprocher a Marie”.


Il Coro del Teatro La Fenice, diretto dal Maestro Alfonso Caiani, qui impegnato soprattutto nelle sue sezioni maschili (Le régiment appunto), ha saputo divertire divertendosi, sempre con estrema professionalità e bellezza di suono.

Da ricordare nella proiezione durante l’Ouverture un’intensa e commovente Daniela Foà, attrice veneziana, che sullo schermo interpretava con splendida plastica facciale, una Marie molto anziana e nostalgica.
Uno spettacolo memorabile che ha visto il numeroso pubblico presente in delirio, premiando alla fine tutti gli artisti con innumerevoli chiamate al proscenio.

LA FILLE DU REGIMENT

Libretto di Jean-Francois-Alfred Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges

Musica di Gaetano Donizetti

Personaggi ed interpreti

La Marquise de Berkenfield                Natasha Petrinsky

Sulpice, sergent                                  Armando Noguera

Tonio, jeune Tirolyen                         John Osborn

Marie, jeune vivandière                      Maria Grazia Schiavo

La Duchesse de Crakentorp                Marisa Laurito

Hortensius                                          Guillame Andrieux

Un Paysan                                          Mathia Neglia

Un Caporal                                         Matteo Ferrara

Un notaire                                           Federico Vazzola

Maestro concertatore e direttore

Stefano Ranzani

Regia, scene e costumi

BARBE & DOUCET

Light designer

Guy Simard

Orchestra e Coro del Teatro La Fenice

Maestro del coro             Alfonso Caiani

Foto :                              Michele Crosera