Rubriche 2021

Gaetano Fraschini, il tenore delle première verdiane

Zamoro, Corrado, Arrigo, Stiffelio e Riccardo: sono tutti personaggi principali di opere verdiane, ma hanno anche un altro elemento in comune. In effetti, questi ruoli tenorili furono impersonati per la prima volta in assoluto sempre dalla stessa voce, quella di Gaetano Fraschini. La figura di questo tenore lombardo è ricordata appunto per molte delle première del cigno di Busseto, però la sua carriera artistica è costellata di altri successi e aneddoti importanti. Fraschini morì il 23 maggio del 1887, poco più di 134 anni fa. L’atto di nascita reca, invec, la data del 16 febbraio 1816, più precisamente a Pavia, nella giurisdizione parrocchiale dei Santi Primo e Feliciano.

La famiglia non navigava nell’oro, comunque i genitori pretesero sempre per lui e il fratello maggiore Pietro una buona educazione, tanto che Fraschini studiò fino al primo corso del liceo. Frequentava molto la chiesa ed è in questo contesto che conobbe il maestro di musica della Cattedrale, il canonico Moretti, il quale intuì immediatamente le potenzialità di quella giovane voce. Il futuro tenore studiò con passione e dedizione il canto e nel 1837 fu per la prima volta musico di cappella nel Duomo di Pavia, destando grande impressione.

Si trattava del primo passo di un tragitto promettente. L’ambizioso ventenne fu invitato dagli studenti del Collegio Ghislieri a prendere parte ad alcune esecuzioni musicali, tanto che in quello stesso 1837 si accorse di lui l’impresa del Teatro del Nobile Condominio di Pavia (quello che oggi si chiama proprio “Teatro Fraschini”). Il debutto sarebbe arrivato di lì a poco nella “Anna Bolena” di Gaetano Donizetti (nella parte di Hervey). Dunque si può dire che il compositore bergamasco fu una sorta di padrino per Fraschini. L’anno successivo ebbe la possibilità di cantare come secondo tenore in altre opere e l’ambiente lirico gli riconobbe da subito la serietà, l’impegno e la dignità.

Dopo aver preso parte ai moti risorgimentali nella città natale, Fraschini accumulò sempre più esperienza. Negli anni successivi conquistò piazze come Lodi, Piacenza, Vicenza, Torino e Bergamo: poi nel 1840 debuttò alla Scala di Milano e ancora una volta le note di Donizetti caratterizzarono una tappa importante della sua carriera con il “Marin Faliero”. Come già detto all’inizio, si impose soprattutto come tenore di forza nelle opere verdiane. Diverse première del compositore emiliano sono accomunate dalla sua presenza, segno delle richieste e degli apprezzamenti che continuava a ricevere.

La prima esperienza con Verdi è datata 1845: il 12 agosto di quell’anno, infatti, venne rappresentata per la prima volta “Alzira” al San Carlo di Napoli, non proprio un successo, anzi forse l’esatto contrario secondo le testimonianze dell’epoca, eppure Fraschini fu in grado di strappare i pochi applausi della serata insieme agli altri interpreti principali, in particolare le sue cavatine. Il nome del tenore è associato anche a un altro fiasco verdiano, quello de “Il Corsaro”, messo in scena per la prima volta in assoluto il 25 ottobre 1848 al Teatro Grande di Trieste: l’opera non venne accolta ostilmente, ma riuscì a resistere appena tre recite.

Molto più convincenti e fortunate furono le serate del 17 marzo 1846 con l'”Attila” alla Fenice di Venezia, quella del 27 gennaio 1849 all’Argentina di Roma con “La battaglia di Legnano” (L’attualità storica ebbe nella memorabile serata la parte indubbiamente maggiore dei meriti fatti risalire all’autore e agli interpreti De Giuli, Fraschini e Colini, secondo Franco Abbiati) e quella del 17 febbraio 1859 all’Apollo di Roma con “Un ballo in maschera” (una improvvisa indisposizione dello stesso Fraschini causò la cancellazione delle ultime due repliche dopo il grande successo delle prime).  Il suo timbro fu dichiarato unanimemente chiaro e robusto, con una estensione straordinaria e sorprendente.

Inoltre, la tecnica sicura e i fiati sempre prodigiosi lo resero l’interprete giusto per moltissimi ruoli: oltre ad aver conquistato la fiducia di Verdi e di Donizetti, amò molto “sperimentare”, cimentandosi costantemente con generi e compositori nuovi. Tra gli altri elogi alla sua voce, bisogna ricordare lo stile di fraseggio possente, la declamazione incisiva e l’estensione vigorosa. Il “tenore della maledizione” (soprannome guadagnato grazie alla forza con cui recitò moltissime parti drammatiche) rappresentò sempre la prima scelta dei musicisti, Giuseppe Verdi in primis, come si evince da questa lettera datata 21 marzo 1844:

Io non esito punto ad accettare l’offerta ch’Ella mi fà alle seguente condizioni:

[…]

4.° Dall’elenco della compagnia i cantanti a mia scelta semprecché in quest’Elenco vi sieno compresi la Tadolini, Fraschini, e Coletti.