Spettacoli

Carmen – Teatro Carlo Felice, Genova

Carmen approda al Teatro Carlo Felice di Genova e, ancora una volta, accende gli animi del pubblico.

A dispetto dell’infelice debutto avvenuto all’Opéra-Comique di Parigi il 3 marzo 1875, Carmen, il componimento che George Bizet trasse, con l’ausilio di Henri Meilhac e Ludovic Halévy dall’omonima novella di Prosper Mérimée, ebbe poi una fortuna senza precedenti tanto da occupare, oggi, un posto d’onore tra i titoli più rappresentati di sempre. Merito, forse, della preziosità e della bellezza delle melodie che si succedono, con rapinosa frenesia, nel corso dell’opera, della modernità del soggetto (all’epoca del debutto considerato scabroso) o, ancora, di una indiscussa chiarezza strutturale. Fatto sta che, ogni volta, le appassionate vicende della sigaraia di Siviglia attirano spettatori in grande quantità per la gioia del botteghino. E a questa sorte non si è sottratto di certo neppure il Teatro Carlo Felice di Genova, che ha visto un tutto esaurito per tutte le recite.

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Carmen, Teatro Carlo felice, Genova

Viene riproposto, in questa occasione, lo spettacolo nato, una decina d’anni fa, dal genio di Emilio Sagi per la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma. Il progetto registico, qui ottimamente ripreso da Nuria Castejón, adotta un approccio piuttosto didascalico al libretto. La vicenda, declinata secondo la più classica tradizione, viene trasposta negli anni Trenta del Novecento. L’impianto scenico, a cura di Daniel Bianco, è il medesimo per tutti i quattro atti, il palcoscenico è diviso in tre piani d’azione: le vicende principali in proscenio, sullo sfondo aperture ad arcata suggeriscono maggiore profondità e, nel mezzo, pedane a forma di roccia agevolano, in particolare, i movimenti delle masse. Semplice e misurata la gestualità dei personaggi principali, come quella della folla. Nelle note del programma di sala, leggiamo come il regista abbia voluto esaltare la figura di Carmen nel suo essere una donna libera e consapevole, sin da subito, della propria volontà e dei propri ideali. Incompresa dal mondo che la circonda, si scontra con Don José, un uomo figlio e vittima delle convenzioni, e difende i propri principi sino al punto da incontrare intenzionalmente la morte per mano del suo carnefice. Una idea, questa, che rappresenta il nodo nevralgico dello spettacolo, realizzato con indubbia efficacia.

Ispirati e secondo tradizione iberica i costumi di Renata Schussheim, suggestivo il disegno luci di Eduardo Bravo.

Vero punto di forza dell’allestimento sono, infine, le azioni coreografiche, a cura della stessa Castejón, valorizzate dalla presenza di una straordinaria compagnia di tangueros spagnoli che si sono prodigati in travolgenti numeri di flamenco.

Faro e guida del versante musicale dello spettacolo è Donato Renzetti, cui va il merito di aver declinato il fraseggio strumentale con morbidezza e fluidità. I passaggi di carattere più folkloristico sono sbalzati con la giusta enfasi, mentre le oasi liriche, su tutte l’aria di Don José in secondo atto e di Micaela in terzo, contrappuntate con delicata sospensione. Vertice di questa lettura, nella prescelta versione con i recitativi musicati da Ernest Guiraud, è senza dubbio il preludio di terzo atto, intriso di commovente abbandono. Il podio trova poi una ottima rispondenza nella prova dell’orchestra genovese, in forma smagliante per precisione e pulizia sonori.

Il cast vocale vede impegnati alcuni beniamini dell’attuale scena lirica (italiana ed estera).

Annalisa Stroppa porta per la prima volta la sua Carmen nel teatro genovese e conquista il pubblico grazie ad una prova i cui ingredienti principali sembrano essere eleganza e musicalità. Il mezzosoprano bresciano, con la sua vocalità brunita e di puro velluto, accarezza la scrittura di Bizet con la giusta morbidezza e, grazie alla rotondità ed omogeneità dell’emissione, mantiene un invidiabile controllo del suono a tutte le altezze. Una raffinatezza esecutiva che ben si amalgama con l’incisività dell’accento. La Carmen di Annalisa Stroppa è una donna libera e risoluta, consapevole della propria femminilità (coadiuvata, in questo, dalla freschezza della presenza scenica dell’artista) e ammantata di un fascino misterioso.

Nel ruolo di Don José troviamo Francesco Meli che, anche in questa occasione, riesce a mettere la bellezza di uno strumento privilegiato al servizio del controllo e del dominio della tecnica. Si apprezzano, quindi, nella prova del tenore genovese, la naturale consapevolezza nel porgere la frase e, in particolare, l’uso di una ampia tavolozza di colori grazie, tra l’altro, all’impiego di suggestive mezze voci, specie nella celeberrima aria del “fiore”. Sotto l’aspetto interpretativo si deve evidenziare, come già nel caso di Annalisa Stroppa, una cura meticolosa dell’accento, unitamente ad un fraseggio misurato e scevro da inutili caricature veriste di tradizione.

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Carmen, Teatro Carlo felice, Genova

Bravissima è, poi, Giuliana Gianfaldoni che, grazie alla purezza di una vocalità piena e pastosa, disegna alla perfezione il carattere virginale del personaggio di Micaela. La rotondità dei centri e la proiezione della regione superiore concorrono a definire una prova vocale di rilievo e che culmina, ça va sans dire, in una esecuzione da manuale dell’aria di terzo atto, impreziosita da filati di ipnotica purezza. Una prova pienamente riuscita grazie, anche, alla grazia della presenza scenica e alla leggiadra disinvoltura della movenze. 

Il quartetto dei protagonisti si completa con l’Escamillo di Luca Tittoto, in bella evidenza per l’ampiezza di uno strumento dal caratteristico colore scuro. Una prova convincente, soprattutto sotto l’aspetto vocale, pur definita da una certa genericità nell’interpretazione (dovuta, con ogni probabilità, alla scelta registica di non accentuare il carattere più sensuale e travolgente del torero).

Ben amalgamate tra loro, vocalmente come scenicamente, Frasquita e Mercedès, ovvero Vittoriana De Amicis e Alessandra Della Croce. Se la prima si pone in evidenza per la luminosità della linea, nella seconda apprezziamo la densità dell’impasto timbrico. 

Efficaci e puntuali sono, poi, Armando Gabba, un autorevole Dancaire, e Saverio Fiore, un mercuriale Remendado.

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Carmen, Teatro Carlo felice, Genova

Da segnalare, inoltre, il Morales preciso e misurato di Paolo Ingrasciotta e il puntuale Zuniga di Luca Dall’Amico.

Il Coro del Teatro Carlo Felice di Genova offre un ottimo contributo in un’opera come questa, dove le masse sono chiamate ad una tale numerosità di interventi da poter essere considerate, di fatto, uno dei protagonisti principali del dramma. Sotto la guida di Claudio Marino Moretti, gli artisti del coro riescono, così, a trovare le tinte e i colori più adatti a rappresentare il folklore e la passione della tradizione latina.

In buona evidenza, infine, la prova dei piccoli cantori delle Voci Bianche del teatro genovese, ben istruite da Gino Tanasini.

Successo travolgente al termine.

CARMEN
Opéra-comique in quattro atti di Georges Bizet
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
dalla novella di Prosper Mérimée

Don Josè Francesco Meli
Escamillo Luca Tittoto
Le Dancaire Armando Gabba
Le Remendado Saverio Fiore
Morales Paolo Ingrasciotta
Zuniga Luca Dall’Amico
Carmen Annalisa Stroppa
Micaela Giuliana Gianfaldoni
Frasquita Vittoriana De Amicis
Mercedes Alessandra Della Croce

Orchestra, Coro, Coro di voci bianche e Tecnici
dell’Opera Carlo Felice Genova
Direttore Donato Renzetti
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Maestro del Coro di voci bianche Gino Tanasini
Direttore Donato Renzetti
Regia Emilio Sagi ripresa da Nuria Castejón
Scene Daniel Bianco
Costumi Renata Schussheim
Coreografie Nuria Castejón
Luci Eduardo Bravo

Foto: Marcello Orselli