Evgenij Onegin – Teatro alla Scala, Milano
Evgenij Onegin di Pëtr Il’ič Čajkovskij torna alla Scala di Milano.
“Scotto al censore pagherò
il frutto della mia scrittura
In pasto ai gazzettieri andrà.
Sui bordi della Nievà
Vola, o neonata creatura!
Di gloria recami una sorte:
Chiasso, ingiurie e glosse contorte!”
Con questi versi Aleksandr Sergeevič Puškin concludeva il primo capitolo del suo romanzo in versi, quell’ Eugenio Onegin che non incontrerà una fama subitanea ma che, con il passare degli anni, diventerà un classico della letteratura russa. La notorietà del personaggio è stata sicuramente potenziata, nell’immaginario collettivo, anche dalla sua versione operistica e successivamente da quella coreutica, giunta in anni più recenti (1965). Un testo, quello di Puskin, che Pëtr Il’ič Čajkovskij pensa di mettere in musica solo dopo che il mezzosoprano Yelizaveta Andreyevna Lavrovskaya gielo propone come soggetto, quasi a sorpresa. Nel giro di due anni l’opera è pronta e può andare in scena nel marzo 1879 al Teatro Malyi di Mosca. Una scelta, quella del “piccolo teatro” non casuale, perchè l’autore vedeva l’opera come un componimento raccolto ed intimistico da affidare a giovani cantanti e aggiungeva: “Chi cerca la riproduzione musicale di sentimenti normali, semplici, universali, lontani dalla tragicità esteriore, dalla teatralità, sarà (spero) contento della mia opera”.

La nuova produzione andata in scena alla Scala di Milano sembra volere rispettare queste parole:il regista Mario Martone, al suo decimo allestimento scaligero, e la sua storica scenografo Margherita Palli, creano un allestimento leggero e delicato che fa convergere l’attenzione degli spettatori su un cubo di cemento, al centro del palco, una isba ma al tempo stesso la proiezione mentale del mondo della giovane Tat’jana. Dominano, nella prima parte dello spettacolo, grandi cieli (video a cura di Alessandro Papa) e pochi elementi scenici. Un allestimento che fa sua una certa poesia malinconica ma non riesce ad essere totalmente convincente e si limita ad accompagnare, in modo educato e puntuale, le vicende dei protagonisti, trasposte però nella contemporaneità. Un gioco per sottrazione insomma, forse non troppo incisivo, che trova il suo apice nella scena finale totalmente buia e vuota. Ispirate le luci calde ed estive di Pasquale Mari, piacevoli i costumi di Ursula Patzak, abiti minimali e contemporanei. Le coreografie di Daniela Schiavone, volutamente invadenti e chiassose, contrastano bene il mondo intimistico e silenzioso della protagonista.
Passando al versante musicale dello spettacolo, convince pienamente la raffinata lettura di Timur Zangiev, a capo della sempre eccellente orchestra scaligera. La meticolosa scelta della tinta orchestrale e delle dinamiche rivela nel trentunenne direttore russo una certa dimestichezza con la partitura. Particolarmente incisive risultano, nello specifico, le numerose pagine di stampo prettamente sinfonico, così come i vari soliloqui dei protagonisti, pennellati con sonorità rotonde e sfumate. Il lavoro sulle agogiche, poi, risulta evidente anche negli accompagnamenti alle danze, con la loro marcata differenziazione tra il clima agreste di primo atto e quello più aristocratico dei quadri successivi. Una prova direttoriale nella quale non ricercheremo particolari slanci passionali ma, piuttosto, un costante senso di malinconica solitudine e trattenuta inquietudine. Equilibrato il rapporto con il palco.
Nel ruolo del titolo Alexey Markov sfoggia un mezzo screziato e complessivamente ben organizzato. Sotto il profilo interpretativo disegna un Onegin chiuso in un fascino di algida freddezza e, pertanto, convince ancor di più la disperata, quanto tardiva, profferta amorosa nei confronti di Tat’jana nel drammatico finale dell’opera.
Quest’ultima è impersonata da Aida Garifullina, dotata di una presenza scenica di seducente bellezza, specie nello splendido costume dell’atto conclusivo. Vocalmente si apprezzano la musicalità e la freschezza di una linea piacevolmente timbrata, capace di risolvere il registro acuto con adeguata rotondità. Per quanto concerne il personaggio, l’artista sceglie di sottolineare l’aspetto più fragile e fanciullesco, lasciando un pochino ai margini l’appassionato fervore di un amore impossibile.

Spicca Dmitry Korchak, con la sua interpretazione sfaccettata e a tutto tondo di Lenskij. Il tenore conferma l’importanza di una vocalità salda e sicura, squillante in acuto e morbida nelle mezzevoci. Di particolare suggestione, tra l’altro, l’uso dei chiaroscuri nella pagina “Dove siete, dove siete volati giorni d’oro della mia primavera” in secondo atto.
Molto applaudito è Dmitriy Ulyanov, che presta al principe Gremin tutta la ampiezza di un mezzo dal velluto notturno. Solenne e granitico l’interprete.
Elmina Hasan offre una convincente lettura del personaggio di Olga sottolineando, in particolare, il contrasto caratteriale rispetto a Ta’jana. Di buon interesse lo strumento vocale dal peculiare colore serotino.
Molto brava è, poi, Alisa Kolosova, una Larina vocalmente matronale e scenicamente sempre elegante.

Note positive anche per la Filipp’evna di Julia Gertseva, il cui mezzo importante e dal peculiare colore scuro ben si presta al carattere amorevole del personaggio.
Yaroslav Abaimov è un Triquet di squisita musicalità e raffinata presenza scenica.
Completano la locandina l’efficace Zareckij, interpretato da Oleg Budaratskiy, il capitano della guardia di Huanhong Li e il contadino di Luca Di Gioia.
Di livello, infine, la prova del coro scaligero che, sotto l’encomiabile guida di Alberto Malazzi, offre una prova di indiscusso splendore e nitore sonori.
I tiepidi applausi che accolgono i numeri principali durante l’esecuzione, si intensificano nella seconda parte dello spettacolo e, in particolare, al termine dell’aria di Korchak. La serata si conclude, poi, con un successo festoso e convinto per tutta la compagnia.
EVGENIJ ONEGIN
Dramma lirico in tre atti e sette quadri
Libretto di Pëtr Il’ic Čajkovskij e Konstantin Shilowski
Musica di Pëtr Il’ic Čajkovskij
Larina Alisa Kolosova
Tat’jana Aida Garifullina
Olga Elmina Hasan
Filipp’evna Julia Gertseva
Evgenij Onegin Alexey Markov
Lenskij Dmitry Korchak
Il principe Gremin Dmitry Ulyanov
Un capitano Huanhong Li
Zareckij Oleg Budaratskiy
Triquet Yaroslav Abaimov
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Timur Zangiev
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia Mario Martone
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografia Daniela Schiavone
Video designer Alessandro Papa
Foto: Brescia Amisano Teatro alla Scala