Spettacoli

La Juive – Teatro Regio, Torino

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Mariangela Sicilia

È La Juive di Fromental Halévy, maestoso affresco di una vicenda di persecuzione religiosa nella Costanza sede del Concilio del 1414, ad aprire la stagione 2023/24 per il Teatro Regio di Torino. La Juive segna il ritorno nel teatro della capitale subalpina del genere grand-opéra e, dopo un’assenza di oltre centotrent’anni, del titolo più apprezzato del compositore francese. Scelta coraggiosa quella del Teatro Regio considerato lo sforzo artistico e logistico che un’opera di queste dimensioni richiede ma visti i risultati la scommessa si può sicuramente considerare vinta. Torna al Regio anche Stefano Poda, ideatore di diversi allestimenti per il teatro torinese (ricordiamo Thaïs, Turandot e Faust). La matericità dello stile di Poda ed il suo stile visuale fortemente suggestivo trovano in questa vicenda una efficace scintilla: “tantum religio potuit suadere malorum” (a tanto male poté indurre la religione) campeggia sul fondale la citazione dal De rerum natura di Lucrezio sormontando un muro scurissimo da cui sembrano precipitare numerose raffigurazioni del Cristo crocifisso. Una grande croce contornata da neon divide il muro a metà e sovrasta protagonisti e masse. Una rappresentazione della passione di Cristo fa da contraltare all’intero dipanarsi della vicenda, dall’ultima cena alla via Crucis e crocifissione. Il parallelo sacrificio (oserei olocausto in quanto anch’esso volontario agnello sacrificale) di Rachel in nome di una vendetta da parte del padre adottivo a sua volta indurito dalle persecuzioni subite insieme ai correligionari ed il fanatismo cui la religione è capace di portare gli uomini sono il profondissimo tradimento e traviamento del messaggio di tolleranza che ne costituisce le radici. Infestato dall’esterno il frutto si guasta fino a renderne sterile anche il nocciolo.

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È Daniel Oren a guidare orchestra coro e solisti dal podio in questa partitura magmatica e implacabile. Halévy, tanto ammirato in vita, tra gli altri da Richard Wagner (e crediamo che questa ammirazione sia traspirata nelle composizioni del genio di Bayreuth) venne poi dimenticato così come il genere di cui fu apripista e oggi così raramente eseguito. Le sue note richiamano all’orecchio il Rossini serio ed alcuni passi verdiani in una vicenda di contrasti tra pubblico e privato e di tormentosi segreti la cui conclusione pare venire evocata già durante l’ouverture come un inesorabile richiamo del destino. Completamente assente è qualunque scintilla di gioia o speranza, qualsiasi brillantezza, e ogni sentimento è intensificato al massimo. Oren, che è grande conoscitore di questo titolo, sceglie tempi dilatati e con gesto vigoroso ottiene dalla sempre ottima orchestra del Regio un suono denso, pastoso, costantemente energico e vibrante. Di prima classe il supporto al cast di solisti (meno preciso il dialogo con il coro preparato da Ulisse Trabacchin in particolare durante il primo atto) segnatamente nelle comuni intenzioni espressive. Solisti anch’essi di grande livello a partire dall’Éléazar di Gregory Kunde, di sicuro già ascrivibile tra i più grandi interpreti di questo ruolo pur debuttandolo in questa produzione. Sensazionale lo scavo nelle parole e nell’intreccio tra esse e la musica. Notevolissima la cavatina del secondo atto “Dieu que ma voix tremblante” intenso momento di sospensione e meditazione estatica, ma vero pinnacolo dell’interpretazione del tenore americano è la grande aria del quarto atto “Rachel, quand du Seigneur” dove Kunde giganteggia. Il lavoro di fine cesello sul fraseggio si accompagna ad una competenza musicale e vocale portentosa per questo breve momento di dubbio nella granitica risolutezza di Éléazar, per un istante sinceramente solo padre e non autoproclamato vendicatore. Interessante anche la ricerca stilistica: Kunde, così come l’originale interprete del ruolo (Adolphe Nourrit), ha le sue radici nel belcanto ed evita con cognizione ogni possibile inflessione verista donando però al suo Éléazar la variegata profondità emotiva di una persona in carne ed ossa, elevandolo addirittura oltre i versi di Scribe. Una meritata ovazione accoglie il termine dell’aria prima dell’altrettanto intensa cabaletta.

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Protagonista del ruolo del titolo è l’eccellente Mariangela Sicilia alla quale grazie all’evoluzione del personaggio è consentito dare prova delle proprie qualità, da vera tragedienne, e la prova è ampiamente superata. Il soprano dona al ruolo l’ovvio fascino del timbro e sono encomiabili l’emissione omogenea in ogni registro e una proiezione del suono da manuale, spiccano poi anche le capacità interpretative e di fraseggio, dei filati e delle mezzevoci assolutamente indimenticabili, in particolare nella romanza del secondo atto “Il va venir”. Molto efficaci anche i momenti di maggiore concitazione come la confessione dell’amore proibito per Leopold nel terzo atto ed il conseguente finale affrontati con composta energia. Il principe Leopold, ruolo tenorile sicuramente anch’esso impegnativo in particolare per l’estensione e la duttilità richiesta è interpretato da Ioan Hotea che si disimpegna con buonissimi risultati, soprattutto nella serenata del primo atto “Loin de son amie” e nel duetto del secondo. Il cardinale Brogni è un convincentemente autoritario Riccardo Zanellato, di solido mestiere e calibrata enfasi nella cavatina del primo atto e nel duetto del quarto. Fresca, brillante e sensuale la Eudoxie di Martina Russomanno che affronta con sicurezza la grande scena di inizio terzo atto e le agilità richieste nonché il duetto di inizio quarto atto con la rivale e poi alleata. Buoni i risultati anche per i ruoli di contorno: Gordon Bintner è un sonoro Ruggiero e fanno molto bene anche Daniele Terenzi come sergente Albert, Rocco Lia (membro del Regio ensemble) come araldo e boia e Leopoldo Lo Sciuto come Ufficiale. Il successo al termine è caloroso per tutti con punte di entusiasmo per i protagonisti. Le prossime recite si svolgeranno il 24, 26, 28 settembre e 1, 3 ottobre e ci sentiamo di consigliare di utilizzare questa occasione per fare esperienza dal vivo di questo titolo così raramente eseguito!

Margherita Panarelli

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26 settembre 2023. Opera monumentale, assolutamente perfetta per l’apertura di stagione, titolo poco rappresentato e quasi assente dal grande repertorio, La Juive di Fromental Halévy vince la sfida torinese. Quattro ore abbondanti di musica intensa con un pubblico attentissimo, silenziosissimo e inchiodato alla poltrona.

Lo spettacolo dello straordinario Stefano Poda, pur sempre nel suo stile e decisamente simile al recente Eduardo e Cristina, è di una precisione che lascia a bocca aperta, con ogni virgola al suo posto, scrupolosamente aderente al testo, alla musica e all’emozione che ne traspare.

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Gregory Kunde

Altrettanto encomiabile è la direzione di Daniel Oren, sentita ed emozionante, non solo per l’accento in cui è solito giganteggiare, ma soprattutto per il gusto e lo stile, senza tralasciare il bellissimo dialogo col palcoscenico. La bravissima Orchestra del Teatro Regio lo segue con suoni precisi e raffinati.

Protagonista è Mariangela Sicilia nei panni di Rachel, che non è certamente un soprano Falcon, ma sa piegare il ruolo alla propria vocalità ottenendo un ottimo risultato. Il canto e il fraseggio sono accurati, il personaggio ben delineato.

Emozionante è l’Éléazar di Gregory Kunde, che ha saputo far sua una parte davvero complessa, soprattutto nel carattere. Domina con sicurezza le grandi scene di secondo e quarto atto – meritatissimo il boato esploso dalla platea al termine di “Rachel, quand du Seigneur” – ma è nei recitativi in cui sa far uscire tutte le sfaccettature di un uomo complicato e forse incoerente con se stesso.

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Ioan Hotea

Bravissima Daniela Cappiello nei panni di Eudoxie, luminosa nella vocalità e delicata nell’interpretazione.

Ottimo il Leopold di Ioan Hotea, brillante ed elegante, leggero al punto giusto in perfetto connubio con le altre vocalità in palcoscenico, sa elevare il ruolo a livello di vero protagonista.

Sempre raffinato è Riccardo Zanellato, che qui sa essere particolarmente coinvolgente e dividersi in un Cardinale Brogni a tratti autoritario, a tratti indifeso a causa dei propri sentimenti.

Benissimo anche per il tirannico Ruggiero di Gordon Bintner, dalla bella vocalità scura.

Eccellente il Coro del Teatro Regio di Torino, preparato da Ulisse Trabacchin, come pure il resto dei solisti, a partire dall’Albert di Daniele Terenzi.

Grande serata, grande spettacolo che speriamo di rivedere presto su altri palcoscenici.

William Fratti
 

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LA JUIVE
Opera in cinque atti
Libretto di Eugène Scribe
Musica di Fromental Halévy

Rachel Mariangela Sicilia
Éléazar Gregory Kunde
Eudoxie Martina Russomanno (21), Daniela Cappiello (26)
Léopold Ioan Hotea
Il cardinale Brogni Riccardo Zanellato
Ruggiero Gordon Bintner
Albert Daniele Terenzi
L’araldo d’armi dell’imperatore e Un boia Rocco Lia*
Un ufficiale dell’imperatore Leopoldo Lo Sciuto
Un uomo del popolo Lorenzo Battagion
Altro uomo del popolo Roberto Calamo

*Artista del Regio Ensemble

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia, coreografia, scene, costumi e luci Stefano Poda
Regista collaboratore Paolo Giani Cei
Direttore dell’allestimento Antonio Stallone

Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

Foto di Andrea Macchia cortesia del Teatro Regio