Spettacoli

Lucia di Lamermoor – Sferisterio, Macerata Opera Festival

Lo Sferisterio è indubbiamente uno dei palcoscenici più affascinanti della nostra penisola, ellittico ed amplissimo, simile ad una grande piazza su cui pare affacciarsi l’intera Macerata. “Ad ornamento della città, a diletto pubblico la generosità di cento consorti edificò” Questa appunto l’epigrafe che campeggia sulla sommità della facciata di quello che ci si presenta come un antico monumento, come un’arena imponente addossata alla cinta muraria, dove però il combattimento avviene sul piano della bellezza e delle idee, in una città che è sede universitaria e il cui Ateneo ha assunto come motto “L’Umanesimo che innova”. E con la monumentalità dello Sferisterio e l’innovazione che scaturisce dalla tradizione ha molto in comune l’allestimento di Lucia di Lamermoor di Gaetano Donizetti, andata in scena nel contesto del 59° Macerata Opera Festival 2023.

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Le dimensioni straordinarie di questo palcoscenico, non troppo profondo ma molto allungato, costituiscono certamente una sfida di non poco conto per ogni regista. Jean-Louis Grinda sceglie da parte sua di mostrarci la scena in tutta la sua nudità, spogliandola all’inizio di ogni arredo ed elemento scenografico. La musica prende dunque l’avvio in uno spazio sterminato e indefinito nel quale viene proiettata l’immagine imponente di una marina notturna con nuvole plumbee e acque increspate, con atmosfere che evocano la Scozia del romanzo di Scott e della sinfonia di Mendelsshon. La natura sovrasta l’uomo ed il mare si configura come un destino che incombe minaccioso sulla vicenda narrata. Di forte impatto anche la scena della fontana, qui trasformata in una cascata rupestre, come anche quella della torre in rovina che rimanda al sublime romantico delle tele di Friedrich. Meno riuscite in generale le scene all’interno del castello, dove forse sarebbe stata opportuna una riduzione del palco. Qui infatti la vastità non rende visivamente l’intensità psicologica e l’azione del dramma risulta dispersa ed emotivamente diluita. Le scene con molti personaggi rimangono comunque efficaci, come del resto anche il momento della pazzia, dove l’effetto di spaesamento che caratterizza un po’ tutta questa regia potenzia il delirio della protagonista. I video di Etienne Guiol e le luci alquanto modulate di Laurent Castaingt nonché le scene di Rudy Sabounghi e i costumi di Jorge Jara, nella foggia ottocentesca degli anni di composizione dell’opera, formano nel complesso una macchina teatrale ben integrata; tuttavia le entrate dei personaggi, a causa delle distanze, sono eccessivamente lente e le transizioni alla scena successiva avvengono faticosamente, certune addirittura nell’imbarazzo generale con il rumore della risacca in sottofondo. Quello che comunque lascia maggiormente perplessi è il quadro conclusivo, con movimenti poco raccordati, le tombe minuscole nell’immensità della cornice ed un suicidio di Edgardo che non appare troppo chiaro come e se avvenga.

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Ruth Iniesta e Davide Luciano

La direzione è affidata a Jordi Bernàcer, alla guida della FORM -Orchestra Filarmonica Marchigiana e della Banda Salvadei L’attacco è accurato e con morbide sonorità, mentre alcune parti appaiono meno rifinite e con poche sottolineature. Lo stile si mantiene comunque attento ed analitico, con la scomposizione di ogni sezione e l’evidenza dei singoli strumenti. Emblematiche in tal senso le introduzioni ai singoli personaggi al secondo atto, passaggi che si profilano come veri e propri ritratti psicologici. Di grande suggestione poi l’impiego della glassarmonica per mano di Sascha Reckert nella scena della pazzia come previsto da Donizetti nella prima versione della partitura. Il suono tremulo e soffuso risulta alieno e straniante ed amplifica così il senso di instabilità nel dialogo con il soprano.

Vigoroso e compatto ogni intervento del Coro lirico marchigiano ”V. Bellini” diretto da Martino Faggiani. Di grande suggestione quello maschile iniziale, dolente e drammatico nella grande scena con Raimondo.

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Ruth Iniesta

Nell’impervio ruolo di Lucia si cimenta Ruth Iniesta con una vocalità estesa e voluminosa, saldamente impostata e di grande omogeneità. E’ elegante e delicata in “Regnava nel silenzio”, piena di garbo anche nella cabaletta, e ci offre un attacco molto fluido e naturale di “Verranno a te sull’aure”. Con efficaci mezze voci è sofferente ed aggraziata anche nel duetto con Enrico, più incisiva in quello con Raimondo. Il canto tuttavia non è troppo accentato e manca talvolta di tagliente tragicità, che viene principalmente risolta con la forza degli acuti – di particolare intensità quelli del primo concertato. Rende con precisione tutta la scena della pazzia, in un suggestivo dialogo con l’armonica a bicchieri, e verso la conclusione realizza dei vocalizzi particolarmente agili e variati, con una cabaletta dinamica ed espressiva.

Dmitry Korchak è un Edgardo signorile ed elegante con una linea continua, una dizione scandita ed acuti ben proiettati. Lo stile è asciutto e ordinato, vigoroso ma contenuto, sempre misurato, e per questo in tante situazioni riesce penetrante; in altre parti invece la trasparenza formale prevale sulla tensione emotiva. Morbido e lirico nel duetto con Lucia, è poi maggiormente appassionato nel dialogo con Enrico, ma presenta nel finale una drammaticità piuttosto indefinita.

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Dmitry Korchak

Di notevole spessore la figura di Enrico, delineata con forza da Davide Luciano in un misto di cinismo politico, cieca vendetta ed amore fraterno. Con un’emissione compatta ed un canto assai modulato, è puntuale e sbalzato nel primo cantabile e nell’energica cabaletta, ricco di sfumature nel duetto con Lucia e di intenso vigore con Edgardo nella scena della torre.

Mirco Palazzi è Raimondo, saldo e rotondo nei centri, meno sicuro in acuto e nel grave. Ha un fraseggio vario e articolato, soprattutto nel dialogo con Lucia, e fa una narrazione ampia e strutturata della pazzia, pur con alcune rigidità. Risulta infine più drammatico e scolpito nella scena conclusiva.

Paolo Antognetti è un Arturo virile e luminoso con una cavatina agile e brillante; materna ed angosciata l’Alisa di Natalia Gavrilan, con voce piena ed espressiva. Chiaro, intonato e valido attore il Normanno di Gianluca Sorrentino, anche se con un recitativo troppo tendente al parlato.

Molto applauditi la Iniesta, Korchak e Luciano; maggiore tiepidezza per regia e direzione.

LUCIA DI LAMERMOOR
Dramma tragico in due parti e tre atti

Musica di Gaetano Donizetti
Libretto di Salvadore Cammarano sul romanzo The Bride of Lammermoor di Walter Scott

Direttore Jordi Bernàcer

Regia Jean-Louis Grinda

Scene Rudy Sabounghi
Costumi Jorge Jara
Video design Étienne Guiol
Realizzazione video Malo Lacroix
Luci Laurent Castaingt
Assistente alla regia Vanessa D’Ayral de Serignac

Lord Enrico Ashton Davide Luciano
Miss Lucia Ruth Iniesta
Sir Edgardo di Ravenswood Dmitry Korchak
Lord Arturo Bucklaw Paolo Antognetti
Raimondo Bidebent Mirco Palazzi
Alisa Natalia Gavrilan
Normanno Gianluca Sorrentino

FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”

Maestro del coro Martino Faggiani
Banda Salvadei

Foto: ph. Marilena Imbrescia