Spettacoli

Acis et Galatée

Ultima opera in cartellone dell’84° Maggio Musicale Fiorentino, va in scena Acis et Galatée di Jean Baptiste Lully. Se l’edizione 2022 è stata meritoriamente caratterizzata da titoli inediti per Firenze o perlomeno lontani dal repertorio, questa è addirittura una prima rappresentazione assoluta in Italia. Tale riscoperta si colloca all’interno del Progetto Lulli, di cui il proteiforme Federico Maria Sardelli è l’artefice principale con il Teatro del Maggio ed il Comune di Firenze. L’iniziativa nasce primariamente per indagare gli anni della formazione del musicista fiorentino naturalizzato francese e prevede un convegno annuale e appunto l’esecuzione della musica di Lully (che, ahimè, così si è sempre firmato, con buona pace di noi italiani). Compositore di Luigi XIV ed amico di Moliere, si cimenta nella sfida di mettere in musica i venerati allessandrini di Corneille e di Racine, diventando il padre della tragedie en musique. Acis et Galatée, ultima opera compiuta di Lully, non è però una tragedie lyrique, come si chiamerà successivamente, bensì una pastoral heroique, un componimento più snello e meno spettacolare in tre atti preceduti da un prologo. Lo stile è infatti più concentrato ed essenziale, anche perché ideato originariamente per il salone del castello di Anet.

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Luigi De Donato e Elena Harsanyi

Punto di forza dell’allestimento è la direzione di Sardelli alla guida dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Per l’occasione, i professori suonano copie fedeli degli strumenti antichi: lodevole investimento della Fondazione che intende quindi porsi all’avanguardia nell’esecuzione del repertorio barocco. Il suono è omogeneo e screziato, vellutato negli archi, morbido nei legni, sontuoso negli ottoni e nei clavicembali. Il maestro Sardelli dà forma alla partitura nella sua varietà ritmica e timbrica, nella costante ricerca di ricreare le sonorità originali, con acribia filologica, misura ed eleganza. In alcune sezioni batte il tempo con il bastone, alla stregua dei compositori seicenteschi, trasformandolo in uno strumento dell’orchestra; bastone tra l’altro fatale per Lully che con esso si procurò al piede la ferita che lo portò alla morte. Lo stile è più pomposo nel Prologo, intimistico nei dialoghi delle ninfe e dei pastori, talora lezioso nelle danze, puntuto ed inquieto nelle scene con Poliphéme. Raffinatissima e delicata la passacaglia, dove tuttavia un maggiore variazione dell’intensità avrebbe accresciuto l’effetto del finale.

Pregevole e fondamentale l’apporto del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini, per questa occasione, come per l’Orphée, collocato nella buca orchestrale, e quindi fuori scena a commento della vicenda come nella tragedia greca. Compatto e puntuale, si espande e contrae con naturalezza; ogni intervento si intreccia ed armonizza con i declamati e i balletti, definendo un’atmosfera di leggerezza ed incanto.

Meno riuscita in generale la parte vocale per alcuni volumi modesti e difficoltà d’intonazione.

Elena Harsànyi è Galatée nella sua presenza signorile e un’impostazione aulica e rigorosa. Voce piuttosto esile, venata d’argento, modula con grande dovizia, energica ed espressiva, pur mancando talvolta di agilità nell’acuto. Se rischia di sbiadire nei duetti con Acis, ritrova spessore in quelli con Poliphème e cesella con forza e finezza il grande lamento in forma di ciaccona.

L’Acis di Jean-Francois Lombard è un pastorello ingenuo ed aggraziato, acceso da una passione che lo rende folle e devoto. Il timbro è nobile e brillante, il canto molto articolato e a tratti soave; il volume è tuttavia poco consistente e la linea risulta poco incisiva; in taluni passaggi è un po’ incerto nel registro da haute-contre.

Di rilievo l’interpretazione di Luigi De Donato nel ruolo di Poliphème. Basso profondo dal colore caldo e brunito, è omogeneo nell’emissione e rotondo nel fraseggio. Delineati con grande vividezza gli aspetti di questo antagonista che anima la vicenda: ora iroso e muscolare, patetico e maldestro, infine geloso e brutale.

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Luigi De Donato e Jean-Francois Lombard

Sebastian Monti interpreta Apollon, Téleme e le Pretre de Junon. La declamazione è ricca di sfumature e la recitazione assai studiata. Il suono è però debole e spesso non riesce ad uscire dalla scena. Anche se l’intonazione non è sempre adeguata, il sacerdote è il personaggio meglio riuscito.

Maestosa la Diane di Valeria La Grotta, che interpreta anche Scylla e la Deuxiéme Naiade. Squillante e incisiva, anche se non particolarmente consistente, è agile nel fraseggio e grintosa soprattutto nei panni della ninfa.

Tracciati con vivacità i personaggi de L’Abondance, Aminte e le Premiére Naiade da Francesca Lombardi Mazzulli, che possiede uno strumento ricco di armonici e dalla sicura proiezione. Melodica e sognante come Naiade, dà forma come Aminte ad un brillante e dolcissimo duetto con Tircis.

Markus Van Arsdale, dal timbro chiaro e dalla linea morbida, realizza un Comus vitalistico e gioioso e un pastore Tircis fresco ed arcadico, il tutto in un’estrema compostezza.

Da evidenziare anche il convincente Neptune di Guido Loconsolo, pieno e continuo in un declamato tornito e solenne.

Festosi ed appropriati la Dryade di Silvia Spessot, graziosa e musicale, e il Sylvain di Davide Piva dal canto fermo e rotondo.

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Elena Harsanyi e Jean-Francois Lombard; Gudrun Skamletz, Alberto Arcos, Caroline Ducrest, Robert Le Nuz

La regia di Benjamin Lazar coadiuvato da Elisabeth Calleo ambienta l’opera nella radura di una foresta, ora luogo per una festa campestre, ora tranquilla insenatura delle ninfe o riva del mare. Azzeccata l’idea di richiamare nel Prologo l’omaggio al Delfino, dando così una cornice alla cornice, e valido l’utilizzo dei teli dipinti per evocare il castello di Anet o la rovina di massi. Le scene di Adelin Caron non sono comunque accattivanti ed assemblano elementi che non si integrano tra loro, come i lampadari di cristallo e le lanterne cinesi, i tritoni ed i sofà. Analogo discorso per i costumi di Alain Blanchot, con riferimenti al Seicento e alla contemporaneità, che restano tuttavia tra loro slegati, senza una sintesi. Le luci di Christophe Naillet sono semplici e mettono in risalto i momenti salienti attraverso dei cambiamenti d’intensità. I movimenti voluti dal regista sono estremamente accurati ma l’insieme, benché ricchissimo di spunti, non risulta amalgamato ed è poco in linea con lo stile aristocratico e celebrativo dell’opera. Il finale inoltre avrebbe richiesto qualche trovata in più per non risultare slavato ed evanescente.

Ciò che crea invece continuità ed integrazione è l’elemento coreutico, che come la musica funge da collante dell’intero allestimento. I balletti di Gudrun Skamletz si richiamano alla tradizione seicentesca in dialogo con il presente e sono caratterizzati da gesti misurati e linee eleganti. Insieme alla Skamletz danzano i bravi Caroline Ducrest, Robert Le Nuz e Alberto Arcos.

Per l’evento numerosi i musicologi e i critici presenti in sala. Grandi applausi per tutti, in particolare per Sardelli.

ACIS ET GALATÉE
Pastorale héroïque in tre atti e un prologo
Libretto di Jean Galbert de Campistron
Musica di Giovanni Battista Lulli (Jean-Baptiste Lully)

Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro concertatore e direttore Federico Maria Sardelli
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Acis Jean François Lombard
Galatée Elena Harsányi
Polyphème Luigi De Donato
Apollon, Télème, Le Prêtre de Junon Sebastien Monti
Neptune Guido Loconsolo
Comus, Tircis Mark van Arsdale
Diane, Deuxième Naïade, Scylla Valeria La Grotta
L’Abondance, Aminte, Première Naïade Francesca Lombardi Mazzulli
Une Dryade Silvia Spessot
Un Sylvain Davide Piva

Regia Benjamin Lazar
Co-regia Elisabeth Calleo
Scene Adeline Caron
Costumi Alain Blanchot
Luci Christophe Naillet
Coreografia (e danzatrice) Gudrun Skamletz
Danzatori Caroline Ducrest, Robert Le Nuz, Alberto Arcos

Foto: Michele Monsata – Maggio Musicale Fiorentino