Spettacoli

Manon Lescaut

La stagione del Teatro dell’Opera di Monte Carlo prosegue con Manon Lescaut di Giacomo Puccini.

“Che i proponimenti degli uomini siano soggetti a mutare è cosa che non mi cagionò mai sorprese alcune. Una passione li fa nascere, un’altra li fa morire“ così scriveva Antoine François Prévost nella “Storia del Cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut”, e, per una strana casualità, la produzione monegasca è stata segnata proprio da un proponimento mutato. 

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Anna Netrebko, Claudio Sgura e Yusif Eyvazov

Anna Netrebko è infatti tornata a calcare il palcoscenico come sostituta dell’indisposta protagonista Maria Agresta. Dopo il volontario momento di pausa, che la Diva si è autoimposta, un ritorno ad un’opera per lei emotivamente molto importante. Il soprano ha infatti incontrato e conosciuto il compagno Yusif Eyvazov proprio in occasione di un allestimento del capolavoro pucciniano che oltretutto ha inciso su disco e cantato molte volte in tutto il mondo. 

Nel meraviglioso teatro del Casinò, concepito dal genio artistico di Charles Garnier, prende vita un progetto registico particolare, con spunti interessanti anche se solo in parte riusciti. Lo spettacolo, a firma di Guy Montavon e con le scene di Hank Irwin Kittel, risulta sicuramente molto colorato e stuzzicante dal punto di vista visivo. L’ambientazione scelta è quella contemporanea e negli atti si alternano momenti dominati da colori saturi, ora viola, ora rosa, che garantiscono sempre un appagante colpo d’occhio. Forse la scena più riuscita è quella del secondo atto, dove la casa di Geronte prende l’aspetto di una galleria d’arte minimalista, con una fila di strane sculture esposte, e la stessa protagonista viene progressivamente trasformata in una sorta di statua vivente. Interessante appunto la scelta di fare di  Geronte una sorta di ricco collezionista d’arte attorniato da loschi figuri e trasformare il fratello di Manon in un ragazzotto rozzo e scroccone che sfrutta la fortuna economica della sorella. Meno comprensibili le scelte del terzo atto dove scompare la nave in partenza per l’America  e i due innamorati si fanno volontariamente incarcerare da Geronte, o almeno così è parso di capire, in assenza di note di regia a tal proposito. Splendide le luci, a cura dello stesso regista, particolarmente abbaglianti, che, riflesse dal palco lucido, creavano splendidi giochi con il ricco corredo di ori della sala monegasca.

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Anna Netrebko e Yusif Eyvazov

Adeguatamente vari, e piacevoli, i costumi di foggia contemporanea di Kristopher Kempf

Di assoluto rilievo il versante musicale dello spettacolo, forse il migliore oggi immaginabile.

Nel ruolo della protagonista brilla la stella di Anna Netrebko, che ha offerto al pubblico una delle sue migliori performances. Al suo apparire in scena, in abiti monacali, cattura gli sguardi del pubblico che, dopo le prime battute è già tutto ai suoi piedi. In primo atto questa Manon è sbarazzina e capiamo da subito che il suo destino non può compiersi dietro la grata di un convento. La linea musicale appare sorprendentemente alleggerita e quindi ideale per rappresentare i turbamenti di una giovane ragazza (ha diciotta’anni, recita il libretto), la freschezza del fraseggio e le ampie arcate delle frasi musicali concorrono a rendere il personaggio credibile e partecipe. Nel secondo atto la protagonista è diventata una donna adulta, una femme fatale avida e provocante che si crogiola nella lussuria. Impagabile la disinvoltura con cui si destreggia (e con cui arrampica indomita sulle vette del pentagramma) nella scena d’apertura o ancora come si erge al centro della stessa, come una scultura di una divinità classica, mentre Geronte plasma un busto sul suo petto. Nella celeberrima “In quelle trine morbide” le si affaccia alla mente il ricordo dell’amore puro ed innocente vissuto con Des Grieux (quanta velata malinconia in quel canto sfogato e sempre ben tornito), ma sarà l’arrivo del suo cavaliere a scatenare nuovamente la passione sopita in un crescendo vocale ed espressivo che travolge la scrittura pucciniana con il suadente timbro vellutato e il registro acuto luminoso e squillante come non mai. Nel terzo atto questa Manon, pur remissiva e pentita nei modi e nelle movenze come da libretto, sa dominare la scena e, con il crine disciolto e una lunga veste nera, non riesce a non sedurre. Nel quarto atto, infine, la Netrebko tocca il vertice esecutivo di questa sua prova con un fraseggio sfumato ed incisivo (quel “Non voglio morire!” durante l’aria “Sola, perduta, abbandonata” ha la potenza degna di una valkiria) e un canto che, impreziosito da chiaroscuri e filati madreperlacei, sa commuovere e arriva dritto al cuore del pubblico che le riserva, alle ribalte finali, una grande, quanto meritata ovazione finale.

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Claudio Sgura e Alessandro Spina

Al fianco di cotanta protagonista, Yusif Eyvazov, come già detto, suo compagno nella vita oltre che in numerose performance artistiche. 

Il tenore azero, come già da noi evidenziato più volte, possiede un mezzo che non si ricorda certo per la bellezza del timbro, ma che brilla, piuttosto per lo squillo del registro acuto, sempre sicuro e ben appoggiato. L’interprete è accorato e nel suo fraseggio sfumato e variegato viviamo l’evoluzione psicologia del personaggio, dal ragazzo spensierato di primo atto, all’amante passionale dell’atto successivo, sino alla disperazione di un uomo maturo e consapevole nell’ultima parte dell’opera. Particolarmente riusciti sono, in tal senso, la pagina “Ah Manon, mi tradisce il tuo folle pensiero” in secondo atto e il “No, pazzo son!” dell’atto seguente dove Eyzanov si mostra pienamente coinvolto dalle note struggenti e concitate della partitura. Innegabile, e prezioso l’affiatamento vocale, scenico e sentimentale con Anna Netrebko.

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Alessandro Spina

Nella parte di Lescaut, Claudio Sgura, al suo debutto nel ruolo, oltre che sul palcoscenico monegasco. Il baritono sigla una prova maiuscola ed aggiunge così un altro, riuscitissimo, personaggio alla galleria dei ruoli pucciniani nei quali oggi primeggia sui principali palcoscenici internazionali. La linea vocale, caratterizzata da preziosa filigrana, brilla per musicalità e morbidezza, risuonando compatta a tutte le altezze. Il fraseggio, sempre appropriato e pertinente, unitamente ad una presenza scenica magnetica e statuaria, contribuisce a disegnare un personaggio ottimamente riuscito. Particolarmente d’effetto, tra l’altro, l’uscita di scena di Lescaut in terzo atto: una fuga in preda al rimorso dinanzi alla consapevolezza di aver perso la sorella per sempre.

Note positive anche per il Geronte di Alessandro Spina. In accordo con il progetto del regista, in questa produzione Geronte non ha la consueta caratterizzazione di un vecchio libidinoso, quanto piuttosto quella di un viveur, un esteta griffato e collezionista d’arte (e di donne). Personaggio perfettamente riuscito, oltre che per una grande proprietà e varietà d’accento, anche in ragione della presenza fisica prestante ed atletica dell’artista che si esibisce, tra l’altro, nel numero di danza con Manon con movimenti sinuosi e plastici. Peculiare inoltre la scelta di affidare a Geronte le battute normalmente riservate (da libretto) al sergente degli arcieri e al comandante di marina (in accordo con l’idea di Guy Montavon di eliminare ogni riferimento alla partenza per le Americhe in terzo atto). Una prova di alto livello anche sotto il profilo vocale grazie ad una linea sempre musicale e sicura, ben tornita e sonora in acuto. 

Scenicamente e vocalmente ben a fuoco l’Edmondo di Luis Gomes

Loriana Castellano è un musico dalla vocalità levigata e dall’accento sempre pertinente.

Scenicamente impagabile, pur vocalmente perfettibile, Rèmy Mathieu impegnato nel duplice ruolo del Maestro di ballo e un lampionaio.

Puntuale ed efficace l’Oste di Luca Vianello

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Claudio Sgura, Yusif Eyvazov e Alessandro Spina

La lettura della partitura offerta dal Maestro Pinchas Steinberg è magistrale per la capacità di offrire un ventaglio, quanto mai variegato, di tinte sonore e drammatiche, sempre pertinenti rispetto ad ogni singolo momento del dramma pucciniano. Steinberg sa esaltare la freschezza del primo atto, la sensualità del secondo, la drammaticità del terzo ed il cupo senso di morte del finale. Il gesto appare sicuro ed asciutto, apprezzabile la scelta dei tempi sempre tesa a ricercare il giusto equilibrio tra romanticismo e drammaticità. Pregevole l’equilibrio rispetto al palcoscenico in ragione, tra l’altro, di un buon affiatamento sonoro nella compagine dell’Orchestre Philarmonique dell’Opéra di Monte Carlo, qui in ottima forma per precisione e politezza sonora.

Poco comprensibile risulta, tuttavia, la scelta di collocale l’intermezzo, la cui esecuzione è prevista prima del terzo atto, in apertura del quadro finale.

Preciso e puntuale il Coro dell’Opéra di Monte Carlo, guidato da Stefano Visconti, in grado di esibire la giusta intensità sonora e d’accento nei singoli interventi previsti in partitura.

Successo trionfale al termine da parte di un pubblico che esauriva, in ogni ordine di posto, lo splendido teatro monegasco.

MANON LESCAUT
Dramma lirico in quattro atti di Giacomo Puccini
Libretto di Domenico Oliva e Luigi Illica

Manon Lescaut Anna Netrebko
Renato Des Grieux Yusif Eyvazov
Lescaut Claudio Sgura
Geronte di Revoir Alessandro Spina
Edmondo Louis Gomes
L’oste Luca Vianello
Il maestro di ballo- Il lampionario Rémy Mathieu
Il musico Loriana Castellano

Chœur de l’Opéra de Monte-Carlo
Orchestre philharmonique de Monte-Carlo

Direttore Pinchas Steinberg
Maestro del coro Stefano Visconti
Regia Guy Montavon
Scene Hank Irwin Kittel
Costumi Kristopher Kempf
Luci Guy Montavon

FOTO: ALAIN HANEL