Recital Lisette Oropesa – Teatro alla Scala, Milano
Alla Scala di Milano il recital di canto di Lisette Oropesa.
“Oh, come sarebbe meravigliosa l’opera se non ci fossero i cantanti!”. Così suggeriva ironicamente Gioachino Rossini, ma siamo sicuri che avrebbe cambiato idea per questo recital di canto di uno dei nomi più in vista degli ultimi anni: Lisette Oropesa. Il soprano statunitense ha debuttato ormai nel 2006 e si presenta oggi al pubblico scaligero nel pieno della sua consapevolezza tecnica. Il Piermarini, purtroppo, è stato frequentato relativamente poco dalla cantante, ricordiamo la sua presenza ne I Masnadieri di Verdi, in Theodora di Händel, ne I Capuleti e i Montecchi di Bellini e in Lucia di Lammermoor di Donizetti oltre al recentissimo recital a fianco di Benjamin Bernheim ma ci auguriamo per i prossimi anni una presenza più costante.
Il programma scelto per la serata è dedicato, almeno per la prima parte, ad una raffinata raccolta di arie da camera. Lisette Oropesa entra in scena indossando un elegantissimo abito bianco e regala al pubblico un grande sorriso. Sarà l’inizio di un viaggio musicale ricercato e di assoluto interesse. I primi due brani, “La stella” e “La primavera”, sono composizioni di Saverio Mercadante e consentono al soprano di sfoggiare una linea di canto morbida e ben proiettata in lunghe arcate melodiche, pervase da romantico abbandono. Seguono, subito dopo, le sei ariette per camera di Vincenzo Bellini. La scrittura del compositore catanese viene affrontata con un canto duttile e ben controllato, specie nella zona di passaggio. Il brano successivo è il “Lamento per la morte di Bellini” di Gaetano Donizetti, scandito dalla Oropesa con malinconico struggimento. La prima parte del concerto termina con un brano di Franz Shubert, “Vedi quanto adoro, ingrato”, eseguito dall’artista con un cantabile melodioso e levigato.
Dopo l’intervallo, Oropesa torna sul palcoscenico con un altro abito, sempre bianco ma, questa volta, impreziosito da meravigliose fantasie sui toni del blu. Nella seconda parte del concerto, è la musica da camera ispanica a farla da padrone. Nella sequenza dei brani proposti possiamo ammirare, come già era accaduto nella prima parte, come Oropesa sia dotata di naturale comunicatività, ben espressa attraverso un intelligente impiego del fraseggio con l’ausilio di piccoli, quanto irresistibili, movimenti accennati in proscenio. Nei Quattro madrigali amorosi di Joaquín Rodrigo, il canto si carica di emozione e lascia trasparire i colori delle atmosfere ispaniche, tra melodie ritmate punteggiate, talvolta, da bei picchettati. Anche nei due canti popolari di Joaquín Nin “Montañesa” e “Tonada del Conde Sol”, ritroviamo un canto solare dai centri pieni e screziati. Particolarmente suggestiva l’esecuzione del brano “Dios mío, qué solos se quedan los muertos!”, di Manuel de Falla con il suo caratteristico incedere funebre e di struggente mestizia. Negli ultimi brani, “En un país de fábula”, tratti dalle zarzuela La tabernera del puerto di Pablo Sorozábal e “Canción de la paloma”, da El barberillo de Lavapié di Francisco Asenjo Barbieri, abbiamo un esempio di come il soprano sappia impiegare la coloratura ai fini espressivi. Trilli, picchiettati e volatine divengono così un mezzo imprescindibile per sottolineare il realismo evocato dalla perfetta simbiosi tra musica e parole.
La serata si avvia verso la conclusione, ma non possiamo di certo dimenticare la bravura di Beatrice Benzi, Maestro accompagnatore al pianoforte. Benzi sfoggia un evidente eclettismo passando con naturalezza da un brano all’altro, risultando sempre incisiva ed offrendo alla “primadonna”‘ il necessario supporto. Eccezionale poi risulta la sua esecuzione di “Grandes variations de bravure sua la marche des Purtitain de Bellini”, tratto dall’Hexameron di Chopin. Accattivante, nella seconda parte del concerto la sua Danza espanola n.1 di Granados.
Prima di lasciare la sala, il pubblico chiede a gran voce dei bis e ne ottiene ben tre. Il primo è lo “Stornello” di Giuseppe Verdi, sciorinato con un canto limpido e luminoso, caricato di ammiccante ironia. Il secondo bis è a tema operistico (finalmente!) e si tratta dell’aria di Susanna da Le nozze di Figaro di Mozart. Una esecuzione di lunare bellezza, meno carnale ma più eterea, grazie al sostegno di messe di voce che galleggiano in sala come nuvole impalpabili. Ed ecco il gran finale, ovvero l’aria di Violetta dal primo atto della La traviata. In questa pagina si coglie la innegabile familiarità del soprano con questo brano e, più in generale, la sensibilità dell’interprete.
Alcuni passaggi, ottenuti con una magistrale modulazione del canto, testimoniano la levatura di questa artista e affascinano, ancora una volta, per la facilità con cui vengono risolti.
La coloratura è forse meno spericolata di un tempo, così come il mi bemolle conclusivo perde un po di nitore, ma questo può, forse, essere il semplice effetto di una voce che sta lentamente virando verso un repertorio di maggiore ascendenza lirica.
Usciamo dalla sala dopo aver festeggiato una grande Diva e speriamo, davvero, di poterla abbracciare nuovamente sul palcoscenico milanese, magari in un ruolo che sappia davvero esaltare le qualità peculiari di questa artista straordinaria.
RECITAL DI CANTO
Musiche di Mercadante, Bellini, Chopin,
Donizetti, Schubert, Rodrigo, Nin,
de Falla, Granados, Sorozabal, Barbieri
Lisette Oropesa, soprano
Beatrice Benzi, pianoforte
Foto: Brescia/Amisano Teatro alla Scala