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Bellini  (Il Saggiatore, 2022)

La nota casa editrice Il Saggiatore realizza con successo un ambizioso e mirabile progetto di alta divulgazione del patrimonio operistico italiano. Per la collana L’opera italiana diretta da Paolo Gallarati, cinque tra i più illustri professori e musicologi sono stati chiamati ad occuparsi dei compositori che hanno segnato il nostro melodramma. Sono dunque disponibili il volume Verdi di Paolo Gallarati, il Donizetti di Luca Zoppelli, il Rossini di Andrea Chegai, il Puccini di Virgilio Bernardoni e il Bellini di Fabrizio Della Seta, secondo in ordine di uscita nel 2022, che consta di 456 pagine e a cui il presente articolo è dedicato. Fabrizio Della Seta è stato docente di drammaturgia musicale presso l’Università degli Studi di Pavia con sede a Cremona, è condirettore dell’Edizione critica delle opere di Vincenzo Bellini (Ricordi) e presidente del comitato scientifico della Fondazione Bellini – Centro Studi Belliniani di Catania. Ha inoltre curato l’edizione critica della Traviata di Giuseppe Verdi (1997) dell’Adina di Gioacchino Rossini (2000) e dei Puritani di Vincenzo Bellini (2013).
Vincenzo Bellini, compositore idealizzato da molti tra i suoi biografi, anche a causa della sua breve vita. Egli è ricordato come figura leggendaria per l’incantevole bellezza, per i riccioli biondi, per il suo etereo ed elegante portamento simile a un sospiro. A ciò ha senza dubbio contribuito la sua musica, melodie lunghe lunghe, per dirla con Verdi, di celestiale bellezza, tanto da far pensare a Bellini come ad un compositore ispirato per grazia divina, per il quale alcuna fatica è mai occorsa al fine di essere ascritto all’Olimpo musicale. Non mancano tuttavia descrizioni nettamente contrapposte, che ne esacerbano oltremodo aspetti negativi, quali il carattere invidioso e intollerante nei confronti dei colleghi, uno tra tutti il rivale Donizetti, la sovente infedeltà verso le donne da lui amate, la maldicenza e presunzione, conscio del proprio valore. Tali concetti sono evidentemente viziati da nette ed esacerbate prese di posizione, in parte lontane dalla verità storica.

Il volume di Della Seta ne traccia un ampio e oggettivo ritratto, consegnandoci una figura complessa, criticata e al contempo elogiata da compositori come Rossini, Verdi, Wagner, Berlioz, Ravel, Nono, Stravinskij e altri per le semplici e sublimi melodie, intrise di patetismo romantico, la cui concezione, secondo Luigi Nono, è il “soffio” sul quale esse si articolano, senza inizio, né fine. Taluni, riferendosi a Bellini, hanno fatto uso di retorica nazionalistica; altri hanno parlato di passione tipicamente meridionale nel suo melodismo. Celebri sue melodie immortali sono “male istromentate e povere nell’armonia”, per citare nuovamente Giuseppe Verdi, la cui opinione era largamente condivisa.
Pur trattando, questo come gli altri volumi, la vita e le opere del compositore, Fabrizio Della Seta rinuncia ad un’esposizione cronachistica della biografia belliniana, a favore di alcuni “scatti” fotografici di essa, in funzione della parabola compositiva e di un breve inquadramento in cui ogni opera è immersa. Piuttosto che soffermarsi sulla trama di ciascuna vicenda, del resto facilmente rintracciabile altrove, di ognuna delle dieci opere sono dettagliati alcuni punti salienti dell’azione, per discutere più approfonditamente aspetti di natura formale e musicale , il metro utilizzato nei libretti, nonché la distribuzione dei versi sul testo musicale: cifre stilistiche fondamentali per comprendere il processo compositivo di Bellini, non certo privo di difficoltà, per cui egli stesso dichiarò: “con il mio stile devo vomitar sangue”. Ogni opera è sistematicamente confrontata, nel suo svolgimento, con il rispettivo modello letterario da cui è tratta, commentata, analizzata e profondamente discussa. Di ognuna viene inoltre indicata la struttura musicale.

Fabrizio Della Seta, musicologo e docente di drammaturgia musicale

Dai primi anni di formazione a Catania, al periodo di studi napoletano, alla consacrazione del successo segnato dai due capolavori per antonomasia, Sonnambula e Norma, per finire ai Puritani, il volume ripercorre la carriera di Vincenzo Bellini, analizzandola criticamente e sfrondandola da ogni elemento idealizzante, per restituire, alla luce dei numerosi e recenti studi musicologici e della documentazione a disposizione, la figura di un Bellini meno agiografico, la cui “verità e potenza di declamazione” delle sue melodie è organica all’azione drammatica. Immergersi nell’analisi di ciascuna delle opere permette di conoscere approfonditamente la malinconica musa, inconfondibile ispiratrice del giovane maestro fin dalla sua prima opera, Adelson e Salvini, generalmente ritenuta composizione dal carattere ancora acerbo, perché un saggio di conservatorio. Tuttavia, nell’aria Dopo l’oscuro nembo, concepita inizialmente per contralto per poi divenire per soprano, le caratteristiche stilistiche sono già presenti. Si raccomanda particolarmente il capitolo sul Pirata, terza opera belliniana composta nel 1827, quattro anni dopo la Semiramide che, fatto salvo l’inconfondibile stile rossiniano, può tuttavia essere annoverata tra le opere di concezione classicistica. Il Pirata segna il prototipo del canto romantico, una rivoluzione, quella praticata da Bellini, di cui colleghi a lui coevi come Donizetti dovettero tener conto. Nell’Otello rossiniano, così come già negli emergenti Mercadante e Donizetti, vi erano tracce di preromanticismo, ma Il Pirata è dramma romantico in tutto. In aggiunta a ciò giova ricordare la composizione dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e il dramma storico francese Cromwell di Victor Hugo, entrambi composti nel medesimo anno. Tra i lavori di Bellini Il Pirata è per prima l’opera evocativa di vocalità leggendarie quali il tenore Giovanni Battista Rubini e il soprano Henriette Méric-Lalande, nomi che hanno contribuito a creare il connubio tra l’impegnativa scrittura belliniana, vocalità molto acute e quella del soprano drammatico di agilità. Rubini sarà il primo Arturo nei Puritani, mentre Giuditta Pasta impersonerà, come più tardi anche Maria Malibran, Amina e Norma. Sul capitolo dedicato a Norma, sommo capolavoro belliniano, vale la pena soffermarsi su alcune riflessioni di Della Seta in merito a un’interessante considerazione: le cantanti che oggi interpretano il ruolo di Amina si dichiarano non sufficientemente pronte ad impersonare Norma, personaggio dal carattere enciclopedico, come lo stesso Bellini scriveva in una lettera a Giuditta Pasta. Ciò è in gran parte dovuto a una rigorosa classificazione delle vocalità, non presente all’epoca di Bellini, ovvero soprano drammatico di agilità o soprano leggero, vocalità, quest’ultima, oggi prerogativa di opere come Sonnambula o Puritani.

Non v’è dubbio che per Bellini Giuditta Pasta fosse adatta a interpretare tanto Norma quanto Amina, non tanto per una valutazione tecnica, quanto per la capacità straordinaria della cantante di impersonare la vasta gamma di sentimenti e stati d’animo dei due personaggi, in particolare sentimenti come il dolore. Con ciò, sia chiaro, non è intenzione dell’autore del volume contestare l’affermazione secondo cui la tecnica vocale non sia importante; essa è anzi fondamentale, ma ai fini interpretativi è il mezzo, non il fine. Alla luce di un’attenta lettura del libro dedicato da Della Seta a Bellini ne consegue che il processo compositivo belliniano, pur in larga parte obbedendo agli stilemi e convenzioni del melodramma italiano, è tuttavia innovativo. Capire Bellini vuol dire approcciarsi e comprendere compositori come Schubert, Schumann, Verdi o Wagner. Un bellini drammaturgo dunque, al pari di Verdi, attraverso la musica, prima ancora che visivamente in scena. Prova ne sia il pathos drammatico nella struggente melodia dei violoncelli all’inizio dell’atto secondo di Norma la quale, più di ogni invenzione registica, descrive il conflitto e dramma interiore della sacerdotessa druidica sul punto di uccidere i propri figli. Questa è la chiave di lettura pervasiva dell’intero volume, il primo delle monografie su Bellini in tal senso, per le peculiarità e metodologie finora descritte, dalla prosa scorrevole, elegante e chiara. Ogni opera, analizzata con cura e impeccabilmente, è accompagnata da una ricca discografia e videografia, tra cui sono consigliate opere in edizione integrale, di recente esecuzione. Per i non avvezzi al linguaggio musicale inoltre, il libro è dotato di un glossario contenente la terminologia operistica a cui il professore di tanto in tanto ricorre. Il volume Bellini di Fabrizio Della Seta è da considerarsi imprescindibile e autorevole guida nello studio della parabola compositiva del giovane artista siciliano, perché sorretto dal rigore di aggiornati studi musicologici e il suo autore è nome tra i più illustri studiosi belliniani di riferimento.