Spettacoli

Attila – Teatro Petruzzelli, Bari

Nel mese di aprile il sipario del Massimo barese torna ad aprirsi su un’opera densa di romanticismo e anelito alla libertà: Attila di Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera, rivisto da Francesco Maria Piave e tratto dalla fonte letteraria di Zacharias Werner “Attila, König der Hunnen”; una delle fatiche degli anni di galera del maestro, tutta fuoco e sentimento patriottico, tanto che quando venne per la prima volta rappresentata al Gran Teatro la Fenice, il 17 marzo del 1846, l’incalzante ritmo cabalettistico e versi inneggianti all’Italia che sarebbe risorta come “fenice novella”, dovettero suonare come incitamento alla rivoluzione per il pubblico presente in sala. Con la prova generale del 20 aprile la fondazione Petruzzelli ha aderito al Viva Verdi, il progetto del ministero della cultura volto alla salvaguardia di villa Verdi mediante concerti e rappresentazioni che coinvolgono le quattordici fondazioni lirico-sinfoniche italiane. L’allestimento vede la firma di Daniele Abbado come regista, le scene di Gianni Carluccio ed è in coproduzione col Teatro La Fenice di Venezia, il Teatro Comunale di Bologna e il teatro Massimo di palermo. Sul podio dell’orchestra del teatro Petruzzelli è nuovamente presente Renato Palumbo, il quale spesso ha legato il suo nome a quello di Verdi. La sua direzione mette in difficoltà i cantanti, è il caso della cavatina di Odabella, troppo veloce. Complessivamente non si può non far caso a una generale tendenza nel livellare l’intensa e fremente partitura verdiana con tempi troppo dilatati, rallentandi non previsti, come nel cantabile della cavatina di Foresto, o nella seconda aria affidata a Odabella, privando così la partitura del caratteristico, caldo fuoco risorgimentale dei vorticosi numeri chiusi. L’orchestra non si tinge degli scintillanti e vivaci colori donati dal contrasto di dinamiche, con note evocanti il baratro e scoppi di suono, elementi strutturali dell’intenso preludio che si apre con un pianissimo di violoncelli e fagotti. Ciò da cui più ci si dissocia con forza e disappunto è la decisione di tagliare la ripresa di cabalette e duetti, scelta che ancor più oggi, in un’epoca di rigore filologico e costanti ricerche musicologiche, stona.

A dar voce al re unno è il basso russo Alexander Vinogradov, con voce autorevole, brunita, omogenea, sorretta dalla tecnica di scuola russa che ben conosciamo, ad eccezione di qualche nota presa da sotto o indietro, anche a causa della pronuncia di alcune consonanti come la L. Vinogradov ben disegna l’animo del re turbato, allorché narra al suo fido Uldino del sogno: Mentre gonfiarsi l’anima. Un re privato di colpo del suo potere, a cui si para dinanzi Papa Leone. Di grande intensità drammatica la conclusione del cantabile e assolutamente non trascurabile è la dizione, sempre chiara e ben scandita. Come Verdi avrebbe desiderato, anche per l’Attila presentato da Alexander Vinogradov si prova pietà alla sua morte, con sentimento è cantato il quartetto con odabella, Foresto ed Ezio. La sua è una prova più che superata. Gli fa eco l’ottimo Ezio di Simone Piazzola, il forte e ambiguo generale romano. L’interprete possiede un potente mezzo vocale bronzeo, rotondo e voluminoso. Il duetto “Tardo per gli anni, e tremulo” è ben espugnato, mentre la bellissima aria “Dagli immortali vertici” è affrontata con grande morbidezza e sorretta da un ottimo uso del fiato. Qualche vocale piuttosto chiusa e conseguente suono per questo meno brillante non turbano una prova siglata con successo che si avvale di un fraseggio di alta classe. Il tenore Fabio Sartori incarna il personaggio di Foresto, già ascoltato nel medesimo ruolo in occasione del sette dicembre scaligero 2018. L’artista sfoggia una voce teatrale, di grande squillo e potenza. Interpretativamente è un Foresto dai toni eroici nella sua difficile cavatina, da sartori risolta peraltro con grande perizia e bravura, per divenire poi dolente e drammatico nella sua aria “Che non avrebbe il misero” dell’atto terzo, così come nel terzetto seguente. La sua prestazione è particolarmente lodata è apprezzata.

Delude, invece, come già in Aida, Leah Crocetto nelle vesti di Odabella. La filigrana vocale è quella di un lirico puro, piuttosto che di un drammatico di agilità, vocalità destinata a uno tra i personaggi femminili più insidiosi del Verdi giovanile. La temibile aria d’entrata “Allor che i forti corrono” è cantata correttamente, ma il registro centrale è grave appare meno sonoro rispetto a quello acuto, dove i suoni acquistano lievemente in volume. Nella seconda aria “Liberamente or piangi… O! Nel fuggente nuvolo” il soprano ha modo di esibire il suo lirismo e una buona morbidezza, ma nel complesso la Crocetto risulta poco più che corretta. Odabella è grintosa, pugnace, ma anche fanciulla sensibile, il cui canto di sbalzo è eroico e lirico, come l’animo tormentato della stessa vergine guerriera. Tale varietà di fraseggio è assente nella Crocetto. Spiace non poco. Bene Dongho Kin come Papa Leone e Andrea Schifaudo come Uldino.

Il coro del teatro Petruzzelli, guidato dal maestro Cassi, è in splendida forma e regala al pubblico l’essenza verdiana catturata nel suo suono possente, smaltato, traboccante di impeto, ma anche capace di vellutata dolcezza nell’ infondere speranza a Foresto nella sua aria d’entrata. Il disegno registico di Daniele Abbado è di grande efficacia drammaturgica e suggestione. Il regista vede nella spada di Attila il motore principale dell’opera che il re unno dona a Odabella, la quale potrebbe ucciderlo subito, ma attende il momento propizio per compiere la sua vendetta. Di qui l’intero snodo dell’opera, per cui Abbado pensa, nel concreto, ad una scatola in ferro, all’interno della quale si svolge l’azione. Essa potrebbe far pensare ad una nave a bordo della quale i personaggi sono destinati a far metaforicamente naufragio: Attila viene ammazzato in un agguato dai suoi nemici, straniero e portatore di sani valori in una società di disvalori e corrotta: Ezio, generale romano, dal carattere ambiguo, pronto inizialmente ad allearsi col barbaro, per poi giurare fedeltà alle legioni romane, Odabella è in preda a sensi di colpa e a squilibrio emotivo a causa della morte del padre, mentre Foresto è un giovane innamorato, animato da sentimenti di vendetta verso il re degli unni. Lo spettacolo è salutato da un pubblico entusiasta e si replica fino al 28 aprile.

ATTILA
di Giuseppe Verdi

Dramma lirico in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera,
tratto dalla tragedia “Attila, König der Hunnen” di Zacharias Werner, del 1809

INTERPRETATO DA

Attila Alexander Vinogradov

Ezio Simone Piazzola

Odabella Leah Crocetto

Foresto Fabio Sartori

Uldino Andrea Schifaudo

Leone Dongho Kim

direttore Renato Palumbo
regia Daniele Abbado
scene e disegno luci Gianni Carluccio
costumi Gianni Carluccio e Daniela Cernigliaro
movimenti scenici Simona Bucci
maestro del coro Fabrizio Cassi

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO PETRUZZELLI

Coproduzione | Teatro Comunale di Bologna, Teatro Massimo di Palermo, Teatro La Fenice di Venezia

Foto di Clarissa Lapolla cortesia della Fondazione Teatro Petruzzelli