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Su Idomeneo, re di Creta; dalla genesi agli allestimenti

Idomeneo, re di Creta: dalla commissione alla prima. Solo il pennello di Johann Nepomuk della Croce ha potuto interrompere e riprodurre su tela l’incessante vivere della famiglia Mozart nel 17801: statuari, Wolfgang Amadeus, Maria Anna e Leopold posano attorno a un clavicembalo posizionato in una sala apparentemente spoglia; alle loro spalle risalta il volto incorniciato della madre e moglie Anna Maria Mozart; in secondo piano, appaiono una riproduzione scultorea di Apollo, dio della musica, e un calamaio con una penna d’oca. La fitta corrispondenza tra i membri della famiglia Mozart testimonia come la loro vicinanza sia soltanto frutto dell’estro di della Croce. Anna Maria Mozart scomparve infatti a Parigi nel 1778, Wolfgang giunse invece a Monaco nel 1780 per poter portare a compimento la commissione di una nuova opera da eseguire nella stagione di carnevale del 1781: Idomeneo, re di Creta. La richiesta venne inoltrata lo stesso anno da Joseph Anton von Seeau, sovrintendente ai teatri dell’Elettore di Baviera Karl Theodor von Wittelsbach, e nessuna lettera riferisce della reazione di Wolfgang Amadé alla notizia dell’incarico poiché questi fece ritorno a Salisburgo dopo il viaggio intrapreso per ottenere nuove commissioni a Parigi, Mannheim e Monaco. Oltre all’opportunità di comporre in un contesto differente da quello salisburghese, Idomeneo offrì a Mozart la possibilità di cimentarsi in un genere musicale di cui da tempo aveva parlato al padre: non dimenticate il mio desiderio di scrivere opere. Ho invidia di chiunque ne componga una. Vorrei piangere di frustrazione ogni volta che sento o vedo un’aria. Ma italiana, non tedesca; seria, non buffa2 . All’arrivo nella capitale bavarese avvenuto il 6 novembre 1780, Wolfgang Amadé aveva già composto il primo atto e alcune arie della parte restante dell’opera; incontrò dunque il conte Seeau e svolse un ruolo fondamentale nella comunicazione fra questi e il poeta incaricato della scrittura del libretto Giambattista Varesco, rimasto a Salisburgo per poter svolgere la sua attività di cappellano.

1 JOHANN NEPOMUK DELLA CROCE, Ritratto della famiglia Mozart, olio su tela, Salisburgo, MozartHaus 1780 ca.

2 Tutte le lettere di Mozart. L’epistolario completo della famiglia Mozart. 1755-1791, a cura di Marco Murara, Zecchini, Varese 2011, II, p. 774 (lettera n. 336).

Nelle lettere al padre, Mozart descrive Seeau come una figura modellata dai musicisti di Mannheim,3 trapiantati a Monaco nel 1778 con il direttore Christian Cannabich dopo l’arrivo di Karl Theodor. Ciononostante il sovrintendente costituì un importante punto di riferimento per Wolfgang Amadé: attraverso la mediazione di Seeau sperava infatti di poter ottenere quell’ingaggio che ricercava da tempo.4 Seguì quindi con diligenza le sue indicazioni e, con il supporto del padre Leopold, si premurò di soddisfare tempestivamente la richiesta di tradurre il libretto dell’opera nella città di Salisburgo dacché a Monaco non era possibile effettuarne una di buona qualità. La fonte indicata nel contratto recapitato dall’intendente teatrale a Mozart e Varesco – questi ultimi costituirono un fortunato binomio già nel 1775 con il Re Pastore di Metastasio5 – fu l’Idoménée di André Campra e Antoine Danchet, eseguita per la prima volta nel 1712 al Théâtre du Palais-Royal di Parigi. In questa nuova circostanza Varesco attuò delle scelte più affini al modello metastasiano che alle innovazioni derivate dalla tragédie lyrique francese. L’opera ha per protagonista eponimo Idomeneo re di Creta: colui che, fra gli altri, ha conquistato Troia e ha portato con sé Ilia, figlia del re troiano Priamo. A disinnescare la serie di eventi che costituiscono l’argomento dell’opera è il suo giuramento a Nettuno, compiuto lungo il viaggio di ritorno in patria per poter avere salva la vita durante una tempesta in mare. Promette quindi un sacrificio umano al dio marino: il primo uomo che avrebbe incontrato una volta toccata terra. Il fato maligno vuole che sia Idamante, figlio di Idomeneo, a correre incontro al padre alla notizia del suo arrivo. Le peripezie che seguono ruotano attorno al desiderio di fuggire dal triste destino che sembra essere ormai deciso per lui. A lottare per Idamante sono Ilia – personaggio che evolve da timida e sospettosa prigioniera di guerra ad amante premurosa e risoluta – ed Elettra, figlia del re Agamennone, giunta a Creta da esule.

3 Cfr. Ivi, p. 1054 (lettera n. 420).

4 Cfr. Ivi, p. 1062 (lettera n. 423).

5 Vedi PAOLO FABBRI, Cose grandi, teste piccole. Il ritorno d’Idomeneo in patria e l’incoronazione di Idamante, in programma di sala per Idomeneo, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Venezia stagione 2015-2016, pp. 13-32: 21.

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Anton Raaff

Il nodo si scioglie quando l’Oracolo di Nettuno annuncia la possibilità di salvezza di Idamante: Idomeneo dovrà abdicare e lasciare che sia il figlio a diventare re. Le vicende tramandate dalla mitologia greca e ricostruite abilmente secondo le norme dell’opera seria e della tragédie lyrique richiamano alla memoria il sacrificio di Isacco: parimenti, Dio richiede ad Abramo di sacrificare il figlio come dimostrazione della sua ubbidienza. Soltanto dopo essersi recato sul monte Moriah e aver impugnato un coltello il genitore viene fermato da un angelo. Da questa prospettiva, il finale ideato da Varesco attraverso la tecnica della gradatio assume un significato ancora più profondo. Dell’Idoménée di Danchet il poeta trentino nobilitò anzitutto il profilo, eliminando la tensione erotica di Idomeneo nei confronti di Ilia ed evitando il tragico parricidio finale. Disegnò dunque un sovrano pentito del giuramento fatto a Nettuno, pronto a essere un padre affettuoso per Ilia (giunta a Creta come prigioniera di guerra) e a rinunciare al trono per amore di Idamante. A dar voce a Idomeneo in occasione della prima, tenutasi il 29 gennaio del 1781 al Residenztheater di Monaco, fu il tenore tedesco Anton Raaff, noto interprete dell’epoca. Seppur capace ed entusiasta delle arie a lui destinate, questi presentava le debolezze dell’età – si trattò difatti della sua ultima esibizione pubblica6 – e, secondo le lettere inviate dal giovane Mozart al padre, non fu sufficientemente disinvolto sul palco7 . Il ruolo di Idamante venne invece affidato a Vincenzo dal Prato: castrato dalle dubbie capacità che fu rimpiazzato allo scadere del suo contratto annuale. Nel valutarlo, Mozart si espresse con i seguenti termini: L’altro ieri Dal Prato ha cantato all’accademia ed è stata una vergogna – scommetterei che quest’uomo non riuscirà ad affrontare le prove, né tanto meno l’opera […]8

6 V. WOLFRAM, ENSSLIN, «Raaff, Anton», in MGG Online, edito da Laurenz Lütteken, KasselStoccarda-New York 2016, (ultima visualizzazione in data 21/01/2023).

7 Cfr. Tutte le lettere di Mozart, a cura di Marco Murara, II, p. 1055 (lettera n. 420).

8 Ivi, p. 1070 (lettera n. 426).

Il cast dell’opera giunse a compimento con i soprani Dorothea ed Elisabeth Wendling, cognate già comparse sullo stesso palco nel 1772 in occasione della prima del Temistocle di Johann Christian Bach9 . Secondo lo studioso Emanuele Bonomi10, le tinte attraverso le quali Wolfgang dipinse i caratteri e le passioni di Ilia ed Elettra presentarono sfumature del tutto nuove per i canoni vocali dell’epoca. Per tale ragione, quasi a bilanciare le ardite soluzioni adottate per i ruoli femminili, i tre personaggi maschili seguirono vocalmente le convenzioni dell’opera metastasiana. Degna di menzione fu inoltre la scelta di curare la componente soprannaturale legata alla figura di Nettuno attraverso l’elaborazione di manifestazioni naturali; in unione con Mozart, Varesco rese il dio del mare un’entità capace di suggestionare il pubblico. A catturare l’attenzione dei fruitori dell’epoca fu la verosimiglianza di quanto accadeva sul palco; in proposito, come attesta l’epistolario mozartiano11 , furono fondamentali i contributi dello scenografo Lorenzo Quaglio, del maestro di balletto Claudius Le Grand e del direttore d’orchestra Christian Cannabich. Nessuna recensione riferisce dell’accoglienza di Idomeneo in occasione della prima, pertanto appare significativo lo scarso numero di riprese che seguirono. Una lettera di Mozart al padre attesta del giudizio favorevole – ma altresì sibillino – di Karl Theodor: Ultimamente il principe elettore, alle prove, è rimasto così soddisfatto […] E so, da fonte sicura, che la stessa sera dopo la prova, ha parlato della mia musica a tutti coloro che andavano da lui, con queste espressioni: – sono stato del tutto sorpreso – nessuna musica mi ha mai fatto questo effetto – è una musica magnifica12 . L’opera venne allestita nuovamente nel 1786 al Palais Auersperg di Vienna in una versione rielaborata dallo stesso compositore per degli interpreti amatoriali: in questa occasione Wolfgang traspose la parte di Idamante per tenore; depauperò poi il ruolo di Arbace, accorciando i recitativi ed eliminando le arie13.

9 V. BÄRBEL, PELKER, «Wendling, (Maria) Dorothea», in MGG Online, edito da Laurenz Lütteken, Kassel-Stoccarda-New York 2016, (ultima visualizzazione in data 21/01/2023).

10 V. EMANUELE BONOMI, Idomeneo: libretto e guida all’opera, in programma di sala per Idomeneo, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Venezia stagione 2015-2016, pp. 51-102: 101.

11 Cfr. Tutte le lettere di Mozart, a cura di Marco Murara, II, p. 1058 (lettera n. 422).

12 Ivi, p. 1121 (lettera n. 447).

13 V. EMANUELE BONOMI, Idomeneo: libretto e guida all’opera, p. 53.

La crescente comparsa di Idomeneo nei programmi di sala avvenne solo dopo l’Ottocento e, come testimonia la cronaca di una rappresentazione data nel 1802 a Kassel, non senza diffidenza da parte del pubblico: La mancanza di interesse per il soggetto di quest’opera, che si osserva in generale, è da attribuirsi alle ripetizioni. È davvero noioso veder combattere per tre atti Idomeneo contro Nettuno; e non basta a incatenare l’attenzione dello spettatore l’amore alquanto insipido fra Idamante e Ilia. Di conseguenza è la musica da sola che deve scaldare il cuore coi propri mezzi, e dove trovare il pubblico capace di trovare dentro di sé tanto combustibile da aggiungere al fuoco14?

14 «Zeitung für die elegante Welt», Leipzig, n. 18, 11 febbraio 1802, col. 144 cit. in LEONARDO CAVARI – STEFAN KUNZE, Il teatro di Mozart: Dalla Finta semplice al Flauto magico, Marsilio, Venezia 1990, pp. 133-212: 136.

L’analisi drammaturgico-musicale

Lo scetticismo e il tardivo successo che hanno caratterizzato la storia della ricezione dell’Idomeneo sono in parte da ascrivere alla presenza non più laterale di un’orchestra che esegue una musica non subordinata alla trama dell’opera. L’essenza della questione è concentrata in modo esemplare nel titolo che Stefan Kunze assegna a una sua analisi del 1990: «Idomeneo Re di Creta»: il dramma sorge dallo spirito della musica15. Con poche parole date dall’unione di due titoli – il secondo è ispirato a una pubblicazione del 1872 di Friedrich Nietzsche16 – lo studioso consegna al lettore la chiave di lettura dell’opera mozartiana. A giustificare la rigogliosità musicale dell’Idomeneo – certamente non conforme agli ideali dell’opera seria – sono anzitutto i mezzi di cui Mozart dispose al momento della composizione. Si è già fatto cenno alla presenza dell’orchestra di Mannheim alla corte di Monaco: in tale occasione Wolfgang Amadé sfruttò le possibilità timbriche offertegli dalla celebre compagine orchestrale diretta da Christian Cannabich. Ma a richiedere l’elaborazione di trame sonore più complesse fu anche l’argomento dell’opera, troppo povero di colpi di scena e di peripezie per soddisfare appieno il pubblico dell’epoca.

15 Ivi, p. 133.

16 FRIEDRICH NIETZSCHE, La nascita della tragedia, Feltrinelli, Milano 2015.

Furono infatti ripetuti gli interventi di Mozart per ridurre al minimo il rischio di staticità all’interno del dramma: […] vedete bene, se leggete la scena, che essa diventa fiacca e fredda introducendo un’aria o un duetto – e ciò è assai spiacevole per gli altri attori, che devono stare lì fermi. – Per di più la grande lotta fra Ilia e Idamante diventerebbe troppo lunga e perciò perderebbe tutto il suo valore17. La prima idea tematica dell’ouverture18 è pronunciata all’unisono dall’intera orchestra che, battuta dopo battuta, temporeggia in modo solenne sui gradi della triade di re maggiore, tonalità d’impianto dell’opera. Sono gli archi a guastare la stabilità garantita pochi attimi prima: come dei flutti, essi avanzano cupamente, introducendo spunti tematici di carattere drammatico. Si palesano così i due poli su cui sono incentrate le vicende musicali dell’Idomeneo: uno è dato dall’equilibrio – garantito e personificato all’interno della trama dalla figura del Re – l’altro dalla possibilità che un evento esterno possa turbarlo. Supplicanti ribattuti ai violini primi seguiti da rapide scale di semicrome conducono alla tonalità di dominante; soltanto dopo una graduale arresa di fiati e archi in crome fa ritorno il tema principale (novantatreesima battuta). L’ouverture si chiude con una citazione dell’Iphigénie en Aulide di Gluck19 , omaggio di Mozart al riformatore dell’opera seria italiana, e tre reticenti minime di re, preparatorie all’interrogativo che Ilia formulerà nel primo atto.

Ouverture di Idomeneo, bb.1-10.
Ouverture di Idomeneo, bb.1-10.
Ouverture di Idomeneo, bb. 157-163.
Ouverture di Idomeneo, bb. 157-163.
Ouverture dell’Iphigénie en Aulide, bb. 5-9.
Ouverture dell’Iphigénie en Aulide, bb. 5-9.

17 Tutte le lettere di Mozart, a cura di Marco Murara, II, p. 1059 (lettera n. 422).

18 Wolfgang Amadeus Mozart’s Werke. Kritisch durchgesehene Gesammtausgabe, Serie 5. Opern. Partitur. Nr. 13, Verlag von Breitkopf & Härtel, Leipzig 1881.

19 Iphigenie en Aulide. Tragédie. Opera en trois actes. Mis en Musique par Gluck., Chez Boieldieu Jeune, Parigi 1811 ca.

Appare evidente che gli elementi di novità all’interno dell’Idomeneo sono molteplici e non isolati, ma non è la loro sola presenza a porre l’opera su un piano differente rispetto alla precedente produzione di Mozart: inusuale è pure il metodo con cui egli sceglie di inserirli. Singolare è infatti l’idea di concepire i pezzi d’insieme (nn. 16, 20 e 21) – già di numero superiore rispetto ai canoni dell’opera italiana – come parti di tableau differenti che mantengono una continuità drammatica20 . Ne è un primo ed esemplare caso il terzetto (n.16) di Idomeneo, Idamante ed Elettra nella settima scena del secondo atto. L’organizzazione del pezzo qui avviene secondo la medesima logica italiana, in uso nel Settecento, di strutturare per agogica i brani costituiti da più sezioni. Similmente al duetto (n. 24) «Tu mi lasci? (oh fiero istante!)» tra Sandrina e Contino nella Finta giardiniera, l’Andante di «Pria di partire, oh Dio!» è introdotto dalla cadenza del precedente recitativo, a cui fa seguito l’Allegro con brio; quando tutto sembra esaurirsi tuona d’improvviso l’orchestra, che apre il cielo con un Più allegro. A segnare l’apice di questo climax emotivo è l’urlo di terrore emesso dal coro, che conclude tragicamente il secondo atto. Pure il duetto di Ilia e Idamante (III.2) in La maggiore «S’io non moro a questi accenti» presenta una corrispondenza tra l’evoluzione sentimentale dei due amanti e la materia musicale, caratterizzata da Un poco più Andante e dall’Allegretto. La scena successiva ospita l’ultimo pezzo d’insieme dell’opera: il quartetto in Mi bemolle maggiore di Ilia, Idamante, Idomeneo ed Elettra. È l’orchestra a suggerire musicalmente il verso al principe cretese:

Quartetto n.21, bb. 8-13.
Quartetto n.21, bb. 8-13.

20 V. EMANUELE BONOMI, Idomeneo: libretto e guida all’opera, p. 37.

Idamante affronta con slancio un destino ineluttabile – l’iniziale intervallo di quarta e la lenta discesa sui gradi dell’accordo di tonica assecondano lo stato d’animo del personaggio – e al contempo conserva, in cuor suo, una speranza di salvezza, espressa con una debole ascesa alla sopratonica. Profondamente colpita dal gesto dell’amato, Ilia replica in Si bemolle maggiore lo stesso salto di quarta, promettendo di essergli compagna anche nella sorte nefasta. I dolori dei quattro personaggi s’intrecciano in un susseguirsi di preghiere, promesse e ingiurie a Nettuno, fonte comune di un male che ribatte piano in piedi perlopiù giambici:

Quartetto n.21, bb. 40-48.
Quartetto n.21, bb. 40-48.

Si sostengono poi in un forte e collettivo unisono che si sgretola al pensiero che nessuno ha mai sofferto la loro stessa pena. Idamante ribadisce la decisione presa, ma senza l’esitazione poc’anzi mostrata: il verso rimane stabile sulla tonica.

Quartetto n.21, bb. 70-73.
Quartetto n.21, bb. 70-73.

La sicurezza è soltanto un bagliore: all’ultimo e definitivo ritorno del verso, il principe cretese è di nuovo in cerca di un’alternativa che possa garantirgli la vita. Neppure il violoncello e il basso possono più sostenerlo e, dopo averlo accompagnato con una scala cromatica discendente, lo abbandonano con una debole cadenza perfetta. Durante la composizione del quartetto, Wolfgang Amadé dovette imporre la sua concezione del brano ad Anton Raaff: «[…] riguardo al terzetto e al quartetto bisogna lasciare libera la volontà del compositore!21». Ciò che lamentava l’anziano tenore era l’assenza di momenti in cui poter fare sfoggio del suo canto fiorito. Difatti, il pezzo d’insieme non assolve a una funzione virtuosistica all’interno dell’opera e apparentemente non apporta alcuna novità all’interno della trama. Ma quanto accade non è visibile agli occhi: in pochi minuti densi di pathos, Mozart trasforma i dolori di Idamante, Idomeneo, Elettra e Ilia da latenti a manifesti, e la potenza di questo cambiamento è espressa in uno scambio serrato di natura dialogica e soltanto in minima parte lirica. A livello formale si tratta di un’aria con ripresa e si differenzia dall’opera seria per l’oggetto, di carattere tragico appunto, e dall’opera buffa per il tono solenne che perdura fino alla fine. Diverso dal dramma per musica italiano è anche il maggior numero di interventi del coro e del corpo di ballo, strategicamente posti nei nodi cruciali della trama, quasi a segnalarli. Sin dal primo atto infatti il coro è giudice dell’affetto vincente: contrastanti sono i sentimenti che affliggono Ilia nell’aria in Sol minore «Padre germani addio» (n. 1); nella tonalità della relativa maggiore, Idamante prova a convincerla del suo amore liberando i prigionieri troiani («Non ho colpa, e mi condanni?», n.2). È a conclusione e a coronazione delle prime tre scene che giunge il coro di giubilo «Godiam la pace» (n.3). In un Allegro con brio i due popoli celebrano la fine dei loro contrasti, invitando alla cordialità e ringraziando il loro benefattore per mezzo di couplets strofici intonati da coppie rappresentanti le due diverse etnie. Come un fiume in piena, l’aria in Re minore «Tutte nel cor vi sento» (n. 4, Allegro assai) s’infrange sul coro che intona «Pietà! Numi, pietà!» (n. 5) allo scatenarsi di una tempesta; la comune agitazione dei personaggi fa da sfondo alla pantomimica comparsa del dio del mare. La notizia dell’approdo di Idomeneo dapprima caratterizzata da elementi in minore – il Re pensa sovente al sacrificio che deve a Nettuno – conduce gradualmente alla tonalità d’impianto dell’opera, confermata alla decima scena dopo l’agnizione.

21 Tutte le lettere di Mozart, a cura di Marco Murara, II, p. 1117 (lettera n. 445).

L’intermezzo segna l’inizio del primo epilogo in stile francese, in cui si susseguono la marcia bipartita delle truppe cretesi (n. 8), il ballo delle donne che celebrano l’arrivo dei superstiti, e il canto del coro sulle note di una ciaccona in forma di roundeau; similmente a «Godiam la pace» (n.3), anche in quest’ultimo intervento un quartetto di voci miste e un duetto di voci femminili intonano dei couplets. Della medesima forza espressiva, potenziata dalla grandiosità di un definitivo finale, sono il coro n. 31 – degna di menzione è la corrispondenza tra il verso «Scenda Amor» e l’effettiva discesa dell’orchestra sui gradi della tonica – e il balletto (n. 32) KV 367. Di ampie proporzioni, il postludio comprende una ciaccona in Re minore, un pas seul del coreografo e primo ballerino Le Grand, un passepied in 3/8, una gavotte (2/2, in Sol) e una passacaille (3/4, Mi bemolle); catalogato con un numero diverso da quello dell’opera (KV 366), fu rielaborato ed eseguito da Čajkovskij a Mosca nel 1889.

Gli allestimenti

L’affermazione dell’Idomeneo nel tempo è stata lenta e graduale: dopo il 1786 – anno in cui Mozart poté assistere all’esecuzione del dramma per la seconda e ultima volta – venne riproposto prevalentemente su suolo tedesco. Successivamente cominciarono a circolare delle versioni spurie; fra queste si ricordano l’orchestrazione di Richard Strauss in occasione del centocinquantesimo anniversario dalla prima (1931) e quella di Ermanno Wolf-Ferrari a Monaco22 . Oggi è un dramma allestito regolarmente nei teatri di tutto il mondo e ha pure inaugurato numerose stagioni teatrali, tra cui quella della Scala di Milano nel 2005/2006 (in tale circostanza diretto da Daniel Harding con la regia di Luc Bondy) e quella del teatro La Fenice di Venezia nel 2015/2016. Proprio alla “Serenissima” Idomeneo fece il suo debutto italiano nel 1947, sotto la direzione di Vittorio Gui e con la regia di Aurel M. Milloss23; i rispettivi ruoli sono stati recentemente ricoperti da Jeffrey Tate e Alessandro Talevi, in un allestimento che ha avuto per protagonisti, nelle vesti dei due popoli rivali, i rifugiati di guerra, i richiedenti asilo e i profughi ospiti dei centri di accoglienza della città24.

22 V. EMANUELE BONOMI, Idomeneo: libretto e guida all’opera, p. 53.

23 V. FRANCO ROSSI, Dall’archivio storico del Teatro La Fenice. Peter Maag rinnova i fasti di Idomeneo, in programma di sala per Idomeneo, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Venezia stagione 2015-2016, pp. 131-139: 139.

24 Alessandro Talevi: Mozart per i rifugiati, , (ultima visualizzazione in data 22/01/2023).

I temi messi in luce da Talevi nella rilettura dell’opera – l’accoglienza dello straniero, il rapporto parentale, il percorso esistenziale25 – emergono limpidi sulla scena, ed è in questa chiarezza d’intento che risiede l’efficacia del suo operato. Vincente è pure la regia dell’Idomeneo di Karl-Ernst e Ursel Herrmann, rappresentato al Festival di Salisburgo nel 2006 sotto la direzione di Roger Norrington26 . Funzionale al tratto distintivo di questo dramma, ossia all’eguale importanza che musica e testo poetico posseggono, è il palcoscenico montato attorno al golfo mistico, ove si sono esibiti il tenore Ramón Vargas (Idomeneo), il mezzosoprano Magdalena Kožená (Idamante) e i soprani Ekaterina Siurina (Ilia) e Anja Harteros (Elettra). Nel medesimo contesto, anche Nettuno è stato personificato e interpretato da un attore che muto, aggirandosi sulla scena, ha costantemente ricordato ai protagonisti e al pubblico la possibilità dello sgretolamento di quel precario equilibrio che caratterizza la trama dell’opera.

25 V. ALESSANDRO TALEVI, Cambiare è possibile: basta volerlo. Note di regia, in programma di sala per Idomeneo, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Venezia stagione 2015-2016, pp. 47-50: 47.

26 Mozart. Idomeneo. Salzburg – 2006, , (ultima visualizzazione in data 22/01/2023).

Il 2019 è stato pure un anno fortunato per Idomeneo: a distanza di pochi mesi è infatti avvenuta l’esecuzione al Teatro alla Scala di Milano con la regia di Matthias Hartmann e la direzione di Diego Fasolis, e al Teatro dell’Opera di Roma sotto la magistrale conduzione di Michele Mariotti e la direzione di Robert Carsen.

In un secolo in cui il fruitore necessita di forme d’arte che attirino l’attenzione con effetti stupefacenti, l’allestimento di un’opera ormai plurisecolare può essere motivato soltanto se il suo contenuto è compatibile con l’epoca attuale e necessita di essere ancora trattato. La riuscita degli allestimenti dei tre registi sopramenzionati consiste nella loro capacità di restituire questo senso di urgenza della realtà, sfuggendo da ogni ideale di sterile bellezza.

Bibliografia

BONOMI E., FABBRI P.,ROSSI F.,TALEVI A.,Idomeneo: libretto e guida all’opera, Cose grandi, teste piccole. Il ritorno d’Idomeneo in patria e l’incoronazione di Idamante, Dall’archivio storico del Teatro La Fenice. Peter Maag rinnova i fasti di Idomeneo, Cambiare è possibile: basta volerlo. Note di regia, in programma di sala per Idomeneo, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Venezia stagione 2015-2016.

DELLA CROCE J. N., Ritratto della famiglia Mozart, olio su tela, Salisburgo, MozartHaus 1780 ca.

CAVARI L. – KUNZE S., Il teatro di Mozart: Dalla Finta semplice al Flauto magico, Marsilio, Venezia 1990.

GLUCK C. W., Iphigénie en Aulide, Chez Boieldieu Jeune, Parigi 1811 ca.

MOZART W. A., Idomeneo, Koch.-Verz. Nr. 366, Verlag von Breitkopf & Hartel, Leipzig 1881.

NIETZSCHE F., La nascita della tragedia, Feltrinelli editore, Milano 2015.

Tutte le lettere di Mozart. L’epistolario completo della famiglia Mozart. 1755-1791, a cura di Marco Murara, Zecchini, Varese 2011.

Sitografia

ENSSLIN W., «Raff, Anton», in MGG Online, edito da Laurenz Lütteken, KasselStoccarda-New York 2016.

PELKER B., «Wendling, (Maria) Dorothea», in MGG Online, edito da Laurenz Lütteken, Kassel-Stoccarda-New York 2016.

Alessandro Talevi: Mozart per i rifugiati.

Mozart. Idomeneo. Salzburg – 2006.