Pubblicazioni 2022

Ariettes à l’ancienne (cd Klarthe Records)

Si intitola Ariettes à l’ancienne il nuovo disco edito dalla casa discografica Klarthe Records e dedicato alle arie da camera di Gioachino Rossini.

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Negli ultimi anni della sua vita, dopo il successo di Guillaume Tell, Gioachino Rossini fu particolarmente prolifico nella produzione di musica da camera, una raccolta quantomai variegata attraverso la quale l’autore racconta se stesso e i propri sentimenti. La casa discografica Klarthe Records consegna così al mercato “Ariettes à l’ancienne”, una raccolta di ariette in lingua francese (del resto Parigi fa da sfondo all’ultima fase artistica del Cigno di Pesaro) tratte proprio da questo vasto catalogo compositivo. Protagonista indiscussa dell’esecuzione la voce femminile, qui la bravissima Melody Louledjian, che ci ricorda il legame imprescindibile dell’autore con le numerose donne della sua vita, la madre, le mogli, le sue primedonne. I primi due brani della raccolta sono valorizzati dai versi del filosofo, scrittore e musicista Jean-Jacques Rousseau: in” Ariette à l’ancienne” il canto musicalissimo del soprano Melody Louledjian esalta la raffinatezza della scrittura musicale, mentre nel brano successivo, “Ariette villageoise” la sua voce, dal bel colore chiaro ed ambrato, si veste di tinte malinconiche e nostalgiche che si stagliano su di una dolcissima melodia di stampo popolare. Nella musica da camera non era poi così infrequente trovare dei rimandi ai grandi temi utilizzati dall’autore nei suoi melodrammi. È il caso di “L’Orpheline du Tyrol”, che occhieggia alla grande scena di Ermione, la cui scrittura viene valorizzata dall’emissione sicura e ben tornita della Louledjian, in grado di dominare con grande semplicità anche il canto fiorito che richiama il tipico yodel. Un altro tema particolarmente ricorrente nella musica cameristica era il fascino per la culture del mondo latino e orientale.
Ecco allora come in “Chanson de Zora” ritroviamo la brillantezza e il virtuosismo dell’esotismo spagnolo che qui viene amplificato dalla luminosità vocale dell’esecutrice e dalla divertita, quanto composta, ironia infusa nel fraseggio. Stesso stile che ritroviamo anche in “A Grenade”, dove, ancora una volta, la vocalità spigliata e sempre ben appoggiata del soprano ci proietta nel folklore delle assolate terre iberiche.
Anche in “Amour sans espoir” rifulge il ritmo latino nella sua perfetta fusione con lo stile romantico rossiniano, una melodia accarezzata dalla Louledjian con il suo timbro pastoso e ricco di armonici. Spicca, tra i vari brani, il malinconico abbandono di “L’âme delaisée”, grazie alla bravura della nostra protagonista di creare, con armonioso candore, un’impressione di velata tristezza.
“L’amour a Pékin”, con la sua forza espressiva, ci trasporta invece nel mondo orientale, attraverso frasi proiettate in acuto che la protagonista di questo recital espugna con inviadibile sicurezza.
Nel programma troviamo anche una sezione dedicata ai brani di gusto tipicamente francese, ispirata alle atmosfere della corte di Luigi XV. È il caso di “La Grande Coquette” dove il canto della Louledjian fa risaltare sonorità da Ancien Régime che si compensano con il brio delle musiche delle avanguardie di fine ottocento. Nel successivo “Nizza”, la voce ben timbrata del soprano consente ci fa rivivere, con tempi ben ritmati e cadenzati, la fascinazione di un amore venato di gelosia.
Un tema ricorrente nelle composizioni da camera, e non solo, è sicuramente il rapporto dell’autore con la morte. Nei brani “Au chevet d’un mourant” e “Adieux à la vie” si coglie una scrittura patetica e dolorosa che si estrinseca attraverso una linea melodica semplice, ma densa di emozione. Bravissima dunque la nostra esecutrice che riesce, in questa occasione, a far vibrare le corde dell’anima con un canto sul fiato morbidissimo e una nuance di tinte pastello di grande efficacia espressiva.
Particolarmente toccante l’esecuzione, per morbidezza della linea vocale e patetismo nell’accento, de “La légende de Marguerite”, che di fatto ripropone la canzone “Una volta c’era un re” dalla rossiniana Cenerentola.
La sezione conclusiva dell’album è incentrata sul rapporto tra Rossini e l’infanzia. In “Le dodo des enfants”, il canto della Louledjian si vela di tragica fatalità, vestendo i panni di una madre disperata per la sorte del proprio bambino malato. Con “La chanson du bébé”, infine, la sua voce sa assumere inflessioni divertite e divertenti con un abile uso dei colori delle singole frasi.

L’esecuzione dell’intero programma si avvale dello straordinario accompagnamento al pianoforte del Maestro Giulio Zappa, che con il repertorio del belcanto, e in particolare quello rossiniano, ha sempre mostrato una certa familiarità. Perfetta l’aderenza stilistica al dettato dell’autore, così come l’eclettismo dell’esecutore che passa con disinvoltura da pagine più malinconiche e patetiche ad altre più brillanti. Fantasioso l’interprete, che sa sempre ricercare ed infondere in ogni pagina, la giusta chiave di lettura. Eccellente, inoltre, la percepibile simbiosi con la voce di Melody Louledjian, in un incontro ideale tra vocalità e dinamiche sonore. Da segnalare, infine, anche la cura analitica nella costruzione del programma dell’album, non una raccolta di arie apparentemente slegati tra loro, ma parti imprescindibili e complementari di un ritratto, quello del compositore appunto, nelle sue diverse sfaccettature e contraddizioni.
Ottima la qualità sonora della registrazione (a cura di Christophe Dal Sasso), così come di ottima fattura è il libretto di accompagnamento con note in lingua francese, inglese e italiano.

Un prodotto imperdibile non solo per gli amanti del genio rossiniano, ma per tutti coloro che vogliono compiere un’interessante viaggio nel mondo della musica da camera.