Spettacoli

Lucrezia Borgia

Debutta sul palcoscenico del Teatro Comunale di Bologna un nuovo allestimento della Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti, una coproduzione internazionale con Auditorio de Tenerife, Ópera de Oviedo e Teatro de la Maestranza di Siviglia.

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Stefan Pop e Olga Peretyatko

“Lucrezia Borgia è la figura più sciagurata fra le donne nella storia moderna. È forse tale perché fu la più colpevole? Ovvero le tocca soltanto portare il peso di un’esecrazione che il mondo per errore le ha inflitto?” Così scriveva Ferdinand Gregorovius, fra i primi a cercare di rileggere, e salvare in parte, una figura storica di difficile comprensione. Allo stesso modo, la Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti, su libretto di Felice Romani, viene allestita al Teatro Comunale di Bologna con una lettura che mette in luce una Duchessa vista come “il risultato della violenza, è una pedina nei giochi di potere, è carne da macello (…) (dalle note di regia di Silvia Paoli)”. Il luogo scelto per ambientare la vicenda è appunto un macello, luogo più mentale che non fisico e la vicenda è trasposta nel ventennio fascista. Una scelta estrema, solo parzialmente riuscita. L’omaggio che si legge sullo sfondo è quello al difficile e controverso film di Pier Paolo Pasolini “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, a cui l’idea registica pare, almeno in parte, ispirata. Le scene di Andrea Belli nel complesso catturano l’attenzione, nell’ onnipresente macello si aprono squarci che rimandano ora ad ambienti domestici ora a palazzi nobiliari, un gioco di scatole cinesi dove realtà e ricordo si fondono costantemente. Uno spettacolo che trova i propri limiti in una ambientazione novecentesca già troppo vista e sfruttata e in scene spesso esageratamente sovraccariche ed enfatiche che inevitabilmente portano ad una perdita di pathos. Una sensazione perenne di déjà-vu in uno spettacolo nel complesso non troppo a fuoco. Il pubblico del Comunale, solitamente sempre molto accondiscendente con le scelte della regia, ha dimostrato alla prima un ampio dissenso, fischiando a scena aperta le scelte della regista. Belle le luci di Alessandro Carletti che sottolineano sempre in modo corretto le emozioni dei protagonisti, curati e ben rifiniti i costumi novecenteschi di Valeria Donata Betella. Volutamente spiazzanti ed ironiche le coreografie di Sandhya Nagaraja che si ispirano prevalentemente agli esercizi ginnici di massa del ventennio. 

Note positive invece per il versante musicale dello spettacolo.

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Lucrezia Borgia, Teatro Comunale di Bologna, 2022.

Olga Peretyatko affronta l’impegnativo ruolo di Lucrezia Borgia. Al suo ingresso in scena, durante il prologo, questa Lucrezia colpisce il pubblico con il suo incedere elegante e raffinato; il recitativo “Tranquillo ei posa” viene affrontato con grande musicalità e prepara alla successiva “Com’è bello” nella quale il soprano brilla per morbidezza e controllo nell’emissione. In questa versione viene scelto di eseguire la cabaletta “si voli il primo a cogliere” (inserita da Donizetti nella versione parigina del 1840 per Giulia Grisi): la Peretyatko si mostra così a proprio agio nell’affrontare colorature, trilli e volatine. Nella prosecuzione dell’opera il soprano testimonia un egregio dominio della tecnica che, congiuntamente ad una sempre infallibile intonazione, centri sempre appoggiati e acuti ben timbrati, le consente di superare con buoni risultati l’impervia scrittura del personaggio. Sotto il profilo interpretativo la sua Borgia è una femme fatale che sa usare la propria seduzione per convincere il marito prima ad ottenere vendetta e quindi la clemenza verso Gennaro. Nel finale, tuttavia, questa donna vive la propria catarsi nel ritrovamento di quel figlio che la abbandonerà poco dopo e, pertanto, l’unica via possibile sarà darsi la morte con l’unica arma a lei nota: il veleno.

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Olga Peretyatko e Mirco Palazzi

Stefan Pop, pur annunciato indisposto prima dell’inizio dello spettacolo, offre una prova maiuscola. La voce, dal caratteristico colore solare, è ricca di armonici e si espande potente e naturale in sala. Dopo qualche incertezza iniziale (dovuta alla sua indisposizione), il tenore recupera velocemente terreno già a partire dal duetto con Lucrezia nel prologo e, acquisita la giusta sicurezza, affronta i due atti successivi con disinvoltura e consapevolezza. Il Gennaro di Pop è passionale, inquieto, scenicamente immedesimato. Il duetto finale con la protagonista, affrontato con slancio, e l’aria “madre se ognor lontano” cesellata con suggestive mezzevoci, rappresentano il vertice indiscusso della sua ottima prova.

Nel ruolo di Don Alfonso d’Este, Mirco Palazzi fa mostra di un mezzo dal colore notturno ed avvolgente. La linea vocale appare ben tornita così come il fraseggio, sapientemente sfumato. Durante la prima scena di primo atto viene richiesto all’interprete una tale quantità di movimenti in scena (tra cui arrampicarsi sulla sommità di una gabbia o rincorrere una povera malcapitata) a scapito, inevitabilmente, della concentrazione necessaria per l’esecuzione dell’aria “Vieni la mia vendetta” e cabaletta nelle quali, ad ogni buon conto, il basso romagnolo si disimpegna con onore. Il confronto con Lucrezia e il successivo terzetto con Gennaro, grazie ad un’ottima padronanza del fraseggio, risultano coinvolgenti ed efficaci.

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Pietro Picone

Lamia Beuque, nei panni en travesti di Maffio Orsini, è una piacevole scoperta. Il mezzo soprano francese sfoggia un mezzo dal colore chiaro, un timbro limpido e suadente. Pur non possedendo un gran volume, la voce si espande con facilità in acuto dove mostra il giusto squillo. Scenicamente credibile, il suo Orsini rende alla perfezione il rapporto con il personaggio di Gennaro, senza scadere in facili ambiguità cui abbiamo talvolta assistito in altre produzioni.

Luci, ed alcune ombre, per il gruppo degli amici di Gennaro. Cristiano Olivieri è un solido Liverotto, corretto il Vitellozzo di Stefano Consolini. Si distingue per musicalità Tong Liu (Scuola dell’Opera del TCBO) nel ruolo di Ascanio Petrucci, mentre sfuocato appare Tommaso Caramia come Gazzella.

Il Gubetta di Nicolò Donini è scenicamente elegante e vocalmente puntuale. Vocalmente efficace il Rustighello di Pietro Picone che, in accordo con questa particolare regia, riesce ad essere sulla scena più sadico e diabolico del consueto. Ordinario l’Astolfo di Luca Gallo.

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Lucrezia Borgia, Teatro Comunale di Bologna, 2022.

Il Maestro Yves Abel offre una lettura alterna del capolavoro donizettiano. Nel suo gesto si coglie senza dubbio la capacità di raccontare il dramma con lucidità e mantenendo sempre costante la tensione narrativa. Lascia tuttavia perplessi la scelta dei tempi che evidenziano, in molteplici occasioni, accelerazioni che spesso rischiano di creare scollamenti con il palcoscenico (si pensi ai tempi staccati per le strette dei duetti tra Lucrezia e Gennaro o tra Lucrezia e Don Alfonso e, ancora, il terzetto “Guai se ti sfugge un moto”). Più riuscita la seconda parte dello spettacolo, dove questa eterogeneità nello stacco dei tempi appare meno evidente. Si segnala, da ultimo, la scelta, poco felice, di praticare alcuni tagli di battute in corrispondenza delle strette finali e, soprattutto, l’attacco del rondò conclusivo della protagonista rispetto al commiato alla madre di Gennaro. Con questo taglio viene meno il passaggio, drammaticamente fondamentale, nel quale Lucrezia confessa al marito la vera natura del suo rapporto con Gennaro.

L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna appare compatta e si disimpegna con onore pur lasciando intravedere, talvolta, una non perfetta simbiosi con quanto accade in palcoscenico. 

Ottima la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna, guidato con sicurezza da Gea Garatti Ansini, la cui esibizione è tuttavia inficiata talvolta dall’infelice collocazione nei palchi di proscenio, talaltra dall’impegno richiesto nell’esecuzione delle buffe coreografie.

Pieno e convinto successo al termine per direttore e compagnia di canto con punte di particolare entusiasmo per Peretyatko, Pop e Beuque. Dopo le rumorose contestazioni a scena aperta durante il primo atto, il pubblico ha atteso invano i responsabili della parte registica che non si sono presentati nella passerella finale degli applausi.

Lo spettacolo è in replica sino al 13 maggio.

Lucrezia Borgia
Opera in un prologo e due atti di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti


Lucrezia Borgia Olga Peretyatko
Alfonso I d’Este Mirco Palazzi
Gennaro Stefan Pop
Maffio Osini Lamia Beuque
Jeppo Liverotto Cristiano Olivieri
Don Apostolo Gazzella Tommaso Caramia
Ascanio Petrucci Tong Liu (Scuola dell’Opera del TCBO)
Oloferno Vitellozzo Stefano Consolini
Gubetta Nicolò Donini
Rustighello Pietro Picone
Astolfo Luca Gallo

Coro e Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Yves Abel
Maestro del coro Gea Garatti Ansini

Regia Silvia Paoli
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Betella
Luci Alessandro Carletti
Coreografia Sandhya Nagaraja

FOTO Andrea Ranzi