Gala verdiano (Festival Verdi 2021)
Il Teatro Regio di Parma festeggia il compleanno del Maestro Giuseppe Verdi con un concerto-evento: protagonista d’eccezione il soprano Maria Agresta.
“Mai non rise un più bel dì” così canta il coro nella prima scena di “Un giorno di regno” di Giuseppe Verdi, e il 10 ottobre è proprio un giorno di festa, nel 1813 alle Roncole nasce Giuseppe Fortunino Francesco Verdi. Come ogni anno la città di Parma organizza numerose cerimonie, le più attese sono sicuramente il “va pensiero” cantato a mezzogiorno presso il monumento commemorativo della Pilotta, ed il grande concerto la sera al Teatro Regio. Un sincero augurio corale al maestro nel giorno della sua nascita arricchito quest’anno da un evento nell’evento: la presentazione del nuovo sipario del teatro. Il progetto, previsto per Parma capitale della cultura e rimandato fino ad oggi, ha coinvolto Mimmo Paladino, maestro di quella transavanguardia teorizzata nel 1980 dal critico Achille Bonito Oliva. Un grande sipario dai colori accesi e mediterranei, che racconta scene di vita teatrale, che non sostituisce ma affianca quello di Giovan Battista Borghesi del 1829. L’effetto complessivo è quello di un esplosivo e gradevole contrasto con le linee neoclassiche della sala, un connubio fra antico e moderno forse azzardato ma vincente. Bella la scelta di presentare l’opera con una video proiezione, a cura di C999, che esaltava i simbolismi proposti dal Maestro Paladino, che, sulla scena ha firmato la sua opera, regalando un momento di grande emozione al pubblico presente.
Il programma del concerto, tutto verdiano, si apre con l’esecuzione della grande scena di quarto atto di Desdemona da Otello. La Agresta rifulge da subito per la morbidezza della linea vocale e la dolcezza dei filati e dei pianissimi. L’esecuzione de la “Canzone del salice” risulta intrisa di mestizia e di inquietudine; la successiva “Ave Maria”, cantata a fior di labbro con ottimo controllo del fiato, colpisce per il toccante raccoglimento. Il brano successivo è il duetto “Favella il Doge ad Amelia Grimaldi? … Dinne, perché in quest’eremo” tratto da “Simon Boccanegra” e vede, a fianco, del soprano, il baritono Gabriele Viviani. I due artisti accennano alcuni movimenti scenici che, oltre ad evidenziare un grande affiatamento reciproco, contribuiscono a sottolineare la forza espressiva dei singoli brani. L’Amelia di Maria Agresta è pura e gentile, una ragazza innamorata e una figlia devota, caratteristiche che ben si ravvisano nel fraseggio sfumato e nella vocalità luminosa e delicata del soprano. Gabriele Viviani, con la sua voce robusta e dal bel colore ambrato, disegna un Doge nobile ma contraddistinto, allo stesso tempo, da grande umanità e affetto paterno.
I due artisti tornano quindi sulla scena con un altro duetto “Madamigella Valery? … Pura siccome un angelo” da La Traviata, opera iconica nella produzione verdiana. La Agresta, in questa pagina, emoziona per la vibrante intensità del fraseggio, nel quale convivono fierezza ed orgoglio, forza d’animo e passione amorosa; la linea vocale, poi, si espande in numerose inflessioni liriche dando vita a suggestivi effetti chiaroscurali. Di particolare rilievo l’esecuzione del passaggio “Dite alla giovine”, i cui attacchi in pianissimo risultano carichi di straziante struggimento. Di contro il Giorgio Germont di Gabriele Viviani appare granitico ed inflessibile mentre assiste impassibile al sacrifico d’amore della protagonista; il fraseggio è scolpito e pertinente alle intenzioni dell’autore.
La seconda parte del concerto si apre con l’aria “Qui! Qui! Dove più s’apre… O fatidica foresta” da Giovanna d’Arco che la Agresta, elegantissima in un bel abito di velluto verde, esegue sfoggiando doti da ottima belcantista che le consentono di creare delicati arabeschi sonori.
Si prosegue con il giovane Verdi ed è la volta de I due Foscari. Gabriele Viviani intona la romanza “Eccomi solo alfine… O vecchio cor che batti” con trasporto ed intensità. Successivamente entra in scena la Agresta e viene eseguito il duetto “Figlia t’avanza … Tu pur lo sai, che giudice”; la sua Lucrezia Contarini è una donna risoluta e pugnace, disposta a tutto pur di difendere l’onore del marito. Si apprezza anche in questa occasione l’intensità del fraseggio e la morbidezza della voce che consente di mutare rapidamente gli accenti più supplichevoli in rabbia e disperazione.
Il programma del concerto si conclude con l’aria “Tutto ho perduto … Sciagurata, a questo lido” da Oberto, conte di San Bonifacio, la prima opera di Verdi. Il soprano domina con naturalezza la scrittura, irta di difficoltà, mostra buona familiarità con il canto di agilità ed affronta gli affondi nel registro grave con naturalezza. Degna di nota è l’esecuzione della cabaletta finale, espugnata con grande facilità e trasporto emotivo.
Il concerto, pur essendosi avviato alla conclusione riserva ancora una sorpresa: l’esecuzione del duetto da Il trovatore: “Udiste… Mira d’acerbe lagrime” dove si apprezza nuovamente l’intesa espressiva tra gli artisti che risultano particolarmente ispirati e vocalmente a proprio agio nelle rispettive scritture.
Alla buona riuscita della serata contribuisce la bravura del Maestro Michele d’Elia che accompagna al pianoforte gli artisti con estro e la giusta varietà d’accenti. Particolarmente di rilievo è l’esecuzione del preludio da I Masnadieri, dove il Maestro offre una prova accorata che ben rende l’atmosfera fosca e disperata del dramma che seguirà poi successivamente.
Il pubblico accoglie gli interpreti con numerose acclamazioni, particolarmente intense per la Agresta, coronando così questo giorno di festa nel migliore dei modi possibili.
GALA VERDIANO
208° compleanno di Giuseppe Verdi
Soprano MARIA AGRESTA
Baritono GABRIELE VIVIANI
Pianoforte MICHELE D’ELIA
Programma
Giuseppe Verdi (1813-1901)
Da Otello (1887):
“Canzone del Salice”
“Ave Maria, piena di grazia”
Da Simon Boccanegra (1881):
scena e duetto “Favella il Doge ad Amelia Grimaldi? … Dinne, perché in quest’eremo”
Da I masnadieri (1847):
Preludio atto I (pianoforte solo)
Da La traviata (1853):
scena e duetto “Madamigella Valery? … Pura siccome un angelo”
Da Giovanna d’Arco (1845):
scena e romanza “Qui! qui! Dove più s’apre … O fatidica foresta”
Da I due Foscari (1844):
scena e romanza “Eccomi solo alfine … O vecchio cor che batti”
scena e duetto “Figlia, t’avanza … Tu pur lo sai, che giudice”
Da Oberto, conte di San Bonifacio (1839):
scena e rondò “Tutto ho perduto … Sciagurata, a questo lido”
FOTO: ROBERTO RICCI – TEATRO REGIO DI PARMA