Rubriche 2021

“Marin Faliero” e “I Puritani”: il duro confronto tra Donizetti e Bellini

La stessa città, lo stesso anno, lo stesso teatro e soprattutto la stessa compagnia di canto: i confronti tra “Marin Faliero” di Gaetano Donizetti e “I Puritani” di Vincenzo Bellini furono inevitabili, portando a quello che è stato definito da fiumi e fiumi di inchiostro un duro contrasto tra i due compositori. Ma fu davvero così? Bisogna ovviamente approfondire i fatti di quel periodo: l’anno è il 1835, mentre la città in comune è Parigi. L’ordine di precedenza spetta al musicista catanese, visto che la prèmiere della sua ultima opera ebbe luogo il 24 gennaio. Il 12 marzo successivo, dunque neanche due mesi dopo, fu la volta della tragedia lirica del compositore bergamasco.

Sia “I Puritani” che “Marin Faliero” annoveravano nel loro cast originale Luigi Lablache, Antonio Tamburini, Giulia Grisi e Giovan Battista Rubini: anche se fosse stato fatto di tutto per evitarlo, il confronto tra i due lavori fu immediato, al punto che si parlò di una tensione forte tra Donizetti e Bellini. In realtà le critiche furono indirizzate esclusivamente dal siciliano, mentre il bergamasco riservò parole di stima e di ammirazione al collega. Il 1835 viene considerato a ragione uno degli anni migliori per quel che riguarda la storia dell’opera e non solo per questi due titoli. Donizetti arrivò a Parigi in tempo per assistere alla prima rappresentazione de “I Puritani” e l’impressione fu positiva.

La lavorazione del “Marin Faliero” era cominciata in Italia, mentre in Francia furono apportati gli ultimi ritocchi. L’opera fu approntata appositamente per la voce del basso Luigi Lablache, dunque non era incentrata sulla primadonna. Una novità del genere venne giudicata addirittura un difetto dal critico musicale inglese Henry Fothergill Chorley, tra i primi a paragonare “Marin Faliero” ai “Puritani”, in particolare mettendo a confronto il risalto dato al soprano Giulia Grisi. Inoltre, il confronto non avvenne soltanto a Parigi, ma anche a Londra. Dopo la prèmiere parigina del lavoro di Donizetti e un successo discreto (non all’altezza di quello ottenuto da Bellini), il compositore lombardo puntò subito su una nuova città.

La scelta non fu casuale: il pubblico londinese ascoltò il “Marin Faliero” ancora prima di aver conosciuto e udito la partitura de “I Puritani”, caratterizzata una vocalità più seducente e da un lieto fine che Donizetti non aveva previsto per la sua opera. Un altro dettaglio che accomuna le due composizioni ha un nome e un cognome: Gioachino Rossini. Il musicista pesarese, infatti, offrì volentieri la propria assistenza e competenza sia a Bellini e Donizetti per migliorare il risultato finale, avanzando una serie di suggerimenti che gli erano venuti in mente dopo il primo ascolto.

Nel caso del “Marin Faliero”, in particolare, furono diverse le pagine riscritte da Rossini prima della rappresentazione parigina, con il libretto modificato da Agostino Ruffini. Le differenze tra le due opere sono evidenti: Donizetti puntò su una trama tragica, mentre Bellini si affidò al lieto fine a un ruolo di maggiore rilievo per la primadonna (due arie invece che una soltanto). D’altronde, se anche ci furono accuse e un confronto duro e serrato in due città grandi e importanti come Parigi e Londra, la durata fu breve a causa degli impegni dei compositori.

In quello stesso 1835 Donizetti riuscì a far rappresentare altre due opere, “Lucia di Lammermoor” (il 26 settembre al San Carlo di Napoli) e “Maria Stuarda” (il 30 dicembre alla Scala di Milano): questo vuol dire che la partitura del “Marin Faliero” non fu l’unico suo interesse in quel periodo così intenso e proficuo. Contemporaneamente alla versione parigina, invece, Bellini pensò a un allestimento de “I Puritani” per il San Carlo di Napoli, un interessante adattamento che avrebbe dovuto avere come protagonista assoluta il grande soprano Maria Malibran e la parte di Riccardo affidata a un tenore e non a un baritono.

Le modifiche erano significative, tanto è vero che il compositore siciliano intendeva ottenere una tonalità più grave. L’allestimento partenopeo, però, non ci fu mai, visto che la partitura arrivò troppo tardi e ci si dimenticò ben presto della rappresentazione: la riscoperta di questa versione avvenne soltanto un secolo e mezzo dopo con la prima esecuzione in epoca moderna. Proprio in quel 1835, più precisamente tre giorni prima del debutto della “Lucia di Lammermoor”, Bellini moriva a neanche 34 anni, ufficialmente per un’infezione intestinale, una ricostruzione che però non ha mai convinto del tutto tante persone (le leggende sono ancora numerose).