Spettacoli 2020

Lucia di Lammermoor

Grandissimo successo di pubblico per il capolavoro donizettiano che ha inaugurato la Stagione 2020 del Teatro Filarmonico, titolo che torna dopo sei anni di assenza dal palcoscenico veronese. 

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Alberto Gazale

The bride of Lammermoor di Sir Walter Scott, era un titolo che aveva già interessato altri compositori come Michele Carafa nel 1829, Luigi Riesck nel 1831, o Alberto Mazzuccato con la sua La fidanzata di Lammermoor, rappresentata a Padova nel 1834, la cui fortuna fu eclissata dalla versione donizettiana. Le vicende del dramma, nei versi di Salvatore Cammarano, risultano parecchio alterate ma il lavoro finale acquista un singolare dinamismo e un taglio prettamente melodrammatico; viene eliminata la figura di Lady Ashton, la vera antagonista della vicenda, colei che manipola gli eventi per indurre Lucy a sposare lord Bucklaw; i suoi intrighi passano al figlio, con il risultato che la sottile perfidia femminile tende a mutarsi in brutalità maschile, a vantaggio, però, dell’effetto teatrale. I personaggi vivono in un’atmosfera di terrore; l’atmosfera notturna, fatta di uragani, di storie di fantasmi, tetre visioni di lapidi e tombe si imprime sui tratti psicologici dei personaggi stessi. Vista sotto questo aspetto Lucia di Lammermoor è l’opera del periodo preverdiano in cui il gioco delle parti e l’ambientazione meglio rispondono a una concezione romantica del melodramma.

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Ruth Iniesta

Concezione perfettamente impressa anche nel taglio registico optato da Renzo Giacchieri, ideatore anche dei bei costumi, che propone una Lucia tradizionalissima, di grande effetto, apprezzatissima dal pubblico; movimenti ridotti a pochi ma significativi gesti, un sapiente uso dei movimenti di massa, il tutto inquadrato dalle belle scene di Alfredo Troisi, i movimenti mimici di Barbara Pessina e le sapienti luci di Paolo Mazzon; molto belle anche le videoproiezioni, sempre curate da Alfredo Troisi, che ci immergono negli eventi utilizzando immagini di brughiere nebbiose, una luna che al racconto di Lucia sgorga sangue come da una ferita; due colombe che spiccano il volo alla morte di Edgardo.

A una regia di tradizione non poteva che affiancarsi una direzione d’orchestra ancorata a schemi che potrebbero, al giorno d’oggi, essere superati, anche in presenza di una regia non innovativa. Andriy Yurkevych dirige con sapiente uso dei piani sonori e sa adeguare il peso dell’orchestra al palcoscenico, anche se qualche sbandamento, specie con il coro, si è fatto sentire; privilegia una lettura lirica, di stampo preverdiano, predilige sonorità elegiache e nei momenti di concitazione, come il finale secondo atto, sa essere vibrante e acceso, riuscendo a trovare un’ottima coesione con i cantanti e masse corali; i momenti solistici affidati all’arpa nell’introduzione della scena di Lucia al primo atto o al flauto nella scena della pazzia sono momenti molto ben espressi e ottimamente eseguiti. Spiace che a fronte di una direzione che non si pone vette di novità ma sa essere sicura e precisa non ci sia stata la volontà di superare le incrostate tradizioni dei tagli; la scena della torre non eseguita (ma pare non per volontà del direttore quanto per la mancanza delle scene, essendo l’allestimento una produzione in cui non era prevista), riprese delle cabalette tagliate, come pure alcune sezioni dell’aria di Lucia o del duetto secondo atto fra Enrico e Lucia; ripristinate, per fortuna, sia l’aria di Raimondo e la sezione di raccordo nella scena della pazzia con il dialogo fra lucia e il fratello. Oltretutto, la presenza di un soprano e un tenore che potevano venire a capo delle difficoltà di scrittura delle parti eliminate fa rimpiangere ulteriormente la loro soppressione.

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Ruth Iniesta

Il cast presenta nomi importanti nel panorama vocale dei nostri giorni, oltre alla presenza di giovani che si stanno affermando nei vari palcoscenici.

Ruth Iniesta si inseriscee nel solco delle Lucie lirico leggere ma con in più dei centri corposi, un fraseggio e intenzioni interpretative molto buone. La sua Lucia è fragile fin dall’ingresso in scena e durante il corso della vicenda ci si accorge del suo lento sprofondare nella pazzia, grazie a un gioco scenico di grande efficacia,
culmine la grande scena in cui i movimenti, tutti a scatti, come in preda a una crisi epilettica, si imprimono nello spettatore. Vocalmente non si sottrae ad acuti e sovracuti fuori ordinanza, alcuni non perfettamente a fuoco, ma la sua prova si fa valere per la sicurezza in tutte le zone e per un passaggio di registro da manuale. Una prova, la sua, che è stata meritatamente accolta da un’ovazione a scena aperta alla fine della sua grande scena.

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Ruth Iniesta, Enea Scala

Enkeleda Kamani, ha voce chiara, ben emessa e proiettata, con discreti centri e una sicura salita ad acuti e sovracuti; fraseggio alquanto anonimo, cosa che va a discapito di molte frasi che scivolano via senza particolari accenti. La sua è, comunque, un’esecuzione di buon rilievo, grazie anche a una presenza scenica di rilievo.

Enea Scala sfoggia una voce sicura e robusta in tutte le zone, acuti magari non squillanti ma timbrati e sicuri, un fraseggio attento che privilegia il lato elegiaco del personaggio ma che sa anche accendersi come nell’invettiva del Finale secondo. Scenicamente spavaldo, anche lui offre una prova più che eccellente.

Pietro Adaini ha un timbro chiaro che ben si sposa con quello di Enkeleda Kamani e difatti il loro duetto del primo atto ha raggiunto punti molto interessanti (molto bello l’attacco in pianissimo di “Verranno a te sull’aure”); la tecnica è buona, perfettibile il passaggio di registro poiché in alcuni momenti gli acuti risultavano fibrosi e poveri di squillo. Una prova, la sua, giustamente applaudita, grazie al fraseggio interessante e accenti sempre appropriati.

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Enkeleda Kamana, Pietro Adaini

Alberto Gazale ha dalla sua una grande presenza scenica e affronta il personaggio con la grinta che gli è familiare. Forse uno stato di salute non ottimale non gli ha permesso di mettere in luce le sue note qualità vocali, l’emissione risulta problematica, il fraseggio stranamente ricondotto a una generica brutalità di fondo e gli acuti risultano fibrosi e forzati. Scenicamente ineccepibile ma con un non so che di irrisolto a livello vocale.

Molto valido il Raimondo di Simon Lim, dai toni paterni con Lucia alla tonante invettiva del Finale secondo, dove la sua voce squillante e sicura dona a Raimondo uno spessore interpretativo di grande rilievo.

Piuttosto anonimo e non perfettamente a fuoco il canto di Enrico Zara nei panni di Lord Arturo Bucklaw.

Funzionali nei loro interventi Lorrie Garcia coma Alisa e Riccardo Rados nel ruolo di Normanno.

Molto bene il coro, come sempre ben preparato dal Maestro Vito Lombardi.

Come scritto all’inizio grande successo di pubblico con vere e proprie ovazioni alle due protagoniste e unanimi consensi al resto del cast. 

Teatro Filarmonico – Stagione Lirica 2020

LUCIA DI LAMMERMOOR
Dramma tragico in due parti di Salvatore Cammarano
Musica di Gaetano Donizetti

Lord Enrico Ashton Alberto Gazale
Miss Lucia Ruth Iniesta/Enkeleda Kamana (30 gennaio)
Sir Edgardo Di Ravenswood Enea Scala/Pietro Adaini (30 gennaio)
Lord Arturo Bucklaw Enrico Zara
Raimondo Bidebent Simon Lim
Alisa Lorrie Garcia
Normanno Riccardo Rados

Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Maestro del Coro: Vito Lombardi
Direttore: Andriy Yurkevych

Regia: Renzo Giacchieri
Scene e projection design: Alfredo Troisi
Costumi: Renzo Giacchieri
Luci: Paolo Mazzon

Allestimento del Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” di Salerno

Verona, Teatro Filarmonico, 26/30 gennaio 2020

Foto di ENNEVIFOTO