La Cenerentola – Firenze, Teatro del Maggio
Il Maggio Musicale Fiorentino, che ha già annunciato un nutrito cartellone per il Festival e per tutto il 2025, proiettandosi con slancio oltre le difficoltà dell’anno passato, riprende la stagione operistica con La Cenerentola di Gioacchino Rossini, riproponendola in una vivace e sognante edizione grazie alla meticolosa regia di Manu Lalli, alla raffinata direzione di Gianluca Capuano e al brillantissimo ed affiatato cast degli interpreti. L’allestimento, che nasce nel 2017 come produzione di Venti Lucenti per un pubblico giovanile e che venne successivamente ampliato per le celebrazioni del centocinquant’anni della morte del Cigno di Pesaro, inserisce la vicenda di Angelina, novella Cenerentola, in una cornice fiabesca con tanto di bambina che ci ricorda Campanellino, le ballerine come fate madrine e il mago buono nelle sembianze di Alidoro. La regista potenzia dunque l’operazione di Ferretti-Rossini nel loro riferirsi all’immaginario di Perrault, mettendo in scena anche la zucca e la sveglia a mezzanotte ed esplicitando ulteriormente il parallelismo fantastico. Del resto a dare l’avvio alla complessa macchina di questo dramma giocoso è proprio l’apertura di un libro, che farà da filo conduttore della storia: sull’attacco della sinfonia che sembra accennare al “C’era una volta…” appare infatti Cenerentola assorta nella lettura, in mezzo ai volumi giganti delle eroine romantiche, da Jane Eyre a Madame Bovary. La nostra Angelina, reinterpretata in chiave moderna, è quindi una ragazza che si nutre di fantasia ma che si dimostrerà fortemente determinata nel perseguire il proprio riscatto e la propria felicità. Gli aspetti sentimentali sono comunque inseriti in quadri di vorticosa comicità, in un convincente bilanciamento tra favola e opera buffa, con le scene di Roberta Lazzeri che oscillano tra fumetto e architettura sette-ottocentesca, analogamente ai costumi di Gianna Poli, realizzati in una commistione di fogge caricaturali e tagli eleganti. L’ambiente è in continua trasformazione, con snelli mutamenti che non interrompono mai l’azione, mentre le luci di Vincenzo Apicella, riprese da Valerio Tiberi,differenziano validamente i passaggi frenetici da quelli più contemplativi. Tutti i movimenti sono poi ritmati sulla musica, in una costante attenzione ad accordare il gesto con il suono, trasformando talora i personaggi in automi di uno scoppiettante carillon. Alla fine però ogni elemento fantastico si dissolve, come se il sogno fosse il necessario percorso per raggiungere la realtà. La Cenerentola ossia la bontà in trionfo si configura così come una conquista, dove a trionfare è l’autenticità contro il calcolo e la vanità e il lieto fine sta tanto nella realizzazione di sé quanto nel saper leggere le cose con leggerezza e ironia.
All’esuberanza di questa edizione contribuisce in maniera determinante la direzione di Gianluca Capuano che impartisce tempi serrati e conferisce rigore ed energia ad ogni sezione. L’overture e le scene iniziali sembrano in verità privilegiare uno stile delicato e la levigatezza delle forme, pur con qualche scollatura con il palco e un suono non sempre concorde. La narrazione acquista nel seguito grande forza e precisione, come nell’accompagnamento delle ampie cavatine e nel finale del primo atto, reso in una modalità smaltata e vigorosa. Tracciate con nitore e giusta tensione le parti più liriche e riflessive e ben integrata ogni scena d’insieme con il Coro diretto da Lorenzo Fratini, i cui interventi potenti e accurati vengono sempre coniugati ad una ricca gestualità. Capuano propone inoltre una parziale riscrittura dei recitativi, la cui composizione fu affidata da Rossini al suo assistente Luca Ugolini e che ci vengono ora presentati intessuti di una fitta rete di citazioni, dalla Nona di Beethoven a Puccini, da Carmen a Tristano. Simpatica operazione che vivacizza le parti più discorsive e che dona compattezza al racconto musicale.
Da parte sua, il cast degli interpreti dà prova di notevole bravura e sintonia, creando momenti di estrema energia e trasparenza, particolarmente nel quadro sospeso de “Nel volto estatico”, nel Finale primo e in “Questo è un nodo avviluppato”.
Nel ruolo della protagonista è Teresa Iervolino che esibisce una vocalità estesa e voluminosa, con gravi pieni e acuti slanciati. Il canto è vario e in ogni parte modulato, con vocalizzi definiti e una salda tenuta delle note. La troviamo malinconica nella Canzone iniziale, delicata nel duetto, assertiva e appassionata nella scena del quintetto. Il suo virtuosismo riesce più grintoso che sognante e così, soprattutto nelle scene al castello, emerge maggiormente la determinazione della donna volitiva rispetto alla freschezza della ragazza innamorata. Nel Rondò che chiude l’opera è infine assai trasparente e puntuale, anche se non parimenti coinvolgente.
Patrick Kabongo è Don Ramiro, con una morbida emissione e un’ampia linea melodica. E’ garbato nel duetto e luminoso nei cantabili, mentre mostra qualche fragilità nelle cabalette e una certa uniformità nei recitativi. Anche se la gestualità è un tantino ingessata, il personaggio riesce comunque credibile come principe delle fiabe.
Gran mattatore della scena è Marco Filippo Romano nei panni di Don Magnifico, sbalzato a tutto tondo e con dovizia di sfumature nella ottusa ambizione e nella sua tronfia vanità. La dizione è chiarissima e scandita, il sillabato agile e rapidissimo, il fraseggio marcato e scolpito. Di brillante comicità la cavatina e travolgente la grande aria nella cantina. Brillantissimo, con effetti esilaranti, il duetto con Dandini.
Quest’ultimo è interpretato da William Hernàndez che fa il suo ingresso con una ironica e scintillante cavatina, dove mostra uno stile accentato e solare. La proiezione è nitida e diretta, pur con qualche slittamento d’intonazione, e la recitazione sempre buffa e pomposa.
Grottesche e divertenti la Tisbe di Aleksandra Meteleva e la Clorinda di Maria Laura Iacobellis, coppia effervescente e accordata con brio. La prima ha interventi brillanti e definiti, mentre la seconda si staglia con rilievo nell’aria al secondo atto, esibendo freschezza e limpidi acuti.
Ben caratterizzato l’Alidoro di Matteo D’Apolito, moderatamente consistente e con un fraseggio vario e articolato. Delinea con ampiezza l’aria al primo atto, vivace e minuzioso nel cantabile come nella cabaletta.
Numerosi gli applausi anche a scena aperta per tutti i cantanti, con particolari tributi finali soprattutto per la Iervolino, Kabongo e Romano. Molto apprezzata la direzione di Capuano e grande entusiasmo per Manu Lalli e tutto il team creativo.
GIOACHINO ROSSINI
LA CENERENTOLA
ossia La bontà in trionfo
Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Jacopo Ferretti
Edizione critica della Fondazione Rossini di Pesaro
In collaborazione con Casa Ricordi, Milano, a cura di Alberto Zedda
Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Don Ramiro Patrick Kabongo
Dandini William Hernández
Don Magnifico Marco Filippo Romano
Clorinda Maria Laura Iacobellis
Tisbe Aleksandra Meteleva
Angelina (Cenerentola) Teresa Iervolino
Alidoro Matteo D’Apolito
Maestro concertatore e direttore GIANLUCA CAPUANO
Regia MANU LALLI
Scene Roberta Lazzeri
Costumi Gianna Poli
Luci Vincenzo Apicella, riprese da Valerio Tiberi
ORCHESTRA E CORO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino