Spettacoli

La fanciulla del West – Teatro Regio, Torino

22 marzo 2024. Prosegue con una riuscitissima produzione di La Fanciulla del West la stagione 2023/24 del Teatro Regio di Torino e l’anno di celebrazioni per Puccini. Titolo un po’ bistrattato, così come La Rondine da cui è seguita nel catalogo pucciniano, Fanciulla del West è considerata da certa letteratura musicologica come opera di transizione, forse non completamente riuscita, troppo concentrata sull’innovazione stilistica. Dopo un breve periodo di successo appena dopo la prima rappresentazione al Metropolitan Opera di New York nel dicembre 1910 non godette infatti della fama sperata dal compositore. Ebbene la sensazione è che debba essere eseguita con la dovuta cura per poterne cogliere appieno la complessità e la ricchezza ed è quello che con la sua meticolosa resa della partitura del genio lucchese riesce a fare Francesco Ivan Ciampa alla testa dell’orchestra del Regio, orchestra che ne segue accuratamente le indicazioni. La sinestesia cinematografica di quest’opera risplende nella sala del Regio in tutta la sua raffinatezza e la sua modernissima eleganza. Difficile scegliere un momento che svetti sugli altri ma risulta indimenticabile la scena finale del secondo atto. È inoltre ottimale la sinergia con i solisti ed il sempre eccellente coro preparato da Ulisse Trabacchin.

Jennifer Rowley

Riuscita amalgama anche nel folto cast chiamato in questa occasione alla prova in questi complessi ruoli, a partire dalla fulgida Minnie di Jennifer Rowley al suo debutto nel ruolo. Il giovane soprano americano porta alla “fanciulla oscura e buona a nulla” uno splendido strumento svettante e sicuro in acuto ed una interpretazione di grande carica comunicativa e dolcezza. Gabriele Viviani è un sonoro Jack Rance dalla bella emissione omogenea e dal fraseggio impeccabile. Benissimo anche Roberto Aronica, un Dick Johnson di grande attrattiva e generosa espressività, dotato di uno squillo solare sempre sorvegliato nel gusto. Completano il cast il buon Nick di Francesco Pittari, l’ottimo Ashby di Paolo Battaglia e l’eccellente Sonora di Filippo Morace. Fanno molto bene anche Cristiano Olivieri (Trin), Eduardo Martínez (Sid e Billy Jackrabbit), Alessio Verna (Bello), Enzo Peroni (Harry), Enrico Maria Piazza (Joe), Giuseppe Esposito (Happy), Tyler Zimmerman (Larkens), Ksenia Chubunova (Wowkle), Gustavo Castillo (Jake Wallace), Adriano Gramigni (José Castro) e Alejandro Escobar (un postiglione).

La regia di Valentina Carrasco trasporta l’azione sul set di un film spaghetti-Western, narrando con grande coerenza la vicenda del libretto come se si svolgesse in una comunità di attori invece che di minatori: decisamente intuitivo infatti il parallelismo tra un protagonista maschile dalla moralità grigia redento dall’amore come Dick Johnson e gli antieroi protagonisti del genere che Sergio Leone ha reso un cult rappresentando senza fronzoli un mondo cinico e brutale che calza a pennello con quello portato in scena nell’opera di Puccini. Sul palco del Teatro Regio quasi completamente vuoto trovano posto la “Polka” e la baita di Minnie ricostruite in maniera artigianale da Carles Berga e Peter van Praet. I momenti facenti parte delle riprese del film inoltre vengono registrati in presa diretta e proiettati su uno schermo sovrastante, talvolta un poco distraente a dire il vero ma utile in alcune occasioni a poter osservare da più punti di vista o più situazioni insieme, ed ecco che la recitazione richiesta ai solisti da teatrale si fa più languida. L’omaggio al cinema di Sergio Leone è ancora più evidente nelle inquadrature di questi video ed è bello pensare che senza Puccini e la sua Fanciulla del West il genere western avrebbe avuto meno successo e che Ennio Morricone sarebbe stato un compositore molto differente.

Ci piace inoltre sottolineare l’attenzione posta anche a tematiche contemporanee come la protesta inscenata sul fittizio set del film da parte di comparse che interpretano attivisti per i diritti dei nativi americani durante i momenti d’apertura del secondo atto portando un cartello con su scritto “native lives matter. Splendido poi davvero il gioco di luci pensato da Peter van Praet e molto belli i costumi di Silvia Aymonino, aderenti all’ambientazione ed alla visione registica. Meritatamente calorosa l’accoglienza da parte del pubblico presente in sala che saluta con entusiasmo l’interezza degli artisti al termine della rappresentazione. Le repliche dello spettacolo proseguono fino al 2 aprile e consigliamo caldamente di non perderlo.

Margherita Panarelli

Jennifer Rowley, Roberto Aronica Gabriele Viviani

24 marzo 2024. L’apice musicale del genio di Giacomo Puccini è indubbiamente rappresentato da La fanciulla del West, che il Teatro Regio di Torino mette in scena con un nuovo spettacolo guidato da Valentina Carrasco in palcoscenico e Francesco Ivan Ciampa in buca. Libretto e spartito, come in molte opere precedenti del Maestro, ma qui ancor più marcato, suggeriscono un principio descrittivo che scorre verso l’apice drammatico in un andamento piuttosto esponenziale che si fa via via più serrato; purtroppo ciò che sembra mancare in questa edizione è proprio il nervo: bellissima musica, altrettanto grandioso allestimento, ma non si salta mai sulla poltrona come ci si sarebbe aspettati.

L’orchestra del Teatro Regio di Torino si prodiga in suoni nitidi e precisi come di consueto, ben amalgamati dalla bacchetta di Ciampa che si riconferma uno dei migliori direttori italiani del repertorio nazionale, ed esegue perfettamente la partitura mancando solamente di quell’intenzione tanto ben descritta da Verdi, essenziale non solo per le sue opere, ma per tutto il mondo del melodramma.

Lo stesso vale per il lavoro della squadra capitanata da Carrasco, dove tutto è più che perfetto nelle scene e controscene, nei movimenti e le gestualità, nei grandi quadri fino ai minimi particolari, ma pur cogliendo lo spirito complessivo del dramma, si resta sempre in attesa di un colpo di scena che non arriva mai.

Molto bene per la Minnie di Jennifer Rowley, che troviamo più adeguata al canto dolce e languido, piuttosto che a quello drammatico. Bravissimo Gabriele Viviani, che ha saputo piegare la sua vocalità cantabile al “geloso” Jack Rance. Ottimo il Dick Johnson di Roberto Aronica, interprete di riferimento per questo ruolo, che sorprende per certi passaggi tecnici davvero notevoli.

Di grande pregio il lungo stuolo dei comprimari, con menzione particolare per Francesco Pittari e Filippo Morace.

William Fratti

28 marzo 2024.

OperaLibera è tornata a vedere l’opera nella replica di giovedì 28 marzo. Non possiamo che unirci alle impressioni positive sulla parte visiva già ben espresse dai colleghi e che non ripeteremo qui. Lo spettacolo è ben pensato e curato in ogni minimo particolare dalla regista Valentina Carrasco e dagli scenografi Carles Berga e Peter van Praet. Quello che abbiamo apprezzato particolarmente è che sul finto set l’azione scorra sempre e senza soluzione di continuità. Di fatto è come se le “registrazione” del film avvenisse in parallelo, ad esempio: quando ai lati del palco la troupe mangia e le riprese sono ferme, la musica ed i personaggi di Puccini continuano a vivere la loro vicenda. La regista ha saputo creare un doppio binario in cui, da una parte c’è la volontà di rappresentare la produzione di uno spaghetti-western, ma, dall’altra, c’è l’opera che vive quasi autonomamente. Una scelta interessante e funzionale che rende giustizia a questa composizione la cui componente cinematografica è sempre stata molto forte.

Da un punto di vista musicale, ci troviamo dinanzi ad una partitura di particolare complessità.
Francesco Ivan Ciampa affronta l’arduo cimento con la giusta energia e riesce a scandagliare al meglio i diversi piani del racconto creando un affresco sonoro unitario ma, al tempo stesso, ben delineato nelle sue svariate sfumature. Prezioso è, in tal senso, il contributo della ottima Orchestra del Teatro Regio dalla quale si leva un magma sonoro denso e ben sbalzato in tutta la sua policromia. Tra le principali difficoltà di questa opera vi è, poi, quella di assicurare il giusto equilibrio tra buca e palcoscenico, dove numerose sono le voci impegnate. Ad onta di qualche plausibile, seppur minimo, scollamento dovuto principalmente alla disposizione della scena, con quinte completamente aperte, l’intesa con il podio funziona e assicura la pregevole riuscita della esecuzione musicale da parte di tutto il cast.

Jennifer Rowley, al suo debutto nel ruolo del titolo, sigla una prova di rilievo. Il soprano affronta la scrittura pucciniana con la propria vocalità, ampia e cristallina, e supera le diverse asperità della partitura con naturalezza. La linea di canto, dalla spiccata musicalità, si mantiene morbida e duttile in tutti i registri regalando, tra l’altro, alcune splendide mezzevoci. Riuscitissimo, poi, è il personaggio caratterizzato con carisma tanto nel fraseggio quanto nella partecipata resa sulla scena.

Al suo fianco, Roberto Aronica torna a vestire i panni di Dick Johnson e giunge a questo appuntamento in ottima forma vocale. Il tenore, infatti, sfoggia un mezzo, dal caratteristico timbro solare, sonoro e ben proiettato, specie nella salita verso il registro superiore. Colpisce, inoltre, la capacità di fraseggiare con appassionato ardore e l’abilità di muoversi sulla scena con immedesimazione e disinvoltura.

Il terzetto dei protagonisti si completa con Gabriele Viviani. Il baritono, dallo strumento poderoso ed uniforme, interpreta Jack Rance con un fraseggio arguto e ficcante, e riesce così a restituire l’anima negativa del personaggio senza scadere negli eccessi di certa tradizione esecutiva.

La folta schiera dei ruoli di fianco mette in evidenza una ottima preparazione vocale complessiva, oltre ad un indiscusso affiatamento sulla scena.
Se Filippo Morace, Sonora, si distingue per il velluto di uno strumento ampio e ben timbrato, Francesco Pittari è un Nick luminoso e particolarmente espressivo. Adriano Gramigni si impone nei panni di Josè Castro per il suo accento trascinante, così come Paolo Battaglia sa essere un Ashby autoritario e granitico. Da ricordare, inoltre, l’incisivo Trin di Cristiano Olivieri, come anche la prova di Eduardo Martínez, che passa con disinvoltura dall’astuto Sid al ben caratterizzato Billy Jackrabbit. La lista dei minatori comprende, poi, Enrico Maria Piazza e Giuseppe Esposito, entrambi ben a fuoco come Joe e Happy, l’efficace Alessio Verna, impegnato nel duplice ruolo di Bello e Harry e, ancora, Tyler Zimmerman che, con la sua vocalità fluida dà voce ai malinconici melismi di Larkens. Un plauso speciale anche al canto appassionato di Gustavo Castillo, Jake Wallace. Si distingue, poi, con la sua vocalità screziata, la Wowkle di Ksenia Chubunova. Completa la locandina Alejandro Escobar, un postiglione.

Pregevole, infine, l’apporto del Coro del Teatro Regio abilmente preparato da Ulisse Trabacchin.

Successo caloroso al termine per tutti gli interpreti con punte di acceso entusiasmo per il terzetto dei protagonisti e per il direttore.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

La fanciulla del west
opera in tre atti
Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini
tratto dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco

PERSONAGGI E INTEPRETI

Minnie Jennifer Rowley
Jack Rance Gabriele Viviani
Dick Johnson/Ramerrez Roberto Aronica
Nick Francesco Pittari
Ashby Paolo Battaglia
Sonora Filippo Morace
Sid e Billy Jackrabbit Eduardo Martínez
Belllo Alessio Verna
Harry Enzo Peroni
Joe Enrico Maria Piazza
Happy Giuseppe Esposito
Larkens Tyler Zimmermann
Wowkle Ksenia Chubunova
Jake Wallace Gustavo Castillo
José Castro Adriano Gramigni
Un postiglione Alejandro Escobar

Francesco Ivan Ciampa direttore d’orchestra
Valentina Carrasco regia
Carles Berga e Peter van Praet scene
Silvia Aymonino costumi
Gianluca Mamino Direttore della fotografia
Peter van Praet luci
Lorenzo Nencini assistente alla regia
Chiara La Ferlita assistente alle scene
Agnese Rabatti assistente ai costumi
Ulisse Trabacchin maestro del coro
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

Foto di Daniele Ratti cortesia del Teatro Regio