Spettacoli

Don Carlo -Teatro Grande, Brescia

La stagione d’opera del Teatro Grande di Brescia si conclude con Don Carlo, un nuovo allestimento di OperaLombardia.

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“In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?” Non possiamo che pensare a queste frasi, che George Orwell ha scritto nel suo romanzo distopico 1984, dopo avere visto questo allestimento di Don Carlo di Giuseppe Verdi che vede alla regia Andrea Bernard. Siamo in una grande aula di tribunale dalle pareti lignee (scene di Alberto Beltrame) ed è in questo spazio, in continua trasformazione, che si svolge tutta la vicenda. L’ambientazione viene trasposta in un tempo distopico, assimilabile agli anni cinquanta del Novecento, riconoscibili soprattutto per gli efficaci costumi di Elena Beccaro. Un dittatore ha preso il potere: è Filippo II, che domina tutti anche con l’aiuto dei media, simboleggiati dai tanti televisori presenti sulla scena. Spesso vengono rappresentati episodi di violenza, in particolare sulle donne, un tema oggi di triste attualità ma qui a volte un po’ troppo teatralmente insistito. Sempre adeguate le luci di Marco Alba. Uno spettacolo che nel complesso funziona ed ha l’indubbio merito di avere osato scegliere, unico fra tutti i Don Carlo visti recentemente, una narrazione non necessariamente storica e legata al libretto.

Complessivamente funzionale il versante musicale dello spettacolo, impegnato nella esecuzione della versione milanese in quattro atti, concepita da Verdi per Milano nel 1884.
Sul podio, Jacopo Brusa, mostra di padroneggiare la partitura imprimendo al racconto una tinta cupa ed opprimente, in linea con l’atmosfera claustrofobica in cui il regista immerge la vicenda. Le scene si susseguono attraverso ritmi serrati e sonorità maestose che si fanno, poi, particolarmente accese specialmente nelle chiuse d’atto. La compagine de I Pomeriggi Musicali sembra trovare una buona intesa con il gesto direttoriale, così da restituire un suono piuttosto brillante e compatto.

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Carlo Lepore

Passando al versante musicale, non convince completamente la prova di Paride Cataldo nel ruolo del protagonista. Il tenore possiede uno strumento limpido e luminoso che, pur mancando un tantino di corpo, sembrerebbe ideale per esprimere la giovinezza del personaggio. Pur tuttavia, l’organizzazione vocale complessiva non risulta sempre fluida e difetta talvolta di accuratezza nel porgere la frase musicale. Una voce interessante, insomma, che opportunamente educata sarebbe da ascoltare nuovamente, magari anche in altro repertorio. Da segnalare, in ogni caso, la pertinenza di una presenza scenica adeguatamente coinvolta.

Al suo fianco l’Elisabetta di Clarissa Costanzo che sfoggia una vocalità importante, con un timbro scuro e corposo da autentico soprano drammatico. Si segnala la pienezza dei centri avvolgenti, mentre il registro acuto necessita, talvolta, di maggiore controllo. Accurato il fraseggio, racchiuso in un regale contegno, così come elegante risulta la presenza scenica. Data la giovane età del soprano ci auguriamo che questo bel potenziale possa essere coltivato e sviluppato nel migliore dei modi e siamo sciuri che l’artista possa riservare, in futuro, più di una soddisfazione.

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Laura Verrecchia

Carlo Lepore è un ottimo Filippo II. Il basso riesce, infatti, a piegare la propria vocalità ampia e ben tornita, alle esigenze della scrittura, imprimendo al canto un’aurea di fredda quanto distaccata regalità. Particolarmente riuscito, grazie all’opportuno impiego dei colori, il contrasto tra la dimensione pubblica e quella privata del sovrano, dove l’uomo, spogliato della sua corona, si trova solo con i suoi tormenti interiori. Degna nota è, in tal senso, l’accorata esecuzione del grande monologo di terzo atto “Ella giammai m’amò”. Coinvolta, infine, la presenza scenica, volta a rappresentare un re spietato e crudele, pur perseguitato dai sensi di colpa.

Angelo Veccia affronta il ruolo di Rodrigo con buona sicurezza vocale. Lo strumento, ampio e sonoro, si espande con facilità e risulta avvalorato dal colore brunito del caratteristico impasto timbrico. Alla correttezza dell’esecutore si abbina un fraseggio spavaldo ed incisivo che sottolinea, al meglio, lo spirito idealista del personaggio. Disinvolta e totalmente coinvolta la partecipazione sulla scena.

Ottima la Eboli di Laura Verrecchia, in possesso di una linea brunita, pastosa ed omogenea. La frequentazione belcantista dell’artista le consente di superare agevolmente le fioriture della “canzone del velo” che, in linea con il progetto registico, assume un tono consolatorio nei confronti di altre donne seviziate presenti sulla scena. Nel successivo terzetto di secondo atto, il mezzosoprano esibisce, poi, una vocalità sontuosa e di travolgente passionalità. Culmine di questa prova è, poi, l’aria di terzo atto “O don fatale”, durante la quale Verrecchia sfoggia, tra l’altro, una salita al do acuto di impressionante facilità. Sensuale come si conviene al personaggio la presenza scenica.

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Laura Verrecchia

Note positive anche per Mattia Denti, un Grande Inquisitore vocalmente sonoro e profondo, ficcante e granitico nell’accento. Grazie al buon amalgama timbrico con Lepore, il duetto di terzo atto con Filippo II rappresenta una delle pagine meglio riuscite della serata.

Graziano Dellavalle è un frate dalla vocalità avvolgente.
Sabina Sanza è un Tebaldo dal timbro chiaro, pur perfettibile nell’intonazione.
Sonoro e ben intonato Raffaele Feo nel duplice ruolo de Il Conte di Lerma e un Araldo, cui il regista Bernard riserva una certa importanza scenica alla stregua di un segugio del potere politico. Completa la locandina Erika Tanaka, una voce dal cielo, qui trasformata in una sorta di spirito persecutorio nei confronti del Re.

Il Coro di OperaLombardia si rende protagonista di una prova poco felice dove si colgono troppe imprecisioni e disomogenità. Una serata poco riuscita, forse, per questa compagine solitamente preparata con la giusta professionalità da Massimo Fiocchi Malaspina.
Il numeroso pubblico presente in sala, accoglie i principali numeri dei solisti con applausi poco più che cordiali, ma riserva, al termine, accoglienze calorose a tutto il cast e direttore, con punte di particolare entusiasmo per Veccia, Verrecchia e Lepore.

DON CARLO
Opera in quattro atti
Libretto di Joseph Méry e Camille du Locle

Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini

Musica di Giuseppe Verdi

Don Carlo Paride Cataldo

Filippo II Carlo Lepore

Rodrigo Angelo Veccia

Elisabetta di Valois Clarissa Costanzo

La Principessa d’Eboli Laura Verrecchia

Il Grande Inquisitore Mattia Denti

Tebaldo Sabrina Sanza

Un Frate Graziano Dallavalle

Una voce dal cielo Erika Tanaka

Il conte di Lerma / Un araldo Raffaele Feo

Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano 
Direzione musicale Jacopo Brusa
Coro OperaLombardia
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina

regia Andrea Bernard
Scene Alberto Beltrame
costumi Elena Beccaro
luci Marco Alba

FOTO: Umberto Favretto