Spettacoli

Le Comte Ory – Comunale Noveau, Bologna

Il rossiniano Comte Ory irrompe al Comunale Noveau di Bologna. 

Le Comte Ory secondo Hugo de Ana, da noi già visto e recensito al Rossini Opera Festival 2022, (qui la recensione) arriva a distanza di più di un anno a Bologna e deve fare i conti con gli spazi, modesti, del Comunale Noveau. Lo sappiamo, il teatro è provvisorio, ed è una soluzione di fortuna, ma il boccascena risulta sempre un po’ angusto, creando grossi problemi per gli allestimenti pensati per altri spazi. A farne le spese, questa volta, è proprio l’allestimento di De Ana (che al Rof curava la regia, qui ripresa da Angelica Dettori, e le scene riprese da Manuela Gasperoni). La messa in scena, a Pesaro, iniziava mostrando al pubblico il pannello sinistro del “Trittico del Giardino delle delizie” del celebre Hieronymus Bosch. Come per magia, dal quadro passavano al palco tutte le visionarie creature partorite dall’artista fiammingo e tutto assumeva un senso compiuto. A Bologna, per motivi di spazio, manca proprio la grande riproduzione del quadro e ci chiediamo quindi cosa abbia capito il pubblico senza avere  visto la più completa edizione pesarese. Probabilmente ha colto una accozzaglia di costumi seppur coloratissimi e piacevoli (curati dallo stesso De Ana), sedie e qualche statua di animale fantastico che speriamo la cultura individuale abbia correttamente ricollegato a Bosch. Una operazione riuscita a metà, un allestimento che, riproposto in questa forma, francamente risulta poco intellegibile, meno ispirato e un po’ slegato. Nonostante ciò risulta piacevole il gioco luci, sempre accecante e pieno di energia, di Valerio Alfieri e simpatiche le coreografie di Michele Cosentino che ci sono comunque parse alleggerite, e non è un male,  rispetto alla controparte marchigiana.

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Antonino Siragusa, Sara Blanch e Caterina Dellaere  

Note ben più liete giungono dal versante musicale dello spettacolo.

Nel ruolo del titolo troviamo Antonino Siragusa, rossiniano di lunga data, che dimostra una piena padronanza dello stile del cigno pesarese. Il tenore è in possesso di una vocalità ampia e cristallina che riesce a piegare, all’occorrenza, per ottenere apprezzabili sfumature. Una prova vocale, la sua, che convince grazie alla robustezza dei centri e al sapiente utilizzo di alcuni suoni “di testa” soprattutto nella regione più acuta. Sempre curato e cesellato il fraseggio;  partecipata e pertinente la presenza scenica.

Sara Blanch è una splendida Comtesse Adèle. Il soprano sfoggia una linea dalla spiccata musicalità che colpisce per la freschezza di un timbro prezioso. Lo strumento si prodiga, con avvolgente morbidezza, in melodiosi filati (come nel finale del cantabile dell’aria) per poi salire, con impressionante facilità, alle vette più vertiginose del pentagramma. Ottima la padronanza del canto di coloratura, come testimoniato dalla sfrontata sicurezza con cui vengono sciorinate le rapinose agilità della scrittura. Alla eccellenza esecutiva si unisce, infine, una perfetta padronanza del ruolo nell’accento e nei movimenti, dove nulla viene lasciato al caso e ogni singolo momento è valorizzato con la giusta enfasi.

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Antonino Siragusa, Nicola Alaimo e Davide Giangregorio

A vestire i panni di Raimbaud è chiamato Nicola Alaimo, tra i più apprezzati interpreti rossiniani nell’attuale panorama internazionale. Il baritono risalta per una vocalità ampia e ben timbrata che si espande con facilità e ottima proiezione. Di livello l’esecuzione dell’aria di secondo atto “Dans ce lieu solitaire” (adattamento da “medaglie incomparabili” da Il viaggio a Reims), condotta con un canto sorvegliato e misurato che coglie, attraverso vere e proprie pennellate sonore, lo spirito brillante ed ironico di questa pagina. Spassosa, e sempre composta, la resa del personaggio sulla scena.

Lamia Beuque, con il suo timbro chiaro e luminoso, rappresenta al meglio la vivacità del paggio Isolier. Il mezzosoprano si rende protagonista di una prova vocale di tutto rispetto grazie alla morbidezza di uno strumento educato e ben appoggiato, che risalta tanto nei centri, vibranti e torniti, quanto negli acuti, saldi e sicuri. Spigliata e scanzonata la presenza scenica.

Davide Giangregorio, grazie al colore vellutato di un mezzo sonoro, infonde a Le Governeur la giusta solennità. Ben riuscita l’aria di primo atto, affrontata con sicurezza e appropriatezza stilistica. L’artista riesce a tratteggiare al meglio il personaggio attraverso una pregevole immedesimazione scenica, tanto come severo giudice di Ory, quanto come improbabile novizia.

Caterina Dellaere è una spigliata Dame Ragonde, scenicamente carismatica nella sua marcata comicità.

Efficace, tanto sotto l’aspetto vocale quanto sotto quello interpretativo, l’Alice di Silvia Spessot.

Completano la locandina i puntuali Gianluca Monti e Pietro Picone nei ruoli, rispettivamente, di un Paysan e un Chevalier.

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Davide Giangregorio e Lamia Beuque

Un cast di tale livello avrebbe meritato, tuttavia, ben altra direzione. Sul podio, troviamo infatti Oksana Lyniv, direttrice musicale del Teatro Comunale, che abbiamo già avuto modo di apprezzare in alcune sue prove nel repertorio wagneriano. La direttrice ucraina legge la partitura rossiniana con precisione quasi metronomica in una prova che si apprezza per la complessiva pulizia sonora ma che, ad un contempo, risulta stilisticamente inadeguata. Nel suo racconto musicale vengono infatti a mancare il brio e la brillantezza della commedia, la leggerezza delle schermaglie amorose, l’ironia sottesa di questo capolavoro rossiniano. Ne consegue un non perfetto equilibrio tra la buca, dove per altro risulta impegnata, con pregevoli risultati, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, e il palcoscenico che meriterebbe ben altro supporto e tutt’altra energia. Un vero peccato!

Apprezzabile, anche se meno brillante del solito, la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna, guidato con la consueta professionalità da Gea Garatti Ansini.

Il pubblico, che pur lasciava intravedere in sala numerosi vuoti alla recita cui abbiamo assisto, si mostra poco entusiasta durante l’esecuzione ma riserva agli interpreti accoglienze più calorose al termine, con punte di maggior entusiasmo all’apparire di Sara Blanch.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

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Antonino Siragusa, Sara Blanch e Lamia Beuque 

22 ottobre 2023. Penultimo capolavoro del genio pesarese, la cui musica fu principalmente mutuata da Il viaggio a Reims, Le Comte Ory è un’opera elegante e raffinata, dove il compositore è sempre più attento agli effetti e alla perfezione della forma.

Al Comunale Nouveau viene proposta una riduzione dello spettacolo del ROF 2022, ma il piccolo palcoscenico non riesce a ospitare l’intera imponente, strabiliante, fantastica scenografia di Hugo De Ana e il risultato è quello di una commedia buttata al caso, andando a perdersi quasi completamente i riferimenti al Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch.

Non riesce a soddisfare neppure la direzione di Oksana Lyniv – tant’è che l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna non sembra neppure la stessa che è stata ospite del Rossini Opera Festival per tanti anni – che esegue la partitura secondo un proprio stile personale, molto asettico e quasi robotico, perdendo completamente la fondamentale intenzione rossiniana. A tale proposito è doveroso riproporre un paio di scritti di Alberto Zedda: “Nel corso di un pezzo chiuso, si avverte a volte l’esigenza di muovere il tempo o di rallentarlo in misura maggiore di quella che possa rientrare nel concetto di “rubato”, di “libero andamento”, arrivando a conseguire un vero e proprio cambiamento di tempo. Il suggerimento può venire da una più naturale scansione prosodica del testo, dall’improvvisa concitazione della frase musicale, dal nascere di un episodio del tutto nuovo, etc. Lo scrupolo filologico impone cautela, ma la frequentazione dei suoi autografi insegna che Rossini molte volte trascura di segnare l’indicazione di movimento. All’inizio di un nuovo pezzo è ovvio individuarla dal contesto musicale (oltreché, eventualmente, dalla lezione di fonti secondarie), ma all’interno di un pezzo chiuso la sua identificazione è meno evidente. L’esperienza insegna a non rifiutare la sollecitazione di introdurre cambi di tempo, anche dove non figurino in autografo, nella convinzione che la fantasia indispensabile per conseguire un canto libero e significante si nutre anche e soprattutto di libertà agogica”.

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Antonino Siragusa, Nicola Alaimo e Caterina Dellaere  

E ancora: “La pulsione ritmica della musica di Rossini ha un carattere arioso e cangiante che potremmo definire melodico e consente (per non dire impone) all’interprete mobilità e elasticità straordinarie. Eseguire la sua musica “a tempo” significa costringerla a una rigidità infeconda e condannarla al rischio di noia e monotonia. Il segreto per evitare esecuzioni accademiche sta nell’imprimere al discorso musicale una libertà di movimento, una fantasia di impulsi, una ricchezza di scansioni che trova appunto nel procedere ritmico della frase l’arma segreta per disvelarne la felicità creativa. Delle tre varianti a disposizione dell’interprete per insufflare vita ritmica al discorso musicale – tempo sostenuto, tempo giusto, tempo animato – il “tempo giusto” è quello che meno si addice alla musica di Rossini. La frase rossiniana richiede continue mutazioni di tempo anche in assenza di esplicite indicazioni dell’Autore, e l’interprete che vuole sfruttare appieno la potenzialità di un canto destinato a tramutarsi in gesti teatrali significanti vi deve far continuamente ricorso. Il tempo giusto per la musica di Rossini è dunque quello che consente al cantante di raggiungere in ogni momento il massimo risultato espressivo, e l’articolazione ritmica diventa la chiave di volta per fornire al canto la linfa vitale richiesta dalla poetica musicale rossiniana. Il più delle volte il tempo rossiniano va inteso come “tempo animato”, “tempo mosso”, “tempo vivo” e deve imprimere la sensazione di una continua tendenza ad accelerare, trasmettere una eccitata voglia di guardare avanti. Più rara l’accezione contraria di “tempo calmo”, “tempo ritenuto”, anche se funzionale a pagine cantabili, meditative e ispirate”.

Fortunatamente il cast vocale è di altissimo pregio e sostiene le mancanze di cui sopra.
Antonino Siragusa si riconferma grande esperto del repertorio con un Conte cangiante e luminoso, affiancato dalla Contessa mirabolante di Sara Blanch che si sta creando una meritata posizione nel panorama lirico internazionale.
Nicola Alaimo è un Raimbaud elegante e raffinato; Davide Giangregorio è un Governatore ben saldo e dotato di un piacevolissimo colore scuro.
Pure ottime l’Isolier di Lamia Beuque e la Ragonde di Caterina Dallaere.

William Fratti | Fabienne Winkler

Le Comte Ory
Melodramma giocoso in due atti 
Musica di Gioachino Rossini 
Libretto di Eugéne Scribe e Charles-Gaspard Delestre-Poirson 

Le Comte Ory Antonino Siragusa
Raimbaud Nicola Alaimo
Le Gouverneur Davide Giangregorio
La Comtesse Adèle Sara Blanch
Dame Ragonde Caterina Dellaere  
Isolier Lamia Beuque
Alice Silvia Spessot 
Un cavaliere Pietro Picone 
Un villico Gianluca Monti 

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna 
Direttrice Oksana Lyniv  
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini

Regia, scene e costumi Hugo De Ana 
Regia ripresa da Angelica Dettori 
Revisione scene Manuela Gasperoni 
Assistente alle scene Greta Carmelini 
Assistente ai costumi Giulia Giannino 
Luci Valerio Alfieri 
Movimenti coreografici Michele Cosentino

FOTO: Andrea Ranzi