Spettacoli

Otello – Firenze, Teatro del Maggio

L’85° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, in un’edizione travagliatissima a causa delle difficoltà in cui versa la Fondazione, propone Otello di Giuseppe Verdi come secondo titolo del cartellone operistico. Anche in questo caso, come è stato per Don Giovanni, non viene presentato un nuovo allestimento bensì la produzione del 2020, realizzata in piena pandemia, andata in scena a porte chiuse e trasmessa da Rai 5. La regia di Valerio Binasco viene ora ripresa da João Carvalho Aboim e la direzione è ancora una volta affidata all’inossidabile e affezionatissimo Zubin Metha. Lo spettacolo si impone soprattutto per la forza drammatica delle interpretazioni vocali, mentre la parte visiva risulta poco incisiva ed unitaria.

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Luca Salsi e Arsen Soghomonyan

L’immagine del mare domina idealmente ogni quadro, con un cielo di piombo che si staglia sul fondo e che evoca le acque in burrasca, raffigurando in forma tangibile la tempesta nei cuori di Otello e di Iago. La scena, disegnata da Guido Fiorato, ci si offre come un grande relitto dopo il naufragio, un po’ rovine di guerra e un po’ porto abbandonato. Ad un pontile di ormeggio che pare perdersi nella tempesta dei flutti, sono giustapposte strutture in legno semi fatiscenti con elementi mediterranei e interni con carta da parati falsamente rassicurante. Lo spazio progressivamente si restringe, nella claustrofobia della vicenda, mentre alle bandiere rosse con il leone dorato il compito di evocare la Serenissima. I costumi di Gianluca Falaschi sono di tutte le fogge, dal Cinquecento ai giorni nostri, senza che questa molteplicità riesca tuttavia a trasmettere un’idea forte dell’universalità del dramma, creando una massa dove si trova di tutto e quindi nulla finisce per risaltare. Poco articolati i movimenti della folla e piuttosto ingessati quelli dei personaggi, che con i gesti dialogano assai poco tra di loro. Ben realizzato comunque il quadro d’insieme con il coro intorno a Desdemona. Le luci di Pasquale Mari non conferiscono dinamismo o efficacia alla scena, se non per i netti contrasti al quarto Atto, con una tenebra in cui irrompono i fasci bianche e freddi che segnano l’arrivo di Otello; d’effetto il tenue bagliore mattutino che accompagna lo sfumare delle battute conclusive.

Più convincente risulta, come già detto, la parte vocale, con un cast di talento e validamente assortito, benché sia stato in buona parte sostituito rispetto alla programmazione originaria.
Arsen Soghomonyan raffigura il tormento di Otello, oscillando tra ingenuo sospetto e crudele furore. La voce è potente ed estesa, con un’articolata regolazione del volume, anche se schiarisce un pochino in acuto e la dizione è talora non troppo scandita. Il tenore risulta sempre intensamente drammatico, esibendo in ogni parte una marcata intenzione espressiva, tanto nel canto quanto nel gesto. E’ eroico nell’”Esultate” e appassionato nel duetto d’amore, per descrivere poi con minuzia l’acuirsi del conflitto interiore fino al delirio omicida.

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Arsen Soghomonyan, Zarina Abaeva, Luca Salsi e Eleonora Filipponi

La Desdemona di Zarina Abaeva esibisce una vocalità ampia ed omogenea, con un timbro prezioso che ricorda l’antico. In ogni parte è di grande eleganza e misura, con una salda tenuta dei lunghissimi fiati e una linea melodica continua e definita. E’ delicata al primo Atto e molto aggraziata nel coro dei fiori, per farsi via via più drammatica nei dialoghi con Otello. Esprime al terzo atto una sofferenza contenuta ma pungente, per essere poi lirica e straziante nel finale. Di sconsolata dolcezza nella Canzone del Salce, pur con qualche diminuzione di potenza e intensità, e di una limpidezza trasfigurante nell’Ave Maria.

Luca Salsi è uno Jago dal fraseggio articolato e rotondo, nell’esattezza del tempo e dell’intonazione. Il canto è sempre fermo e consistente, pur con un lieve calo al terzo atto e una piccola incertezza iniziale, probabilmente dovuta ad un fraintendimento con l’orchestra e subito risolta con prontezza. Falso e gioviale nelle scene al primo Atto, interpreta con efficacia la doppiezza negli scambi con Cassio e con Otello, raffigurando una perfidia che si acuisce sempre più nell’ordire le sue trame distruttive. In “Credo in un Dio crudel” fa esplodere il personaggio in tutta la sua forza e molteplicità, dando forma ad una spavalderia malefica che risulta comunque venata dalla disperazione.

Ben rappresentato da Joseph Dahdah l’animo ingenuo e leale di Cassio, con una voce chiara e voluminosa che si articola in forme trasparenti. Incisivo e tagliente il Roderigo di Francesco Pittari, con una recitazione dinamica e brillante; solido e passionale il Montano di Eduardo Martinez, luminoso l’Araldo di Matteo Mancini.
Scura e dolentissima l’Emilia di Eleonora Filipponi, con un’accurata espressione vocale ed un intenso gesto drammatico; potente e compatto Adriano Gramigni che interpreta Lodovico con un fraseggio espressivo e scolpito.

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Arsen Soghomonyan e Zarina Abaeva

Piuttosto convenzionale la direzione di Metha, anche se con un suono dell’Orchestra del Maggio sempre molto morbido, trasparente e definito. Poco vigoroso l’inizio con i cori della tempesta e non troppo scolpiti i preludi al secondo e al terzo Atto. Discreto il sostegno alle voci, con qualche scollatura qua e là. Ben costruita l’architettura del grande concertato, anche se il pezzo non spicca per espressività. Poco evidenziati i temi sinistri e inquietanti legati soprattutto alla figura di Iago. Decisamente meglio sbalzata l’ultima breve introduzione e tutto quarto Atto, con una potenza drammatica resa da un flusso sonoro più turgido e articolato. Molto commovente il finale, ricco di sfumature, lirico e screziato.
Consistente ed accurato ogni intervento del Coro del Maggio, diretto da Lorenzo Fratini, anche, se manca talora di vigore drammatico, come al primo atto o alla scena dei messi veneziani, forse a causa della direzione un po’ fiacca di Metha. Assai dolce e sfumato nell’ampia scena dell’omaggio floreale a Desdemona. Tenero e brillante il Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino guidato da Sara Matteucci.

Assai calorosi gli applausi finali, mentre sono stati pochissimi quelli a scena aperta. Entusiasmo per Salsi, Abaeva e Soghomonyan, tripudio per Metha e fragorosi consensi anche per la parte registica.

OTELLO 

Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi

Maestro concertatore e direttore Zubin Mehta 

Regia Valerio Binasco
Ripresa da João Carvalho Aboim
Scene Guido Fiorato 

Costumi Gianluca Falaschi 

Luci Pasquale Mari

Otello, moro, generale dell’Armata Veneta Arsen Soghomonyan
Jago, alfiere Luca Salsi
Cassio, capo di squadra Joseph Dahdah
Roderigo, gentiluomo veneziano Francesco Pittari
Lodovico, ambasciatore della Repubblica Veneta Adriano Gramigni
Montano, predecessore d’Otello nel governo dell’isola di Cipro Eduardo Martínez
Un AraldoMatteo Mancini
Desdemona, moglie d’Otello Zarina Abaeva
Emilia, moglie di Jago Eleonora Filipponi

Coro, Coro di voci bianche e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino 

Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Maestro del Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino Sara Matteucci 

Foto: © Michele Monasta-Maggio Musicale Fiorentino