Spettacoli

Li zite ngalera – Teatro alla Scala, Milano

Li zite ngalera (I fidanzati sulla galera), commedia per musica di Leonardo Vinci, per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano.

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Chiara Amarù, Filippo Mineccia e Antonino Siragusa

“Ancora non si è capito che soltanto nel divertimento, nella passione e nel ridere si ottiene una vera crescita culturale.” Così sosteneva Dario Fo premiato con un nobel per la letteratura nel 1997. E probabilmente questo concetto lo si era già capito nella Napoli del Settecento, dove nasce l’arte di ridere, almeno teatralmente, nel 1707 con La Cilla di Michelangelo Faggioli, prima pièce comica in assoluto. Il suo successo è così strepitoso che tutti i teatri cercano di proporre la nuova “commedia per musica” e il Teatro dei Fiorentini nel 1722 presenta Li zite ngalera, musicata da Leonardo Vinci su libretto di Bernardo Saddumene, un funzionario di corte che usa questo pseudonimo. Una perla che segna la nascita di un nuovo genere e per noi la prima commedia di cui sia rimasta integralmente la musica. Un gioco d’amore, un’opera corale con ben undici protagonisti, una storia che fa perno sulla comicità della confusione dei sessi fra soprano e tenore en travesti e contralti. Un rincorrersi fra innamorati che alterna recitativi freschi e spontanei, rigorosamente in dialetto napoletano dell’epoca, ad arie quasi sempre dalla sonorità semplice e volutamente popolaresca. Una commedia del popolo, dei balconi, che parla con sincerità al pubblico. Il successo all’epoca fu travolgente tanto che l’opera fu anche riproposta in dialetto toscano a Roma.

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Francesca Pia Vitale, Chiara Amarù, Antonino Siragusa e Alberto Allegrezza

Il regista Leo Muscato e la scenografa Federica Parolini scelgono però di non ambientare l’azione nel borgo della costiera amalfitana ma in un interno borghese: una locanda che via via si viene materializzando sul palco per mezzo di piccoli carri che, spostandosi, ne disegnano le diverse stanze. Quasi ad ogni aria corrisponde un piccolo e rapido cambio del fondale che ci accompagna nei vari ambienti di questo palazzo. La scena è sempre curata con gusto e raffinatezza ed evoca gli interni borghesi di pittori quali François Boucher o Antoine Watteau. Deliziosi alcuni particolari come la scelta di riempire le pareti con stampe del Vesuvio in eruzione, azzeccato omaggio ad una serie di stampe di grande circolazione nel secolo dei lumi. Un susseguirsi di quadretti di genere che ridimensionano e normalizzano il grande palco della Scala e lo rendono più adatto ad ospitare una storia concreta e umanissima. Sempre eleganti e registicamente curati i movimenti dei cantanti, poetiche e vagamente malinconiche, come lo spirito che governa l’opera, le luci di Alessandro Verazzi. Aggraziati i costumi, quasi da presepe napoletano di Silvia Aymonino, spesso declinati in piacevoli tinte pastello. Uno spettacolo visivamente non prepotente ma leggero e malinconica come la musica di Vinci colorato da momenti esplosivi come quello della tarantella che coinvolge tutti i protagonisti nel secondo atto.

Promosso a pieni voti il versante musicale dello spettacolo, a partire dalla presenza sul podio di Andrea Marcon, specialista di questo repertorio. Il Maestro predilige una lettura vivace e brillante che sembra calzare a pennello con il rapido susseguirsi delle varie scene narrate in questa commedia di ambientazione partenopea. Sonorità sfumate e delicate tratteggiano, inoltre, le oasi liriche degli abbandoni sentimentali. I complessi dell’Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici e la Cetra Barockorchester, di cui lo stesso Marcon è direttore musicale, offrono una prova eccellente per precisione, coesione, varietà e ricchezza sonora. Rilevante l’equilibrio tra buca e palcoscenico, sul quale si esibisce una compagnia di canto vocalmente e scenicamente ben affiatata e con un’ottima padronanza del napoletano di inizio Settecento.

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Raffaele Pe e Marco Filippo Romano

Francesca Aspromonte, nel ruolo en travesti di Carlo Celmino, sfoggia una linea dall’innata musicalità che si fa apprezzare per la limpidezza del colore e la bellezza del timbro. Il sempre costante controllo dell’emissione, unitamente ad una presenza scenica spigliata e disinvolta, concorrono alla ottima riuscita di questa sua prova.

Chiara Amarù, nei panni di Belluccia Mariano, conquista il pubblico grazie ad un mezzo vellutato e brunito. La linea vocale appare sempre sorvegliata e ben rifinita; corposo il registro centrale, naturale e sono quello grave. Grazie ad un fraseggio sfumato e ad una presenza scenica sempre partecipe, il mezzo soprano palermitano esce a testa alta dall’interpretazione del personaggio forse più ambiguo e sfaccettato di tutta la vicenda.

A Francesca Pia Vitale spetta il compito di interpretare Ciomma Palummo, la donna verso la quale convergono le attenzioni di tutti gli uomini di questa commedia. Non le mancano certo il fascino e la freschezza di una presenza scenica spigliata e seduttiva; ben riuscita, inoltre, la prova vocale grazie ad uno strumento uniforme e dotato di facile proiezione. 

Alberto Allegrezza si impone nella irresistibile interpretazione di Meneca Vernilio, ruolo per tenore en travesti. All’indiscutibile dominio di una linea vocale sonora ed omogenea in tutti i registri, si uniscono una assoluta proprietà di accento, ironicamente caricato, e una presenza scenica totalitaria e volutamente sopra le righe. Il personaggio diviene così espressione diretta del carattere tipico della commedia partenopea che, con la sua comicità schietta ed immediata, riesce a conquistare il pubblico. Da notare, infine, la bravura nella esecuzione di una pagina per solo flauto.

Bravissimo Marco Filippo Romano, autentico mattatore nel ruolo di Rapisto. Il baritono sfoggia una invidiabile sicurezza vocale in tutti i registri, dai centri vibranti agli acuti ampi e baldanzosi. Un plauso incondizionato va, anche e soprattutto, alla capacità di Romano di cesellare ogni singola frase musicale in un tripudio di colori e di inflessioni espressive che restituiscono appieno le intenzioni dell’autore. Che dire poi dalla presenza scenica? Istrionica, carismatica, magnetica e tale da dare vita ad un personaggio moderno e divertente, scevro da forzature o inutili sovrastrutture. 

Molto bene anche Raffaele Pe, un Ciccariello ben tratteggiato sotto tutti i punti di vista. La linea musicale, ricca di armonici, viene condotta con raffinatezza e senza sbavature. Curata e pertinente l’espressività  di questo personaggio i cui caratteri dominanti sono la malizia e l’astuzia. Convincente, inoltre, l’interpretazione, guidata sui binari di una goliardica e pruriginosa ironia.

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Francesca Pia Vitale e Antonino Siragusa

Antonino Siragusa, con la sua vocalità limpida e ben proiettata, veste i panni di Col’Agnolo, e, con la giusta morbidezza e duttilità, si mostra a proprio agio nella scrittura di Vinci. Grazie ad un fraseggio variegato e sfumato, in uno con una recitazione spontanea, riesce a dare vita ad un personaggio credibile ed avvincente. 

Filippo Mineccia presta il proprio strumento, dotato di buona musicalità e tecnicamente sicuro, al ruolo di Titta Castagna. Particolarmente riusciti sono i momenti solistici, dove emerge una pregevole morbidezza vocale. Sempre centrato, inoltre, il lato interpretativo del personaggio.

Filippo Morace veste i panni del Capitano Federico, cui riconosciamo una innegabile disinvoltura scenica e una certa appropriatezza stilistica. L’aria di ingresso, eseguita dalla platea, appare poco sonora, mentre il finale acquista maggiore autorevolezza vocale. Da segnalare, inoltre, come il Capitano sia l’unico personaggio le cui battute non sono in napoletano.

Completano la locandina il sonoro Assan di Matías Moncada e la squillante Schiavottella di Fan Zhou, entrambi solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala.

Il pubblico presente, piuttosto numeroso, decreta a tutti gli artisti un prolungato quanto caloroso successo al termine. 

LI ZITE NGALERA
Commedia in musica in tre atti
Libretto di Bernardo Saddumene
Musica di Leonardo Vinci

Carlo Celmino Francesca Aspromonte
Belluccia Mariano Chiara Amarù
Ciomma Palummo Francesca Pia Vitale
Federico Mariano Filippo Morace
Titta Castagna Filippo Mineccia
Meneca Vernillo Alberto Allegrezza
Ciccariello Raffaele Pe
Rapisto Marco Filippo Romano
Col’Agnolo Antonino Siragusa
Assan Matías Moncada
Na schiavottella Fan Zhou

Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici
con la partecipazione di elementi de La Cetra Barockorchester
Direttore Andrea Marcon
Regia Leo Muscato
Scene Federica Parolini
Costumi Silvia Aymonino
Luci Alessandro Verazzi

Foto: Brescia Amisano Teatro alla Scala