Spettacoli

Mefistofele

Piacenza 14.10.2022
Dopo la prima modenese arriva al Municipale di Piacenza Mefistofele di Arrigo Boito

Un’opera complessa e dalla difficile genesi, il Mefistofele di Boito, che conosce alla sua prima scaligera un clamoroso insuccesso. È il 1868 e l’opera incontrerà il meritato successo solo molti anni dopo, nel 1875, al Comunale di Bologna, in seguito ad una corposa revisione. 

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Simon Lim, Antonio Poli e Marta Mari

“Son luce ed ombra; angelica/Farfalla o verme immondo,/Sono un caduto chèrubo/Dannato a errar sul mondo,/O un demone che sale,/Affaticando l’ale,/Verso un lontano ciel.” scriveva lo stesso Boito in Dualismo, poesia manifesto della scapigliatura: una lotta fra bene e male, elementi ossimorici di ogni essere umano. Nella stessa composizione si cita anche l’homunculus, (Forse noi siam l’homunculus/D’un chimico demente), creazione alchemica presente nella seconda parte del Faust, un primo omaggio al grande poema di Goethe. Tutte queste tematiche confluiscono nel manifesto musicale della scapigliatura, il Mefistofele appunto. 

Lo spettacolo porta la firma di Enrico Stinchelli per regia, scene e costumi: la scelta è quella di rifarsi ad un teatro classico dove però le grandi scene dipinte sono sostituite da proiezioni (a cura di Angelo Sgalambro che segue anche il comparto luci). Gli elementi scenici sono ridotti all’essenziale e non potrebbe essere diverso, data la grande massa di cantanti impegnati in molte scene. L’impostazione semplice dello spettacolo non è di per se limitante ma, a nostro avviso, la scelta delle immagini non risulta sempre ispirata, si parte con una cosmogonia degna di un film di fantascienza per passare a immagini di ispirazione fantasy, o favolistiche, un mix di stili che genera un po’ di confusione. Buono invece l’uso delle luci che giocano con gli elementi presenti nella sala, come i putti dipinti sul soffitto, illuminati a sorpresa nell’epilogo. Adeguate le coreografie di Michele Merol, che creano interessanti isole di arte coreutica. Essenziali e funzionali i costumi. 

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Marta Mari

Davvero ben riuscito invece il versante musicale dello spettacolo.
La partitura di Boito è intricata e tutt’altro che lineare dal punto di vista delle dinamiche espressive. Al Maestro Francesco Pasqualetti va, prima di tutto, il merito di aver ricercato e ricreato, grazie alla grande coesione della compagine orchestrale, la giusta atmosfera narrativa nella quale prendono vita le diverse scene che compongono il racconto musicale. Si passa, così, agevolmente dalla solennità delle schiere celesti, alle brucianti passioni dei desideri terreni, alle luciferine ed irriverenti melodie che accompagnano Mefistofele e i seguaci del Sabba. Una tavolozza di colori nella quale si colgono cangianti sfumature in un’alternarsi di tinte pastello e pennellate ben più rimarcate.
Come si diceva poc’anzi, l’intenzione del Maestro si realizza pienamente grazie all’ottima prova dell’Orchestra Filarmonica Italiana, che brilla per attenzione e pulizia, mantenendo costante l’intensità sonora.

Tra i protagonisti assoluti dell’opera è il coro che, in questa produzione, visto l’ingente numerosità di elementi richiesti in partitura, univa le compagini del Coro Lirico di Modena e del Coro Municipale di Piacenza. Con la guida esperta del Maestro Corrado Casati, i numerosi interventi corali prendono forma con intensità vibrante e solenne maestosità. Di buon livello anche l’apporto dei giovani cantori delle Voci Bianche del Teatro Comunale di Modena, diretti dal Maestro Paolo Gattolin.

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Simon Lim e Antonio Poli

Nel ruolo del titolo, Simon Lim offre una prova d’alto rango grazie ad una vocalità granitica che ben si adatta alle esigenze della parte. Il mezzo, brunito e sonoro, suona compatto e sicuro a tutte le altezze, vibrante e ricco di armonici. Se ottimo è l’esecutore, altrettanto efficace è l’interprete, in forza di un fraseggio insinuante e spavaldo, irriverente ma pur sempre elegante. Godibile anche la presenza scenica.

Antonio Poli possiede una linea di canto avvolgente, dal bel colore solare e dal timbro squisitamente lirico. Vocalmente ben a fuoco, grazie, tra l’altro, ad un registro centrale rigoglioso e ad una zona di passaggio di sicuro effetto, il tenore risalta in particolare nell’aria “Giunto sul passo estremo”, eseguita con malinconico abbandono. Poli crea il suo Faust con il giusto ardore e trasporto, dando vita ad un personaggio sfaccettato e coinvolgente.

Bravissima è poi Marta Mari, impegnata nel duplice ruolo di Margherita ed Elena. Il soprano è in possesso di un mezzo che brilla per limpidezza, una di quelle voci che “corrono”, grazie alla pienezza dei centri e alla facilità nella salita all’acuto. Suggestiva l’esecuzione dell’aria “L’altra notte in fondo al mare”, affrontata con canto sfumato ed espressivo. Se la Mari esce a testa alta dalle difficoltà della scrittura di terzo atto, altrettanto riuscito è l’atto successivo, quello di Elena, dove il canto del soprano si carica ora di sensualità, ora di inquietudine e drammaticità. Si rimane colpiti, infatti, dalla capacità di questa artista, di costruire il personaggio (anzi i personaggi) con grande partecipazione emotiva, mantenendo la linea vocale sempre morbida e scevra di forzature.

Note positive per il Wagner di Paolo Lardizzone, in possesso di un mezzo squillante e luminoso, oltre che di una presenza scenica di aristocratica eleganza.

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Simon Lim e Antonio Poli

Non passa di certo inosservata la Marta di Eleonora Filipponi, in possesso di un mezzo dal colore ambrato e dall’esibito registro di petto.

Ben a fuoco sono poi Shay Bloch come Pantalis e Vincenzo Tremante come Nerèo.

Allo spettacolo arride un grande successo che, pur tra qualche vuoto di troppo in sala, rappresenta la giusta ricompensa per una prova tanto ardita quanto la messa in scena di un titolo tanto impegnativo per allestimento e masse artistiche coinvolte.

E adesso l’attenzione è tutta per il prossimo titolo operistico, Rigoletto, il capolavoro immortale di Giuseppe Verdi, con cui si inaugura nella nuova stagione del Teatro Municipale di Piacenza.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

Modena 7.10.2022
Una magica e fortissima sinergia di intenti e passione che coinvolgono tutti gli artisti impegnati al Teatro Pavarotti Freni di Modena, dal Direttore artistico M. Aldo Sisillo, alla coppia vincente Direttore e Regista fino ad arrivare attraverso cantanti, Orchestra, Coro al personale tecnico ed il risultato è questo: Mefistofele andato in scena a Modena una delle più belle opere che la scrivente in 50 anni di teatro, trascorsi come spettatrice ed esecutrice abbia mai visto. Uno spettacolo creato con amore infinito e suprema conoscenza dello spartito e del testo da Enrico Stinchelli, noto conduttore radiofonico, ma anche musicista e critico musicale, che firma la regia, scene e costumi di questo monumento della Scapigliatura italiano, a torto denigrato e fatto cadere in un limbo nebuloso di oblio. 

Opera immensa e non certo facile da allestire ed eseguire. Stinchelli, coadiuvato da una giovane e grintosa squadra di belle realtà artistiche come Rosangela Giurgola, aiutoregista, ed il talentuoso videomaker Angelo Sgalambro, ha saputo commuovere, colpire nel più profondo ed affascinare gli spettatori presenti, attraverso le magnifiche proiezioni di Sgalambro, mai di troppo, mai pesanti, ma vive e perfettamente in accordo con ogni sillaba cantata in palcoscenico o inciso suonato nel profondo golfo mistico del bel teatro modenese.

Indimenticabile e quasi da pugno nello stomaco la proiezione, durante l’aria del basso “Ecco il mondo” del terribile cancello di Auschwitz, il coronavirus espresso con la profonda tristezza di una donna munita di mascherina e con la danza dei virus attorno al mondo per finire con la spettrale esplosione del fungo atomico, purtroppo raggelante nella sua lucida realtà attuale. Durante il magnifico Prologo viene raffigurata la creazione del mondo, fino ad arrivare ad Adamo ed Eva, con le immagini che si sposano perfettamente con il discorso musicale.

Alla splendida messinscena si unisce la stupenda lettura musicale del Direttore Francesco Pasqualetti, che imprime fuoco, scolpisce ogni nota e frase nel marmo, sa usare perfettamente tutta la sterminata tavolozza dei colori usata con doviziosa maestria dal compositore Arrigo Boito, dal pianissimo aereo e leggero del coro degli angioletti, fino al furioso canto del Sabba o alle vigorose strappate del coro finale.L’Orchestra Filarmonica Italiana lo ha ben seguito nel percorso musicale, fornendo un suono robusto e luminoso, tranne qualche lieve incerteza negli ottoni iniziali, se vogliamo proprio essere pignoli. Un apprezzamento particolare alla sezione delle Arpe, davvero fluide e perfette.


In palcoscenico voci di grande rilievo, nessuno escluso anche nei comprimari.
Il basso coreano Simon Lim è dotato di una voce straordinaria, estesa e compatta in ogni registro, che l’artista usa con molta proprietà e valenza tecnica. Manca a mio avviso l’odore di zolfo nella sua interpretazione, quella grandezza del Principe del male che avrebbe reso indimenticabile la sua interpretazione che è di tutto rispetto.

I panni del filosofo e scienziato Faust, cosi scaltro che imbroglia addirittura il Demonio, sono indossati da un grande Antonio Poli,voce eroica, raggiante, spavalda ed indimenticabile di tenore, sempre in parte . L’artista sa piegare la sua potente voce anche a mezzipiani teneri nel giardino di Margherita ed il suo personaggio e ben condotto ed incisivo in scena. 
Al debutto nel doppio ruolo di Margherita ed Elena una bravissima Marta Mari, voce estesa, morbida e splendida di soprano, che ha saputo colorare con bravura tecnica ed adornare di fraseggio ben elargito ogni singola frase dei suoi ruoli. Da brivido tutto l’atto del carcere, dove l’artista sa trovare anche una voce sbiancata ed allucinata per rendere magistralmente la pazzia di Margherita, commuovendo anche una gran regina della scena e maestra dell’interpretazione che risponde al nome di Raina Kabainwaska, presente in sala. Fascinosa anche come Elena di Troia e molto potente il suo ricordo della rovinosa notte della caduta di Troia.


Ottimi i ruoli di fianco, dalla pepata e musicalissima Marta di Eleonora Filipponi, bella voce di mezzosoprano, all’incisivo e degno di ruoli primari Paolo Lardizzone, un valente Wagner, fino agli eleganti Shay Bloch ( Pantalis) e Vincenzo Tremante(Nereo).
Altro immenso protagonista in scena il coro , anzi i due cori, il Coro Lirico di Modena ed Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretti sapientemente dal M. Corrado Casati, che ha giganteggiato nei tanti momenti in cui è impiegato, dal poderoso Prologo, fino alla funambolica scena del Sabba per concludere con il grande Epilogo. Suono unico, suggestivo, ben dosato tra le sezioni, tutte munite di ottime voci, il Coro ha donato un momento di grande professionalità ed arte, pur mi si è detto con poche prove. Un grande applauso a tutti loro!


Deliziose e ben preparate Le voci bianche del Teatro Comunale di Modena guidate da Paolo Gattolin. Da sottolineare anche le belle coreografie di Michele Merola perfettamente eseguite con movimenti fluidi e nobili dai danzatori di Agorà Coaching Project a cura di MM Contemporary Dance Company.
Trionfo finale giustamente tributato a tutti gli artisti in campo per un allestimento che dovrebbe essere visto anche nei grandi teatri e da chi non ama l’opera o lo considera uno spettacolo ammuffito. Ne uscirebbe innamorato e commosso.

Cristina Miriam Chiaffoni

MEFISTOFELE
Opera in un prologo, quattro atti e un epilogo, su musica e libretto di Arrigo Boito tratto dal Faust di Goethe

Mefistofele Simon Lim
Faust Antonio Poli
Margherita/Elena Marta Mari
Marta Eleonora Filipponi
Wagner Paolo Lardizzone
Pantalis Shay Bloch
Nerèo Vincenzo Tremante

Orchestra Filarmonica Italiana
Direttore Francesco Pasqualetti
Coro Lirico di ModenaCoro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati
Voci bianche del Teatro Comunale di Modena
Maestro delle voci bianche Paolo Gattolin
Regia, scene, costumi Enrico Stinchelli
Luci e video Angelo Sgalambro
Coreografie Michele Merola

Foto: Cravedi e Rolando Paolo Guerzoni