Spettacoli

Otello

26 giugno 2022. La stagione d’Opera 2022 del Teatro Comunale di Bologna, si congeda dal suo pubblico, prima della pausa estiva, con una sfolgorante edizione di Otello di Giuseppe Verdi.

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Franco Vassallo e Gregory Kunde

“Il nostro corpo è il nostro bel giardino, e la volontà nostra il giardiniere” così dice Jago, nell’Otello di Shakespeare e in questa produzione la volontà andare in scena è stata determinante. Lo spettacolo era inizialmente previsto, in pieno periodo pandemico al al PalaDozza, poi riprogrammato per l’autunno e nuovamente annullato; giunge oggi, a due anni di distanza, al Comunale di Bologna, con un allestimento che risente ancora dei limiti e delle scelte dovute alla pandemia. Una grande vela è al centro della scena, con riferimento all’incipit dell’opera: nel mezzo di quella “tempesta della mente e dei sentimenti”. Il regista Gabriele Lavia, che cura anche le luci, gioca costantemente con questo grande velo che disegna, alzandosi e abbassandosi, gli ambienti. Belle le luci che lo rendono accesso di rosso a simboleggiare l’amore o verde come la rabbia. Una soluzione gradevole anche se statica e ripetitiva ma che deve essere giudicata rispetto ai limiti della fase pandemia. La povertà della scena (a cura di Alessandro Camera) è compensata però dal riuscitissimo lavoro sui singoli personaggi che si muovono con naturalezza, con gestualità attentamente studiata ed interagiscono tra loro con grande dinamismo ed efficacia drammatica (retaggio, con molta probabilità del vissuto attoriale dello stesso Lavia). Impreziosiscono lo spettacolo i bellissimi costumi di foggia tardo rinascimentale di Andrea Viotti.

Largo alla musica quindi, e in primis al Maestro Asher Fish, sul podio, a cui è demandato il difficile compito di restituire la partitura verdiana in tutta la sua complessità. Difficile prova nella quale, tuttavia Fish riesce con risultati pregevoli cogliendo le inquietudini che pervadono la scrittura del Cigno di Busseto. Dopo la tempesta inziale, troviamo così l’oasi di pace nel duetto d’amore di finale primo e quindi l’opprimente insinuarsi del dubbio che attanaglia Otello a partire dal secondo atto e sino al tragico epilogo. Pur in mancanza di qualche guizzo personale, la lettura di Fish risulta pienamente convincente. Merito, senza dubbio, del prezioso contributo dell’Orchestra del Teatro Comunale, sempre compatta e precisa nel realizzare il giusto equilibrio sonoro (un plauso alla politezza dei fiati, non sempre scontato in questo titolo).

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Mariangela Sicilia

La compagnia di canto è tra le migliori oggi auspicabili.

A partire dal protagonista. Gregory Kunde è artista straordinario e la sua longevità vocale ha oramai del miracoloso. Basterebbe l’ingresso in primo atto, il temibile “Esultate!”, per confermare lo squillo e la sicurezza di un registro acuto luminoso e sfolgorante. Dopo la baldanza iniziale questo Otello apre il cuore alla sua Desdemona nel meraviglioso duetto di finale primo dove la linea vocale riesce ad accarezzare con inusitata morbidezza le frasi musicali. Il secondo atto ben evidenzia il mutamento del personaggio, dalla spensieratezza alla rapida discesa nel baratro del sospetto. Durante il lungo confronto con Jago il fraseggio si carica di esasperata incredulità, rabbia e desiderio di vendetta. Il “Sì pel ciel marmoreo giuro” diviene una delle pagine memorabili della serata (complice anche un Vassallo in stato di grazia). Nel terzo atto, poi, Kunde regala, nell’aria “Dio, mi potevi scagliar” una lezione di canto accarezzando ogni frase con varietà d’accento e dosando l’emissione con grande duttilità. In quarto atto, infine, affronta il finale “Niun mi tema” con accenti toccanti e disperati, arrivando dritto alle corde dell’anima. Ci troviamo di fronte, in altre parole, ad un artista fuori dal comune che conosce alla perfezione questo ruolo e sa entrarne nelle pieghe più remote. La voce ha perso un po’ di smalto rispetto agli anni d’oro (l’inevitabile trascorrere del tempo), ma il dominio tecnico è ancora da autentico fuoriclasse così come il vigore del registro superiore che in una parte tanto micidiale viene sollecitato continuamente. Meritatissima, quindi, l’accoglienza al calor bianco riservatagli dal pubblico al termine dello spettacolo.

Mariangela Sicilia debutta nel ruolo di Desdemona e lo fa con ottimi risultati. Il soprano possiede una vocalità dal timbro lirico ed avvolgente. Il mezzo suona omogeneo a tutte le altezze, corposo nei centri e sicuro in acuto. La cura del fraseggio riflette una Desdemona innamorata e giovanile, scevra da inflessioni matronali, una donna risoluta nel difendere il proprio amore (e la propria innocenza sino alla fine). Peculiare, in tal senso, è l’esecuzione, in quarto atto, della “Canzone del salice” e la seguente “Ave Maria” dove la Sicilia riesce a trovare accenti malinconici, ma anche toccanti e commoventi.

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Pietro Picone e Luca Gallo

Eccellente lo Iago di Franco Vassallo. La voce del baritono milanese, con il suo colore pastoso e la sua ricchezza di armonici, si rivela ideale per questo ruolo. La perizia del fraseggio e del porgere la frase rivelano, inoltre, lo scavo approfondito del personaggio, tra i più complessi dell’intera letteratura verdiana. Lo Iago di Vassallo, grazie ad un’emissione sempre ben dosata e sfumata, sa essere insinuante e diabolico senza mai scadere in eccessi di certa tradizione e, nella sua compostezza risulta ancora più perfido e raggelante (l’esecuzione del “Credo” o del “Sogno di Cassio” risulta, in tal senso, particolarmente significativa).

Note positive per il Cassio interpretato da Marco Miglietta, dotato di un mezzo squillante dal suadente colore chiaro. Sempre a fuoco i suoi interventi, ben sbalzati anche sotto l’aspetto interpretativo. Godibile la presenza scenica.

Un plauso anche alla bravissima Marina Ogii che, con ottima intonazione e ragguardevole proiezione del suono, riesce a far risaltare il ruolo di Emilia elevandola da un facile anonimato da ruolo comprimario. La freschezza della presenza scenica rende questo personaggio ben affiatato con la Desdemona della Sicilia.

Adeguato il Roderigo di Pietro Picone, efficace il Montano di Luca Gallo, corretto il Lodovico di Luciano Leoni.

Completa la locandina il puntuale Tong Liu (dalla fila della Scuola dell’Opera del Teatro Comunale di Bologna) nel ruolo di un araldo.

Di buon livello la prova del Coro del Teatro Comunale di Bologna diretto dalla sempre brava Gea Garatti Ansini. La collocazione delle masse corali, tuttavia, confinate quasi sempre nel fondo del palcoscenico, non ha consentito di percepire appieno quella brillantezza e quella intensità sonora cui di solito questa compagine ci ha abituati.

Una sala pressoché esaurita decreta un successo incandescente e prolungato al termine con accoglienze trionfali (meritatissime) per il terzetto dei protagonisti. Uno spettacolo da ricordare che segna degnamente la chiusura della prima parte della stagione del teatro. Arrivederci ad ottobre con Andrea Chenier! 

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

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Federica Vitali

28 giugno 2022. Il glorioso teatro felsineo ha concluso la stagione con un memorabile allestimento del penultimo capolavoro del genio massimo italiano, Otello di Giuseppe Verdi. Rimandato dalla pandemia che non ha permesso la sua esecuzione due anni fa, è stato riproposto in questo caldissimo giugno, affascinando il pubblico presente con due cast che non possiamo definire primo e secondo, ma complementari ed armonicamente assortiti. Chi scrive ha assistito ad una recita del cosiddetto secondo cast che mi ha veramente colpito e commosso nel profondo. A reggere la complessa architettura musicale dell’opera verdiana il maestro Asher Fisch, che ha impresso forza, ampia scelta della tavolozza dei colori musicali e rovente fuoco alla splendida partitura, donando momenti di tensione e forte impatto emotivo. Ben assecondato dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, che ha offerto soprattutto nella sezione dei legni ed ottoni attimi di fulminea e forte suggestione, con un suono poderoso e personale.

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Roberto Aronica e Federica Vitali

Lo sfortunato eroico generale moro era interpretato da Roberto Aronica, che ha donato al suo personaggio una sicura, bronzea e spavalda nello squillo voce dal suggestivo colore e potenza. Ma dove ha toccato le corde più intime dello spettatore è stato nello struggente “Dio mi potevi scagliar “ eseguito in ginocchio o accasciato a terra, piangendo e donando ad ogni singola nota e respiro la vibrazione di un’anima colpita a morte. La stessa emozione nel finale “Niun mi tema” quasi sussurrato e strappato dal cuore. Un grande artista che ha reso in pieno la dolente umanità del diverso, di colui che nonostante vittorie e riconoscimenti deve sempre dimostrare di essere qualcuno e deve sempre combattere contro pregiudizi e cattiverie.

Al suo fianco la dolcissima,fresca voce del giovane soprano Federica Vitali, che all’emettere la sua prima frase nel duetto d’amore mi ha ricordato la giovane Renata Tebaldi. Voce di perla, molto bella ed emessa con grande intelligenza e perizia tecnica, pianissimi eterei ed acuti folgoranti ed interpretazione personale e molto buona. La sua Desdemona è una donna forte, annientata da un male più grande di lei, che combatte fino alla fine. Il male, così ben delineato dal compositore bussetano era qui incarnato dallo Jago di Angelo Veccia. Il baritono è dotato di un bello strumento vocale che usa con bravura e musicalità, ma non mi ha convinto nella sua interpretazione. A mio avviso manca lo scavo del personaggio così diabolico e raffinato nel tessere la sua mefitica trama che porta alla tragedia finale, manca insomma la zampata del grande interprete.

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Angelo Veccia

Interessante comunque la ricerca dei colori e delle sfumature nel delineare le diverse voci del “Sogno” e come il cantante si approccia in maniera diversa con gli altri personaggi. Cassio ha la bella e sicura voce del tenore Marco Miglietta, che dona personalità all’azzimato capitano. Come colpisce la scura e ben emessa anche negli acuti finali voce di Marina Ogii, un’Emilia degna di nota. Ragguardevoli e di sicura musicalità Pietro Picone, un Roderigo sicuro e presente, Luciano Leoni, Lodovico ieratico ed incisivo e l’ottimo Montano di Luca Gallo. Buono e musicale nella sua breve parte l’Araldo di Tong Liu.

Il Coro del Teatro Comunale di Bologna, diretto dal m. Gea Garatti Ansini ha sembrato soffrire della posizione in cui lo ha relegato la regia, in fondo al palco e non ha brillato come al solito, pure restando una delle compagini migliori dei teatri italiani con il suo nobilissimo suono unico e suggestivo.

La regia di Gabriele Lavia, da grande rilievo all’interpretazione dei cantanti in scena e ben definise il dramma shakesperiano, con pochi ed essenziali movimenti di masse, incorniciata dalle suggestive scene di Alessandro Camera e dagli splendidi costumi di Andrea Viotti, che rievocano Tiepolo.
Un bellissimo spettacolo, da “spellarsi le mani”, coronato da un vivo successo da parte del numeroso ed entusiasta pubblico presente.

Cristina Miriam Chiaffoni

OTELLO
Dramma lirico in quattro atti
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Arrigo Boito

Otello Gregory Kunde (26.06) Roberto Aronica (28.06)
Iago Franco Vassallo (26.06) Angelo Veccia (28.06)
Cassio Marco Miglietta
Roderigo Pietro Picone
Lodovico Luciano Leoni
Montano Luca Gallo
Un araldo Tong Liu
Desdemona Mariangela Sicilia (26.06) Federica Vitali (28.06)
Emilia Marina Ogii

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Asher Fisch
Maestro del coro Gea Garatti Ansini
Regia e luci Gabriele Lavia
Scene Alessandro Camera
Costumi Andrea Viotti

FOTO: ANDREA RANZI