2016

Pubblicazioni 2016

AMARILLI NIZZA: THIS IS MY VERDI – CD DYNAMIC 2014 [William Fratti] – 12 marzo 2016
Impeto e vigore. Sono questi i segni distintivi del canto verdiano di Amarilli Nizza, che accompagnata da Gianluca Martinenghi alla guida della Janáček Philharmonic Ostrava incide un nuovo album dedicato al Cigno di Busseto.
La tecnica importante che da sempre contraddistingue il suo canto, quasi esclusivamente dedicato a Verdi e Puccini, tanto da permetterle di scandagliare ogni singolo passaggio al punto di diventarne una specialista, è l’elemento principale che le permette di diventare un tutt’uno con le partiture. L’uso dei colori e dei cromatismi attraverso le dinamiche e gli accenti, arricchiti da un fraseggio particolarmente eloquente e un uso della parola orientato all’effetto teatrale, fanno vivere emozioni e sentimenti veri, reali, tangibili, che è ciò che dovrebbe essere il fine primario dell’opera lirica.
Il timbro è caldo, pieno e rotondo. La linea di canto è morbida e omogenea, perfettamente incrinata e sporcata al momento giusto dall’espressione necessaria alla parola, alla frase musicale, all’intensità drammatica, alla forma della creazione artistica, al pulsare delle suggestioni e dei turbamenti dei personaggi che Amarilli Nizza diventa di volta in volta. E così l’interprete non è mai se stessa: il soprano scompare, resta la donna, ma non è più Amarilli, bensì Abigaille, Odabella, Lady Macbeth, Leonora, Aida.
Dunque si parte da un giovane Verdi dalla veemenza adolescenziale, impressa nelle acrobatiche agilità ben articolate di NabuccoAttila e Macbeth, di derivazione belcantista, ma già orientate ad una certa drammaturgia, per arrivare alle pagine più centrali con Il trovatore e infine le più mature con Aida, quelle che hanno aperto le porte al canto della prima metà del Novecento. È una parabola musicale ed esecutiva completa che fa sognare e trattenere il respiro, senza alcun allentamento o distensione. E al termine degli oltre settantacinque minuti di ascolto, prima ancora di impostare il replay, si inizia ad attendere e immaginare Elvira, Lucrezia, Amalia, Luisa, Elena, Amelia e Desdemona.
CDS7721 – EAN 8007144077211

LA GAZZETTA – DVD DYNAMIC 2016 [Margherita Panarelli] – 08 luglio 2016
Il nutrito catalogo dell’etichetta Dynamic si arricchisce di un nuovo titolo, una registrazione della produzione de “La Gazzetta” di Rossini messa in scena all’ Opéra Royal de Wallonie di Liegi nell’ Ottobre del 2014. Un buon cast e una regia spiritosa rendono la visione di questo DVD piacevole e divertente.
Jan Schultsz dirige l’Orchestra ed il Coro dell’ Opéra Royal de Wallonie con moderazione e gusto risultando a tratti però la sua direzione priva di autentico brio e l’intesa tra buca e palcoscenico non sempre ineccepibile. Il risultato è comunque apprezzabile, e il cast vocale di ottimo livello: 
Enrico Marabelli è un Don Pomponio magnifico. Specialmente apprezzabili sono la cavatina Co’ ‘sta grazia e ‘sta portata e il duetto Pe’ da’ gusto alla signora in cui dà prova di prestanza vocale e di buonissimo tempismo comico.
Cinzia Forte, nei panni di Lisetta, esordisce con un Presto, dico non proprio eccellente, ma ha modo di provare le sue qualità nel corso dell’opera e la sua seconda aria Eroi li più galanti è eseguita in maniera encomiabile.
Edgardo Rocha brilla nei panni di Alberto per l’agilità e la freschezza della sua voce, la sua è un’interpretazione briosa e vivace tanto da conquistare il pubblico insieme a Doralice.
Julie Bailly è deliziosa nel ruolo, nonostante la sua aria, Ah, se spiegar potessi, sia stata tagliata.
Ottimo il Filippo di Laurent Kubla. La sua dizione eccellente, e la sua pregevole esecuzione di Quando la fama altera in particolare, ne fanno apprezzare le doti di cantante ed attore. Menzione speciale per la sua apparizione nei panni del Quacchero, un vero spasso!
Molto bene anche Monica Minarelli, Jacques Calatayud e Roger Joakim nei rispettivi ruoli di Madama La Rose, Anselmo e Monsù Traversen.
Le scene civaci e elaborate di Jean-Guy Lecat presentano l’atrio (e anche l’esterno in alcune occasioni) di un Hotel Aquila moderno e riccamente arredato e sgargianti sono anche i costumi di Fernando Ruiz., il tutto completato dalla dinamica regia di Stefano Mazzonis di Pralafera. Nel complesso si tratta di una registrazione di ottimo valore per quest’opera raramente eseguita. Registrazione che ha anche il vanto di aver inserito il quintetto del primo atto ritrovato nel 2011 al Conservatorio di Palermo.

MEDEA IN CORINTO – DVD DYNAMIC 2016 [Margherita Panarelli] – 30 luglio 2016
Medea in Corinto è un’opera lirica di Johann Simon Mayr (1763-1845) su libretto di Felice Romani. Commissionata dal Teatro San Carlo di Napoli, debuttò sulla scena il 28 novembre 1813 ed ebbe tra gli interpreti, nel suo primo fortunato periodo sui palcoscenici, Isabella Colbran e Giuditta Pasta per poi finire ingiustamente dimenticata.
Raramente eseguita, e ancor più raramente incisa, che l’etichetta Dynamic ne presenti un CD ed un DVD (anche se non in prima registrazione video assoluta come segnalato in copertina, poiché esiste una registrazione del 2010 della produzione andata in scena alla Bayerische Staatsoper di Monaco) è un’iniziativa lodevole e più che benvenuta. L’edizione qui presentata è stata registrata al 41° Festival della Valle d’Itria a Martina Franca nell’estate del 2015 ed è la prima rappresentazione, e registrazione, nell’edizione critica di Paolo Rossini per Ricordi.
Le fonti dell’evocativo e drammaturgicamente molto efficace libretto di Felice Romani per il melodramma di Mayr sono le tragedie di Euripide e Seneca e la Médée di Pierre Corneille a cui si ispirano e attingono. Mayr dal canto suo ha ideato una partitura saldamente ancorata nell’estetica settecentesca venata però di tinte chiaramente premonitrici, della direzione in cui l’opera lirica si sarebbe evoluta nel secolo seguente.
La vicenda si apre con i dubbi ed i timori di una Creusa in trepidante attesa dell’amato Giasone, in missione a Iolco contro Acasto, desideroso di vendicare la morte del padre Pelia di cui tempo prima Giasone stesso e la sua sposa Medea erano stati causa. Il coro di Corinzi la rassicura, ma i suoi dubbi non si placano fino all’arrivo del padre, Creonte che le annuncia l’imminente ritorno dell’Argonauta, deciso a sposarla, che per mantenere la pace tra Corinto e Iolco ha acconsentito all’esilio di Medea, ormai da lui ripudiata e disprezzata. Giasone arriva, accolto da un coro in tripudio e intona la sua cavatina: “Di gloria all’invito” e reitera con forza il suo amore per Creusa e il desiderio di abbandonare per sempre Medea. La maga, sopraggiunta in quel momento e avendo udito le parole di Giasone si abbandona ad una dolente e tormentata riflessione sull’accaduto (Sommi dei, che i giuramenti). Le promesse infrante di Giasone le provocano desiderio di vendetta e gelosia nonché rammarico per l’amore perduto, e Medea invoca lo stesso dio Amore perché la vendichi, poi pentita, chiede di essere invece da lui soccorsa, in quanto principalmente da amore furono motivati i suoi delitti passati. Arriva Giasone arriva e tra i due comincia un’accesa discussione: Giasone le conferma di non amarla più, che l’esilio in realtà è per lei l’unico modo di scampare ad un’esecuzione e che in ogni caso i delitti di cui si è macchiata sono troppo grandi. Medea gli ribatte che i delitti sono stati tutti compiuti per amor suo ed egli è colui che ne ha tratto il maggior vantaggio, non può dichiararsi innocente. Lo supplica di tornare ad amarla, purché lui sia suo, Medea è disposta a sopportare ogni cosa, ma Giasone è irremovibile e la colchide comincia a pianificare la propria vendetta. Verrà aiutata in questo da Egeo, principe di Atene appena giunto in Corinto (Io ti lasciai piangendo) con il quale rapirà Creusa dal tempio in cui si stavano celebrando le nozze con Giasone.
Nel secondo atto Creusa, circondata da un coro festante, fa rientro in patria. Giasone ha sconfitto Egeo e a breve giungerà per finalmente sposarla. Nel frattempo Medea in un buio sotterraneo e ormai al colmo della furia invoca le forza dell’Averno (Antica Notte) per avvelenare il proprio abito nuziale con l’intenzione di avvelenare Creusa regalandoglielo e libera Egeo dal luogo ove era recluso. Egli, grato del salvataggio le offre non solo il richiesto asilo ad Atene ma ogni onore che essa desideri. Creusa e Giasone prima delle nozze si scambiano dolci e rassicuranti parole, colmi di gioia per l’imminente unione. Creusa intercede presso Giasone perché egli conceda a Medea di rivedere un’ultima volta i figli prima dell’esilio. Medea le ha appena regalato l’abito avvelenato. Subito dopo la cerimonia Giasone ringrazia il dio d’Amore (Amor, per te penai) per la gioia che gli ha concesso ma la felicità ha breve durata, si sente un grande clamore, il coro annuncia la morte di Creusa. Giasone attonito quasi soccombe al dolore. Medea non paga del dolore provocato, che le sembra troppo poco in confronto al tradimento di Giasone, indugia sulla decisione di uccidere i propri figli per provocagliene ancora (Ah, che tento?). Giasone e Creonte piangono Creusa quando irrompe Medea, che annuncia la morte dei figli, Giasone tenta di uccidersi, viene però prontamente fermato dai Corinzi, e Medea fugge nella tempesta che infuria su un carro trainato da draghi.
La cornice del Palazzo Ducale di Martina Franca si addice particolarmente bene alla vicenda. I muri sotto al quale è posizionato il palcoscenico, obliquo e ricoperto da un prato fiorito, con uno sforzo dell’immaginazione, possono rappresentare le mura di Corinto. Una Corinto la cui popolazione è spettatrice passiva, in larga parte, e non attiva della storia narrata secondo la visione del regista Benedetto Sicca. Una storia in cui gli affetti privati sono legati così fortemente alle vicende politiche che spesso il privato non può rimanere tale. Grande attenzione è riservata all’elemento magico presente nel libretto, attraverso il movimento di ballerini e gesti degli attori, e alla sfaccettata psicologia dei personaggi, splendidamente indagata. L’ottima recitazione dell’intero cast ha reso vividamente la vicenda raccontata. L’inserimento di ballerini (Chiara Ameglio e Cesare Benedetti) nei ruoli dei figli di Medea e Giasone e del figlio di Egeo è stata un’aggiunta toccante. Essi sono partecipi ed attivi, veri e propri protagonisti delle traversie che coinvolgono i genitori.
Davinia Rodriguez è una Medea stoica, dignitosa e molto innamorata, feroce nella sua vendetta ma lil cui dolore non è mai dimenticato anche se soffocato. L’omogeneità nel passaggio da un registro all’altro, la sicurezza nel registro grave come nell’acuto, il vigore e il timbro di raro fascino le consentono di offrire una prova eccellente nella cavatina d’esordio così come nell’invocazione del secondo atto.
Mihaela Marcu è Creusa e nonostante la ottima recitazione della cantante gli acuti che risultano spesso fissi, il timbro metallico le colorature a tratti non cristalline, il vibrato eccessivo e la perdita di corpo della voce nel registro grave non hanno consentito di apprezzare appieno una interpretazione buona sotto molti punti di vista ma carente sotto molti altri. Molto interessante la scelta del regista di far parlare Creusa sotto incantesimo della figlia di Medea nel secondo atto nel momento in cui la giovane intercede presso il futuro sposo per Medea. Encomiabile il percorso di maturazione che Creusa intraprende nella visione registica, da capricciosa e viziata principessa abituata ad ottenere tutto a donna appieno cosciente di quello che le accade intorno e decisa nelle sue scelte.
Michael Spyres è un Giasone eccellente, perfettamente a suo agio con le agilità, precisissime, nel registro acuto. La sua aria d’esordio ” Di gloria all’invito” è squisitamente intonata e “Amor, per te penai”, languida e riflessiva, dal fraseggio splendidamente curato e dall’encomiabile versatilità dello strumento di Spyres dimostrata anche solo dalla messa di voce con cui la esordisce e la velocità con cui riesce a passare alla coloratura fitta e concitata del successivo dialogo con il coro e alla cabaletta “Cara sposa! Oh Dio! M’attendi”.
Enea Scala nei panni di Egeo convince per l’eloquenza del fraseggio, la bellezza del timbro e la splendida morbidezza dell’emissione e lo squillo. Colpisce la somiglianza con il gruppo del Laocoonte nella scena della prigione “I dolci contenti” raggiunta con la presenza di diversi ballerini intorno a lui.
Creonte è l’ottimo basso Roberto Lorenzi, incisivo e efficace. Molto bene anche Marco Stefani e Nozomi Kato nei ruoli di Tideo e Ismene. Affascinanti i costumi di Tommaso Lagattolla ispirati al mondo greco e omaggio al teatro settecentesco.
Fabio Luisi sul podio dirige l’Orchestra Internazionale d’Italia offrendo un ottimo sostegno ai cantanti con un’ orchestrazione vibrante e poeticamente delicata, con scelte di agogiche e di dinamiche sempre di gusto e drammaturgicamente efficaci. Diligente il Coro della Filarmonica di Stato “Transilvania” di Cluj-Napoca.
La regia video affidata a Matteo Ricchetti consente di assistere al dipanarsi della vicenda in maniera ottimale e la qualità delle riprese, audio e video, è impeccabile. Un DVD ed un CD da non lasciarsi scappare che arrichirà la discoteca e la videoteca di chi sceglierà di acquistarne una copia di un rarità egregiamente messa in scena.
37735 | 2DVD | EAN 8007144377359
CDS7735/ | 2CDs | EAN 8007144077358

L’INGANNO FELICE – DVD DYNAMIC 2016 [Margherita Panarelli] – 17 agosto 2016
Quarta in ordine di composizione ma terza ad essere rappresentata del corpus Rossiniano, L’Inganno Felice è anche uno dei titoli poco rappresentati del Pesarese, eclissato in fama e prestigio dalle celebri opere successive.
Composto, e anche rappresentato per la prima volta, nel 1812 a Venezia L’Inganno Felice è una farsa in un atto, su libretto di Giuseppe Foppa, con cui Rossini collaborerà anche al dramma Sigismondo e ad altri due titoli comici: aLa scala di seta e Il signor Bruschino. Il soggetto è tratto proprio da un dramma di Foppa stesso: Matilde ossia La donna selvaggia, sulla tematica dell’innocenza riabilitata dopo lunghe peripezie.
La giovane duchessa Isabella, novella sposa del Duca Betrando, dopo essersi rifiutata di cedere alle lusinghe del cortigiano Ormondo viene da questi accusata di adulterio e per questo condannata a morte dal marito per annegamento, sentenza della cui esecuzione si occuperà Batone lo scagnozzo di Ormondo. La vicenda si apre dieci anni dopo questi eventi, e si scopre che Isabella, sotto il nome di Nisa, è stata ritrovata sulla spiaggia in fin di vita da Tarabotto, capo dei minatori di una regione di frontiera delle terre del Duca, e da lui accolta e spacciata come nipote. A causa di alcune scaramucce con lo stato confinante il Duca ed il suo seguito si recano nella zona per preparare una difesa e decidono di avvalersi dell’aiuto di un locale, Tarabotto, per ambientarsi meglio. Ormondo e Batone riconoscono Isabella, e Ormondo ricatta Batone per fargli nuovamente rapire la ragazza quella sera stessa .Per fortuna Tarabotto ha subodorato qualche inganno e avverte la ragazza. La somiglianza di Nisa a Isabella ha turbato il Duca Bertrando e per questo decide di aiutare Tarabotto quando questi, con l’intenzione di far rappacificare i due sposini e smascherare Ormondo, gli chiede di aiutarlo a proteggere Nisa. Ormondo scopre le sue carte e viene condannato alla stessa sorte di Isabella, la fanciulla e il Duca chiariscono il tragico equivoco e Batone viene graziato per la bontà d’animo dei protagonisti. Una storia semplice, vivace e leggera, di sicura presa sullo spettatore ma non troppo impegnativa.
Il cast vocale di questa registrazione dell’etichetta Dynamic è di buonissimo livello. Si tratta di riprese effettuate al Königliches Kurteater di Bad Wilbad durante il Festival rossiniano “Rossini in Wildbad” dell’estate del 2015. 
Protagonista maschile è Artavazd Sargsyan di voce limpida e agile, seppur dal timbro leggermente acidulo. La sua aria d’ingresso “Qual tenero diletto” è interpretata con un tocco di malinconia, che si addice molto bene al ruolo, e con grande sicurezza nelle agilità; dispiace constatare una presenza scenica invece costantemente fiacca.
Sempre molto espressiva e aderente al personaggio è invece Silvia Dalla Benetta. la dolente eroina Isabella, il cui fraseggio eloquente e la cui prestanza vocale le offrono gli strumenti necessari per in ‘interpretazione sentita e vivida nonché di grande pregio musicale. Il timbro caldo e la solennità del fraseggio, in particolar modo nell’aria “ Al più dolce e caro oggetto”,  infondono una giustamente calibrata maestosità al ruolo, il più tragico dell’opera, donando profondità e calore al personaggio.
Spumeggiante il Tarabotto di Lorenzo Regazzo, la cui verve comica è egregiamente accompagnata dalle prodezze vocali: magnifico sillabato, emissione solida e omogenea, sono solo le più evidenti delle caratteristiche dell’interpretazione del basso-baritono veneziano, che riesce anche a fornire il proprio personaggio di una certa aplombe che lo innalza al di sopra del semplice ruolo di intermezzo comico del dramma. Ruolo in cui è assistito in maniera eccellente dal Batone di Tiziano Bracci, in particolar modo nel loro duetto “ Va taluno mormorando” deliziosamente caustico.
Vigorosa e florida è la splendida voce baritonale di Baurzhan Anderzhanov che qui veste i panni Ormondo, lo spietato antagonista dell’opera. Nella sua aria “Tu mi conosci”, di gusto prettamente mozartiano, il basso-baritono brilla per la morbidezza dell’emissione, per l’accento e la robustezza dell’interpretazione, mai eccessivamente manierata ma misurata ed efficace.
Completa una compagine musicale di indubbio valore l’orchestra “Virtuosi Brunensis” sotto la direzione spigliata e fresca di Antonino Fogliani, direttore musicale del Festival. La frizzante comicità lascia il posto quando necessario anche a momenti di più spiccata liricità e compostezza, ed è in questa attenzione a calibrare il comico con il tragico, in parallelo con il libretto, risiede l’elemento di maggior pregio dell’orchestrazione di Fogliani.
Semplice e lineare al punto da risultare insipida e senza mordente la regia di Jochen Schönleber, direttore artistico del Festival, ambientata in un teatro di guerra, in un periodo imprecisato (anche se la Jeep a bordo della quale entrano in scena Bertrando e Tommaso Dionis, il bravo flautista solista che qui è anche una comparsa in abiti militari, fa pensare ad un periodo abbastanza recente). Carini alcuni inserimenti comici come il balletto di Batone e Tarabotto, ma manca una vera idea trainante se non si considera lo spostamento d’epoca come tale, e non è più possibile accettare un semplice mutamento temporale come un’idea registica portante se questo non è giustificato dal voler sottolineare un certo aspetto della vicenda in un’epoca diversa da quella in cui è originariamente ambientata o altri ragionamenti, che in questo caso sicuramente non è dato al pubblico di comprendere.
Tra le scenografie di Robert Schrag è da segnalare nella parte finale dell’opera, preceduta in questa produzione da un entr’acte, una barca rovesciata, la stessa si presume in cui Isabella è arrivata in quei luoghi, e a bordo della quale Ormondo verrà legato e abbandonato in mare. Bianchi e grigi i costumi di Claudia Möbius, intonati ad una messa in scena plumbea e cupa, fortunatamente vivacizzata da un cast vocale di indubbio valore. Buone le riprese video di Philippe Ohl, che consentono di seguire la vicenda confortevolmente.
37760 | 1DVD | EAN 8007144377601

BORIS GODUNOV – DVD DYNAMIC 2016 [Margherita Panarelli] 01 ottobre 2016
Tra gli ultimi titoli pubblicati dall’etichetta Dynamic spicca una sontuosa edizione del Boris Godunov di Modest Mussorgsky. Rappresentata sul sagrato della Cattedrale di Sant’Alexander Nevskij con una messa in scena dell’Opera di Sofia questa produzione vanta un bellissimo fondale naturale e una resa musicale di buon livello.
Tra le tante della travagliata vita di quest’opera, per questa rappresentazione, tenutasi in celebrazione del centesimo anniversario dalla nascita del celeberrimo basso bulgaro Boris Christoff, è stata scelta la versione originale del 1869. Il set all’aperto e l’amplificazione hanno rappresentato non piccolo scoglio per chi ha dovuto registrare ed è impossibile non notare come la qualità dell’audio del DVD risenta di vento e acustica non favorevole, ma il team della Dynamic è riuscito a superare le difficoltà, offrendo nonostante tutto una registrazione di eccellente qualità.
Regista e scenografo è Plamen Kartaloff, il quale ha creato un enorme palcoscenico, di dimensioni simili a quello dell’ Arena di Verona, venato di pesanti putrelle dipinte di rosso, che si è trasformato da piazza a convento, da taverna a sala del trono, con semplici ma efficacissimi cambi scena, meccanici a volte, ma introdotti spesso anche dai numerosi coristi, ballerini e figuranti che affollavano il palcoscenico. Ricchi e colorati i costumi di Marta Mironoska e Stanka Vauda, fedeli al periodo in cui la storia è ambientata e di grande effetto. Le numerose scene corali hanno preso vita con vividezza grazie all’ottima gestione del movimento delle masse, di particolare fascino l’inserimento di un segmento parlato non presente nel libretto al momento dell’incoronazione di Godunov; l’attore bulgaro Stoyan Alexiev interpreta il Patriarca.
Di buon livello il nutrito cast vocale: Martin Tsonev è Boris Godunov; la sua è una voce dalle caratteristiche timbriche e dai mezzi espressivi tipici dei cantanti slavi: un volume notevole, la posizione piuttosto arretrata del suono e l’usuale vibrato. La sua è una prova in crescendo, raggiunge ottimi risultati sia nella grande aria del primo atto “Ho raggiunto il potere supremo” che nella scena finale. Suggestiva la scelta di far uscire di scena lo Zar facendolo entrare nella splendida Cattedrale avvolto dalla luce proveniente dall’interno.
Sergei Dobrishevski nel ruolo di Shuysky non convince. Il timbro acidulo della sua voce, la gestione pasticciata del fiato, le difficoltà in acuto, lo rendono inequivocabilmente il punto debole del cast. Fa bene invece il secondo dei tre tenori del cast principale, Kostadin Andreev, nel ruolo di Grishka Otrepiev: carisma vocale e scenico rendono la sua una prova di notevole livello. Eccellente Angel Hristov, che interpreta il monaco cronachista Pimen, in entrambi i suoi interventi; Commovente “Una volta, sul far della sera“. Deliziosi i pur brevi interventi di Mario Krastev e Irina Zhekova nei panni di Fëdor e Xenia, i figli di Boris Godunov.
Adeguato anche l’apporto di Rumyana Petrova nel ruolo della loro balia. Spicca  tra i tanti personaggi di contorno per la sua abilità attoriale, accompagnata da una altrettanto eccellente performance vocale, l’interpretazione di Hrisimir Damyanov, l’Innocente. Bravi nell’offrire un momento di leggerezza all’interno di una storia dalle tinte così fosche i due vagabondi Varlaam e Misail cui hanno prestato la voce Petar Buchkov e Plamen Papazikov con il supporto dell’Ostessa interpretata da una scoppiettante Tsveta Sarambelieva. Da segnalare anche il divertente intervento delle due guardie di frontiera di Orlin Nevenkin e Nikoly Petrov.
Giovane, ma già affermato, Konstantin Chudovsky dirige con energia l’Orchestra dell’Opera di Sofia sfruttando al meglio la vasta palette sonora offerta dalla partitura. Ottimo il lavoro da parte di orchestra e coro, la loro è una esecuzione carica di verve e fascino in una versione raramente eseguita dell’opera di Mussorgsky, la cui fortuna la rende comunque uno dei melodrammi di composizione russa di maggior successo in occidente.
37718 | 1DVD | EAN 8007144377182

FRANCESCO NICOLA FAGO: CANTATAS AND ARIETTAS FOR SOLO, VOICE AND CONTINUO – CD TOCCATA CLASSICS 2016 [Margherita Panarelli] – 18 novembre 2016
L’etichetta londinese Toccata Classics, specializzata in repertorio raro inaugura una collana dedicata ai compositori pugliesi con le composizioni di Francesco Nicola Fago (1677-1745). Attivo per la maggior parte della sua vita sulla scena musicale Napoletana e lì soprannominato “Il Tarantino” fu un compositore prolifico ed insegnante di un certo rilievo (tra i suoi allievi si annoverano Jomelli e Leo). Il suo corpus si divide in composizioni sacre e commissioni da parte della nobiltà napoletana tra cui numerose cantate da camera, genere particolarmente in voga tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, di cui Venezia e Napoli furono la culla. La struttura standard delle cantate dall’inizio del diciassettesimo secolo era composta da un’alternanza di due o più recitativi e arie, spesso anche con brevi introduzioni strumentali. Pur con (spesso anche se non sempre) una sola voce solista, le cantate da camera erano trattate da compositori e pubblico alla stregua di brevi melodrammi, e rappresentavano una grande attrattiva nei salotti nobiliari, in particolar modo quando questi ospitavano castrati. Sei delle 49 cantante da camera, ad oggi ritrovate, di Fago sono esplorate in questo disco, ad eseguirle il controtenore Riccardo Angelo Strano, al suo primo disco da solista, accompagnato dall’Ensamble Barocco della Cappella Musicale “Santa Teresa dei Maschi“. 
La fresca agilità e la limpidezza della voce di Strano offrono un fascino peculiare alla sua esecuzione dei brani proposti nel disco e l’eccellente tecnica lo sostiene agevolmente: colorature, repentini cambiamenti di registro e altri abbellimenti sono tutti affrontati con posatezza, gusto e precisione. 
La prima cantata “All’or ch’in dolce oblio” narra del tormento interiore del protagonista, tormento che egli stesso non riesce a spiegarsi, presentando i suoi sbalzi d’umore attraverso due recitativi e due arie dagli stati d’animo differenti, differenza resa egregiamente dal controtenore.
Questo povero cor” racconta invece dell’amore appassionato burrascoso del suo protagonista per l’amata Filli. Nella prima aria “Sono belle le fiammelle” egli descrive in maniera elegiaca lo sguardo ardente della sua diletta: legato e morbidezza di emissione diventano la cifra del canto del controtenore catanese che poi dimostra la sua perizia con le colorature nella seconda aria “Son vaghe e care l’onde del mare” che paragona l’incostanza dell’elemento acquatico, che passa repentinamente da calmo a burrascoso, alle lusinghe insidiose degli occhi della donna adorata.
Segue la “Sinfonia per violoncello solo e basso” di Francesco Paolo Scipriani, con un eccellente Claudio Mastrangelo al violoncello in questa breve sinfonia divisa in quattro sezioni che mettono in luce sia le qualità virtuosistiche che quelle più liricamente espressive dello strumento e dell’esecutore.
Il quarto brano del disco è un’”arietta diversa”: “Tormentata”, originariamente per contralto. Come la gemella nel disco, “Lusinga di chi pena”, racconta il dolore di un’amore non ripagato con fedeltà e altrettanto amore. Un basso continuo perennemente agitato accompagna la voce in effusioni meste e tutto sommato distese in un contrasto che evoca egregiamente l’agitazione dell’anima e l’apparente calma esteriore.
È meditativa la cantata presentata in successione, “Come viver poss’io” dove il protagonista esprime l’afflizione in cui la lontananza dell’oggetto amato l’ha lasciato. La precisione dell’intonazione e la diafaneità del timbro della voce di Strano si sposano perfettamente con gli intenti del compositore. Guizza come la “fiamma verace” d’amore la seconda aria della cantata: “Non può ne sa più vivere
Segue una deliziosa “Capona” di Giovanni Girolamo Kapsperger con Giuseppe Petrella alla tiorba.
La cantata successiva “Lagrime di cordoglio” presenta un’alternanza di tre recitativi e tre arie e si discosta per questo dalle altre presentate nel disco. Commissionata in occasione della tragica morte di una giovane, stupisce anche per alcune soluzioni stilistiche, come un’accurata rappresentazione musicale di “sospiri” e dolore, pregevolmente eseguite da Strano.
Continua con “Quanto invidio la tua sorte” la selezione del disco. La cantata ha per protagonista una ninfa che si strugge della mancanza di fiducia dell’amato, che la crede infedele. In contrasto le due arie, la prima silvestre e malinconica, nel continuo si riesce quasi a percepire un paesaggio acquatico, in cui l’infelice sostiene di invidiare la serenità di una tortora e la seconda, agitata e smaniosa dove la ninfa sfoga il suo dolore.
Partie de Chacone” di Francesco Corbetta, compositore lombardo considerato uno dei più virtuosistici tra i compositori barocchi per chitarra, offre un piacevole interludio:il brano colpisce per la gaia immediatezza, e la qualità invero modernissime della composizione. Incantevole e pregevolissima l’esecuzione di Petrella, questa volta alla chitarra barocca.
L’ultimo brano del disco è la cantata “Quall’ora non veggio” sul tema della lontananze tanto caro ai poeti. Il protagonista alterna stati d’animo di sconforto a guizzi di vitalità qualora l’amata sia presente e paragona la propria anima ad una nave agitata dal mare d’amore talora burrascoso, talora calmo. Rimangono inalterate le qualità della voce di Riccardo Angelo Strano e la sua perizia esecutiva di grande pregio. È sempre puntuale e elegante l’accompagnamento alla voce solista da parte dell’Ensamble Barocco della Cappella Musicale “Santa Teresa dei Maschi” che sostiene il controtenore e lo scorta; pregevole la direzione, così come la sua performance al clavicembalo, di Sabino Manzo
Il disco è notevole, ed il risultato eccellente. La veste grafica del disco è semplice ed elegante ma efficace ed il libretto esauriente, con approfondite note del celebre musicologo Dinko Fabris e biografie degli artisti.
TOCC0367