2013

Pubblicazioni 2013

FIDELIO – Met 1960 – CD SONY [Lukas Franceschini] – 28 marzo 2013
La casa discografica Sony prosegue la pubblicazione di opere tratte dai broadcast del Teatro Metropolitan di New York, è la volta ora di un inedito, credo, Fidelio di Ludwig van Beethoven del 1968 diretto da Karl Böhm, con protagonisti Birgit Nilsson e Jon Vickers.
Böhm al tempo era uno dei massimi direttori tedeschi, però messo in ombra dall’opprimente figura di Herbert von Karajan, cui tenne testa con onore per tutta la sua carriera, non lo superò in genialità ed innovazione, ma non gli fu inferiore di molto come spesso si vuol far credere. Questo Fidelio lo conferma. La su concertazione è drammatica quanto duttile, i tempi ben sostenuti e mai abbandonati al puro piacere di contemplazione, insiste su una drammaturgia vigorosa e serrata facendo del dramma beethoviano un capolavoro di rara sintesi e spiccato senso analitico. Purtroppo l’orchestra americana non è all’altezza rispetto quelle frequentate dal direttore in patria, la precisione non è assoluta e talune sbavature nella sezione fiati palese. Magistrale la concertazione dell’Overture Leonore III prima della scena finale. Il coro si esibisce con buona professionalità.
La coppia Birgit Nilsson e Jon Vickers rappresentano quanto di meglio al tempo si poteva disporre per tali ruoli, ed è probabilmente l’interesse maggiore di questo cd. Lo smalto vocale della cantante svedese è certamente a livelli in cui altre faticano, la potenza non si discute, e a differenza di altre occasioni penso che sia particolarmente ispirata e comunicativa nei recitativi, basta ascoltare “Abscheulicher”, è forse in assoluto la miglior interprete del ruolo della seconda metà del secolo scorso.
Jon Vickers, nonostante un timbro mai bello di suo, è interprete straordinario. La scena del carcere è interpretata e cantata con voce brunita duttile, in maniera superlativa. L’interprete disperato gareggia con il cantante, il quale è musicale e mai forzato o fuori tono.
Su un livello inferiore Hermann Hude il cattivo di turno, cui si deve riconoscere una grande musicalità pur con qualche sbavatura nell’intonazione. Il resto del cast è da ascrivere nella consueta ruotine della giornaliera produzione newyorkese, senza infamia senza particolari lodi, ma si esibisce con onore anche considerazione dei due colossi con cui si confrontano. Menzione particolare per il Fernando di Giorgio Tozzi.
Pubblico in vena di trionfalismo per i due divi, come giustamente meritano, e il direttore.
CD SONY 88697853092
Ludwig van Beethoven
FIDELIO
Opera in due atti su libretto di Jospeh Sonnleithner e Georg Treitschke dal dramma francese “Léonore ou L’amour conjugal” di Jean-Nicolas Bouilly
Cast (in ordine di apparizione)
Jaquino        Charles Anthony
Marzelline     Laurel Hurley
Rocco          Oskar Czerwenka
Leonore       Birgit Nilsson
Don Pizarro  Hermann Hude
Primo prigioniero   William Olvis
Secondo prigioniero   Calvin Marsh
Florestan     Jon Vickers
Don Fernando  Giorgio Tozzi
The Metropolitan Orchestra and Chorus
Direttore: Karl Böhm
M.o del coro: Kurt Alder
Registrazione Live: New York, 13 febbraio 1960

L’ELISIR D’AMORE – Met 1966 – CD SONY [Lukas Franceschini] – 24 aprile 2013
Ancora dagli archivi del Teatro Metropolitan la Sony pubblica una recita dell’opera L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, anno 1966, ci troviamo ancora al vecchio Met solo per pochi giorni il giorno 11 aprile fu inaugurato il nuovo stabile a Linconl Center.
Elisir non è opera facile da dirigere, al contrario di quanto si possa credere, e devo dire che poche sono state le bacchette di rango che si sono adoperate in tal senso: Francesco Molinari Pradelli, Gianandrea Gavazzeni, Richard Bonynge (anche per dover di coniuge), Giuseppe Patanè e Thomas Schippers il direttore di questa edizione e credo che questo sia uno dei pochi live che lo riproducano in tale titolo. Schippers è stato uno dei grandi protagonisti del podio, prematuramente scomparso negli anni ’70, e questo Elisir lo conferma. Presenza fissa al Met, ma sovente anche in Italia, ha una concezione poco intimistica dell’opera e tende a mettere in luce i cantanti, i quali sono “star” al Met, e lo fa con garbo, astuzia di esperto conoscitore di spartiti, con brio essenziale e dirompente, magari a scapito dell’aspetto patetico, ma tutto è frizzante con tempi incalzanti e coinvolgenti.
In locandina primeggia il Nemorino di Carlo Bergonzi, probabilmente tra i migliori cantanti degli ultimi settant’anni che si sono cimentati nel ruolo. Nella sua interpretazione è mirabile il fraseggio, strepitoso il gusto del bonario credulone, ottima la dizione, un personaggio reso a tutto tondo che confermano, qualora ce ne fosse ancora la necessità, le peculiarità vocali tecniche del tenore emiliano. Un riferimento, un esempio assoluto, nonostante chi non trova la sua voce adatta a Nemorino, e preferisce i suoni sfibrati dei tenorini linfatici, il saper cantare consiste anche all’occorrenza saper alleggerire i suoni, e Bergonzi lo sa fare come nessun altro.
Al suo fianco una Roberta Peters spigliata e frizzante, peccato che questa registrazione non la colga nel momento migliore della sua carriera, ovvero intorno al 1956/59, perché l’accoppiata sarebbe stata di rilievo. La Peters conferma le sue ottime qualità oltre ad un’innata simpatia, ma è carente di limpidezza e le agilità sono leggermente pasticciate.
Note più dolenti provengono dal Belcore di Frank Ferrara, piuttosto logoro ma comunque simpatico e coinvolgente. Fernando Corena si esibisce in un suo cavallo di battaglia e lo fa senza remore di sconfinare, gags, inserimenti non scritti, eccetera, ma diverte e si rende sornione anche per un’innata musicalità sia al pubblico in sala che ride spasmodicamente sia a noi che lo ascoltiamo dopo molti anni. Questo cd non può dirsi stilizzato, ma riproduce una recita di grande fascino teatrale anni ’60, e non nego un sovente piacere nell’ascolto, che documenta un ennesimo trionfo nel teatro americano.
CD SONY, 2012 88691909912
Gaetano Donizetti:
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani
Cast (in ordine di apparizione):
Giannetta LORETTA DI FRANCO
Nemorino CARLO BERGONZI
Adina ROBERTA PETERS
Belcore FRANK GUARRERA
Dulcamara FERNANDO CORENA
The Metropolitan Opera Orchestra and Chorus
Direttore: Thomas Schippers
M.o del coro: Kurt Adler
Registrazione effettuata a New York il 5 marzo 1966

JONAS KAUFMANN: WAGNER – CD DECCA 2012 [Lukas Franceschini] – 27 aprile 2013
Senza dubbio oggi Jonas Kaufmann è il tenore del momento, anche in virtù al periodo di massima crisi delle voci liriche, egli deve essere considerato la miglior scelta disponibile. Dopo il successo nel recente Lohengrin scaligero, pubblica il suo nuovo cd, per la casa discografica Decca, interamente dedicato a Richard Wagner
Le scelte dei brani di questo cd sono molto oculate: Die Walküre, Rienzi, Tannhäuser, Siegfried, Die Meistersinger von Nürnberg e gli sfiziosi Wesendonck-Lieder nella parte conclusiva. Trattasi di un disco meraviglioso come in poche occasioni capita di inoltrarci, però a priori non è possibile non fare una considerazione, la quale riguarda una diatriba spesso dibattuta in sede di recensione: la differenza tra disco e teatro. Ho assistito ad una recita di Lohengrin nello scorso dicembre alla Scala, Kaufmann ne era il protagonista. Senza dilungarmi dirò che si è trattato di una grande performance, e oggigiorno non vedo o conosco altro interprete del suo livello, il che non vuol dire che sia il miglior cantante wagneriano di tutti i tempi, significa che attualmente è probabilmente il migliore. Ascoltando il disco Decca in oggetto, ho trovato una notevole differenza vocale in senso stretto di volume e corposità di voce che in teatro non ho percepito. È dunque assai diverso il rapporto live-disco, e credo nel caso Kaufmann sia rilevante e molto singolare un progetto di registrazione rispetto alla performance teatrale. Doverosamente ho fatto questa precisazione non per detrarre ma solamente per essere fedele ad una metrica di giudizio, la quale è stata in numerose occasioni applicata anche ad altri, ad esempio Domingo in primis, ricordando il divario esistente tra disco e teatro.
Tutto questo non toglie che il recital Wagner Arias sia un gran disco e di ottima fattura. E’ da lodare la bellezza del suono della Deutschen Oper Berlin, complesso di prima grandezza, cui va aggiunta la direzione di Donald Runnicles che con sapiente braccio accompagna con calore e partecipazione il tenore nel percorso musicale. L’unico brano che non ho trovato di particolare effetto è stato “Am stillen Herd” dai Maestri Cantori, poiché la voce brunita del tenore non si configura, a mio gusto personale, con la spensieratezza giovanile del personaggio. Tuttavia è una buona esecuzione, ma non s’intravedono peculiarità così ammalianti come ci si aspetterebbe. Quelle stesse che invece troviamo nei due brani tratti dalla Tetralogia: Walküre e Siegfried, ove il cantante traccia un’interpretazione eroica di grande livello seppur in parte differente. Nel primo ascoltiamo un Siegmund tragico ma rifinito e statuario, mentre realizza un Siegfried d’incantata dolcezza forse nell’inconscio di una realizzazione con tracce di gioventù e in questo caso il canto è forbito nel colore e sovente estatico. D’altissimo valore la preghiera da Rienzi, ove Kaufmann esprime tutto il raccoglimento religioso insito nel momento drammaturgico rendendosi padrone di una linea il canto d’assoluto livello. Probabilmente il miglior brano del disco è tratto da Tannhäuser. La tragicità espressa nel racconto di Roma offre al cantante un quadro variegato di accenti davvero stupefacenti, intima declamazione ed ispirata aulicità. Davvero bravo! Nell’ultimo brano operistico del cd affronta il classico “In fernem Land” nella versione originale (con strofa aggiunta) dove è d’obbligo riconoscere che la sezione centrale della voce non è delle più rifinite, ma l’interprete trova la sua strada nel carattere eroico e nel colore di una dizione di prim’ordine. Includendo nel programma il ciclo dei Lieder composti su testi di Matilde Wesendonck il tenore ci conferma ancora una volta le sue qualità anche di liederista, dallo stile appropriato, generosa e sorvegliata musicalità, encomiabile interprete di parola e caNTO.
CD DECCA, 2013   0289 478 5189
Jonas Kaufmann sings Wagner
baritono: Markus Bruck
Orchester und Chor der Deutschen Oper Berlin
Direttore: Donald Runnicles
Registrato a Berlini (Grosser Sendesaal Funkhaus e Nalepastrasse) 17-22 settembre 2012

NORMA – CD DECCA 2013 [Lukas Franceschini] – 26 giugno 2013
Probabilmente la pubblicazione discografica più attesa del 2013 è la Norma incisa da Decca con protagonista Cecilia Bartoli, attorniata da colleghi di chiara fama e con un direttore d’illustre pratica barocca.
Nel catalogo Decca questa è la quarta edizione dell’opera di Vincenzo Bellini, dopo le due di Joan Sutherland (1964, 1984) e quella con Elena Suliotis (1967), e ad onor del vero è la più curiosa. A confermare la tesi sono anche le note di copertina firmate dalla stessa Cecilia Bartoli, la quale in un lungo e complesso discorso vuole avvalorare e giustificare la scelta stilistico musicale di questa edizione. Partiamo proprio da questo punto. La cantante romana evidenzia che oggi la percezione del suono è influenzata dalle evoluzioni tecnologiche. Verissimo! Inoltre se prendiamo la questione del diapason a 440 Hz, apriremo un dibattito infinito che continua a tener banco tra i musicologi e gli esecutori. Poi la stessa vuole farci intendere che oggi il bel canto è criticato perché monotono e noioso, in virtù del diapason differente rispetto a quello usato nella prima metà del 1800. Tesi alquanto dubbia e personale, semmai possiamo concordare che l’organico orchestrale delle esecuzioni odierne è notevolmente più ampio rispetto al passato. Quale secondo punto la Bartoli giustifica la scelta editoriale e musicale dell’incisione avvalendosi del parallelismo che i primi interpreti di Norma studiarono, praticarono e si produssero nel repertorio barocco, ereditato dalla grande scuola dei castrati, pertanto oggigiorno per tornare alle origini filologiche dell’opera belliniana bisogna ispirarsi ai dettami del canto settecentesco. E secondo tale principio evince che il modo di cantare, tradizionalmente noto è errato o almeno imposto dalla tradizione ma non filologicamente attendibile. Non metto in dubbio che molti cantanti del secolo scorso non si siano attenuti ai trattati di canto tipico dei castrati, tuttavia Norma è opera di un altro secolo con tutte le influenze del caso, e personalmente ritengo che il romanticismo espresso abbia poco da spartire con l’opera barocca. Sempre seguendo il suo discorso, la sig.ra Bartoli traccia il parallelismo delle più importanti interpreti dell’opera in epoca ottocentesca: Maria Malibran e Giuditta Pasta. Anche in questo caso è abbastanza superfluo, almeno per i meno sprovveduti, riconoscere il carattere personale delle cantanti, le quali si cimentarono in un repertorio simile ma anche variegato secondo le usanze dell’epoca. Si vuole avvalorare la tesi, in parte superflua che la voce adatta a cantare Norma deve essere scura e più grave rispetto a quella di Adalgisa, ruolo che peraltro era sta interpretato in prima da Giulia Grisi, la quale aveva in repertorio opere come Semiramide e in seguito anche Norma quale protagonista. Che la prassi novecentesca abbia i poi attribuito i due ruoli al soprano drammatico e al mezzosoprano, è solo questione di vocalità e possibilità canore delle interpreti. Altro fattore rilevante va evidenziato: tutti questi personaggi richiedono voci di grande temperamento, tecnica, e doviziosa partecipazione drammatica con accenti, colore e fraseggio atti a delineare le emozioni del personaggio. Si muove inoltre altra critica alla prassi che vuole un Franco Corelli e un Mario De Monaco tenori depositari della tradizione sull’interpretazione di Pollione. Discutibile fin che si vuole, ma un Domenico Donzelli baritenore dove si trovava nel secolo scorso e dove si trova oggi? Divertente il parallelo che Donzelli emergeva nei ruoli rossiniani, la Bartoli ne consegue che Corelli e Del Monaco avrebbero avuto eguali successi in Cenerentola e Barbiere? E allora cosa dovremo affermare che sarebbe stato opportuno scritturare Tito Schipa e Cesare Valletti? Tralasciamo un altro tenore: Giacomo Lauri Volpi, che probabilmente avrebbe avuto qualcosa da dire in merito. Resta poi la questione degli strumenti originali e il diapason a 430 Hz. Non ho nulla in contrario a questo non è certo il diapason, come dirò in seguito, che determina un’eccellente esecuzione.
Partiamo dal direttore Giovanni Antonini che specialista nel barocco affronta Norma con le stesse dinamiche. Già nell’overture si odono suoni sfibrati spesso rumorosissimi e in pianissimo senza trovare una drammaticità espressiva. Lo stesso si riscontra in tutta l’opera, dove ad esempio abbiamo un’estenuante “Casta Diva” dai tempi dilatatissimi e una successiva cabaletta stile carica di Custoza. Lo stesso si verifica in molte altre occasioni ove le sonorità secche e poco espressive di un’orchestra anche apprezzabile sono mal usufruite nel repertorio adottato.
Cecilia Bartoli mostra tutto il suo impegno e la sua caratura per eseguire ed interpretare il personaggio, tuttavia ha una voce poco armonica, abusata in trilli e rallentati poco si addice a Norma. Manca inoltre il colore e l’accento della grande primadonna tragica e tutte le cabalette hanno un gusto più rossiniano che belliniano. Manca inoltre nel peso specifico del recitativo che in questo caso non si può risolvere come nel barocco, ma la Bartoli non cambia rotta e spesso risulta ridicola ed insignificante.
Si diceva prima del personaggio di Adalgisa. Talune affermazioni sono pertinenti ma secondo questo principio perché scritturare Sumi Jo, la quale è stata un bravo soprano soubrette? Quale dunque il segno filologico? Ovvero il segno sarebbe che anche in sede di registrazione un soprano lirico probabilmente “coprirebbe” la protagonista, pertanto si è dovuti ricorrere ad altro soggetto. La Jo con Adalgisa c’entra come i cavoli a merenda, anche se ci troviamo di fronte ad una cantante in declino dopo onorata carriera ma che meriterebbe altri ruoli e la sua discografia è chiara in tal senso.
Stessa tesi vale anche per il Pollione di John Osborne tenore oserei affermare con tendenze al contraltino, il quale sfoggia una personale interpretazione con filati, smorzature e falsetti credendo di interpretare quando invece la voce è spesso opaca e spenta. Inoltre è da considerare che manchi di scansione e di mordente, in particolar modo nel duetto atto I, avvicinandosi al ruolo del fiero seppur meschino condottiero rasentando il malinconico e mellifluo cantore.
Michele Pertusi avrebbe forse avuto un tempo le carte necessarie per il ruolo di Oroveso, anche con voce non propriamente scura, ma era molto raffinato nell’accento e nella modulazione. Aspetti che ora trovano qualche lacuna oltre ad acuti non propriamente centrati. I migliori di questa incisione cui non si è voluto imporre particolari prerogative sono Reinaldo Macias, che pare almeno in disco abbia il doppio del volume di voce rispetto Osborne, e Liliana Nikiteanu che traccia un’onesta Clotilde.
Infine è da considerare positivamente il lavoro della nuova edizione critica di Riccardo Minasi e Maurizio Biondi, ma avrebbe meritato un cast, direttore e orchestra differenti. L’edizione rappresenta per alcuni versi anche una curiosità ma sostanzialmente troppo costruita e ricamata addosso alla protagonista.
CD DECCA 478 3517
NORMA
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani
Nuova edizione critica di Maurizio Biondi & Riccardo Minasi
Norma: Cecilia Bartoli
Adlagisa: Sumi Jo
Pollione: John Osborne
Oroveso: Michele Pertusi
Clorilte: Liliana Nikiteanu
Flavio: Reinaldo Macias
Orchestra La Scintilla e Inernational Chamber Vocalists Chorus
Direttore: Giovanni Antonini
M.o del coro: Jurg Hammerli
Registrata all’Evangelisch-reformierte Kirchgemeinde a Zurigo nell’aprile e settembre 2011 & gennaio 2013

PIOTR BECZALA: HEART’S DELIGHT – CD DEUTSCHE GRAMMOPHON 2010 [Lukas Franceschini] – 14 luglio 2013
La Deutsche Grammophon pubblica un recital di uno dei migliori tenori del momento, il cantante polacco Piotr Beczala
A A dire il vero uno dei pochi tenori di rango e di fama internazionale, tanto è arido il panorama, che si produce in questa incisione non nel solito e generalmente banale recital ma in un’azzeccata quanto originale sequenza di arie da operette, volendo rendere omaggio al più importante cantante del genere e non solo, di tutti i tempi: Richard Tauber.
Sgombro subito il concetto che essere cantante da operetta, cioè possedere una voce in grado di cantarla ed averla in repertorio oltre l’opera, non è contrariamente a quanto molti possono credere essere cantante inferiore, anzi forse avere qualche caratteristica maggiore. Beczala nel suo personale tributo a Tauber lo dimostra. Richard Tauber (1891 – 1948) nativo di Linz, poi naturalizzato inglese, iniziò la propria carriera quale tenore d’opera, che comunque mantenne parallelamente in tutti gli anni di attività, diventando un riferimento per ruoli quali Don Ottavio, Belmonte, Tamino, Hoffmann. Il proficuo incontro con Franz Lehar a Vienna si concretò come una dei sodalizi più azzeccati nella storia del teatro canoro. Tauber portò al successo molti lavori di Lehar il quale compose per lui Die ZarewichtDie Friederike e Das Land des lachelns. In particolare quest’ultima divenne un emblema di Tauber e l’aria “Dein ist mein ganzes Herz” raggiunse fama mondiale, ancor oggi conosciuta da tutti magari con il titolo italiano “Tu che m’hai preso il cor”. Per dare un esempio della popolarità sia del cantante sia dell’operetta quando Tauber debuttò a Londra nel 1937, cantò ben ottocento repliche de Das Land des lachelns. Non mancarono tuttavia grandi esibizioni nei ruoli di tenore d’opera e cantò per l’ultima volta sempre nella capitale inglese nel 1947 nel Don Giovanni, sarebbe deceduto l’ano successivo per un cancro ai polmoni.
La particolare versatilità canora di Piotr Beczala gli permette di affrontare con disinvoltura i due repertori e tale tesi è confermata da questo disco. Tenore lirico, di ottima espressione, fraseggio spazia con naturalezza in sedici brani che furono i cavalli di battaglia di Tauber. Iniziando da “You are my heart’s delight” che non è altro che la celebre romanza menzionata tradotta in inglese, proseguendo poi in famose arie d’operetta, le quali oggigiorno proprio famose non sarebbero, giacché questo repertorio in Italia non è mai eseguito. Abbiamo pertanto un’impegnativa sequenza di romanze e melodie di ampio respiro vocale, che il nostro Beczala realizza con tecnica raffinata, e una squisita armonia altrettanto realizzata con gusto e senso del colore e del fraseggio. Di pregio il duetto “Lippen schweigen” con Anna Netrebko da Die lustige witwe, e simpatico il duetto con Tauber, ovviamente ricostruito in sala d’incisione, di “Du bist die Welt fur mich” dall’operetta Dir singende Traum composta dallo stesso Tauber. Non mancano canzoni tratte dai film musicali che furono una peculiarità di Tauber, e che Beczala rende con grande classe interpretativa. Tutte di particolare pregio ma emergono “Das Lied ist aus” e “Ich liebe dich”. Altro cameo l’aria di Franz da The Student Prince di Sigmund Romberg, magistralmente interpretata. Un cd di particolare interesse, ben registrato come di norma per la Deutsche Grammophon, e un tenore che conferma le sue possibilità artistiche al meglio e che ascolteremo nella prossima Traviata, opera inaugurale della stagione 2013/2014 al Teatro alla Scala. Ottimo l’apporto della Royal Philharmonic Orchestra diretta con eleganza da Lukasz Borowicz.
CD Deutsche Grammophon 479 0838
HEART’S DELIGHT – The Songs of Richard Tauber
Tenore: PIOTR BECZALA
Royal Philahrmonic Orchestra
Direttore: Lukasz Borowicz
Registrato a Londra nell’ottobre 2010.