2011

Pubblicazioni 2011

LA TRAVIATA – CD SOLO VOCE 2010 [William Fratti] – 7 gennaio 2011.
L’anno 2009 avrebbe potuto concludersi con uno degli appuntamenti più importanti ed attesi dai melomani di tutto il mondo: il ritorno di Daniela Dessì alla partitura de La traviata. Purtroppo per una serie molteplice di ragioni, per lungo tempo apparse sui media, nei blog e nei forum del settore, il celebre soprano genovese ha rinunciato alle recite romane, decidendo di incidere su disco il tanto amato melodramma verdiano.
Le registrazioni risalgono all’inizio del 2010 e si sono svolte all’Auditorium Paganini di Parma, con la partecipazione di John Neschling sul podio della verdianissima Orchestra del Teatro Regio di Parma. Trattandosi di una registrazione in studio e non di uno spettacolo dal vivo, non è ovviamente possibile commentare la purezza del suono o la precisione nell’esecuzione, ma tanti altre sono le qualità o i pregi di cui è intriso questo nuovo album.
Daniela Dessì torna al ruolo di Violetta dopo oltre quindici anni e lo fa con carattere. La vocalità morbida, piena e pastosa del soprano rendono la Signora delle Camelie più adulta e matura, meno sprovveduta, ma soprattutto evidenzia maggiormente lo spirito verdiano. I colori e gli accenti che una tale professionista sa dispiegare lungo le pagine del lungo ruolo sono davvero numerosi e i vari cambiamenti di stato d’animo del personaggio, dalla gaiezza alla spensieratezza, dall’innamoramento al dolore, dal tradimento alla morte, possono essere intesi ed accolti dall’ascoltatore con immediata certezza, grazie ad un fraseggio altamente espressivo. L’elasticità della voce e le agilità sono molto buone, ma ciò che colpisce davvero sono i cromatismi e le appoggiature, soprattutto in certi passaggi come in “Ah, se ciò è ver, fuggitemi” oppure in “Parigi, o cara”. Commoventi ed emozionanti, come sempre nelle interpretazioni dell’artista, sono le pagine più drammatiche, da “Non sapete quale affetto” ad “Amami, Alfredo”, da “Alfredo, Alfredo, di questo core” ad “Addio del passato”, dove la corposità dei centri e dei gravi danno maggior significato alle parole di Violetta. Ogni strofa è fortunatamente eseguita per intero, compresi i da capo e ciò è un piacere maggiore per l’appassionato attento allo spartito.
Fabio Armiliato accompagna la moglie in questa attesissima avventura professionale insieme, con spirito e accento verdiani intrisi di spunti veristici. Nonostante il tenore genovese si sia rivolto negli ultimi anni a ruoli lirici spinti, soprattutto del repertorio verdiano e pucciniano, il suo Alfredo non risente di alcun appesantimento vocale, certamente grazie alle sue importanti doti tecniche. I puristi del suono non sarebbero d’accordo nel lasciar passare inosservato il passaggio all’acuto, che nella voce di Armiliato è particolarmente evidente, soprattutto in questo ruolo, ma l’incredibile quantità e qualità di colori e sfumature con cui dipinge il personaggio superano di gran lunga ogni altra critica. Brillante e squillante nella vocalità, l’artista è soprattutto un bravo fraseggiatore e riesce a caratterizzare ogni singola scena come se si trattasse di uno spettacolo dal vivo.
Claudio Sgura non possiede le naturali inflessioni vocali di un vecchio baritono specialista del ruolo di Germont, ma sa destreggiarsi molto bene con la partitura, apparentemente semplice da eseguire, ma molto difficile da interpretare in modo corretto e giustamente credibile, come opportunamente accade in questa occasione. Il baritono pugliese esegue dei cromatismi molto interessanti, ha un buon accento e soprattutto possiede una linea di canto sempre omogenea.
I protagonisti sono accompagnati, nei ruoli comprimari, da Annunziata VestriChiara PierettiLuca CasalinMarco CamastraAndrea CastelloAngelo NardinocchiJosep RuizAlfredo Stefanelli Graziano Dallavalle, artisti per gran parte attivamente impegnati nelle formazioni corali dei teatri dell’Emilia.
A guidare il valente e verdianissimo Coro del Teatro Municipale di Piacenza è Corrado Casati, evidentemente esperto della popolare partitura del Cigno di Busseto.
CD SOLO VOCE 8553203
Giuseppe Verdi
La traviata
Violetta: Daniela Dessì
Alfredo: Fabio Armiliato
Germont: Claudio Sgura
Orchestra del Teatro Regio di Parma
Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto da Corrado Casati
Direttore: John Neschling
Registrato nel 2010 all’Auditorium Nicolò Paganini di Parma

EMI CLASSICS – PASQUA 2011 [Lukas Franceschini] – 29 marzo 2011
Emi Classics per Pasqua 2011 pubblica a prezzo speciale alcune uscite particolari dedicate alla festività tra le più importanti del suo catalogo, e aggiungo, tra le più interessanti proposte musicali degli ultimi tempi.
Gioacchino Rossini: STABAT MATER
Solisti: Anna Netrebko, Joyce Di Donato, Lawrence Brownlee, Ilbbrabdo D’Arcangelo
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia   
Direttore: Antonio Pappano
Giovanni Battista Pergolesi: STABAT MATER  –  SALVE REGINA
Solisti: Dorothea Roschmann, David Daniels
Orchestra Europa Galante       
Direttore: Fabio Biondi
Gustav Mahler: Sinfonia n. 2 “Resurrezione”
Solsiti: Kate Royal, Magdalena Kozena
Berliner Philhamroniker e Rundfunkchor Berlin     
Direttore: Sir Simon Rattle
Antonio Vivaldi: STABAT MATER – NISI DOMINUS – LONGE MALA
Solista: David Daniels
Orchestra Europa Galante       
Direttore: Fabio Biondi

VITTORIO GRIGOLO: THE ITALIAN TENOR – CD SONY 2010 [Lukas Franceschini] – 1 aprile 2011
The Italian Tenor è il titolo del recital d’esordio di Vittorio Grigolo, giovane cantante non più promessa ma realtà internazionale.
Grigolo canta da sempre, ancor bambino intonava arie e romanze, conseguenza di essere nato in una famiglia di melomani. Dalla natia Toscana si sposta a Roma ed entra nel coro della Cappella Sistina. Le qualità si intravedono subito tanto che sarà scelto per il ruolo del pastorello nella Tosca inaugurale all’Opera di Roma nel 1990 al fianco di Raina Kabaivanska, Luciano Pavarotti e Ingvar Wixell con tanto di pubblicazione Cd RCA e diretta televisiva Rai. I fenomenali fanciulleschi esordi non restano confinati fini a se stessi, come spesso accade, e Grigolo inizia un periodo d’intenso studio per formare la sua voce, capirne la vocalità e cercare un repertorio. Iniziano i primi debutti teatrali che individuano subito un tenore lirico-leggero, infatti, canta spesso Il barbiere di Siviglia e Il turco in Italia nei ruoli principali ma non disdegna le parti di comprimariato. Chi scrive ebbe occasione di ascoltarlo nel 2000 a Bologna nel ruolo del timoniere ne Der Fliegende Holländer di Richard Wagner. Mi colpì l’incisività di un canto etereo ma altrettanto incisivo. Il ruolo è limitato, non nego, ma è da ricordare che in passato altri tenori affrontarono ruoli secondari prima di passare al repertorio di protagonista come ad esempio Fritz Wunderlich, e Vittorio Grigolo mi fece un’ottima impressione tanto che andai a conoscerlo alla fine della recita. Mi accolse come un vecchio amico, con simpatia e molta cordialità, si parlò di canto e delle sue aspettative e lui precisò che non voleva fare tappe affrettate. In seguito lo riascoltai in piccolo ruolo ne Il viaggio a Reims sempre a Bologna, ma soprattutto quale Tony in West Side Story di Leonard Bernstein alla Scala. Il passo era fatto, ora era protagonista e in tale occasione che protagonista! Classe, temperamento, spavalderia giovanile, tutti elementi che contribuirono alla riuscita perfetta di un personaggio non solo dal punto di vista vocale ma altresì scenico e di artista completo perché Grigolo interpretò splendidamente tutte le danze sulle coreografie originali di Jerome Robbins. La carriera era dunque avviata, seguiranno altri debutti importanti Alfredo nella Traviata, Elisir, Rigoletto, Lucrezia Borgia ma soprattutto Bohème e Manon di Massenet. A coronamento e conoscenza planetaria lo scorso settembre il Rigoletto televisivo girato a Mantova nei luoghi ove si svolge il dramma di Hugo da cui Verdi trasse l’opera. Per questo recital Sony Grigolo sceglie un programma da vero tenore: Donizetti, Verdi e Puccini. Non tutto quanto inciso è stato anche interpretato in teatro, ma si tratta di un disco pertanto il gioco vale la candela. Ascoltata oggi in cd la voce di Grigolo, si è certamente spostata verso il registro lirico, mai lezioso e piuttosto intenso, molto ben fraseggiata e con ottime capacità nel settore acuto. Presumo che con il passare degli anni, con una successiva maturità ed evoluzione, egli s’indirizzerà verso un repertorio più spinto, ma ciò avverrà se e quando lo riterrà opportuno. Intanto lo attendiamo in giugno alla Scala nel Romeo et Juliette. Nell’incisione appaiono particolarmente emozionanti l’aria di Des Grieux, dal tratto sognante e rapito mentre nell’addio di Cavaradossi il filato (di tradizione) è bello e l’espressività ragguardevole. Per contro nel Trovatore, ove affronta recitativo, aria e cabaletta, credo che la sua voce sia troppo leggera seppur non manchi di temperamento, il recitativo sia molto accurato e le note non lo spaventino. Ne Il ballo in maschera è carente la scansione e un certo vigore per tale ruolo il tenore non ancora lo possiede. Questi i punti deboli, si fa per dire, dell’incisione. Nelle altre parti troviamo un tenore meravigliosamente fresco, di ottima finitura e valente interprete. Eccelle in Nemorino, dal lirismo patetico e sentito ed esegue la cavatina di Fernando senza una minima incertezza nel difficile registro acuto. In Rigoletto sfodera tutta la baldanza e l’ardore che il ruolo richiede soprattutto in una cabaletta particolarmente ispirata. Squisito lirismo anche in Rodolfo, trovo sia particolarmente illuminato ne Le Villi cui non mancherebbe anche teatralmente più che positivi risultati e fortemente disperato e cesellatore in Luisa Miller. Infine, il brano che più mi ha entusiasmato, voi anche per la rara esecuzione, è la grande aria da Il corsarodi Verdi. Qui Grigolo trova non solo un terreno fertile per mettere a buon uso finezze vocali e fraseggio di prim’ordine ma altrettanta impulsività e vigore nella brillante cabaletta che rendono il tutto un traguardo di altissimo livello. La direzione di Piergiorgio Morandi è un valido apporto e ben disposto ad assecondare le peculiarità vocali del tenore, l’orchestra e il coro del Teatro Regio di Parma si comportano a dovere. Un ottimo debutto discografico che sicuramente non resterà unico considerata la determinazione e la perizia di scelte di repertorio e lo sviluppo vocale che lo ha accompagnato in questo cruciale decennio. La voce, molto affascinante, accomunata da un gusto elegante e da una piena consapevolezza dei suoi mezzi, dovrebbe portare sicuramente Vittorio Grigolo tra i cantanti più apprezzati. Ottima l’incisione Sony, con note molto esaustive fortunatamente tradotte anche in italiano.
CD SONY 88697723842 (P – 2010)
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma
M.o del coro: Martino Faggiani
Direttore: Piergiorgio Morandi
Registrato all’Auditorium Niccolò Paganini di Parma 28 gennaio/1 febbraio 2010

JOYCE DI DONATO: DIVA DIVO OPERA ARIAS – CD VIRGIN 2010 [Lukas Franceschini] – 11 aprile 2011
Il nuovo cd Diva Divo Opera Arias di Joyce Di Donato è un “gioco”! Un bel gioco si dovrebbe aggiungere! Come lei stessa scrive in una parte delle note di copertina questa nuova registrazione si basa sul gioco o meglio sulla capacità dell’artista di cantare sia ruoli femminili sia maschili.
Ci confida inoltre che amerebbe tanto cantare Salome Tosca ma ben conscia delle sue peculiarità lascia questi ruoli nel cassetto (o sotto la doccia!), ha la fortuna, però, di potersi esibire in molti altri come testimonia questa incisione. Ho ascoltato più volte la signora Di Donato in teatro e mi ha sempre convinto. Oggigiorno la cantante è da collocare tra le più importanti a livello internazionale e la recente La donna del lago, stando alle recensioni, lo conferma, avremo poi la fortuna di ascoltarla alla Scala nello stesso ruolo a fine stagione. Il cd non segue un programma definito ma deve essere considerato un ensemble di pezzi di bravura ed interpretazione e Joyce Di Donato centra il bersaglio. Il magnifico gioco dei personaggi ora sopranili ora mezzosopranili potrebbe far storcere il naso a molti puristi ma è ineluttabile che la cantante sia da considerarsi prevalentemente, se non sicuramente, una tipica cantante “Colbran” seppur sia doveroso affermare che nessuna può essere uguale alla mitica signora Rossini sia per impossibilità oggettiva sia per appropriato riscontro. Il merito, non secondario, anzi principale della Di Donato è di essere una grande fraseggiatrice, possiede un gusto raffinato, non imita sue precedenti colleghe, trova soluzioni proprie nelle variazioni belcantistiche, le quali possono piacere o no, ma sono egualmente appropriate e rendono giustizia all’interprete virtuosa. Il Cd si apre con quello splendido gioiello “Je suis gris” dal Cherubin di Massenet che è un biglietto da visita molto ben augurante per quanto a venire. In vero stile ‘700 affronta con garbo la tessitura ove prevale sicuramente nel Sesto, per accenti e virtuosismi esemplari, che nella Vitellia de La Clemenza di Tito rispettivamente di Gluck e Mozart. Se nell’aria della lezione da Il barbiere di Siviglia, ove è bravissima, la trovo un po’ scontata forse perché udita più volte in teatro, mi ha particolarmente colpito il Romeo belliniano per veemenza, temperamento e facilità nel realizzare una pagina così estatica. Brillante e allo stesso tempo patetica nell’Angelina rossiniana, incanta nel Sibel, particolarmente ispirata e affascinante nella celebre “D’amour l’ardente flamme” di Berlioz. In Cendrillon si presenta anche con “Coeur sans amour” un Prince Charmante di eccellente musicalità e termina con una vera gemma: il compositore dall’Ariadne auf Naxos, pregevole per pathos e granitica modulazione. Il direttore Kazushi Ono ben la asseconda ottimamente sorretto dall’orchestra dell’Opera de Lyon.
CD VIRGIN 50999 641986 0 6 (P – 2011)
Orchestre et Choeur de l’Opéra de Lyon
Direttore    Kazushi Ono
M.o del coro Alan Woodbridge
Con: Edgards Monvidas, Nabil Suliman, Elena Semenova Pascale Obrecht e Paolo Stupenengo
Registrato all’Auditorium de l’Orchestre National de Lyon, 18 – 28 settembre 2010

DIANA DAMRAU: RICHARD STRAUSS LIEDER – CD VIRGIN 2009 [Lukas Franceschini] – 14 aprile 2011
La quarta incisione discografica di Diana Damrau è un singolare cd liederistico monografico dedicato a Richard Strauss.
In questo caso si tratta di lieder per orchestra e non è assolutamente secondaria la presenza del direttore il cui nome è nientemeno che Christian Thielemann sul podio della Münchner Philharmoniker Orchestra. Non tutti sono orchestrati dall’autore alcuni anche da Robert Heger, Felix Motti e Leopold Weininger. Poco conta, sono tutti gioielli di autentica poesia messa in musica dal più autorevole compositore del secolo scorso. Thielemann in perfetto stato di grazia, accompagna, o meglio, cesella un tappeto orchestrale d’impagabile fascino, un’affermata e peculiare sensibilità, nonché interprete al servizio della voce che oggi probabilmente non ha rivali. Ovvio che l’apporto della Münchner Philharmoniker, orchestra tra le più blasonate, dal suono duttile ma anche infiammato, o dolce, preziosissima! L’interprete vocale è Diana Damrau, tra le più affermate cantanti del momento e proveniente da un repertorio di soprano di coloratura ora spostatasi leggermente e con prudenza verso il lirico. Sfoggia un fraseggio impeccabile e una tecnica sopraffina, nonostante uno spessore vocale non sempre ottimale. E’ proprio in questo frangente che la Damrau sorprende, perche attraverso un virtuosismo eccelso, spesso sfumato e particolarmente fraseggiato riesce a colmare personali lacune, mettendosi al servizio del lieder in maniera impeccabile. E’ inutile ed inopportuno accostarle paragoni con passate colleghe, oggi lei si colloca al vertice non solo dei soprani di coloratura, ma oggettivamente anche delle grandi interpreti liberistiche e questo disco lo conferma pienamente. E’ difficoltoso scegliere tra i ventidue incisi quello che particolarmente surclassa gli altri, ma particolari emozioni mi hanno suscitato Morgen!Standchen e Allerseelen. Un cd imperdibile!
CD VIRGIN 50999 628664 0 8 (P – 2010)
Munchner Philharmoniker Orchestra
Direttore: Christian Thielemann
Registrato a Gasteig Münich, 10 – 15 marzo 2009

ALEKSANDRA KURZAK: GIOIA! – CD DECCA 2010 [Lukas Franceschini] – 12 giugno 2011
Gioia! è il titolo del primo recital di Aleksandra Kurzak edito da Decca.
Non sono a conoscenza se la cantante di origine polacca abbia stipulato un contratto in esclusiva con la celebre casa “house” londinese, tuttavia Decca ha voluto porre un accento nuovo a questa incisione: affiancare alla solista un altro giovane direttore, Omer Meir Wellber, e un complesso in continua ascesa quale l’Orquestra de la Comunitat Valenciana. Avevo già sentito parlare della Kurzak qualche anno fa in termini lusinghieri in occasione di una ripresa a Londra dell’opera “Mathilde di Shabran” di Rossini (a fianco di Juan Diego Florez), poi di recente alla Scala si presentò in un recital piuttosto sbiadito per proseguire a Torino recentemente con una Traviata che ottenne enorme successo di pubblico. Prossimamente sarà impegnata a Verona ne “Il barbiere di Siviglia” e finalmente avrò occasione di sentirla dal vivo. La scelta dei brani inseriti in questo cd, riferiti ad autori quali Rossini, Mozart, Donizetti, J. Strauss, Puccini, Verdi e Bellini, sarebbero presupposto di una vera fuoriclasse per completezza interpretativa e canora, peculiarità essenziali per simile repertorio. Purtroppo non è cosi! La Kurzak ha dalla sua una voce molto graziosa di soprano lirico leggero ma con una spiccata predisposizione per la coloratura, però non sorretta da una definita tecnica. Nelle note di copertina lei stessa racconta di essersi avvicinata al canto all’età di diciannove anni, e sia pure che la madre fosse cantante d’opera ciò non toglie che la preparazione ad un primo ascolto non lascia particolari suggestioni. Un recital come tanti, confezionato bene, con brani celeberrimi nei quali dovrebbe emergere la grande cantante, la grande vocalista. Tra le cose migliori potrei citare la sortita di Rosina in versione sopranile e una Susanna da “Le nozze di Figaro” con un bel legato. Si fa apprezzare anche nella solita aria da “Gianni Schicchi” e tutto sommato anche come frizzante Adele da “Die Fledermaus”. Quando si ascoltano i ruoli più impegnativi e cerchi non si chiudono. Nell’aria dal primo atto della “Lucia di Lammermoor” manca di ampiezza, carattere, suggestione e le agilità sono appena accettabili, eseguita in tal modo, sarebbe assai improbabile una pazzia almeno decorosa. Il clima cambia ne “La traviata” seppur il recitativo sia banale, ma l’arioso è pertinente e abbastanza disinvolta nella cabaletta. “Caro nome” è eseguito in maniera languida ed estenuante con difficoltà nel legato, mentre nella polacca da “I puritani” cade clamorosamente per gusto e coerenza tecnica oltre ad uno stile impersonale del tutto estraneo a questo grande pezzo di bravura. Il brio sensuale non è poi il suo pane quotidiano, si avverte ascoltando il valzer di Musetta, appare un po’ meglio nel duetto da “L’elisir d’amore” perché più patetico ma noto seri dubbi che la sua Adina integrale possa avere tutte le sfaccettature della ricca ma innamorata provinciale. L’ultimo brano è una rarità: Do grobu trwacdall’opera “Straszny dwor” di Stanislaw Moniuszko, compositore polacco nazional popolare. Trattasi di un lungo brano molto lirico, dove la Kurzak infonde migliore sentimento e passionalità rispetto ad altri. Con lei nel duetto “Una parola Adina” merita una particolare menzione il giovane tenore Francesco Demuro, il quale affronta con molta professionalità e sentimento il ruolo di Nemorino. L’apporto orchestrale è molto valido, il suono bello e luminoso, semmai è la bacchetta di Wellber che è alterna. In Rossini si denota una certa pesantezza, migliore Mozart e Strauss; mi sembra di percepire che il romanticismo non sia il suo terreno d’elezione: in Lucia manca di poesia scansione e nei Puritani avrebbe dovuto essere più rigoroso nello stile.
CD DECCA 4782730 – 2011
Tenore: Francesco Demuro
Orquestra de la Comunitat Valenciana
Direttore: Omer Meir Wellber
Registrato a Valencia: Palau de les Arts Reina Sofia, dicembre 2010

ANDREA MARCON: MOZART OUVERTURES – CD D.G. 2010 [Lukas Franceschini] – 13 giugno 2011
La Deutche Grammophon pubblica un’autentica rarità: tutte le Overtures operistiche di Wolfgang Amadeus Mozart.
Qualcuno potrebbe obiettare che sono tra le più eseguite ma ciò è vero solo in parte, infatti, in genere lo sono solo le più famose, Don Giovanni, Le nozze di Figaro, Die Zauberflöte, le altre compiano molto raramente nei concerti per non parlare nei recital operistici, operazione solitamente riservata alle composizioni di Rossini e Verdi. Nel cd in oggetto la sequenza delle incisioni parte dalla prima opera del salisburghese; “Apollo et Hyacinthus”, per arrivare in ordine cronologico all’ultima “La clemenza di Tito. Questo percorso, voluto dallo stesso direttore, ci permette di scoprire l’evoluzione stilistica di Mozart: passare da composizioni del 1767 (quando aveva undici anni) a quelle delle maturità ed è un esperimento sicuramente affascinante perché circoscritto alla sola produzione operistica. Le overtures, essendo la prefazione dei melodrammi, già rendono chiaramente la cifra dell’inventiva del compositore. Andrea Marcon è artista barocco di chiara fama al cui curriculum non occorre aggiungere altro basta la sua intesa attività e la perizia storica filologica dello studio delle partiture e dell’esecuzione delle stesse. Lo splendore della Cetra Barockorchester Basel, complesso fondato dallo stesso Marcon e con il quale ovviamente sussiste un feeling di particolare intuizione e spiccata musicalità, rende questo cd unico nel suo genere. Confesso che pensavo si trattasse di una sequenza di overtures che dopo il sesto brano sarebbe caduta nella solita buona esecuzione ma monotona perché conosciute, al contrario, devo registrare che la finezza strumentale, i tempi serrati, ma anche quelli più tipicamente armonici mi hanno conquistato. Il ritmo è magistrale, si percepisce in modo particolare ascoltando gli stacchi del “Così fan tutte”, come altrettanto le percussioni, nel “Die Entfuhrung aus dem Serail”, e il suono ottimamente colto in una risonanza di grande pregio. Una riscoperta mozartiana di fondamentale lettura.
CD DEUTSCHE GRAMMPOHON 477 9445  – 2011
La Cetra Barockorchester 
Direttore: Andrea Marcon
Registrato a Riehen Landgasthof Festsaal ottobre 2010

RENÉ PAPE: WAGNER – CD DEUTSCHE GRAMMOPHON 2010 [Lukas Franceschini] – 15 giugno 2011
Il basso tedesco René Pape ha inciso un recital monografico su Richard Wagner diretto da Daniel Barenboim a capo della Staatskapelle Berlin e con la partecipazione del tenore Placido Domingo.
L’ultima volta che ascoltai Pape in teatro fu alla Scala in “Das Rheingold” la scorsa primavera e ne ricordo una buona performance sia vocale sia scenica anche se ebbi la percezione che tendesse ad “intubare” i suoni ma ascoltando questo cd probabilmente fu una personale impressione momentanea. Egli avrebbe dovuto il Wotan della Tetralogia con Barenboim in esecuzione in questi anni alla Scala, ma già in “Die Walküre” (inaugurazione stagione 2010/2011) non era in cartellone, pare impegnato a New York in “Boris Godunov”, e non mi è dato a sapere se rientrerà nelle restanti giornate. Peccato! In questa incisione affronta alcuni dei più importanti ruoli del catalogo wagneriano: Wotan, Gurnemanz, Sachs e Wolfram. I primi due sono da sempre stati interpretati da bassi, mentre gli altri tipicamente per baritono in molte occasioni sono cantati anche da bassi. Le impressioni di cui sopra in parte sono confermate anche in quest’occasione discografica. Credo che Pape abbia sempre più intubato il suono a scapito di un’emissione più artificiosa e meno lineare, ciò dispiace perché il cantante possiede una qualità vocale di primissima finezza ma tende ad ingrossare soprattutto nei centri. Non vorrei che Boris avesse sortito l’effetto che ebbe anni fa sulla voce di Ruggero Raimondi, il quale comunque aveva molta meno armonia vocale rispetto a Pape. Tuttavia egli si conferma uno dei più affermati ed apprezzati cantanti d’oggi, pur trovando, personalmente, appannato il colore. Lo smalto è e resta di primordine e direi ancor più l’interprete e il fraseggiatore. Non mi piace fare paragoni troppo remoti, sicuramente ci sono stati Wotan più tonanti ed incisivi, quello di Pape è molto ben declamato e sorretto da aulica poesia. Quando si passa a “Die Meistersinger von Nürnberg”, egli calibra un Sachs molto umano, ma trovo sia leggermente a disagio nel registro in alcuni momenti. La regalità di Re Heinrich è ben espressa in particolar modo nel declamato incisivo. Nel “Tannhäuser” si cimenta nella celeste e sognante aria di Wolfram e pur non mancando nello stile non ottiene risultati del tutto soddisfacenti in una tessitura che non gli appartiene. L’incisione contiene una selezione del III atto di “Parsifal”, la lunga scena tra Gurnemanz e il protagonista dell’opera, tale Placido Domingo. Non è il caso di riaprire la questione del Wagner di Domingo, troppo inchiostro è stato versato. Sicuramente non è un heldtenor, si sa, ma egualmente raggiunge risultati più ch apprezzabili per il timbro caldo, latino e luminoso. Ovvio che oggi con settanta primavere, pur confermando doti sotto tenuta sotto certi aspetti eccezionali, lo smalto inevitabilmente è ridimensionato essendo spesso duro e meno colorito. Pape trova sempre ottimi momenti con un bel fraseggio e un senso psicologico del personaggio ammirevole. Daniel Barenboim cesella ogni nota con colore e passione, la Staatskapelle Berlin lo segue alla perfezione in uno dei loro magici momenti musicali. Ottime le note di copertina cui è aggiunta un’interessante intervista con l’artista.
CD DEUTSCHE GRAMMOPHON 4776617
Staatskapelle Berlin e Coro della Staatsoper Unterd den Linden
Direttore: Daniel Barnboim
Con Placido Domingo
Registrato a Berlino Funkhaus Berlin Nalepastrasse Saal giugno 2010

DANIEL BARENBOIM: TCHAIKOVSKY, SCHÖNBERG – CD DECCA 2007 [Lukas Franceschini] – 17 giugno 2011
La Decca pubblica un concerto diretto da Daniel Barenboim a capo della West-Eastern Divan Orchestra tenutosi a Salisburgo nel 2007.
L’orchestra, fondata dallo stesso direttore, comprende giovani musicisti ebrei ed arabi, un clamoroso e chiaro tentativo per far capire che armi lotte a nulla servono quando l’arte può far convivere etnie ed idee nazionalistiche diverse molto più di quanto la politica ha fatto negli ultimi sessant’anni. Il programma non è casuale: Schoenberg, Variazioni per orchestra Op. 31, e Cajkovskij, Sinfonia n. 6 in si min. Op 74 “Patetica”. L’esecutore della prima assoluta delle Variazioni fu Wilhelm Furtwangler nel 1928, un mezzo fiasco; la stessa illustre bacchetta fu fortemente impressionata da un giovanissimo Barenboim, dodici anni, quando questi nel 1954 si esibì al pianoforte alla sua presenza. Si aggiunga che la sinfonia del compositore russo è una delle più intimistiche ed emozionanti dell’800, pertanto il programma è un omaggio che Barenboim ha voluto per colui che incoraggiò la sua carriera, eseguendo due partiture a lui molto care. Nelle opere di Arnold Schoenberg è tracciata una buona parte della storia della musica europea dei primi dieci lustri del XX secolo. Dopo il progressivo allargamento della tonalità degli anni giovanili influenzati soprattutto dai tedeschi, Brahms, Wagner, Mahler e Strauss, il successivo periodo atonale conseguente ai principi etici ed estetici dell’”espressionismo”, il periodo dodecafonico, per arrivare agli episodi tonali della maturità che sfrutta, come ammise lui stesso, un’inedita dimensione armonica del complesso cromatico. La maturazione dodecafonica iniziò nell’immediato dopoguerra e le Variazioni per orchestra rappresentano un chiaro ed indelebile esempio in cui vennero utilizzate tutte le forme possibili della serialità. Le composizioni di Cajkovskij, al di là di un tratto stilistico spesso grandioso e magniloquente, sono frutto di elaborate costruzioni formali che contengono alla base elementi di linguaggio folkloristico russo. Egli soffrì da sempre di problemi psicologici e non sempre riuscì a controllare l’equilibrio tra il suo connaturato patetismo e la ricchezza delle costruzioni melodiche. In particolare il malinconico decadentismo della 6ª Sinfonia è anche uno specchio chiaro della sua psicologia e per questo risulta un notevole elemento di novità. Inoltre, altra particolarità della sinfonia è che il tempo allegro è il III movimento mentre per tener fede alla decadenza, la composizione termina, IV movimento, con un “adagio lamentoso”. Dell’esecuzione non si possono trovare aggettivi più entusiastici per la ricchezza di colori, sonorità espresse dalla magnifica orchestra, un ensemble che seppur nato da poco già si colloca ai vertici delle “new” a livello internazionale. Barenboim di suo è quella grande bacchetta che conosciamo e se nella sinfonia russa troviamo tutta la poesia e la struggente malinconia insita è probabilmente in Schoenberg che ci sorprendiamo per una visione cosi nitida di un linguaggio nervoso ed anomalo di mirabile risonanza.
CD DECCA 478 2719 – 2011
West-Eastern Divan Orchestra
Direttore: Daniel Barenboim
Registrato a Salzburg Grosses Festspielhaus, 13 agosto 2007

BRIEF ENCOUNTER – CD DEUTSCHE GRAMMOPHON 2009 [Lukas Franceschini] – 20 giugno 2011
André Previn ritorna all’opera! Il celebre compositore, pianista e direttore d’orchestra dopo il successo di “A Streetcar named Desire” si cimenta per la seconda volta in un titolo operistico di estrazione “cinematografica” Brief Encounter tratto dall’omonima pièce teatrale di Noël Coward e dalla sceneggiatura del successivo film (1945 con Trevor Howard e Clelia Johnson) sceneggiato dallo stesso autore e David Lean.
L’opera è andata in scena alla Houston Grand Opera nel 2009, commissione della stessa House, con grande successo or riproposta in cd da Deutsche Grammophon. La carriera classica di Previn inizia circa quarant’anni fa, dopo una brillante sequenza di musica per film, e ottenne il suo primo incarico di direttore stabile proprio alla Houston Opera. Nel profondo sud americano ebbe problematiche sociali per la sua convivenza con l’attrice Mia Farrow, tanto che lasciò Houston per l’Inghilterra dove si affermò come uno degli esecutori più versatili. In lui vi sono oltre il classicismo anche ascendenze jazzistiche, baule dei primi anni di carriera e mai rinnegate. L’opera in oggetto narra il casuale incontro in una stazione tra Laura, moglie trascurata e madre della media borghesia inglese, e Alec affermato medico chirurgo. L’attrazione è fatale, l’innamoramento inevitabile. Saranno la coscienza e soprattutto l’etica borghese a prendere il sopravvento riportando gli amanti ai rispettivi coniugi, ma con il rimpianto del ricordo di un qualcosa di veramente eccelso e non realizzato: è questa la chiave di lettura della pièce, del film e ora dell’opera. Il soggetto è forte e audace se paragonato ai tempi in cui fu scritto, oggi invece abbastanza neutrale, anche se offre sicuramente lo spunto a chiunque per un ricordo, un incontro della propria vita che potrebbe essere simile. Il libretto dell’opera fu scritto dal regista inglese John Caird senza colpo ferire sul testo di Coward anzi, ben attenendosi, semmai ha posto un accento divertente ad alcuni personaggi di carattere come il gestore del bar della stazione o il bigliettaio ferroviario. Previn colpisce per il fascino compositivo su un suono elegiaco ma impregnato di riferimenti folkloristici rilevando un’andatura senza tempo di efficace resa teatrale. Egli è un vero genio e devo registrare che la sua mano è tra le migliori nel panorama dei compositori attuali, il gusto, il senso misurato dei cromatismi, l’efficacia teatrale, e l’atemporalità della situazione portano lo stato d’animo dell’ascoltatore in una logica sensuale e romanzesca. Certo i retaggi jazz e l’istinto musicale non sono da poco, ma è la mano grintosa dell’ottantenne compositore è sempre innovativa, sbalordisce sempre. Inoltre, egli non si è lasciato influenzare dalla colonna sonora del film il quale è scandito dal Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 di Sergej Rachamaninov e questo gli rende ancor più merito. Pare che a spingerlo in questa sua nuova impresa sia stato decisivo l’incoraggiamento ricevuto da sua moglie (o compagna) la celebre violinista Anne Sophie Mutter. Il cast è ben assortito e peculiarità della partitura è che non è prevista nessuna parte per tenore. Elisabeth Futral è una bravissima Laura, impeccabile, esagitata, ma anche soavemente rapita nell’estasi improvvisa. L’ardente Nathan Gunn non le è da meno, ottimo cantante e preciso interprete. Meritano una menzione particolare quasi tutti i validi elementi del cast: dal preciso Fred di Kim Josephson, al brioso Albert di Robert Orth, alla calda voce di contralto di Meredith Arwady (Myrtile), alla frizzante Dolly di Rebekah Camm. Sul podio dell’orchestra della Gran Houston Opera Patrick Summers si disimpegnava con molta ispirazione e una lettura di particolare pregio soprattutto nei colori, nelle sonorità molto azzeccate e in uno stile ammirevole.
CD DEUTSCHE GRAMMOPHON 477 9351 – 2001
BRIEF ENCOUNTER
Opera in due atti.
Commissione della Houston Grand Opera.
Musica di André Previn
Libretto di John Caird dalla pièce “Still Life” di Noël Coward e dalla sceneggiatura del film “Breve incontro” di N. Coward e David Lean
The Houston Grand Opera Orchestra
Direttore: Patrick Summers
Registrazione Live alla Houston Grand Opera nel maggio 2009 in occasione delle recite della prima esecuzione assoluta.
Laura Jesson: ELIZABETH FUTRAL
Alec Harvey: NATHAN GUNN
Fred Jesson: KIM JOSEPHSON
Myrtle Bagot: MEREDITH ARWADY
Albert Godby: ROBERT ORTH
Dolly Messiter: REBEKAH CAMM
Stanley: ADAM CIOFARRI
Beryl: ALICIA GIANNI
Doctor Graves: JAMES J. KEE
Mary Norton: JAMIE BARTON
Mrs. Rowlandson: FIATH SHERMAN

GUILLAUME TELL – CD EMI 2010 [Lukas Franceschini] – 03 settembre 2011
L’ultima pubblicazione operistica della casa londinese Emi è il capolavoro di Gioachino Rossini Guillaume Tell eseguito con i complessi dell’Accademia di Santa Cecilia diretti dal loro direttore principale Antonio Pappano.
Non ripercorriamo le vicende dell’ultimo lavoro rossiniano perché ormai argomento dibattuto innumerevoli volte, ma poniamo l’accento su un fattore non trascurabile: il Tell è opera per tenore! Sembra un’affermazione forte, ma da sempre l’ardua scrittura per il personaggio di Arnoldo è stata la cifra che ha permesso sia esecuzioni teatrali sia incisioni discografiche. La parte fu scritta per Adolphe Nurrit un tenore unico nel suo genere e non ripetibile, il quale vantava oltre ad un’estrema sicurezza nel settore acuto un corpo centrale di spessore cui va aggiunta una tenuta vocale consistente considerando che l’opera dura quattro ore e la grande scena ed aria con micidiale cabaletta è collocata all’inizio del IV atto. Ovviamente noi non conosciamo la voce del tenore in questione ma sappiano che subito dopo, per mancanza d’interpreti, il ruolo è passato ai tenori cosiddetti di forza e la tradizione ottocentesca prima, quella del Novecento poi, ha fornito una rosa non nutritissima ma di sicuro interesse che sarebbe superfluo elencare e che a vario e diverso titolo si sono cimentati con risultati talvolta impropri altre più che soddisfacenti. Va ricordato inoltre che salvo rarissime occasioni, ad esempio Muti sia a Firenze sia alla Scala, l’opera è sempre stata rappresentata con molti tagli sia per la lunghezza sia per venire in soccorso ai cantori. Questo prodotto Emi si erge, o meglio si è realizzato, per la volontà del direttore Antonio Pappano, artista esclusivo Emi, e perché si è trovato un tenore in grado di sostenere il ruolo di Arnoldo: John Osborn. La registrazione è un “Live” ovvero un collage di alcune recite eseguite in forma di concerto a Roma. L’operazione parte nel 2007 quando per la prima volta a S. Cecilia Pappano dirige un Guillaume Tell concertistico con un cast diverso, Osborn escluso, da quello ora approdato in disco. L’opera fu ripresa nell’autunno 2010 e da queste tre recite deriva appunto il Cd, cui si deve aggiungere che i ballabili, molto estesi essendo un Grand-Opera in stile francese, furono eseguiti in forma di concerto nel dicembre 2011. E’ strano che confezionando un prodotto di cosi grande impegno Pappano non abbia eseguito la partitura integrale tagliando due scene nel IV atto ove ci priva di un bellissimo terzetto femminile e della preghiera di Hedwige. Bizzarrie del caso! Antonio Pappano è musicista di primordine uno dei più importanti e qualificati a livello internazionale, qui firma una bellissima prova ma non una delle sue migliori. Non posso affermare se tutto ciò è da attribuire alla concertazione oppure al tecnico del suono ma ascoltando l’incisione ci sono frequenti e numerose sfasature dell’intensità del suono che gravano su un’incisione sicuramente di alto spessore ma non completamente centrata. Questa mia affermazione non deve sviare il valore di un direttore come Antonio Pappano. Egli è un maestro di dinamismo e tenuta di respiro orchestrale, accenta mirabilmente il “nuovo” romanticismo rossiniano e pennella a dovere il descrittivo trovando una lettura unica che non rasenta altri autori posteriori, ma si ascrive al pesarese a tutto tondo. I tempi invece sono personalmente o serrati o particolarmente morbidi ma sempre intrisi di fascino romantico. Ultima, ma non secondaria, prevale la passione del maestro italo-britannico, intesa come affresco sonoro di un’opera epica, ma altrettanto intimistica rilevando la magnificenza pittorica delle grandi scene corali. In tutto questo ha l’ottima collaborazione dell’Orchestra e del Coro di Santa Cecilia, i quali senza esagerare possono oggi collocarsi tra le migliori risterette realtà musicali italiane. Protagonista era il baritono Gerald Finley, il quale sfoggia una grande perizia nel fraseggio e un recitativo da manuale. La voce è tendenzialmente chiara e talvolta il registro acuto è forzato, ma la nobiltà d’accento e l’incisività nei passi eroici ne fanno nel complesso un buon interprete. Mathilde era la svedese Malin Boyostrem, una cantante molto impersonale dal timbro anche fascinoso ma ancora immatura dal punto di vista tecnico. Questo si è notato soprattutto nell’aria del III atto ove le agilità erano alquanto approssimative seppur il registro acuto fosse valido ma non del tutto calibrato. A suo merito va riconosciuto un gioco di colori molto appropriato, ma nel complesso troppo limitativo per una primadonna. John Osborn, Arnold, è uno dei cantanti più dotati dell’ultima generazione e come espresso in precedenza quest’incisione è stata possibile grazie alla sua presenza. Dobbiamo in primis rendergli onore, essendo un’esecuzione dal vivo, per aver affrontato la parte in tutta la sua integralità. Il ruolo come predetto è tremendo ed è soprattutto la tenuta ad essere encomiabile cui si aggiungono un registro acuto e sovracuto sicuro affiancato da uno stile pertinente e superando tutti gli scogli con bravura. Considerati i tempi, non è cosa da poco anzi un’impresa eroica! Volendo fare qualche appunto, direi che nella prima parte ha “giocato” in rimessa, ciò è comprensibile, arrivando però alla grande scena del IV atto ancora integro e “fresco”, inoltre ha abusato di qualche falsetto che non sarebbe la sua cifra stilistica, ma l’intento è ammirevole. Osborn è quanto di meglio oggi si possa ascoltare in questo repertorio e speriamo che non demorda nel continuare con cautela. Un lusso la presenza di Celso Albelo nel ruolo del pescatore il quale sfoggia voce bella, estesa e sognante nel breve passo della serenata del pescatore. Matthew Rose, Walter, non delude ed è incisivo mentre Carlo Bosi e Carlo Cigni possono essere ascritti sul piano della corretta professionalità, pur con qualche durezza espressa da Cigni. Su un piano notevolmente superiore le prestazioni di Elena Xanhoudakis e Maire-Nicole Lemieux. La prima era Jemmy, perfettamente calata nella parte del fanciullo con voce fresca, lineare e di ammirevole bravura nel settore acuto, peccato non abbia cantato l’aria aggiunta, ma forse si chiedeva troppo. La Lemieux è quasi un lusso considerato che la sua parte è notevolmente ridotta mancando due scene nel IV atto, ma è una valente cantante con voce seducente e piena. Ottimo il Melcthal di Frederic Cantonper stile e rotondità vocale. La Emi pubblica un ottimo cofanetto con ottime note introduttive di Stheven Jay-Taylor, ma è curioso che in copertina il titolo sia scritto in inglese e non nell’originale francese.
Cd Emi 50999 0 28826 2 8
Gioachino Rossini
GUILLAUME TELL
Opera in quattro atti. Libretto di Etienne de Jouy and Hippolyte Bis, con l’intervento di Armand Marrast e Adolphe Crémieux. Tratto dal romanzo omonimo di Friedrich Schiller.
Guillaume Tell: GERALD  FINLEY
Hedwige: MARIE-NICOLE  LEMIEUX
Jemmy: ELENA  XANTHOUDAKIS
Mathilde di Habsburg: MALIN  BYSTROM
Arnold Melchtal: JOHN  OSBORNE
Melchtal: FREDERIC  CATON
Walter Furst: MATTHEW  ROSE
Gessler: CARLO  CIGNI
Rodolphe: CARLO  BOSI
Roudi, pescatore: CELSO  ALBELO
Leuthold: DAWID KIMBERG
Un cacciatore: DAVIDE  MALVESTIO
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: ANTONIO  PAPPANO
M.o del coro: Ciro Visco
Time cd: 74.16 – 79.26 – 54.33
Registrato a Roma il 16, 18, 20 ottobre e 18, 20, 21 dicembre 2010

OLGA PERETYATKO: LA BELLEZZA DEL CANTO – CD SONY 2011 [Lukas Franceschini] – 24 ottobre 2011
L’editrice Sony pubblica il recital del debutto discografico di Olga Peretyatko, giovane soprano russo, la quale ha raccolto in questi anni affermazioni a livello internazionale.
La sua vocalità è particolarmente apprezzabile nel settore del soprano lirico lirico-leggero, anche se stranamente l’unica volta da me ascoltata dal vivo fu in un ruolo “Colbran” ovvero la Desdemona rossiniana al ROF nel 2007. In tale occasione non fu possibile parlare di ottima performance ma piuttosto di mancanza di uno spessore vocale atto al ruolo. Anche in questo recital la signora Peretyatko inserisce la lunga e sublime Canzone del salice e lo fa con stile e proprietà ma qui si tratta di un brano isolato, mentre l’opera integrale mostra limiti che non supera tuttavia la esegue con distinta professionalità rispetto a colleghe forse più idonee ma meno afferrate sul versante musicale. Lei eccelle invece per briosità nella sortita di Fiorilla da “Il Turco in Italia” ed è sufficientemente sognante e calibrata nel “Caro nome” dal Rigoletto verdiano. Se mi è concessa una preferenza, è in Gaetano Donizetti che trova un terreno d’elezione più pertinente. La malizia di Norina nel “Don Pasquale” e il sentimentalismo di Adina ne “L’elisir d’amore” sono resi con garbo e grande pathos vocale. Il vorticoso virtuosismo di Linda di Chaumounix in “O luce di quest’anima” è scorrevole e preciso e quando affronta la sortita di Lucia di Lammermoor, in “Regnava nel silenzio” non si pongono problemi di sorta, interpreta una protagonista misurata e trepidante nello stile del suo peso vocale. Diversamente altri autori, con singolo brano, sono eseguiti sempre con ottime qualità ma la “Canzone della Luna” dalla Rusalka necessiterebbe una voce più sontuosa e il “Sogno di Doretta” da La Rondine è leggermente carente di malinconia. Molto superiore è invece la resa nell’Aria di Olimpya da “Les contes d’Hoffmann” ove centra il bersaglio con ottima finitura tecnica, in Manon il suo “Je marche sur tous les chemins” è sensuale e calibrato e conclude il cd con uno spumeggiante e spericolato “Mein Herr Marquis” da Die Fledermaus. Molto valido il supporto orchestrale della sempre brava Orchestra della Radio di Monaco di Baviera guidata dal puntuale Miguel Gomez-Martinez.
CD SONY 2011  –  88697785442
Munchner Rundfunkorchester
Direttore: Miguel Gomez-Martinez
Registrato a Monaco di Baviera nel settembre 2010

NINO MACHAIDZE: ROMANTIC ARIAS – CD SONY 2011 [Lukas Franceschini] – 17 ottobre 2011
Nino Machaidze, soprano, è una delle dive del momento più sulla carta che sul palcoscenico.
Le sue recenti esibizioni alla Scala e all’Arena di Verona l’hanno dimostrato e se non bastasse questo recital, suo debutto discografico, lo conferma, molti i limiti della cantante onesta e professionale ma non primadonna. Inoltre l’uscita contemporanea di un altro recital di una collega, con molti brani identici, segna marcatamente il favore per l’altra. Il repertorio francese registrato offre una discreta Manon in “Adieu notre petite table” mentre il valzer di Juliette da “Romeo et Juliette” di Gounod è povero di sfumature e il virtuosismo richiesto è debole ed impreciso. Nell’aria del veleno, dalla stessa opera, è più a suo agio perché meno variata ma egualmente il settore acuto produce sempre forzature. Analogamente si può affermare per “Pour le rang et par l’opulence… Salut à la France” da La fille du Regiment, anche se in questo caso emerge una certa verve e ciò segna un punto a suo favore. Il miglior brano del cd è “Dopo l’oscuro nembo” da Adelson e Salvini, il fraseggio è eloquente, come pure il gusto, il timbro vocale centrale di prim’ordine le permette di interpretare e cantare una bella pagina. La sentimentale aria di Fiorilla da Il turco in Italia “Squallida veste bruna” è abbastanza pertinente ma arrivata alla cabaletta con passi virtuosistici i nodi vengono al pettine per problemi tecnici mai risolti, i quali ancor più si denotano nella sortita di Lucia di Lammermoorcui manca anche uno stile appropriato. “O luce di quest’anima” da Linda di Chamounix segna il punto più basso del recital con i soliti limiti vocali e il gusto, il confronto con Olga Peretyatko nel parallelo cd Sony, la Machaidze naufraga clamorosamente. Termina la sequenza delle incisioni la grande scena finale di Amina da “La sonnambula” ove non si può negare un segno espressivo migliore rispetto ad altri brani ma restano sempre i limiti espressi in precedenza. Michele Mariotti dirige con professionalità ma senza tanta fantasia, l’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna sono più che egregi.
CD SONY 2011 – 88697847042
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore: Michele Mariotti
Mo. del coro: Paolo Vero
Registrato a Bologna nella Biblioteca di San Domenico e al Teatro Manzoni.

FARNACE – CD VIRGIN 2011 [Lukas Franceschini] – 25 novembre 2011
La casa discografica Virgin incide l’opera Farnace, una rarità di Antonio Vivaldi, con il suo artista di punta in tale repertorio Max Emanuel Cencic e riunendo con lui cast all’altezza e un direttore specialista come Diego Fasolis assieme ai “suoi” I Barocchisti.
La casa discografica Virgin incide l’opera Farnace, una rarità di Antonio Vivaldi, con il suo artista di punta in tale repertorio Max Emanuel Cencic e riunendo con lui cast all’altezza e un direttore specialista come Diego Fasolis assieme ai “suoi” I Barocchisti.
Già dalle note di copertina si capisce che il prodotto è particolare perché si tratta dell’edizione del 1738 preparata per il Teatro Bonacossi di Ferrara. Farnace fa parte di una cospicua serie di edizioni teatrali scritte da Vivaldi tra il 1726 e il ’28, la cui prima fu a Venezia nel 1727. Godette di una vasta fama e fu ripresa, nel giro di pochi anni, in diverse città italiane ed europee, come Livorno (1729), Praga (1730), Pavia (1731), Mantova (1732). La prima versione affida il ruolo del protagonista ad un tenore nelle altre ad un mezzosoprano. La versione incisa si rifà a quella di Ferrara del 1738, la quale non fu mai rappresentata a seguito dell’insuccesso di un’opera precedente. Questa partitura operistica fu realizzata dall’autore con estrema cura e in una revisione completa che non può essere considerata un semplice rifacimento, anche se molte arie provengono da opere anteriori. Della cosiddetta versione ferrarese esiste solo il I e II atto e pertanto per il terzo atto è stata adottata l’edizione di Pavia ricostruito per l’occasione da Frederic Delamea e Diego Fasolis basandosi sull’autografo conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino. L’opera, cui è riservato uno strumentale molto elaborato, eccelle nel virtuosismo canoro con picchi eccelsi ma anche con intensità di struggimento nelle arie patetiche. Uno specialista come Fasolis non ha bisogno di nuovi appellativi tanto è stato il suo lavoro nel mondo barocco e anche in queta occasione si riconferma come uno tra i migliori esecutori a livello internazionale. Il suono profferto nell’ incisione è compatto ed incisivo nel pieno rispetto della filologia con naturali “personalizzazioni” di colore che rende la sua direzione decisamente meritevole di ampie lodi. Affiancato poi dall’eccellente compagnia, il lavoro nel suo insieme è uno dei più riusciti degli ultimi anni. In primi metterei ovviamente il protagonista Cencic, il più interessante controtenore del momento, dalla voce omogenea, ampia, compatta e stupefacente tanto nel recitativo, accuratissimo, che nello sfrenato virtuosismo in particolare nell’aria “Gemo in un punto”. La pertinenza stilistica accompagna pure Karina Gauvin meravigliosa Gilade dalla voce sontuosa e puntuale, e una Ruxandra Donose, Tamiri, di particolare efficacia. Leggermente meno incisiva la Selinda di Ann Hallenberg cui però va rilevato la buona aderenza al personaggio. Completano la locandina con ampio onore: Mary Ellen Nesi, Bernice, Daniel Behle, Pompeo, ed Emiliano Gonzalez Toro, Aquilio, tutti di estrema precisione barocca. In appendice due arie da altre versioni dell’opera o assegnate a personaggi differenti: Cencic furoreggia in “Gelido in ogni vena” e nella celebre “Sorge l’irato nembo” tanto da riconfermarsi come uno degli specialisti più accreditati nel repertorio. Un cofanetto assolutamente da non mancare.
CD VIRGIN, 2011 – 50999 0709142 1
Antonio Vivaldi: 
FARNACE
Dramma per musica in tre atti RV 711-G.
Libretto di Antonio Maria Lucchini
Versione del 1738 preparata per il Teatro Bonacossi di Ferrara
Farnace: Max Emanuel Cencic
Tamiri: Ruxandra Donose
Berenice: Mary Ellen Nesi
Selinda: Ann Hallenberg
Gilade: Karina Gauvin
Pompeo: Daniel Behle
Aquilio: Emiliano Gonzalez Toro
I Barocchisti
Coro della Radiotelevisionesvizzera di Lugano
Direttore: Diego Fasolis
Registrata all’Auditorium Stelio Molo di Lugano dal 2 al 10 luglio 2010

L’ORCHESTRA DEL REICH [Lukas Franceschini] – 05 dicembre 2011
Oggigiorno citare i Berliner Philharmoniker equivale parlare di un vertice musicale d’eccellenza, fama, preparazione e notorietà. Non tutti sanno, o melgio sono a conoscenza, che l’orchestra fu per più d’un decennio organo di propaganda della cultura tedesca durante il periodo nazista. Il bellissimo libro di Misha Aster, storico canadese, fa luce su questo particolare rapporto di “complice omertà” producendo una dettagliata documentazione trovata nei resti degli archivi sia del Reich sia dei Berliner.
La casa Editrice Zecchini pubblica l’edizione italiana curata nella traduzione da Nicola Cattò e aggiunge così prezioso ed affascinate volume al già suo importante catalogo. L’Orchestra Filarmonica di Berlino fu fondata nel 1882 come associazione indipendente ed autonoma, nella quale i musicisti erano gli stessi azionisti. Nei successivi dieci lustri l’ensemble acquisì fama mondiale per la quale divenne una delle migliori orchestre a livello mondiale, anche per merito di eccellenti professori che la costituirono e per le illustri bacchette che si alternarono sul podio. La parentesi della Repubblica di Weimar e la crisi del 1929 portarono alla pesante recessione postbellica che ridusse l’orchestra sull’orlo del fallimento. Nel 1933 con l’ascesa al potere del Nazismo i Berliner furono rilevati dallo stato tedesco per opera di Joseph Goebbels. Questa fu una delle migliori soluzioni al problema finanziario ma nasconde anche un ben mirato progetto di propaganda: l’orchestra era un importante biglietto da visita della “migliore” Germania. Il singolare, e probabilmente unico, rapporto tra musica e politica è analizzato da Aster attraverso un’accuratissima documentazione la quale attesta lo status speciale di cui godette l’apparato orchestrale e i vari conflitti di natura sociali, culturali ed economici. E’ evidente che la figura di Wilhelm Furtwängler, principale direttore dei Berliner dal 1934 e figura guida dell’orchestra, fosse anche un veicolo di propaganda cui un’oscura ambiguità fu all’origine in seguito del processo di de-nazificazione cui fu sottoposto. Il libro si sviluppa in sei sezioni correlate tra loro:
– L’evoluzione della struttura organizzativa dei Berliner
– Il delineamento degli orchestrali come comunità politica e musicale
– Le varie situazioni finanziarie dell’orchestra dal 1933 al 1945
– Le sedi d’esecuzione e il pubblico dei Concerti dei Berliner Philharmoniker
– Le scelte artistiche dell’orchestra durante il periodo nazista considerando gli autori eseguiti o esclusi dai programmi, i direttori invitati e quelli ignorati
– Le tournée internazionali dell’orchestra rilevando l’ambivalenza fra arte e “servizio politico”
I Berliner Philharmoniker durante il Terzo Reich raggiunsero un eccezionale rapporto di privilegio e sopravvivenza sotto la protezione di Furtwängler e Goebblels. La controversa figura di Furtwängler è stata in passato oggetto di numerosi scritti: stimato da Hitler e dal gotha del partito, egli assunse un particolare impegno con l’orchestra di protettorato sia artistico sia politico. E’ errato affermare che fosse membro del Partito Nazista oltretutto aveva una segretaria ebrea e si adoperò a difesa di molti altri ebrei presenti nell’organico orchestrale ma questo non cancella il connubio con i gerarchi il partito anche se solo volto al bene dei Berliner e della musica. Egli prese decisioni ferme come le dimissioni quando gli fu proibito di eseguire musiche di Paul Hindemith, ma ritornò subito dopo alla testa dell’orchestra accettando vari compromessi. La rivalità politica tra Goebbels ed Hermann Göring, il primo tutore dei Berliner l’altro dell’Orchestra della Staatsoper Berlin, per qualche momento misero in discussione la supremazia dei Berliner, ma la potenza politica del loro mentore, la figura di Furtwängler e la qualità artistica mantennero l’orchestra ai vertici della cultura tedesca. Altro aspetto politico dell’orchestra era che tra i suoi orchestrali molti erano membri del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori e questo contribuì il 1 novembre 1933 alla creazione del decreto di formazione della Reichorchester voluta da Hitler ma gestita da personalità vicino al Fuhrer e lo stesso Furtwängler dovette piegarsi al nuovo status, pur mantenendo una personale voce talvolta in dissenso. Il fatto più grave cui il Direttore non poté nulla (secondo altri non volle) fu quando le leggi razziali invasero i Berliner e molti membri di prestigio dovettero abbandonare l’orchestra. Gli orchestrali pur avendo perso la maggior parte dei loro diritti di autodeterminazione godettero in seguito di una tranquillità finanziaria invidiabile oltre ad essere celebrati, stimati e lodati come non fu per altro complesso artistico e per tutto ciò il regime chiedeva obbedienza. Tale disciplina imponeva di partecipare alle manifestazioni politiche come la Cerimonia delle Olimpiadi del 1936 diretti da Richard Strauss, alcune adunate del Partito a Norimberga o il concerto in onore del genetliaco del Fuhrer. Il Partito dettava in taluni casi i programmi ma al solo scopo dimostrativo della superiorità musicale tedesca, pertanto tutti i compositori locali erano molto eseguiti, oltre a taluni dell’Asse Berlino-Roma-Tokyo, e al venerato e stimato Strauss, figura in se controversa se messo in rapporto al nazismo. Altri autori erano assolutamente banditi: Hindemith, Honneger, Shostakovich, Prokofeiv per musica non gradita, Mahler, Mendelssohn, Korngold per questioni razziali. Dal 1939 in avanti le musiche dei non alleati lentamente scomparvero dai cartelloni. A questa politica sia sociale sia culturale iniziarono a fioccare le “grandi rinunce”: Bruno Walter, Fritz Busch, Otto Klemperer lasciarono spazio alla nuova generazione tedesca degli Jochum, Böhm e von Karajan o ai già ammirati Krauss e Knappertsbusch, tra questi molti erano iscritti al Partito. Quasi tutti i musicisti ebrei rifiutarono gli inviti del Berliner, Fritz Kreisler in testa, ma altri come Edwin Fisher, Sir Thomas Beecham e Dimitri Mitropoulos accettarono qualche invito, altri ancora come Walter Gieseking, Wilhelm Kempff e Tiana Lemnitz (tutti iscritti) erano le colonne portanti di un certo mondo culturale. Le tournée del Berliner furono sempre state dei grandi successi ma in occasione di quella di Parigi l’orchestra ricevette numerose contestazioni perché rappresentante di un emblema politico peculiare. Gli eventi bellici toccarono punti atroci quando nel 1944 un ennesimo bombardamento su Berlino distrusse la Philharmonie. Un duro colpo per l’orchestra che da lì e per qualche anno si produsse al Tatiana Palast. La fine del Nazismo nel 1945 fu vista poi con terrore, l’Armata Rossa era alle porte, e alcuni musicisti nazisti si tolsero la vita. Dopo il conflitto mondiale, i Berliner capirono e decisero che avevano il dovere e il diritto di sopravvivere ad una guerra sanguinosa in nome della cultura. Affidando l’orchestra prima a Leo Borchard bacchetta non particolarmente compromessa, si tentava una risalita, senza aspettare processi in corso e direttori fuggiti all’estero. Gli successe Sergiu Celibidache, poco incline al nuovo “mercato” di produzione dei Berliner, ritornò allora Wilhelm Furtwängler (scagionato dal processo) ma di colpo iniziò la lotta con Herbert von Karajan, vinta dal più giovane, perché ritenuto la personalità artistica più adatta a continuare la tradizione dei Berliner Philharmoniker. Iniziava pertanto un nuovo cammino con una posizione autonoma pur nominando un direttore che fu iscritto al Partito Nazista, ma era altrettanto illustre quale scelta musicale e commerciale.
Misha Aster
L’Orchestra del Reich – I Berliner Philhamoniker e il Nazionalsocialismo
Presentazione di Caludia Fayenz
Traduzione di Nicola Cattò
Zecchini Editore, 2011 pp. 339 € 25

ERMAFRODITE ARMONICHE: IL CONTRALTO NELL’OTTOCENTO [Lukas Franceschini] – 29 dicembre 2011
Marco Beghelli e Raffaele Talmelli, due musicologi seppur di diversa estrazione, si sono avventurati nel complesso ed alquanto misterioso mondo del contralto ottocentesco. Quello che oggi intendiamo per contralto è una voce omogenea con particolare predisposizione nel registro grave, una zona centrale voluttuosa e ferma, un settore acuto efficace seppur non particolarmente esteso. Nel corso dei secoli non fu sempre così anche per caratteristiche di stile.
Se ascoltiamo voci come quelle di Ernestine Schumann-Heink, Marie Delna, Clara Butt o Louise Homer, nelle loro primitive incisioni degli inizi del ‘900, possiamo rilevare, anche da una sommaria audizione, un’ambiguità sonora tra registro grave ed acuto, talvolta con effetti notevolmente peculiari. In queste cantanti non c’è il tentativo di attenuare, o quanto meno a “nascondere”, tale sbalzo anzi se ne percepisce piuttosto una volontà di accentuare tali prerogative, le quali al tempo erano considerate ammirevoli virtuosismi. Oggigiorno tale pratica è completamene sparita perché è cambiato il gusto delle esecuzioni e tale “manierismo” è stato bandito sia dai conservatori sia dagli insegnanti di canto. Qualora qualcuno volesse riproporla, sarebbe quasi impossibile ottenere qualche scrittura se non per sporadiche esecuzioni di nicchia. Tale tesi è confermata dal breve intervento di Elisabetta Fiorillo pubblicata nel volume. La lunga carrellata di autentiche stars ottocentesche ci schiude quell’affascinante mondo canoro forse mitizzato ma che segnò un punto di riferimento dell’esecuzione tecnica vocale. Il lungo elenco è una sintesi accurata del bel canto ottocentesco e novecentesco: Maria Malibran, Isabella Colbran, Giuditta Pasta, Marietta Alboni, Guerrina Fabbri, Pauline Viardot, Marianne Brandt, Eugenia Mantelli e altre. Le proprietà stilistiche di queste cantanti rappresentano il modello canoro cui si sono rivolti illustri compositori creando ruoli ad hoc per le loro peculiarità. Il disuso odierno e la prassi esecutiva hanno letteralmente cambiato i metodi di studio e la realizzazione vocale. Tuttavia è importante per un cantante capire le sue possibilità, forgiarle e rendere utilizzabile la voce in un repertorio eseguibile oggigiorno. Gli esempi non mancano: in appendice le testimonianze ad esempio di Elisabetta Fiorllo, Huguette Tourangeau, Angelo Manzotti, l’insegnante di Lucia Valentini Terrani, portano a ipotizzare che se fossero nati nel secolo scorso le loro carriere avrebbero preso strade con esiti molto diversi da quelli conosciuti.
Singolare ed anche drammatica la vicenda di Lily Dan narrata in appendice da Raffaele Talmelli. Ho conosciuto Raffaele all’Arena di Verona anni or sono e mi ha parlò di questa persona inviandomi poi in segno di amicizia un cd con alcuni brani inediti che mi fecero molta impressione considerando che le incisioni erano private ed effettuate in anni non più giovanili della cantante. Parallelamente all’arte che lei avrebbe potuto esprimere, vi è la vicenda umana che mi fu accennata nel breve spazio di alcuni intervalli dell’opera. Leggendo ora una più completa vicissitudine umana, non nego che ho provato molta tristezza e anche un po’ di rabbia. Lily Dan (ovviamente è uno pseudonimo) visse anni notevolmente difficili per persone “diverse” e le sue qualità artistiche furono ovviamente tarpate sin dall’inizio, ma tali ingiustizie non segnarono solo un’eventuale carriera ma anche un’intera vita costituita purtroppo da dileggi e sofferenze. A tali sofferenze in parte ha cercato di venirle in soccorso, in età matura, Padre Raffaele e voglio aggiungere non solo perché persona di fede, ma perché soccorritore dei bisognosi non solo come nel caso narrato. La peculiarità di Lily Dan fu costituita dalla naturale predisposizione al canto contraltile cui la sorte non riservò un eventuale sviluppo e soprattutto una vita serena nel tentativo di creare qualcosa di artistico che resterà per sempre enigma poiché frenato dagli eventi.
E’ stato allegato al libro un cd, il quale sarà un mezzo per il neofita di scoprire questo mondo in parte perduto, ma che sotto taluni aspetti rivive attraverso particolari esempi anche contemporanei senza raggiungendo fama, gloria e tributi riservati in passato. Peccato che i brani non siano completi ma solo incipit per una comprensione della tecnica di canto. In sintesi, un volume originale che cerca almeno in parte di colmare un vuoto anche accademico soprattutto per le giovani generazioni che si avvicinano allo studio del canto o dell’ascoltatore che desidera ampliare la conoscenza storico-stilistica dell’esecuzione operistica.
MARCO BEGHELLI – RAFFAELE TALMELLI:
ERMAFRODITE ARMONICHE  –  Il contralto nell’Ottocento
Con testimonianze di: Théophile Gautier, Nico Paolo Paolillo, Franco Fussi, Richard Bonynge, Michael Aspinall, Huguette Tourangeau, Adriana Rognoni Elisabetta Fiorillo, Gloria Scalchi, Angelo Manzotti
Zecchini Editore, 2011 pp. 215 con cd allegato € 25

VERONIQUE GENS: LES TRAGEDIENNES – CD VIRGIN 2011 [Lukas Franceschini] – 31 dicembre 2011
Il nuovo Cd di Véronique Gens edito da Virgin s’intitola Les Heroine Romantiques Tragédiennes registrato sotto la bacchetta di Christophe Rousset a capo dei suoi Les Talens Lyriques.
E’ una compilation affascinante per l’oculata scelta dei brani che potremo definire rari o almeno non banali. Tutto francese il repertorio che al fianco di Gluck, Meyerbeer, Berlioz, Saint-Saens accoppia i meno conosciuti Mehul, Kreutzer, Gossec, Mermet, e un Verdi in lingua originale (Don Carlos).
Madame Gens intende riproporre un repertorio appartenuto delle grandi tragediennes francesi dell’ottocento ricalcando parzialmente le vie delle leggendarie Pauline Viardot e dell’effimera Marie Falcon. La musicalità innata della cantante d’oltralpe le permette di superare con plauso scogli d’indubbia difficoltà ma l’estrazione barocca è ancora evidente e pertanto brani come quelli dell’Iphigenie, Le Prophete e Les Troyens avrebbero preteso un’ampiezza vocale di maggior peso specifico. Tuttavia, pur con un recitativo accuratissimo e ben scandito, attualmente non vi sono concorrenti sul mercato che potrebbero mettere in ombra la prestazione vocale della Gens, cui va premiato il coraggio e l’intenzione di esplorare lidi non frequentati. Tal esperienza discografica di recital si presume improponibile per la cantante, almeno in parte, a livello teatrale poiché l’ampiezza vocale non le permetterebbe di sopperire alla scrittura integra di taluni ruoli. E’ un recital di estrema raffinatezza e ad ogni modo va annoverato nell’ambito dell’esplorazione musicale cui merita il plauso per stile, compattezza ed intenti di riscoprire e proporre un repertorio scomparso dalle odierne programmazioni teatrali.
La presenza di Christophe Rousset con i Talens Lyrique offre una marcia d’ulteriore pregio per un suono eccezionale e una concertazione di livello superiore. Un disco che può a buon titolo essere presente nello scaffale del melomane curioso e attento alle attuali concezioni del canto. L’orchestra si distingue per un accompagnamento cristallino nei brani vocali e brilla di luce propria in due pezzi solistici quali l’ouverture dalle Danaides di Salieri e l’entrée atto III da Les Troyens.
CD VIRGIN 50999 07927 2 5
Les Heroine Romantiques – Tragedienne 3
Soprano: Veroniques Gens
Les Talens Lyrique
Direttore: Christhophe Rousset
Registrato a Parigi 30 giugno – 5 luglio 2011