Rubriche 2021

“Ernani” e la controversa cavatina di Silva

Infin che un brando vindice/ Resta al vegliardo ancora/ Saprà l’infamia tergere/ O vinto al suol cadrà!

Gli appassionati dell’opera di Giuseppe Verdi e i melomani in generale sanno bene che queste sono le parole che rafforzano la cavatina di sortita di Silva nel dramma lirico “Ernani”: come è noto, quest’ultimo venne rappresentato per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 9 marzo del 1844, ma fu la prima alla Scala (quasi sei mesi dopo per la precisione) a far sorgere un dilemma che ha diviso a lungo gli studiosi. In effetti, in quella occasione venne introdotta la cabaletta citata all’inizio, la cui copia autografa non fu mai trovata. Un mistero irrisolvibile a distanza di anni?

Nonostante qualche intoppo nel corso delle prove, Verdi si dimostrò un giovane di carattere. Sofia Loewe, celebre soprano all’epoca e prima Elvira, pretendeva un finale in cui fosse maggiormente protagonista (un rondò invece che il previsto terzetto), ma finì poi per accettare la situazione. Allo stesso tempo, Vincenzo Meini, colui che era stato scritturato per il ruolo di Silva, abbandonò tutto a causa della sua parte da basso profondo (era in realtà un baritono). Il compositore bussetano non si demoralizzò e lo sostituì con uno dei giovani artisti del coro, Antonio Selva. Le tensioni e la precarietà caratterizzarono la prèmiere di quel 9 marzo: Carlo Guasco (Ernani) era senza voce e la stessa Loewe stonò parecchio, almeno secondo le testimonianze di Giovannino Barezzi, cognato di Verdi.

Prima di giungere a Milano, l’opera fu rappresentata a Roma, Firenze, Vienna, Padova, Bergamo e Brescia. Guasco fu nuovamente Ernani, mentre per il ruolo di Silva venne scelto il basso Ignazio Marini, primo Oberto e primo Attila della storia. Infin che un brando vindice spuntò improvvisamente in una di queste repliche milanesi grazie a una intuizione dello stesso Marini. La pubblicazione della cabaletta in questione ebbe luogo il mese successivo, ma si trattava di un pezzo staccato; negli spartiti per canto e pianoforte, invece, la si trovò soltanto qualche anno dopo.

David Lawton e David Rosen nel 1974 e Julian Budden nutrirono qualche dubbio circa l’autenticità del pezzo, ma poi ci ha pensato un importante studioso come Roger Parker a fare chiarezza. Nell’ottobre del 1844 comparve la dicitura “introdotta dal Sig. Marini nell’opera Ernani del maestro Giuseppe Verdi”, evitando dunque l’espressione “composta”. Le perplessità proseguirono anche in seguito: tra l’altro, la musica della cabaletta si può ritrovare in altre due opere, vale a dire il “Nabucco” (nel quarto atto) e nella “Jérusalem” (la cabaletta di Roger nel primo atto). Parker è riuscito a intuire come questo pezzo non sia stato composto da Verdi per “Ernani”, ma per l'”Oberto” previsto a Barcellona nel 1842.

C’è un riferimento ben preciso in questo senso, ovvero un articolo dedicato dalla Gazzetta Privilegiata di Milano il 19 febbraio del 1842:

Alcuni pezzi furono applauditi, massime la cavatina del basso Marini, espressamente scritta dallo stesso Maestro Verdi.

Parker ha quindi analizzato il libretto sfruttato nelle repliche spagnole, scoprendo come nella terza scena del primo atto vi fosse una cavatina, le cui prime due quartine sono un cantabile e le altre la cabaletta: ebbene, la terza quartina comincia proprio con le parole Ma fin che un brando vindice e la stessa metrica dell’Ernani.

Dopo questi studi vi sono state altre scoperte importanti e illuminanti. Esiste infatti una lettera in cui Verdi si rivolge a Marini nel 1841:

Eccoti adunque l’aria, la quale detta dalla tua abilità e potentissima voce, spero farà effetto. Tu farai il recitativo che precedeva al Duetto, e qui, come vedrai ne ho trasportato un pezzo per adattarlo al tono dell’aria e sarà anche meglio per la tessitura tua. La cabaletta è ardita: bada che nelle cadenze della cabaletta dove incominciano le note sincopate vi sia un crescendo ben grado anche dell’orchestra.

È davvero curioso il finale di questa storia. Intorno al 1850 Ricordi modificò le parti stampate degli archi della versione cantabile in modo da inserire la cabaletta. Quest’ultima fu eseguita raramente, almeno fino alla fine del XIX secolo si preferiva omettere il tutto e non si poteva eseguire il testo originale perché le parti non esistevano più. L’edizione critica consente di eseguire “Ernani” nel modo che si ritiene più giusto: le alternative sono due, vale a dire quella che rispetta le intenzioni originali di Verdi e quella che prevede la cabaletta che era stata ideata inizialmente per “Oberto, conte di San Bonifacio”. Scelte entrambe diffuse e che testimoniano tutte le incertezze sulla comparsa di Silva nell’opera.