Andrea Chénier – Teatro Regio, Parma
Andrea Chénier entusiasma il Regio di Parma.
“L’insieme era di legno eccetto il triangolo che era di ferro. Si capiva che era opera di uomini, tanto era cosa brutta, meschina e piccola; ma avrebbe meritato di esser portato là da genii tanto era formidabile. Quella costruzione difforme era la ghigliottina”. Così Victor Hugo descrive nel suo ultimo romanzo, Novantatré, il più temibile ed orrifico simbolo della rivoluzione francese. Uno strumento di morte che domina letteralmente la scena dell’allestimento che vede la regia di Nicola Berloffa, qui ripresa da Florence Bas e le scene di Justin Arienti. Uno spettacolo che avevamo già avuto modo di vedere e recensire nel 2019 e che è prodotto dal Teatro Regio di Parma insieme al Teatro Comunale di Modena, ai Teatri di Piacenza, a ITeatri di Reggio Emilia, a Ravenna Manifestazioni e Opéra de Toulon. Il sipario si apre su un interno nobiliare caratterizzato da un grande ritratto, ispirato ai tanti esistenti di Maria Antonietta con figli: una figura familiare quest’ultima per i parmigiani, in quanto figlia di Maria Teresa, amatissima duchessa regnante a Parma. Il grande quadro alla fine del primo atto cade e lascia a dominare il palco la ghigliottina, il più famoso simbolo della rivoluzione francese e del periodo del terrore. Uno spettacolo che segue le vicende dell’opera di Giordano con una certa semplicità ed efficacia e che ci aiuta, con garbo, a calarci nella vicenda grazie anche ai costumi di Edoardo Russo ispirati al secolo dei lumi e le riuscite luci di Valerio Tiberi, qui riprese da Simone Bovis.

Ma il principale motivo di interesse di questa produzione risiede, e non poteva essere diversamente scorrendo la locandina, nel versante musicale dello spettacolo.
Nel ruolo del titolo, Gregory Kunde è protagonista di una prova che oggi può considerarsi, almeno per certi versi, miracolosa. Sgombrato il campo da inutili disquisizioni circa le attuali caratteristiche intrinseche di un mezzo che deve fare i conti con il passare del tempo, il tenore affronta la impervia scrittura di Giordano con sicurezza e consapevolezza stilistica. Kunde possiede ancora oggi una grande padronanza tecnica che gli consente di mantenere la giusta morbidezza nel registro di passaggio e una indiscutibile luminosità nella regione superiore. L’appassionata esecuzione di pagine come “Sì fui soldato” e “Come un bel dì di maggio”, è da ascriversi tra i momenti più significativi della serata.
Al suo fianco brilla la Maddalena di Coigny di Saioa Hernández. Il soprano madrileno giunge a questa occasione in ottima forma vocale e, forte della preziosità di uno strumento rigoglioso dal peculiare colore screziato, offre una prova a tutto tondo, intensa e coinvolgente. La duttilità del mezzo le consente di modulare l’emissione dando il giusto risalto espressivo ad ogni intervento del personaggio, magnificamente sottolineato nella sua evoluzione emotiva nel corso dell’opera. Giunta alla celeberrima aria di terzo atto, “La mamma morta”, Hernández, sembra infondere nel fraseggio musicale una dolente trepidazione che cresce via via sino al passaggio finale, coronato da un acuto di singolare ampiezza e caricato di abbagliante forza teatrale.

Il terzetto dei protagonisti si completa con lo splendido Carlo Gérard di Luca Salsi. La pastosità e il calore di un mezzo ampio, omogeneo e ottimamente proiettato, sembrano ideali per superare ogni richiesta dello spartito. E, ancor più, può l’interprete, forte di una immediatezza espressiva tutta costruita sulla “parola” e sull’accento. Ne sortisce, così, un personaggio sfaccettato, diviso tra l’ardore dello spirito rivoluzionario e il travolgente desiderio per un amore impossibile e non ricambiato. Un personaggio che, sopra ogni cosa, non manca mai di mostrare la propria umanità. Una prova maiuscola che culmina nella splendida esecuzione dell’aria “Nemico della patria”, caratterizzata con una tale incisività da scatenare l’entusiasmo del pubblico che ne chiede, ed ottiene, il bis.
Notevole anche il comparto dei comprimari, a partire dalla commovente Madelon di Manuela Custer, capace di fraseggiare con una abilità tale da lasciare tutta la sala con il fiato sospeso durante il proprio intervento.
Arlene Miatto Aldelbas è una Bersi che si impone, oltre che per la fascinosa presenza scenica, per l’irruenza di un mezzo piacevolmente timbrato e piuttosto sonoro.
In gara di bravura sono, poi, il Roucher, scolpito con nobile lealtà dal sempre efficace Andrea Pellegrini e il Mathieu, atletico sulla scena come nella vocalità, di un quantomai ispirato Matteo Mancini.
Nel duplice ruolo di Pietro Fléville e Fouquier Tinville troviamo un precisissimo ed incisivoLorenzo Barbieri, mentre Natalia Gavrilan, impeccabile nell’intonazione, è una Contessa di lusso.
A completare la locandina sono poi chiamati il mercuriale Enrico Casari, Un incredibile, l’insinuante Anzor Pilia, l’Abate, e l’istrionico Eugenio Maria Degiacomi, impegnato nel triplice ruolo di Schmidt, il maestro di casa e Dumas.

La compagine di canto trova un perfetto equilibrio nella bellissima direzione di Francesco Lanzillotta che offre una lettura a forti tinte, ma mai soverchiante, del capolavoro di Umberto Giordano. Particolarmente suggestivo è il contrasto tra le dinamiche sognanti che serpeggiano in primo atto e l’esplosione dei moti popolari a partire dal quadro successivo. Una lettura di grande impatto teatrale, coadiuvata dalla densità dei colori orchestrali e dalla ficcante incisività delle dinamiche. Una prova di gran livello che, grazie all’efficace supporto di una Orchestra Filarmonica Italiana in grande spolvero, dialoga magistralmente con il palco e a questo si amalgama in un affresco unitario emozionante e rapinoso.
Splendido, come sempre, l’apporto del Coro del Teatro Regio di Parma che, sotto la guida encomiabile di Martino Faggiani, restituisce alla perfezione i turgori bellicosi del periodo rivoluzionario.
Successo incandescente al termine con ripetute acclamazioni per il terzetto dei protagonisti e direttore.
ANDREA CHÉNIER
Dramma di ambiente storico
scritto in quattro quadri da Luigi Illica
Musica di Umberto Giordano
Andrea Chénier Gregory Kunde
Carlo Gérard Luca Salsi
Maddadena di Coigny Saioa Hernández
La mulatta Bersi Arlene Miatto Aldelbas*
La Contessa di Coigny Natalia Gavrilan
Madelon Manuela Custer
Roucher Andrea Pellegrini
Pietro Fléville/Fouquier Tinville Lorenzo Barbieri
Mathieu Matteo Mancini
Un incredibile Enrico Casari
L’Abate Anzor Pilia
Schmidt/Il maestro di casa/Dumas Eugenio Maria Degiacomi
*Già allievi dell’Accademia Verdiana
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Nicola Berloffa ripresa da Florence Bas
Scene Justin Arienti
Costumi Edoardo Russo
Luci Valerio Tiberi riprese da Simone Bovis
Foto: Roberto Ricci