Wozzeck – Teatro La Fenice, Venezia
L’opera Wozzeck di Alban Berg è un viaggio nelle inquietudini umane, un percorso dentro i drammi interiori, le ossessioni e le ferite di un’umanità ai margini.
Alla Fenice, il nuovo allestimento firmato da Valentino Villa restituisce con forza visiva e psicologica questa dimensione mentale: un labirinto dell’anima più che una semplice narrazione teatrale.
Una scelta particolarmente interessante è quella di presentare Wozzeck nella traduzione italiana, una decisione che racchiude un’intenzione quasi storica.
Negli anni Venti del Novecento — epoca in cui l’opera di Berg nacque — era prassi comune eseguire i lavori stranieri nella lingua del pubblico, per favorire la comprensione e l’immediatezza teatrale.
Riascoltare oggi Wozzeck in italiano, dunque, non è solo un gesto filologico ma anche un modo per calarsi nel clima culturale del tempo, recuperando quella dimensione di teatro di parola che Berg stesso desiderava.
Prima dell’inizio dello spettacolo i rappresentanti dei lavoratori hanno preso la parola per riaffermare in maniera unanime che la fiducia è venuta meno nei confronti del sovrintendente e richiedere la revoca di direttore musicale di Beatrice Venezi.Il teatro ha risposto con un fragoroso applauso a sostegno dei lavoratori del teatro

L’orchestra, guidata da Markus Stenz, non è un semplice accompagnamento, ma un vero e proprio personaggio drammatico. È essa a incarnare la mente frantumata di Wozzeck, a rendere udibili le sue emozioni e i moti segreti degli altri protagonisti.
Stenz dosa con precisione i fragili equilibri tra buca e palcoscenico, contenendo e allo stesso tempo liberando la forza emotiva della partitura.
Il momento più intenso arriva nell’atto III, scena seconda, nel giardino di Margarethe: qui l’orchestra esplode in un potente e drammatico si naturale all’unisono, un suono cupo e lancinante che segna il punto di non ritorno.
È come se, in quell’attimo, la mente di Wozzeck si frantumasse definitivamente — una vertigine sonora che concentra in sé tutta la tensione drammatica dell’opera.
Nel ruolo del titolo, Roberto de Candia offre un’interpretazione intensa, introspettiva, quasi lacerata. La sua voce e la sua presenza scenica danno corpo a un Wozzeck fragile ma dignitoso, schiacciato dal mondo e dai propri fantasmi.
Accanto a lui spiccano i crudi personaggi del Capitano (Leonardo Cortellazzi) e del Dottore (Omar Montanari): entrambi straordinari nel rendere quel misto di prevaricazione e sadismo che umilia e distrugge il protagonista.
Le risate del Capitano di Cortellazzi fanno quasi paura, tanto sono cariche di cattiveria; altrettanto perturbanti sono i ripetuti richiami “Wozzeck! Wozzeck!” del Dottore di Montanari, che risuona come colpi mentali inferti all’uomo ormai in frantumi.

La Marie di Lidia Fridman è semplicemente splendida: voce agile e controllata, capace di passare dai momenti più teatrali e drammatici ai sussurri dolci rivolti al figlioletto. Il suo canto si fa tenerezza e disperazione, luce e condanna.
Accanto a lei, l’erotico e coinvolgente Tamburmaggiore di Enea Scala aggiunge energia e tensione carnale impersonando la violenza del desiderio che segna il destino di Marie e Wozzeck.
La regia di Valentino Villa, insieme alle scene di Massimo Checchetto, mette in risalto la drammaturgia mentale dell’opera: sul palco si susseguono edifici mobili, strutture sospese e frammenti architettonici che sembrano fluttuare come caselle mentali, simboli dei pensieri intrusivi e ossessivi del protagonista.
A completare il quadro, i costumi di Elena Cicorella, semplici ma fedeli al libretto, e le luci di Pasquale Mari, che con sapienza alternano i piani della realtà e della mente, immergendo la scena in un’atmosfera allucinata e poetica.

In questo Wozzeck, ogni elemento — musica, regia, canto, luce — concorre a un’unica visione: quella di un uomo che perde se stesso davanti all’indifferenza del mondo.
Il risultato è uno spettacolo di forte coerenza e impatto emotivo, dove la follia diventa specchio delle nostre fragilità e la musica di Berg, ancora oggi, ci parla con voce terribilmente umana.
Direttore: Markus Stenz
Regia: Valentino Villa
Scene: Massimo Checchetto
Costumi: Elena Cicorella
Luci: Pasquale Mari
Wozzeck – Roberto de Candia
Marie – Lidia Fridman
Tamburmaggiore (Drum Major) – Enea Scala
Andres – Paolo Antognetti
Capitano (Hauptmann) – Leonardo Cortellazzi
Dottore (Doktor) – Omar Montanari
Margret – Manuela Custer
Primo apprendista (Erster Handwerksbursch) – Rocco Cavalluzzi
Secondo apprendista (Zweiter Handwerksbursch) – William Corrò
Il Pazzo / Buffone (Der Narr) – Marcello Nardis
Orchestra e coro del Teatro La Fenice di Venezia
Foto di Michele Crosera cortesia del Teatro La Fenice
