Spettacoli

La Lupa / Il berretto a sonagli – Teatro Massimo Bellini, Catania

Al Teatro Massimo Bellini di Catania dall’uno al nove marzo 2024 si scrive una pagina di storia del teatro musicale che rimarrà per il tempo futuro. Va in scena la prima rappresentazione, e si tratta di una prima mondiale, dell’opera Il berretto a sonagli composta da Marco Tutino su commissione dell’ente lirico etneo e con il libretto di Fabio Ceresa liberamente ispirato all’omonima commedia di Luigi Pirandello. Con una scelta molto felice questa nuova composizione viene presentata in dittico con un’altra opera di Tutino, La Lupa, su libretto di Giuseppe Di Leva ispirato alla novella con il medesimo titolo di Giovanni Verga. Il terzo appuntamento della stagione di Opere e Balletti 2024 a Catania si pone dunque come l’occasione per dedicare un omaggio a due grandi siciliani, Pirandello e Verga, figure di monumentale rilievo che hanno fatto confluire tutta la ricchezza identitaria, culturale e artistica delle loro origini nella letteratura italiana, creando dei capolavori universali a cui anche l’uomo di oggi può attingere per comprendere ed interpretare la complessità del reale.

Se potessimo trasformeremmo in musica le parole per raccontare questo straordinario evento che, grazie alla lungimirante ed illuminata governance del Sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano e del Direttore artistico Fabrizio Maria Carminati, vedrà la prima assoluta al Teatro Massimo Bellini di Catania citata sempre ad ogni nuova rappresentazione su tutti i palcoscenici del mondo. Come la musica sul pentagramma ha la sua chiave di violino, noi sentiamo che per narrare tutta la bellezza cui abbiamo il privilegio di assistere risuonano delle parole chiave: coraggio, libertà, denuncia civile, verità, giustizia.

La-lupa_Tutino_Catania_Nino-Surguladze_Sergio-Escobar
Irina Lungu e Sergio Escobar

La Lupa

Nella trasposizione dalla prosa al teatro musicale entrambe le fonti letterarie sono state oggetto di un libero adattamento. La Lupa di Tutino e Di Leva, opera in un atto e due quadri rappresentata per la prima volta a Livorno nel 1990 per il centenario di Cavalleria Rusticana, vede l’azione drammatica trasmigrare dall’originale paesaggio rurale siciliano ad una qualunque metropoli del Nord Italia negli anni Sessanta del secolo scorso. Ad apertura di sipario ci troviamo in un garage dove, tra cumuli di pneumatici, pallet in legno, una vecchia poltrona, sullo sfondo la sagoma di un’automobile coperta da un telone grigio, un gruppo di amici sta festeggiando il compleanno di Gloria. Ben presto il clima allegro della festa viene interrotto dall’arrivo inatteso della Lupa che, con la sua prorompente e provocante avvenenza, con il suo procace ed eccitante incedere tra gli astanti, crea un’improvvisa tensione oscillante tra gli sguardi imbarazzati delle altre donne e le occhiate invadenti degli uomini che ne subiscono il fascino sfrontato ed indomabile. Incurante di ogni convenzione o giudizio, la Lupa punta all’oggetto del suo demoniaco desiderio, Nanni Lasca, trascinandolo in una danza sensuale che si spinge ben oltre il semplice ballo, tanto da far dire a Lia “Sembra che si scambino la pelle” (quadro primo). L’arrivo di Mara, figlia della Lupa e fidanzata di Nanni, è l’occasione per un breve confronto sul futuro matrimonio tra i due giovani e per uno scambio teso di battute tra la ragazza e la madre, che la rimprovera di non comprendere le reali intenzioni di Nanni (“Ma non ti accorgi che ti prende in giro?”, quadro primo). Congedati tutti gli invitati, Nanni rimasto solo viene quasi assalito dalla Lupa che si avvinghia a lui gridandogli “voglio te, voglio te!”. Dopo qualche resistenza, l’uomo cede e i due si abbandonano ad uno sfrenato amplesso, sparendo dietro alla saracinesca (curatissime le scene del regista Davide Livermore ed Eleonora Peronetti) del garage che scende, chiudendo così il primo quadro dell’opera.

Nel secondo quadro, dopo qualche anno, Nanni e Mara sono sposati, hanno una figlia, Francesca, e gestiscono una trattoria. Nonostante l’atmosfera natalizia e l’apparente serenità coniugale, Nanni si ritrova angosciato in solitudine a ripercorrere con la mente la folle passione carnale vissuta con la Lupa nel passato, un passato che ritorna puntuale come un incubo ricorrente con la ricomparsa della donna nella scena finale che conduce al fatale, drammatico epilogo.

Riguardo alla partitura, l’overture, con la tonalità sensuale di un sax tenore, ci fa subito entrare nell’atmosfera tragica, plumbea, compulsiva dell’ossessione erotica dalle conseguenze devastanti, autodistruttive, nefaste. Attraverso l’uso della ripetizione circolare della frase musicale, la presenza insistente delle percussioni che scandiscono tempo esterno e ritmo interiore in una sorta di trance sciamanica, Tutino ci consegna un’opera di pregnante intensità emotiva ed espressiva, in cui cogliamo l’enorme ricchezza di riferimenti musicali (dalla citazione di “Nun è peccato” di Peppino di Capri al jazz, dalle sonorità etniche alla grande tradizione del melodramma con la citazione esplicita da Cavalleria Rusticana) che il compositore ha assimilato facendole confluire nella sua creazione. Perfetta la sincronia tra i tempi scenici e la brillante esecuzione orchestrale, grazie alla direzione precisa, puntuale e attenta del maestro Carminati. Efficace l’interludio strumentale tra il primo e secondo quadro, così come tutte le pause di silenzio portatrici di una tensione coinvolgente che scuote chi ascolta creando una teatrale inquietudine. Di indiscutibile effetto la regia dell’eclettico Davide Livermore, che cura anche la scenografia insieme ad Eleonora Peronetti, le luci di Gaetano La Mela, le proiezioni digitali di D-Wok, che rendono suggestiva e realistica l’ambientazione e ci inondano di un fuoco rosso sangue che si fa battito del cuore con l’ostinato ritmo delle percussioni dell’orchestra.

La-lupa_Tutino_Catania_-Nino-Surguladze_Sergio-Escobar
Nino Surguladze e Sergio Escobar

Per la recita del 3 marzo la Lupa è interpretata dal mezzosoprano Nino Surguladze, che si distingue per una voce piena dal colore scuro e per la straripante energia attoriale. Molto brava nell’aria finale in cui, ricordando dopo tre anni la notte passata con Nanni, gli dice “Abbiamo fatto l’amore disperati”, connotando irrimediabilmente l’ossessione amorosa come disperazione. L’altra interprete, Laura Verrecchia (l’abbiamo ascoltata il 7 marzo), dotata di uno strumento vocale maturo e ben calibrato, si impone per la capacità di dominare il palcoscenico con una fisicità conturbante. La scena in cui si consuma l’amplesso con Nanni dentro all’officina è esplicitamente, violentemente erotica.

Il tenore Sergio Escobar (Nanni) mostra una notevole abilità di spingere sul registro acuto non tralasciando una significativa interpretazione attoriale. Per il secondo cast Rosario La Spina
si distingue per la corporeità imponente che sostiene una voce dall’ampia tessitura, pienamente al servizio del ruolo.

Il soprano Irina Lungu nei panni di Mara rivela doti di cantante e attrice esperta, sapendo esplorare appieno le potenzialità della sua vocalità. Valentina Bilancione (7 marzo) ha una voce dal bel colore che si apprezza soprattutto nel registro acuto. Buona la prova degli altri componenti del cast: Giuliana Distefano (Gloria), Mariam Baratashvili (Lia), Vittorio Vitelli (Maresciallo), Pietro Picone (Pino), Marco Puggioni (Nicola), Enrico Marrucci (Salvatore).

Il-berretto-a-sonagli_Tutino_Catania_Valentina-Bilancione_Alberto-Gazale
Valentina Bilancione e Alberto Gazale

Il berretto a sonagli

La seconda parte della recita è certamente quella più attesa per quanto detto in apertura, una prima mondiale entra nella storia della musica operistica. Melodramma in un atto e due quadri, Il berretto a sonagli di Marco Tutino su libretto di Fabio Ceresa è una fulminante denuncia civile contro l’ipocrisia che offusca e falsifica le relazioni umane, contro l’omertà che consente il diffondersi del malaffare e dell’illegalità, contro le ingiustizie e le violenze che da sempre le donne sono costrette a subire tacendo. Proprio una donna è colei che trova il coraggio di rompere il muro del silenzio e gridare con forza la sua sete di verità. Rispetto alla fonte letteraria pirandelliana ritroviamo la stessa ambientazione in una cittadina della provincia siciliana nel 1924, esattamente cento anni fa. Nel salotto ben arredato di casa Fiorica la signora Beatrice rivela alla madre, Assunta La Bella, al fratello Fifì e alla fedele cameriera Fana di aver scoperto il tradimento del marito, il Cavaliere Gianfrancesco, con la moglie del loro tesoriere Ciampa. Al sentirlo evocare tutti sembrano molto turbati, specie quando Beatrice comunica di aver deciso di sporgere denuncia per adulterio e di aver già convocato il delegato Spanò, che arriva poco dopo insieme all’appuntato Logatto. Mentre Beatrice è decisa ad andare fino in fondo, i familiari e lo stesso Spanò tentano di dissuaderla suggerendo di ponderare bene e di essere prudente rispetto alle possibili conseguenze avverse che potrebbero derivare dalla sua determinazione. Nel frattempo Fana è andata a chiamare Ciampa e, quando questi arriva, rimane solo con Beatrice. Nel dialogo tra i due la donna rivela l’esistenza di un villino dove suo marito e la signora Ciampa s’incontrano segretamente. La risposta del tesoriere è uno dei momenti centrali dell’opera, ovvero la teoria delle tre corde d’orologio che ogni uomo ha in testa, la civile, la seria e la pazza: è soprattutto la prima che serve “quando usciamo di casa la mattina…” (scena terza). Nelle scene successive Beatrice scopre la vera identità di Ciampa dietro la maschera del galantuomo, ovvero che si tratta di un malavitoso di cui tutti hanno paura e che fornisce aiuto e protezione solo per poter ricattare la gente e renderla schiava del suo potere violento. La notizia dell’arresto in flagranza di reato del Cavaliere e della signora Ciampa getta tutti nello sconforto perché si teme ora per la stessa vita di Beatrice, la quale rimane invece salda nella sua volontà di dire la verità ed assicurare i fedifraghi alla giustizia; ma Ciampa le dice che il desiderio di verità è come il cappello a sonagli dei pazzi, i sani di mente sanno che conviene rimanere in silenzio. Infine Beatrice sceglie di indossarlo quel cappello e, guardando Ciampa negli occhi, dice “Solo una pazza direbbe al mondo ciò che/sto per dire:/che Ciampa è il capo di questa ‘cosa vostra’…/Tranquillo, non vi preoccupate,/la verità dei pazzi è inascoltata,/Lasciate a questa pazza una ragione/per riguardarsi in faccia la mattina.” (scena sesta).

La chiarezza, l’essenzialità e l’energia dirompente di queste parole basterebbero a giustificare la recita nella sua totalità, a motivare l’intera serata a teatro. Se l’Opera è il felice connubio tra teatro e musica, ciò è di certo vero per la nuova partitura di Marco Tutino che segue accuratamente la semantica densa del librettista Fabio Ceresa, focalizzandosi sullo scavo psicologico, il cammino di consapevolezza e il coraggio di una donna che rischia in prima persona, che chiede rispetto, che non scende a compromessi per opportunismi di circostanza. È così che la musica di Tutino si fa essa stessa drammaturgia, suggerisce e delinea l’evolversi degli eventi mettendo in atto sonorità e timbriche brune. Si apprezza lo stile della scrittura vocale incisiva e vigorosa, che esalta le peculiarità delle voci dei cantanti, dando loro la facoltà di esprimersi nella pienezza esaustiva dei registri canori coniugati con la recitazione. Avendo avuto la gradita opportunità di tornare al Bellini per ascoltare il dittico di Marco Tutino una seconda volta, ravvisiamo la caratura ed il pregio delle due opere di un compositore al suo apice artistico che, rinnovando con la sua ricerca il melodramma, non trascura l’eredità della grande tradizione.

Ragguardevole il livello del cast vocale anche ne Il berretto a sonagli. Raffinata protagonista, Irina Lungu primeggia nei panni della coraggiosa, determinata Beatrice Fiorica; perfettamente calata nel ruolo, il soprano sfodera un canto forbito, elegante, capace di raffinatezze nel vibrato ed espressivo nei diversi momenti. La Beatrice di Valentina Bilancione (7 marzo)riesce ad essere sempre credibile e ben delineata, puntando l’artista su un’interpretazione più intimista, non a voce piena.

Il-berretto-a-sonagli_Tutino_Catania_Irina-Lungu_Alberto-Gazale
Irina Lungu e Alberto Gazale

Altro personaggio chiave è il Ciampa del baritono Alberto Gazale. Artista di fama internazionale con un vasto repertorio di ruoli, non sapremmo se lodare più il cantante o l’attore poiché entrambe le anime vivono sul palcoscenico in termini di eccellenza. Dotato di uno strumento vocale duttile e di una tecnica solida e matura, Gazale interpreta con adeguata tensione drammatica il ruolo del mafioso in doppiopetto (ci fa venire in mente la cosiddetta mafia dei colletti bianchi) che ha una copertura di rispettabilità nell’attività di tesoriere.

Intorno ai due protagonisti principali ben figurano gli altri personaggi. Ottima la prova di Anna Pennisi nei panni della solerte Fana. Assunta La Bella è interpretata da Nino Surguladze che, con una voce dai cromatismi cangianti come la sua riesce a caratterizzare la figura di una madre cinica e conformista. Per la recita del 7 marzo il ruolo di Assunta è altrettanto ben rappresentato da Laura Verrecchia, che si distingue per vocalità e presenza scenica esuberanti. Nella parte del pavido Fifì, dedito ai piaceri e agli svaghi della vita, i tenori Sergio Escobar e Rosario La Spina. Infine Rocco Cavalluzzi, con la sua corposa voce da basso baritono, caratterizza il delegato Spanò con tratti che vanno dal comico al farsesco. Naturalmente un allestimento così suggestivo e composito, che il pubblico ha molto apprezzato, è il frutto del talento e del lavoro corale di molti. Oltre alla splendida regia di Livermore, alla scrupolosa direzione del maestro Carminati, alle scenografie evocative, alla sapiente esecuzione dei cantanti e dell’orchestra, c’è il fondamentale contributo di Mariana Fracasso che disegna i costumi, di Sax Nicosia, assistente regista, di Arcagelo Massa, direttore degli allestimenti scenici e di tanti altri che lavorano dietro le quinte. Se ogni serata d’opera è in sé memorabile, noi custodiremo il raro, emozionante ricordo di aver potuto incontrare e ringraziare per il suo prezioso impegno creativo il maestro Marco Tutino.

La-Lupa-Il-berretto-a-sonagli-Tutino-Catania-2024

Fotografie di Giacomo Orlando